Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

31/08/2022 - Spunti controcorrente su giurisdizione ordinaria e mancata transazione fiscale

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La Corte di cassazione ancora una volta a Sezioni Unite condivide la tesi della giurisdizione ordinaria in caso di controversia a seguito della mancata accettazione da parte dell’Agenzia delle Entrate della proposta di transazione fiscale presentata dal contribuente qualora essa impedisca di raggiungere la maggioranza necessaria al fine dell’omologazione dell’accordo o del concordato preventivo.

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PAROLE CHIAVE: transazione fiscale - giurisdizione ordinaria - interesse pubblico


di Valerio Ficari

  1. La Suprema Corte, a seguito di un regolamento preventivo di giurisdizione presentato dall’Agenzia delle Entrate, dopo alcuni precedenti (Cass. SS.UU. 25 marzo 2021 n.8504 e 22 novembre 2021 n.35954 tra l’altro in Riv.dir.trib., 2022, II, 1 e ss. con nota di PAPARELLA L’esperienza infinita della transazione fiscale tra natura giuridica dei rapporti e successione delle leggi nel tempo: le Sezioni Unite si esprimono anche sul riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice fallimentare e in Tax news, 2021, fascicolo 1, 173 e ss. con nota di CIARCIA Il giudice competente in tema di transazione fiscale cui aggiungere Cass. SS.UU. n.22139/21) torna ad occuparsi della questione della giurisdizione nel caso della mancata accettazione della proposta di transazione fiscale ex artt. 82 bis e 182 ter della legge fallimentare nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’art.3 del D.L. n.125/20 convertito nella l.n.159720.

I giudici negano la giurisdizione tributaria a favore di quella ordinaria nel periodo antecedente alla novella legislativa di cui al codice della crisi sulla base di una serie di argomentazioni qui sinteticamente esposte:

  1. la proposta di transazione fiscale, il suo accoglimento o rifiuto (espresso o tacito che sia) costituirebbero un subprocedimento paraconcorsuale di natura privatistico/negoziale che sarebbe interno e non autonomo rispetto a quello più generale relativo ai crediti privatistici;
  2. tale dipendenza e mancata autonomia giustificherebbe la concentrazione davanti ad un unico giudice, quello fallimentare, della tutela di tutte possibili ed “eterogenee” posizioni giuridiche rilevanti ai fini del giudizio di omologazione che il solo giudice ordinario potrebbe rendere;
  3. il sindacato giudiziale relativo alla convenienza o meno della proposta avanzata dal contribuente non avrebbe natura tributaria in quanto le controversie tributarie attribuite alle commissioni tributarie sarebbero solo quelle “aventi propriamente ad oggetto l’an ed il quantum della pretesa impositiva”;
  4. il diniego (espresso o tacito) di transazione fiscale – cioè l’atto con il quale l’Agenzia impedirebbe la formazione della maggioranza richiesta per l’omologa - non sarebbe annoverabile ad uno degli atti impugnabili ex art.19 del D.Lgs. n.546/1992 (es. ad un diniego di agevolazione o di condono) in quanto con la sua impugnazione il ricorrente non andrebbe a discutere “del fondamento o della quantificazione della pretesa impositiva” o “della legittimità di un atto della riscossione” ma, invece, di motivi che potrebbero consistere (nonostante l’asseverazione, n.d.r.) in una serie di circostanze estranee al rapporto giuridico tributario (circostanze che la S.C. individua espressamente: “esito di precedenti transazioni tra le parti, asserita mancanza di adeguate garanzie, affermata insussistenza in concreto di affidabili indici di fattibilità e di realistiche prospettive di maggior soddisfacimento rispetto alla liquidazione concorsuale tout court”);
  5. la giurisdizione tributaria non potrebbe comprendere azioni con le quali l’obbligazione tributaria e il relativo rapporto giuridico siano dedotti non quale “oggetto” diretto di accertamento giudiziale” per il tramite dell’impugnazione di un atto ma, invece, “quali elementi integrativi di una diversa fattispecie non connotata da autoritatività” né azioni che presuppongano poteri del giudice tributari di natura sostitutiva rispetto all’operato dell’Agenzia.

 

  1. Le argomentazioni avanzate dalla Suprema Corte possono prestarsi ad alcune osservazioni critiche soprattutto per quanto riguarda la natura dell’obbligazione tributaria ed i limiti oggettivi del giudizio tributario; tutto ciò nonostante de iure condito la scelta sia ad oggi quella a favore della giurisdizione ordinaria.
    • Solo svalutando in termini apodittici l’autonomia dell’obbligazione tributaria e gli interessi al suo effettivo adempimento (sebbene in misura limitata) si può giungere a ritenere che il procedimento di ristrutturazione del debito tributario sia tipologicamente secondario e che l’esigenza di una sua conclusione fondata su interessi assimilabili a quelli propri dei creditori privatistici.

Per quanto l’entità dell’indebitamento tributario sia in molti casi di grande valore comparativo, tutta la storia della disciplina della transazione fiscale sin dalla sua originaria introduzione nella legge fallimentare e la relativa prassi (Circolare Agenzia delle Entrate 29 dicembre 2020)dimostrano come la specialità debba essere intesa come autonomia; basti pensare, fra le tante ragioni, alla necessità di una regolamentazione ad hoc senza la quale nessun debito tributario avrebbe mai potuto essere transatto.

