argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza
Nel presente contributo si commenta la recente pronuncia della Suprema Corte, 14 febbraio 2025, n. 3800, con cui è stato circoscritto l’effetto della sentenza penale di assoluzione nel processo tributario, limitatamente alle sole sanzioni fiscali.
» visualizza: il documento (Corte di Cass., sent. 14 febbraio 2025, n. 3800)PAROLE CHIAVE: ne bis in idem - processo penale - processo tributario - Rule of law
di Simone Francesco Cociani
1. La recente pronuncia della Suprema Corte, 14 febbraio 2025, n. 3800, con cui è stato circoscritto l’effetto della sentenza penale di assoluzione (con le formule «perché il fatto non sussiste» o «per non aver commesso il fatto») nel processo tributario limitatamente alle sole sanzioni fiscali, escludendo quindi l’imposta, non è certo passata inosservata. Difatti, all’indomani della richiamata decisione, si è perfino auspicata l’istituzione di un “tavolo di confronto” – cui dovrebbero essere invitate le più alte magistrature tributarie – così da assicurare la certezza del diritto (cfr. PARENTE, Un tavolo di confronto con la Cassazione per la certezza del diritto, in Il Sole 24 Ore, 22 febbraio 2025, ove, appunto, si dà conto della proposta del viceministro dell’Economia, On. Maurizio Leo, di istituire un tavolo di confronto con i magistrati tributari della Cassazione al fine di evitare che il Governo, il legislatore, faccia degli interventi normativi che poi non sono in linea con il sentiment degli organi giurisdizionali, assicurando così la certezza del diritto. La proposta è stata successivamente ribadita dallo stesso viceministro dell’Economia in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’Anno giudiziario tributario 2025, tenutasi in data 12 marzo 2025 presso la Camera dei Deputati, su cui CIMMARUSTI, Arretrato in Cassazione: conciliazione estesa anche ai vecchi ricorsi, Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2025).
Ora, tornando alla sentenza n. 3800/2025, la questione è nota. In attuazione dell’art. 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111, recante la delega al Governo per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, l’Esecutivo ha introdotto l’art. 21-bis nel corpo del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Tale norma, sembrando in parte ispirarsi all’art. 12 della legge n. 516/1982 (su cui SCHIAVOLIN, L’utilizzazione fiscale delle risultanze penali, Milano, 1994, 569 ss .), al primo comma dispone che: «La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi» (al riguardo: FLORA, Profili penali della legge delega per la riforma fiscale, in Dir. pen. proc., 2023, 11, 1413 ss.; GIOVANNINI, I nuovi princìpi del sistema punitivo tributario: proporzionalità e identità del fatto materiale, in AA.VV., La riforma fiscale, I diritti e i procedimenti, Vol. III, Accertamento, sanzioni e rapporti fra processi, Giovannini (cur.), Pisa, 2024, 149 ss.; ID., I rapporti fra processo penale e processo tributario, in AA.VV., La riforma fiscale, I diritti e i procedimenti, Vol. III, Accertamento, sanzioni e rapporti fra processi, Giovannini (cur.), Pisa, 2024, 161; GIOVANARDI, Prime osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio tributario, in Riv. dir. trib. suppl. online, 20 aprile 2024; ARDIZZONE, Il D. Lgs. n. 87/2024 e la riforma del doppio binario tributario, in Dir. pen. proc., n. 12, 2024, 1590 ss.; DE BONIS, La circolazione e la rilevanza del giudicato tra processo penale e processo tributario: Le ricadute della l. n. 130 del 2022 e gli approdi del D.Lgs. n. 87 del 2024, in Dir. prat. trib., 2024, 2091 ss.; LOVISOLO, “Doppio binario” fra esiti del processo penale e tributario: necessità di un coordinamento normativo e inconfigurabilità di automatici effetti delle sentenze penali nel processo tributario: (limitata) rilevanza nel processo penale delle sentenze e “definizioni” tributarie, in Dir. prat. trib., 2024, I, 1310 ss.; TOSI, La nuova disciplina del rapporto tra processo tributario e processo penale, in Tax News – suppl. online a Riv. trim. dir. trib., 25 novembre 2024).
