Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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Permane l'ombra dell'art. 20 del TUR quale veicolo di riqualificazione di operazioni societarie in ottica antielusiva (di Carla Scaglione, Dottoranda di ricerca in Diritto tributario, Università di Chieti-Pescara.)


Nota a Cass., sent. 15 marzo 2017, n. 6758

Con una recente pronuncia, la Suprema Corte ha affrontato il tema della natura interpretativa dell’art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico dell’Imposta di Registro – TUR), negandone la natura antielusiva. Secondo i giudici l’art. 20 del TUR concerne l'oggettiva portata effettuale dei negozi e non contiene quindi una mera disposizione antielusiva. Pur non riconoscendo a tale disposizione natura antielusiva, ma solo interpretativa, la Corte conclude accogliendo il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, ammettendo la riqualificazione di una pluralità di atti consecutivi (cessione di ramo d’azienda e successiva cessione di quote di partecipazione) in un’unica operazione complessiva (cessione d’azienda). La soluzione adottata dalla Suprema Corte si fonda sulla qualificazione dell’imposta di registro quale imposta d’atto e nella cui applicazione non può riconoscersi alcuna rilevanza ad elementi extra-testuali.

The shadow of art. 20 (of capital transfer decree) in order to requalify corporate transactions from an anti-avoidance point of view

With a recent judgement, the Italian Supreme Court has addressed the issue of the interpretative nature of the art. 20 of the D.P.R. 26 April 1986, n. 131 (Consolidated Text of Capital Transfer), denying its anti-avoidance nature. According to the decision, the art. 20 concerns the objective effective scope of the transactions and therefore does not contain a mere anti-avoidance provision. While not recognizing its anti-avoidance nature, but only an interpretative one, the Court concludes by accepting the appeal taken by the Financial Administration, admitting the upgrading of a plurality of consecutive acts (sale of a business branch and subsequent sale of shares) in one comprehensive transaction (company sale). The solution adopted by the Supreme Court is based on the qualification of the registration tax as a deed tax and, in the application of which, no relevance to extra-textual elements can be recognized.

Recentemente è intervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 6758 del 15 marzo 2017 con cui ha affrontato il tema, molto dibattuto, della natura interpretativa dell’art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico del­l’Imposta di Registro, di seguito TUR), negandone la natura antielusiva. La Corte precisa, infatti, che l’art. 20 del TUR concerne l’oggettiva portata effettuale dei negozi e non contiene quindi una disposizione antielusiva stricto sensu, come quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis (astrattamente rilevante nella fattispecie ratione temporis), sicché l’avviso di liquidazione ex art. 20 non soggiace all’obbligo di contraddittorio preventivo ex art. 37-bis (inter alia, Ord. Cass. n. 24594 del 2 dicembre 2015, Cass. n. 8655 del 29 aprile 2015 e n. 3481 del 14 febbraio 2014). Pur non riconoscendo all’art. 20 del TUR una natura antielusiva, ma solo interpretativa, la Corte conclude accogliendo il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ammettendo in sostanza la riqualificazione di una pluralità di atti consecutivi (cessione di ramo d’azienda e successiva cessione di quote di partecipazione) in un’unica operazione complessiva (cessione d’azienda). Tale decisione viene giustificata in quanto “(...) l’inter­prete riconosca nell’operazione complessiva – in base alle circostanze obiettive del caso concreto – una causa unitaria di cessione aziendale”. L’imposta di registro è un’imposta che colpisce l’atto in merito al suo contenuto giuridico, ovvero agli effetti giuridici che esso può produrre. Questa regola sostanziale viene disciplinata appunto dall’art. 20 del TUR ai sensi del quale “l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente, ma prima ancora dall’art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 che, prevedendo l’espresso richiamo degli effetti giuridici nell’interpre­tazione degli atti soggetti a registrazione, aveva introdotto una specificazione rispetto all’art. 8 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269. In particolare, quest’ul­tima disposizione stabiliva che “le tasse sono applicate secondo l’intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, se anche non vi corrisponde il titolo o la forma apparente”. Negli anni, si era acceso un profondo dibattito dottrinario sulla questione se l’interpretazione degli atti dovesse avvenire sulla base degli effetti giuridici ovvero economici. Tuttavia, la validità della tesi degli effetti giuridici fu confermata, una volta per tutte, dal legislatore attraverso la formulazione del citato art. 19, poi trasfuso nell’attuale art. 20 del TUR, facendo espresso [continua..]
Fascicolo 1 - 2018