Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

27/06/2025 - L'interesse dinamico ad agire avverso l'estratto di ruolo ex art. 12, comma 4 bis, d.P.R. n. 602/1973: tra applicazione retroattiva e interpretazione estensiva del pregiudizio post riforma del D.Lgs. n. 110/2024

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La Suprema Corte con la recente sentenza n. 14012 del 26 maggio 2025, uniformandosi al suo unico precedente in materia (ord., 09 marzo 2025, n. 6269), ha confermato l’applicabilità ai giudizi pendenti delle nuove casistiche di impugnabilità dell’estratto di ruolo e delle cartelle di pagamento che si assumono invalidamente notificate previste all’art. 12, comma 4 bis, D.P.R. n. 602/1973, come modificato dall’art. 12, D.Lgs. n. 110/2024. Nel dar seguito a tale indirizzo interpretativo, la pronuncia “si spinge oltre”, perché offre una lettura estensiva della novella riconducendo nell’alveo delle ipotesi di pregiudizio che legittimano l’impugnabilità dell’estratto di ruolo anche quello diretto “ad evitare ovvero a revocare la declaratoria di fallimento” ritenuto assimilabile a quello che affiora “nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019” indicato espressamente alla lett. d) del comma 4 bis post modifica. La sentenza stabilisce anche un altro importante principio in tema di legittimazione processuale della società cancellata dal registro imprese nella vigenza dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 in quanto riconosce la legittimazione “supplettiva” dell’ex liquidatore anche nella peculiare ipotesi di società cancellata, poi dichiarata fallita, in caso di “inerzia” del curatore.

» visualizza: il documento (Corte di Cass., sent. 26 maggio 2025, n. 14012) scarica file

PAROLE CHIAVE: interesse ad agire - estratto di ruolo - retroattivitā


di Maria Palma Iaccarino

1. La vicenda trae origine dall’impugnazione dell’estratto di ruolo e cartelle di pagamento ivi indicate con cui la società ricorrente che, all’epoca del ricorso introduttivo, era in liquidazione, ne chiedeva l’annullamento per opporre la mancata notifica, la prescrizione delle pretese tributarie sottese e la decadenza dei vari enti impositori. La CTP di Napoli dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendolo proposto da soggetto giuridicamente inesistente, in quanto la società era stata estinta per intervenuta cancellazione dal registro delle imprese prima della proposizione del ricorso. Nel frattempo, il Tribunale di Napoli dichiarava entro l’anno dalla cancellazione il fallimento della società su istanza dell’allora Equitalia Sud spa.

Il curatore, ritenendo infondato l’appello, non agiva; la società (già cancellata, e poi fallita) ma per presunzione giuridica “esistente” fiscalmente ex art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014, nonché gli ex soci proponevano appello invocando la loro legittimazione processuale supplettiva per inerzia del curatore. La CTR Campania dichiarava inammissibile l’appello, ritenendo che la società cancellata e fallita fosse priva di legittimazione ad agire per debiti tributari sorti prima della dichiarazione di fallimento.

La società e gli ex soci ricorrevano in Cassazione contestando sia la legittimazione processuale sia la mancata considerazione della peculiare normativa sulla riviviscenza delle società estinte. La Suprema Corte comunicava alle parti la definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. perché nel ricorso presentato (nel 2019) non risultava allegata (non potendo essere allegata) alcuna delle tre condizioni indicate dal cit. art. 3 bis, D.L. n. 146/2021; i ricorrenti depositavano memoria, ex art. 378 c.p.c., insistendo per la decisione del ricorso e chiarendo che l’interesse ad impugnare l’estratto di ruolo aveva avuto origine dalla necessità di chiarire la posizione debitoria della società per: a) aver la società ricevuto la notifica dell’istanza di fallimento dall’allora Equitalia Sud spa proprio sulla base dell’estratto di ruolo contenente le pretese tributarie oggetto di impugnazione; b) ottenere una pronuncia che dichiarasse l’inesistenza/esistenza dei carichi iscritti a ruolo per estinguere l’eventuale residuo di tributi dovuti (al netto o con riduzioni di sanzioni e interessi) aderendo alle varie rottamazione/definizioni succedutesi nel tempo. La Corte di Cassazione disponeva la trattazione in camera di consiglio e rinviava la causa alla pubblica udienza per valutare se l’interesse prospettato con le memorie dalla ricorrente rientrasse o meno rilevante ad impugnare l’estratto di ruolo ex art. 12, comma 4 bis, D.P.R. n. 602/1973 come modificato, nelle more, dall’art. 12, D.Lgs. n. 110/2024.