La nuova disposizione sembra quindi animata dalla finalità di stabilire delle connessioni tra i diversi procedimenti, tributario e penale (coerentemente con l’art. 129, comma 3-quater, disp. att. del c.p.p., e gli artt. 32 D.P.R. n. 600/73 e 51 D.P.R. n. 633/72, che prevedono obblighi di comunicazione tra autorità giudiziaria e uffici tributari), di tal guisa apprestando una risposta punitiva coordinata, rispettosa del divieto del bis in idem (in particolare alla luce della C. EDU, sent., 15 novembre 2016, causa A e B c. Norvegia) e, in qualche modo, anche del principio di proporzionalità (GIOVANNINI, I nuovi princìpi del sistema punitivo tributario: proporzionalità e identità del fatto materiale, cit., 154 s.; sul principio di proporzionalità si vedano: Corte giust. UE, 8 marzo 2022, causa C-205/20 e Corte cost., sent., n. 46/2023. Al riguardo, COPPA, I principi di proporzionalità e di offensività nell’interpretazione (poco) costituzionalmente orientata della Consulta, in Rass. trib., 2023, 614 ss.; MELIS, Le sanzioni amministrative tributarie nella legge delega: questioni aperte e possibili soluzioni, in Rass. trib., 2023, 502 ss.; BUCCICO, L’applicazione del principio di proporzionalità alle sanzioni tributarie, in Dir. prat. trib., 2020, 933 ss.; CORDEIRO GUERRA, L’attuazione del principio di proporzionalità: luci ed ombre, in AA.VV., L’attuazione della riforma tributaria, M. Logozzo (cur.), Pisa, 2024, 197 ss.; ID., Il principio di proporzionalità, in AA.VV., La riforma fiscale, I diritti e i procedimenti, Vol. III, Accertamento, sanzioni e rapporti fra processi, Giovannini (cur.), Pisa, 2024, 205 ss., DEL FEDERICO, La riforma delle sanzioni amministrative: profili generali e principi di novità, in AA.VV., La riforma fiscale, I diritti e i procedimenti, Vol. III, Accertamento, sanzioni e rapporti fra processi, Giovannini (cur.), Pisa, 2024,183 ss.; G. MOSCHETTI, Il principio di proporzionalità come “giusta misura” del potere nel diritto tributario, Milano, 2017, MERCURI, Il principio di proporzionalità nel diritto tributario, Milano, 2024; BORGIA, La vis espansiva del principio di proporzionalità della risposta sanzionatoria in materia tributaria: note a margine della sentenza della Corte costituzionale, n. 46/2023, in Riv. dir. trib. suppl. online, 28 novembre 2023 e, volendo, COCIANI, Sul divieto di pene sproporzionate e sul riconoscimento dell’attenuante per i reati tributari di competenza della procura europea (EPPO), in Riv. trim. dir. trib., 2022, 747 ss).
In questi termini, l’art. 21-bis D.Lgs. n. 74/2000 risulta esprimere la preferenza per il processo penale quale migliore strumento per l’accertamento del fatto materiale, come tale rilevante anche ai fini del processo tributario.
Difatti, se nella dimensione penale è accertata l’insussistenza del fatto nella sua materialità, allora, nella collegata dimensione tributaria, anche alla luce del principio della capacità contributiva, non risulta possibile assegnare a quel medesimo fatto alcuna rilevanza in termini di presupposto del tributo, specie rispetto al medesimo contribuente (GIOVANNINI, I nuovi princìpi del sistema punitivo tributario: proporzionalità e identità del fatto materiale, cit., 150-152; ID., I rapporti fra processo penale e processo tributario, cit., 164).
2. Ebbene, nel quadro interpretativo appena richiamato, peraltro condiviso da un primo orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui ciò che rileva non è il valore extrapenale del dispositivo della sentenza, ma il valore extrapenale degli accertamenti di fatto (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. V, Sent., 15 gennaio 2025, n. 936 e Cass. n. 1021/2025), ha fatto irruzione un altro orientamento che – capitanato dall’articolata sentenza n. 3800/2025 in commento – limita la portata dell’art. 21-bis in discorso alla sola dimensione sanzionatoria amministrativa, lasciando quindi il giudice tributario del tutto libero di apprezzare la sentenza penale quanto alla determinazione del tributo (in senso conforme si vedano altresì: Cass. n. 4916/2025; 4921/2025; 4924/2025; 4935/2025).
