Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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La sopravvivenza ai fini fiscali delle società cancellate dal registro delle imprese: nel dubbio, sempre pro fisco? (di Valerio Ficari, Professore ordinario di Diritto tributario, Università di Roma “Tor Vergata”, Avvocato in Roma)


Non è irragionevole né discriminatoria la previsione che l’estinzione di una società di capitali ex art. 2495 c.c. abbia effetto dopo 5 anni dalla richiesta di cancellazione.

Survival for tax purposes of companies cancellated from the company register: in doubt, always pro fisco?

It is not unreasonable or discriminatory to predict that the extinction of a capital company pursuant to Article 2495 of the Civil Code takes effect after 5 years from the request for cancellation.

Nota a Corte costituzionale, 8 luglio 2020, n. 142   1. La commissione tributaria provinciale di Benevento ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, quarto comma del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175; la disposizione è stata ritenuta costituzionale con argomenti difensivi non sempre coincidenti tra Avvocatura di Stato e Giudicante. A) L’ordinanza di rimessione aveva ben colto due profili di dubbia costituzionalità. Il primo è la disparità di trattamento causata dall’art. 28 del D.Lgs. n. 175/2014 tra creditori sociali privati e creditore erariale attraverso il differimento dell’efficacia dell’estinzione della società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese tale da disporre l’efficacia estintiva per il Fisco solo “trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione” mentre per i privati l’estinzione coinciderebbe con la cancellazione Il secondo riguarda l’eccesso di delega: il contenuto della disposizione prevista nel decreto delegato nulla avrebbe a che vedere con la finalità di semplificazione e di un sistema fiscale più equo, trasparente ed orientato alla crescita come indicato nella delega di cui alla L. 11 marzo 2014 n. 23. B) La difesa sostenuta dall’Avvocatura di Stato, lungi dallo sviluppare l’ar­gomento della prevalenza dell’interesse alla sopravvivenza dello Stato dal punto di vista finanziario come, invece, ha fatto la Corte Costituzionale, si è concentrata sui seguenti elementi. a) Da un lato, l’Avvocatura introduce l’eccessiva gravosità dell’attività di controllo fiscale (diversa, ovviamente, dall’impatto finanziario) causata dai termini come una conseguenza inaccettabile dal punto di vista costituzionale. Si teorizza, quindi, un livello di gravosità eccessivo e, di conseguenza, a contrario si evoca la necessità che la legge garantisca un potere di accertamento non gravoso. In assenza di ulteriori argomentazioni sul punto si può ipotizzare che la eccessività della gravosità evocata dall’Avvocatura esprima la preoccupazione che l’efficacia della norma indubbiamente valida per i creditori privati non sia tollerabile per l’Agenzia delle Entrate per una (implicitamente assunta ma non dimostrata) diversità di posizioni che il diritto positivo, nella sua interpretazione, dovrebbe garantire. Si potrebbe, però, anche ritenere che l’indicata intollerabilità si colleghi non tanto alla garanzia della funzione pubblica accertativa quanto alla (an­ch’essa non palesata) consapevolezza che l’efficienza (e non la natura del credito) del creditore erariale sia diversa da quella del creditore provato e che, dunque, per una differente realtà di partenza la “minore efficienza” [continua..]
Fascicolo 2 - 2020