 

2. La prima questione affrontata dalla Corte è stata quella di accertare se i nuovi casi di impugnabilità dell’estratto di ruolo introdotti nel 2024, rispetto a quelli in origine individuati all’art. 12, comma 4 bis, D.P.R. n. 602/1973 nella versione risalente alla prima modifica (retroattiva) operata dal D.L. n. 146/2021, possano estendersi  ai giudizi pendenti incidendo, quindi, sull’ammissibilità dei ricorsi già proposti nei quali venga dimostrato un concreto pregiudizio in relazione alle nuove fattispecie individuate dal cit. comma 4-bis post modifica del D.Lgs. n. 110/2024.

La sentenza, conformandosi al suo unico precedente in materia (cfr. ord., 09 marzo 2025, n. 6269, con nota di GALLIO-LONGO, Ricorso contro l’estratto di ruolo: per le cause pendenti si applicano le nuove casistiche di pregiudizio – Commento, in Il fisco, 2025, 17, p. 1527 ss.), lo ha ammesso ed offre, quindi, l’occasione per apprezzare la portata innovativa dell’interpretazione della novella dichiaratamente “orientata al rispetto delle indicazioni per quanto solo monitorie della Corte Costituzionale” tanto da giustificare l’ampliamento del perimetro applicativo della più recente formulazione del comma 4 bis, dell’art. 12, D.P.R. n. 602/1973 – favorevole ai contribuenti – anche ai giudizi già instaurati alla data dell’8 agosto 2024. Per la Suprema Corte, solo l’inclusione retroattiva delle nuove ipotesi di impugnazione/pregiudizio introdotti dall’art. 12, D.Lgs. n. 110/2024 può garantire un analogo accesso alla tutela giurisdizionale ed esercizio del diritto di difesa per tutti coloro che lamentano un pregiudizio economico per i carichi tributari recati dall’estratto di ruolo secondo lo schema ora normativamente imposto.

 

3. Il percorso logico-argomentativo dei Supremi Giudici muove da una ricognizione della normativa, giurisprudenza e ratio sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo che è doveroso richiamare per poter cogliere appieno la rilevanza della pronuncia in commento.

È noto che con il comma 4 bis, dell’art. 12, D.P.R. n. 602/1973, introdotto dall’art. 3 bis, D.L. n. 146/2021, conv. con modif. dalla L. n. 215/2021, il Legislatore ha regolamentato per la prima volta la fattispecie dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo e delle cartelle di pagamento che si assumono non validamente notificate, subordinando l’azione alla dimostrazione dell’interesse ad agire; interesse che nella prima formulazione del citato comma poteva ricorrere, come noto, nei soli tre casi tassativi (e alternativi) in cui al contribuente derivasse un pregiudizio per la: a) partecipazione ad una procedura di appalto ex art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici; b) riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), del regolamento di cui al D.M. 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48 bis, D.P.R. n. 602/1973; c) perdita di un beneficio nei apporti con una pubblica amministrazione (per la dottrina che si è occupata, in termini generali, della novella sulla “non impugnabilità dell’estratto di ruolo”, senza pretesa di completezza, cfr. RASI, Considerazioni a margine della proposta di “non impugnabilità salve eccezioni” dell’estratto di ruolo: più di quello che sembra?, in Dir. e proc. trib., 2021, p. 525 ss.; ID., Il “canto di natale” del legislatore: la non impugnabilità dell’estratto di ruolo, in Giust. ins., 3 febbraio 2022; CARINCI, Note sparse sulla novella che ha introdotto la non impugnabilità dell’estratto di ruolo nonché della cartella di pagamento e del ruolo per vizio di notifica, in Riv. tel. dir. trib., 12 gennaio 2022; GLENDI, L’impugnazione “diretta” dei ruoli e delle cartelle di pagamento che si assumono “invalidamente notificate” (fra nuove leggi e giurisprudenza in fermento)”, in GT – Riv. giur. trib., 2022, p. 289 ss.; ID., Atti impugnabili e oggetto del ricorso, in CONSOLO-GLENDI (a cura di), Commentario breve alle leggi del processo tributario, V ed., Padova, 2023, p. 369 ss.; MARCHESELLI, Quel pasticciaccio brutto della c.d. impugnazione degli estratti di ruolo, in Riv. tel. dir. trib., 5 maggio 2022).