Più in particolare, con la pronuncia in parola la Corte afferma il seguente principio di diritto:
«L’art. 21-bis D. Lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l'art. 1, D. Lgs. n. 87 del 2024, poi recepito nell'art. 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all'accertamento dell'imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio» (per una prima annotazione critica si vedano SALVATI, Innocenti evasori: la Cassazione verso il triplo binario (e oltre). Osservazioni a Cass. civ., Sez. V, 14 febbraio 2025, n. 3800, in Riv. dir. trib. suppl. online, 20 febbraio 2025; MARCHESELLI, Dal doppio binario al Capolinea Giusto Processo, in Riv. dir. trib. suppl. online, 1° marzo 2025).
3. Al riguardo, sembra possibile svolgere alcune brevi osservazioni critiche.
Anzitutto, sebbene l’arresto in parola ravvisi la ratio dell’art. 21-bis nel rafforzamento dell’integrazione dei sistemi sanzionatori nella prospettiva dell’adeguamento al ne bis in idem, esso finisce per trascurare la dimensione processuale dello stesso principio (ovvero il ne bis vexari) che, invece, sembra alla base della scelta legislativa di attribuire rilevanza all’idem factum nei termini sopra illustrati.
In altre parole, la giurisprudenza ora in esame pare indirizzata a mantener fermo il principio del doppio binario, peraltro rafforzandolo attraverso la limitazione della portata dell’art. 21-bis alla sola dimensione sanzionatoria amministrativa, con conseguente separazione delle sorti del processo tributario quanto alla determinazione delle sole imposte, come detto, rimessa all’autonomia del giudice tributario, insensibile all’accertamento del fatto materiale da parte del giudice penale.
Più in particolare, secondo la Corte, il rapporto d’imposta che intercorre tra il contribuente e l'erario (incardinato tra dovere contributivo e capacità contributiva in funzione della giusta imposizione) non partecipa, in quanto tale, al rapporto penale, che attiene, invece, all'aspetto sanzionatorio, per il quale si pone, differentemente, l'esigenza di una valutazione unitaria e contemperata del complessivo trattamento afflittivo (cfr. par. 14.1).
Ancora, a parere del medesimo giudice di legittimità, lo stesso art. 21-ter, D.Lgs. n. 74/2000, milita nel senso appena richiamato. Difatti, laddove è previsto che «quando per lo stesso fatto è stata applicata, a carico del soggetto, una sanzione penale ovvero una sanzione amministrativa o una sanzione amministrativa dipendente da reato, il giudice o l'autorità amministrativa, al momento della determinazione delle sanzioni di propria competenza e al fine di ridurne la relativa misura, tiene conto di quelle già irrogate con provvedimento o con sentenza assunti in via definitiva», lo stesso giudice – eccessivamente sopravvalutando la portata degli effetti della disposizione riferita alla riduzione a proporzionalità del cumulo di sanzioni – desume che il legislatore ha inteso circoscrivere alla sola dimensione sanzionatoria gli effetti della sentenza penale.
Quindi, in definitiva, secondo la pronuncia ora in esame, l'incidenza del giudicato assolutorio penale sulla sola sanzione lascia inalterato il regime probatorio e la rilevanza della decisione penale sul rapporto d'imposta (cfr. par. 22.1).
Così, secondo la Corte, l’estensione ai fini del solo trattamento sanzionatorio trova il suo fondamento nella necessità di assicurare una unitarietà del momento afflittivo, che deve rispondere a criteri di non contraddizione, adeguatezza e proporzionalità, mentre l'imposizione è – in ogni caso – soggetta all'ordinario regime probatorio, sicché resta esclusa una ingiustificata divaricazione e differenziazione tra i contribuenti (cfr. par. 25.3.), a seconda che sia stata o meno esercitata l’azione penale, stante i differenti standard probatori dei relativi processi.
