Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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Il patto di famiglia per la prima volta sotto la lente della Cassazione (di Andrea Branca, Dottorando in Diritto tributario, Università di Pisa, Ph.D. candidate in Tax Law.)


La Corte di Cassazione (ord. n. 32823/2018) si occupa per la prima volta del patto di famiglia, con importanti ma discutibili prese di posizione sulla struttura contrattuale e sui conseguenti riflessi tributari ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

PAROLE CHIAVE: patto di famiglia, imposta sulle donazioni e successioni, donazione indiretta, donazione modale

For the first time, the 'family business inheritance agreement' is analysed by the supreme court

For the first time, the Italian Court of Cassation (judgment n. 32823/2018) decides on the new ‘family business inheritance agreement’. The judge takes an important but debatable stand on the civil framework of the contract and on its indirect taxation.

1. L’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. V, 19 dicembre 2018, n. 32823 è destinata a lasciare il segno. È, infatti, la prima volta che i giudici di legittimità si occupano del “patto di famiglia” e lo fanno con importanti prese di posizione tanto sulla disciplina civilistica quanto sui suoi riflessi tributari. Che si tratti di una “inaugurazione” lo si intuisce già dalla lettura del­l’or­dinanza, caratterizzata da un’impostazione che potremmo quasi definire didattica: le motivazioni sono infatti introdotte da un’ampia e particolareggiata analisi della normativa, attraverso la quale i giudici non mancano di mettere in luce non soltanto gli elementi essenziali dell’istituto, ma anche gli obiettivi perseguiti dal legislatore. Il patto di famiglia è disciplinato dagli artt. 768 bis ss. c.c., introdotti dall’art. 1 della L. n. 55/2006. Si tratta, com’è noto, di un nuovo tipo contrattuale pensato per agevolare la trasmissione generazionale delle aziende, nel­l’ottica di salvaguardarne l’unitarietà e le potenzialità produttive. Con questo strumento, l’imprenditore (disponente) è posto nelle condizioni di scegliere liberamente il discendente che ritiene dotato di miglior capacità (legittimario assegnatario) e di trasferirgli la propria azienda, anticipando e meglio regolando l’apertura della successione. Si intende così tutelare l’integrità dell’im­presa, altrimenti destinata con molta probabilità alla disgregazione al momento del trapasso generazionale, a causa della ripartizione tra gli eredi legittimari secondo le ordinarie regole successorie. Il contratto, comunque, tutela le ragioni di tutti coloro che sarebbero eredi necessari se la successione si aprisse al momento della stipula del patto (legittimari non assegnatari): non solo essi «devono partecipare» al contratto ma, soprattutto, in capo all’assegnatario sorge l’obbligo di «liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti» (art. 768 quater c.c.). Proprio su quest’ultimo aspetto, come si vedrà tra poco, si è pronunciata l’ordi­nan­za in commento. Prima di entrare nel merito della decisione, è però opportuno ricordare sinteticamente che gli interpreti si sono fin da subito divisi in relazione al profilo causale del patto di famiglia. Al riguardo, in dottrina possono essenzialmente rinvenirsi due impostazioni: da un lato, la teoria c.d. “unitaria”, secondo cui tutti i trasferimenti patrimoniali che compongono il patto – quello del disponente al legittimario assegnatario e quelli dell’assegnatario agli altri [continua..]
Fascicolo 1 - 2019