La norma, in definitiva, ha limitato l’accesso alla tutela immediata dell’impugnazione dell’estratto di ruolo configurata dalla precedente giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., n. 19704/2015, nonché ex multis, Cass. nn. 27799/2018, 22507/2019 e 12070/2022) rispetto alla tutela differita prevista dall’art. 19, comma 3, ultima parte, D.Lgs. n. 546/1992; limitazione che, al di fuori delle casistiche sopra evidenziate, ha determinato l’inammissibilità del ricorso.

Quanto ai limiti d’impugnazione fissati dall’art. 12, comma 4 bis, D.P.R. n. 602/1973, la giurisprudenza di legittimità richiamata anche nella sentenza in commento (Cass., sez. un., n. 26283/2022, nonché ex multis, Cass. nn. 3400/2023, 3425/2023, 8330/2023, 8374/2023, 8377/2023, 17606/2024, 28243/2024 e 6269/2025) si è consolidata nel ritenere che la disciplina sopravvenuta si applichi anche ai processi pendenti dal 21 dicembre 2021, data di entrata in vigore del suddetto comma 4 bis, poiché la novella “tipizzando” i casi in cui ricorre di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata, ha plasmato l’interesse ad agire come condizione dell’azione avente natura “dinamica” che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione (in dottrina, cfr. BASILAVECCHIA, Si ridimensiona l’impugnazione facoltativa dell’estratto di ruolo, in Corr. trib., 2023, 1, p. 53 ss.). 

Ne è derivato che l’interesse ad agire che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale deve essere dimostrato e verificato dal Giudice anche per i giudizi introdotti prima dell’entrata in vigore della novella ed anche nel giudizio di legittimità (mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c.; o fino all’udienza di discussione o all’adunanza camerale, se il pregiudizio è insorto dopo).

 

4. Non va sottaciuto, come ha ricordato la Corte nella sentenza in commento, che i dubbi di legittimità costituzionale dell’originaria formulazione dell’art. 12, comma 4 bis, D.P.R. n. 602/1973 sollevati con riferimento agli artt. 3, 24, 77, 111, 113 e 117 della Costituzione sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte costituzionale con la sentenza, 17 ottobre 2023, n. 190 (in dottrina, cfr. nota di KOSTNER, Necessita una radicale riforma del sistema nazionale della riscossione – La Consulta sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo, in GT – Riv. giur. trib., 2024, 1, p. 9 ss.) che, da un lato, ha chiarito che la previsione di condizioni che limitano l’azione processuale coinvolge profili rimessi – quanto a forme e modalità – alla discrezionalità del legislatore; dall’altro, che ove pure fosse prospettabile un eventuale vulnus al diritto di difesa del contribuente, ciò richiederebbe un intervento normativo rientrante comunque nella discrezionalità del legislatore. Non può tuttavia non ricordarsi che la Corte costituzionale con la cit. sent. n. 190/2023 non ha mancato di osservare che possibili rimedi si sarebbero potuti ravvisare nella possibilità di estendere la tutela prevista dalla novella a fattispecie ulteriori e diverse da quelle già tassativamente individuate dalla norma; né la Corte si è esentata dal formulare il “pressante auspicio” che il Governo desse attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale di riscossione contenuti nella delega conferitagli dall’art. 18, L. n. 111/2023.

 

5. Non è allora un caso che il legislatore, più di recente, ha allargato il perimetro delle condizioni di tutela giurisdizionale immediata attraverso l’estratto di ruolo con l’art. 12, D.Lgs. n. 110/2024 (adottato in virtù della legge delega n. 111/2023), che ha aggiunto al comma 4 bis altre ipotesi, sempre da dimostrare ad onere dal contribuente (sul punto, cfr. SASSARA, Estratto di ruolo impugnabile solo se viene provata l’esistenza di un pregiudizio concreto ed attuale, in Il fisco, 2024, 35, p. 3277 ss.), il caso in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio “nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n. 14/2019”  (lett. d); “in relazione ad operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati” (lett. e); “nell’ambito della cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472” (lett. f) (in dottrina, sulle novità della novella cfr. LOVECCHIO, Ampliate le ipotesi di ammissibilità dell’impugnazione della cartella di pagamento non notificata, in Il fisco, 2024, 34, p. 3133 ss.).

La norma,  anche dopo le modifiche del 2024 riconosce, quindi,  “nuove ipotesi” in cui si configura e concretizza l’interesse ad agire attraverso l’impugnazione dell’estratto di ruolo, ma continua a circoscrive detto interesse a determinate situazioni in cui sorge un “tipizzato” pregiudizio economico per il contribuente e ciò, per la Suprema Corte, risponde ad una più ampia finalità deflattiva del contenzioso coerente, peraltro, con quanto evidenziato dalla Corte costituzionale (sentenza 19 aprile 2018, n. 77) ovvero che “a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera”.