A quest’ultimo riguardo, tuttavia, è possibile osservare che la ricostruzione sopra riportata sembra ingiustamente trascurare che l’art. 21-bis, anzitutto, risponde all’esigenza di dare attuazione al principio di non contraddizione e di coerenza del sistema, in parte rimediando alla tensione tra tale principio e quello del doppio binario (su cui TESAURO, Ammissibilità nel processo tributario delle prove acquisite in sede penale, in Rass. trib., 2015, 2, 323 ss., e MARCHESELLI, La circolazione dei materiali istruttori dal procedimento penale a quello tributario, in Rass. trib., 2009, 1, 83 ss.). Difatti, l’accertamento del fatto storico-naturalistico, nella sua essenzialità, proprio in attuazione del principio di non contraddizione, ben può essere posto alla base della cognizione del giudice tributario, tanto in una prospettiva sanzionatoria amministrativa, quanto in una prospettiva di accertamento del tributo alla luce del principio della capacità contributiva. Difatti, come noto, la richiamata capacità contributiva deve essere certa ed effettiva, altrimenti, anche sotto il profilo costituzionale, risulterebbe ingiustificabile l’obbligo di pagamento dell’imposta a carico di colui il quale sia stato accertato non essere responsabile per il pagamento della sanzione in precedenza irrogata a seguito della contestazione della debenza dell’imposta (cfr. MARCHESELLI, Dal doppio binario al Capolinea Giusto Processo, cit., 4 s., il quale osserva poi che, nel diritto tributario, non sussiste un doppio standard probatorio, quanto all’accertamento dell’imposta e alla debenza della sanzione amministrativa, sicché, se il fatto materiale non sussiste ai fini della sanzione, esso non può sussistere nemmeno per l’imposta).
Poi, per quanto concerne la rilevanza della distinzione tra i due standard probatori (in sede penale e in sede tributaria), da un lato, si può riconoscere come vi sia stato un significativo avvicinamento tra gli stessi (su cui, di recente, GALLO, Brevi considerazioni in materia di onere della prova nel processo tributario dopo la riforma della giustizia tributaria e dello statuto dei diritti del contribuente, in Tax news – suppl. online alla Riv. trim. dir. trib., 12 dicembre 2024, CORDEIRO GUERRA, Primi orientamenti giurisprudenziali in tema di efficacia di giudicato nel processo tributario della sentenza penale di assoluzione: rileva anche quella pronunciata per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ex art. 530, comma 2 c.p.p.?, in Tax news, 11 marzo 2025).
Dall’altro lato, quand’anche si volessero valorizzare le differenze tra i due riti, si può altresì ammettere che la diversità tra essi trova giustificazione nella diversa reazione dell’ordinamento (anche in termini di bene giuridico tutelato), frutto della scelta discrezionale del legislatore. Senonché, la funzione servente assegnata al diritto penale, rispetto all’interesse dello Stato all’acquisizione dei mezzi finanziari, impone di considerare, anche ai fini dell’accertamento della debenza dell’imposta, l’insussistenza del fatto materiale eventualmente accertata all’esito del processo penale. E ciò, anche in ossequio al canone della razionalità normativa di cui all’art. 3 Cost., con i suoi corollari di coerenza e non contraddittorietà, da riguardarsi pure rispetto alle qualificazioni dei fatti e dei rispettivi effetti giuridici (cfr. GIOVANNINI, I rapporti fra processo penale e processo tributario, cit., 165).
Peraltro, nella pratica, accertamento del tributo e relative sanzioni originano dallo stesso atto impositivo che, in punto di sanzioni, di solito, non risulta autonomamente motivato, fondandosi solamente sull’accertata violazione della norma impositrice, a sua volta imperniata sul fatto materiale (cfr. CARINCI, L’editoriale, in Blast, 18 febbraio 2025. In senso analogo, ID., L’editoriale, in Blast, 8 marzo 2025).
In ogni caso, il maggior grado di verosimiglianza, sotto il profilo della certezza ed effettività della capacità contributiva espressa dal fatto a rilevanza tributaria, risulta assicurato proprio dal processo penale, perciò, le relative risultanze è previsto siano destinate a spiegare effetto in sede tributaria, anche per quanto concerne l’accertamento di tale fatto materiale nella dimensione sostanziale (e non solo sanzionatoria).
Peraltro, tale aspetto risulta altresì coerente con la riconosciuta efficacia indiretta della presunzione d’innocenza rispetto ai procedimenti successivi a quello penale, ivi compreso quello tributario (cfr. Corte EDU 30 aprile 2015, Causa Kapetanios et alii v. Grecia, su cui CALZOLARI, L’efficacia del giudicato penale di assoluzione nel processo tributario, un equivoco risolvibile applicando la CEDU, in Blast, 18 marzo 2025).
D’altra parte, ove così non fosse (ove, cioè, il processo tributario si caratterizzasse per le stesse garanzie che informano il processo penale), mal si giustificherebbe la diversa portata dal legislatore attribuita alla sentenza tributaria rispetto al processo penale (cfr. art. 20, comma 1-bis, D.Lgs. n. 74/2000), in confronto alla disposizione di cui all’art. 21-bis più volte richiamato.