 

6. La finalità deflattiva della norma non ha tuttavia impedito alla Suprema Corte di rilevare la “necessità” di includere nell’alveo delle nuove ed ampliate ipotesi di impugnazione dell’estratto di ruolo anche i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 110/2024, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata della novella.

Il passaggio logico-argomentativo e giuridico che porta all’affermazione di tale principio è particolarmente significativo. Esso è espressione di un giudizio della Corte che ha “giustificato” l’estensione ai giudizi pendenti della norma modificata in melius per il contribuente per “par condicio” rispetto all’orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto – e ritiene – applicabile ai giudizi pendenti la norma che ha condizionato in pejus – limitandole – le condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale avverso “il veicolo” estratto di ruolo.

Ed infatti, la Corte ha sottolineato che visto che è pacifico che i limiti alla impugnabilità all’estratto di ruolo e cartelle di pagamento invalidamente notificate stabiliti ex novo dal comma 4 bis dell’art. 12, D.P.R. n. 602/1973 devono valere retroattivamente per i giudizi in corso alla data di entrata in vigore della stessa (21 dicembre 2021), lo stesso deve valere “ancor di più” per la previsione dell’art. 12, D.Lgs. n. 110/2024 che ne attenua i rigori, ampliando i casi di “interesse ad agire”. 

Tale “estensione”, precisa ulteriormente la Corte, vale sia per i ricorsi sorti prima dell’entrata in vigore dell’originario comma 4 bis, che per quelli promossi dopo, eventualmente privi dei requisiti stabiliti nella formulazione originaria, ma in possesso di quelli “aggiunti” con la riforma.

Nessun margine di dubbio può sussistere al riguardo, posto che nella pronuncia in commento viene chiaramente affermato che: “Si tratta dell’unica innovazione del menzionato d.lgs. n. 110/2024 immediatamente operativa con la pubblicazione del decreto attuativo, già a valere dai giudizi in corso, così come immediata è stata considerata l’introduzione del suddetto divieto di impugnazione diretta della cartella non notificata” e che ciò è coerente con “la natura ‘dinamica’ attribuita dalle S.U. della Cassazione all’interesse ad agire”.

 

7. Dichiarata l’applicabilità della novella del 2024 ai giudizi pendenti, la pronuncia in commento fa un ulteriore “sforzo” interpretativo e, in virtù del caso sottoposto al suo esame, si spinge oltre “ampliando” di fatto la casistica del pregiudizio che legittima l’impugnabilità dell’estratto di ruolo attraverso un’interpretazione estensiva “necessitata” della nuova versione della norma.

La Corte chiarisce, infatti, che l’interesse “ad evitare ovvero a revocare la declaratoria di fallimento” – nell’ipotesi si dovessero ritenere insussistenti i carichi tributari – è senz’altro assimilabile all’interesse che affiora “nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n. 14/2019” previsto alla lett. d) del novellato comma 4 bis, dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973.

La ragionevolezza di siffatta interpretazione, afferma la Corte, sta nel fatto che sebbene la disciplina contenuta nella legge fallimentare è stata sostituita da quella contenuta nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, la prima continua ad applicarsi, per legge (ex art. 390 CCII), ai ricorsi depositati prima del 15 luglio 2022. Ma, ancor più rilevante, è il fatto che la procedura “fallimentare” è pienamente assimilabile alla procedura di “liquidazione giudiziale” che l’ha sostituita, in quanto anche volendo considerare le modifiche sostanziali (e non solo terminologiche) apportate dalla nuova disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 14/2019, permane la medesima finalità e ratio della nuova procedura che, al pari di quella previgente, va eseguita secondo i principi di par condicio, dell’universalità e dello spossessamento.

Tali considerazioni hanno portato la Corte a stabilire l’equivalenza tra il dedotto pregiudizio riconducibile alla procedura fallimentare derivante dall’iscrizione a ruolo, e l’interesse che si può configurare nell’ambito “delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” introdotte tra le ulteriori ipotesi di impugnabilità dell’estratto di ruolo alla lett. d) del comma 4 bis, dell’art. 12, D.P.R. n. 602/1973.

 

8. La pronuncia affronta, infine, un’altra delicata questione che attiene alla legittimazione processuale delle società cancellata dal registro imprese nella vigenza dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014, poi dichiarata fallita, in caso di “inerzia” del curatore.

La soluzione prospettata fa leva su due principi pacifici in materia che nella peculiare fattispecie in causa vengono ricondotti ad un unicum.

In primis, la Corte ricorda che non v’è dubbio che il fallito sia legittimato ad impugnare l’atto impositivo nel caso di inerzia del curatore (Cass. nn. 2910/2010, 31313/2018, 31843/2019 e 26506/2021) e che le sez. un. della Corte (sent. n. 11287 del 2023 con nota di MARINONI-PATINI, I confini della legittimazione processuale suppletiva del fallito nell’ipotesi di inerzia del curatore e la rilevanza, anche costituzionale, del rapporto tributario, in Dir. prat. trib., 2024, 4, p. 1380; CIARCIA, La legittimazione processuale del fallito in caso di inerzia del curatore, in Riv. tel. dir. trib., 23 novembre 2023; CONIGLIARO, Giudizio tributario: un raggio di sole tra le nubi della legittimazione processuale del debitore insolvente, in Il fisco, 2023, 30, p. 2895) hanno “condivisibilmente chiarito” che il criterio dirimente è il “comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia” del curatore, “indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato”.

Pertanto la “valvola di sicurezza derogatoria” alla legittimazione del curatore in luogo del fallito “spossessato” elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, assurta a diritto vivente, comporta che il mancato compimento tout court di un’attività giudiziale astrattamente possibile da parte del curatore vale a radicare la legittimazione  della  società fallita  a prescindere  dalla  sussistenza  di  una  ponderata  e consapevole astensione dell’organo concorsuale dall’iniziativa processuale in linea di principio praticabile (Cass. nn. 32634/2023 e 21333/2024).

Questo pacifico principio, calato nella realtà della società dichiarata fallita e cancellata dal registro delle imprese nella vigenza dell’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014 necessita, tuttavia, di una ulteriore precisazione per poter essere concretamente applicato.

La Corte osserva, infatti, che in questa peculiare ipotesi, ovvero in caso di inerzia del curatore di società fallita e cancellata dal registro delle imprese dopo il 13 dicembre 2014, l’unico soggetto legittimato ad agire in giudizio è l’exliquidatore della società i cui poteri, in virtù della fictio iuris imposta ex lege della sopravvivenza fiscale quinquennale delle società, devono ritenersi implicitamente prorogati per il medesimo quinquennio post cancellazione (tra le più recenti pronunce, ex multis, Cass. n. 36892/2022; Cass., sez. un., n. 32790/2023, nonché Cass. nn. 18310/2023, 10639/2024, 10429/2025. In dottrina, cfr. GUIDARA, Accertamenti notificati a società cancellate dal Registro delle imprese: conseguenze processuali – Persistenti incertezze sulle responsabilità tributarie di soci e liquidatori delle società estinte: tra diritto vivente e diritto agonizzante, in GT – Riv. giur. trib., n. 2022, 11, p. 897; GLENDI, Quanto previsto ex art. 36 D.P.R. n. 602/73 non ha ingresso nella lite proseguita fra ex soci di società estinta – Le SS.UU. tra successione sui generis e responsabilità tributaria ex art. 36 D.P.R. n. 602/1973, in GT – Riv. giur. trib., 2025, 5, p. 373 ss.; IACCARINO, Le criticità della perpetuatio implicita dei poteri degli ex liquidatori delle società cancellate, ma fiscalmente vive, in virtù della fictio juris imposta dall’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014, in Riv. tel. dir. trib., 18 febbraio 2025).

 

9. La sentenza in commento, in definitiva, ha affrontato e risolto con estrema chiarezza e ragionevolezza una serie di principi di grande rilievo pratico, in posizione di continuità interpretativa con altri precedenti di legittimità, destinati ad orientare la gestione delle future controversie tributarie. Al di là della conferma della legittimazione suppletiva del fallito in caso di inerzia del curatore e della puntuale ricostruzione della legittimazione processuale dell’ex liquidatore della società estinta e fallita, ex art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014, il nuovo principio di diritto che emerge con preponderanza è quello dell’applicabilità retroattiva delle ulteriori ipotesi di impugnazione dell’estratto di ruolo “favorevoli” al debitore ai giudizi pendenti per la correlata portata estensiva dei casi di pregiudizio tassativamente imposti ex lege secondo una lettura costituzionalmente orientata della norma. Si tratta di un deciso passo avanti verso una giustizia tributaria più equa, attenta alle concrete esigenze di tutela del contribuente, ed in linea con le indicazioni della Corte costituzionale.