Insomma, proprio il fatto materiale – così come accertato nel processo penale – è idoneo ad assicurare la migliore (nel senso di più corretta) attuazione del tributo, sia in una prospettiva interna (tanto nella fase dell’attuazione amministrativa, quanto nella fase dell’attuazione per via giurisdizionale), sia nella prospettiva unionale, rispetto alla quale il principio di effettività del diritto dell’Unione risulta meglio assicurato allorquando il predetto fatto materiale sia stato accertato con le garanzie del processo penale.
4. In conclusione, l’orientamento giurisprudenziale da ultimo richiamato, laddove porta alle estreme conseguenze la restrittiva ricostruzione del significato da attribuire all’espressione «fatto materiale», limitando questa alla sola dimensione sanzionatoria e, quindi, tralasciando di tener in debito conto le sempre più numerose deroghe al principio del doppio binario anche per quanto concerne aspetto sostanziale (si pensi, ad esempio, alla causa di non punibilità penale per intervenuto pagamento del debito tributario di cui all’art. 13 D.Lgs. n. 74/2000), finisce per trascurare come il rilievo dell’idem factum – anche ai fini dell’accertamento del tributo – assicura una maggiore coerenza sistematica (anzitutto sotto il profilo costituzionale) alla ricostruzione della portata della norma di cui all’art. 21-bis in precedenza illustrata.
In altri termini, il nuovo regime dei rapporti tra processo penale e processo tributario ha inteso disciplinare le condizioni al cui verificarsi la statuizione sul fatto materiale (e non la relativa sentenza) è destinata a circolare, dando attuazione al principio del ne bis vexari e, sotto questo profilo, alla stessa delega legislativa.
Così, l’art. 21-bis in parola assicura che, in sede tributaria, sia pretesa la giusta imposta che, come noto, è tale anche in quanto accertata all’esito di un giusto procedimento amministrativo d’imposizione e di un giusto processo, i cui caratteri, allo stato, come anche implicitamente riconosciuto dal legislatore delegato, sono maggiormente inverati dal processo penale piuttosto che dal processo tributario.
Da ultimo, va indubbiamente segnalato come la stessa Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria pubblicata in data 4 marzo 2025, n. 5714, rilevato il contrasto di orientamenti fra Sezioni semplici, ha opportunamente rimesso gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Talché, solo i successivi sviluppi della giurisprudenza di legittimità consentiranno di comprendere se ci si trovi o meno davanti ad un ulteriore caso di creazionismo giudiziario, o se, viceversa, la sentenza n. 3800/2025 altro non sia che una decisione espressiva di un orientamento destinato a risultare recessivo.
Infine, in termini più generali, la sentenza in parola sembra altresì rivelare il disagio dell’interprete, chiamato a misurarsi con le difficoltà di fare corretto uso della discrezionalità interpretativa nell’esercizio della giurisdizione, invero accresciuta a causa dell’inflazione normativa, del dissesto del linguaggio legale e della struttura multilivello dell’ordinamento (Sul rifiuto del creazionismo giudiziario si veda FERRAJOLI, Dieci regole di deontologia giudiziaria, conseguenti alla natura cognitiva della giurisdizione, in SSM, Quaderno 17, L’etica giudiziaria, Roma, 2022, 25 ss. In senso altrettanto critico MATTARELLA, Discorso per la cerimonia d’inaugurazione della terza sede della Scuola Superiore della Magistratura, in Castel Capuano, 15 maggio 2023).
Tuttavia, così come l’interpretazione giurisprudenziale svincolata dal dato normativo rischia di mettere in discussione la divisione dei poteri, allo stesso modo, anche ipotesi di ‘normalizzazione’ della giurisprudenza – tanto se proposte facendo leva sull’opportunità di adeguare la legge al sentiment della giurisprudenza, quanto se animate dall’obiettivo di favorire interpretazioni giurisprudenziali ‘allineate’ all’intenzione del legislatore – sembrano doversi attuare con particolare cautela, onde evitare, anche in questa prospettiva, la messa in discussione del principio della separazione dei poteri e, con essa, l’essenza stessa della rule of law.
Pertanto, in definitiva, ben venga l’intervento delle Sezioni Unite, unico organo istituzionalmente chiamato a realizzare la funzione nomofilattica che l’ordinamento attribuisce alla più alta autorità giurisdizionale.