  • Si deve aggiungere che la natura dello strumento previsto per transigere per quanto la si possa colorare di negozialità non assume rilievo qualificante ai fini della giurisdizione in quanto è consolidata nell’ordinamento giuridico tributario la presenza di accordi (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale) la cui natura tributaria non è mai stata messa in discussione al pari della eguale natura degli interessi sottesi.

La Corte sembra, quindi, dimenticare che da oltre 25 anni attraverso strumenti pattizi i contribuenti e le Agenzie possono definire l’an e il quantum dell’obbligazione tributaria senza che il potere dispositivo/negoziale elimini il carattere tributario di tali istituti.  

  • Peraltro, la sentenza sembra dimenticare come la giurisprudenza tributaria avesse già consolidato un orientamento ad avviso del quale l’elenco fissato dall’art.19 del D.Lgs. n.546/1992 sarebbe idoneo a comprendere, attraverso una interpretazione funzionale, questo ed altri tipi di diniego in cui non si riscontra alcun accertamento diretto della pretesa tributaria.
  • Un profilo che la Corte trascura di considerare, forse perché non espressamente sottoposto alla Sua attenzione, è quello relativo agli interessi giuridici che vengono analizzati e apprezzati nella scelta dell’accettazione o meno della proposta di transazione fiscale; essi si riconducono all’art.97 Cost. inteso principio costituzionale comprensivo dell’interesse all’effettività della riscossione, come, peraltro, delineato diffusamente nella nota sentenza della CGE caso Degano trasporti CGE 7 aprile 2016 C-546/14, anch’essa del tutto dimenticata nella sentenza in commento.

La sentenza comunitaria, nel giudicare illegittima la limitazione alla falcidia Iva nella transazione fiscale, ha collegato espressamente il buon esito del procedimento di ristrutturazione al miglior perseguimento dell’interesse pubblico all’effettività della riscossione del tributo collegando la funzione della riscossione al principio di buon andamento dell’attività amministrativa ex art.97 Cost. nella sua fisionomia di economicità ed efficienza dell’attività anche attraverso accordi (di natura sì negoziale ma di interesse pubblico) che diano certezza al gettito anche se in misura diversa da quella accertata eliminando il rischio di una esecuzione patrimoniale infruttuosa.

La presenza di un obiettivo di risultato fonda, peraltro, anche un interesse del contribuente stesso che ha presentato la proposta al corretto esercizio della funzione la quale, in ragione dei vincoli menzionati e del corredo di una idonea e non contestata asseverazione, dovrebbe avere un esito vincolato (spunti anche in DEL FEDERICO Margini di tutela del debitore. Contribuente e riparto della giurisdizione in tema di transazione fiscale in Tax news, 2021, fasc.2, 451 e ss.; sull’attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione in tema di convenienza della proposta vedi, però, STASI Transazione fiscale obbligatoria e il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario in Il fallimento, 2021, 1391 e ss.).

A fronte di un interesse del contribuente di natura pretensiva a che l’ufficio adotti la scelta che sia più giusta nell’interesse pubblico, di una serie molto dettagliata di guide rules che l’Agenzia ha enucleato nella dedicata Circolare e di una natura, quindi, anche privata dell’interesse rilevante essendo il contribuente membro della collettività su cui ricadono i vantaggi di una riscossione effettiva e le conseguenze del suo fallimento (per approfondimenti vedi FICARI Mancata transazione fiscale, “interesse” pretensivo del contribuente e poteri giudiziali in Il fallimento, 2022, 597 e ss.) ci pare più completo il fondamento della giurisdizione a favore di quella tributaria.

La mancata accettazione della proposta costituirebbe, quindi, un mancato agire amministrativo idoneo a ledere interessi giuridici del contribuente riconducibili a interessi pubblici collettivi come l’effettività della riscossione delle imposte nella prospettiva del reperimento delle risorse per le spese pubbliche, la prosecuzione dell’impresa e del lavoro.  

  • Infine, desta sorpresa che la Suprema Corte ritenga che esista uno spazio cognitivo di un giudice (ordinario o tributario che sia) rispetto a circostante come l’“esito di precedenti transazioni tra le parti, asserita mancanza di adeguate garanzie, affermata insussistenza in concreto di affidabili indici di fattibilità e di realistiche prospettive di maggior soddisfacimento rispetto alla liquidazione concorsuale tout court” che nessun giudice dovrebbe apprezzare non solo perché si sarebbe al di fuori di un sindacato sulla discrezionalità ma, soprattutto, perché, così facendo, si trascurerebbe di considerare la rilevanza penale che una falsa attestazione assume ove non se ne accetti il contenuto in termini di valori, sostenibilità e convenienza rispetto alla liquidazione.

La relazione del terzo asseveratore appartiene al paradigma normativo, ne costituisce componente essenziale e trova un suo modello nelle guide lines espresse dalla Circolare n.34/ del 2020 della stessa agenzia delle entrate cioè dell’ente creditore.

Di essa non vi è menzione nella sentenza e ciò la rende gravemente lacunosa considerando che tale profilo ben avrebbe potuto essere considerato d’ufficio come ulteriore argomento a fondamento della doverosità dell’azione amministrativa di cui anche l’accettazione della proposta è espressione.

 

  1. La scelta adottata dal legislatore nel modificare dapprima gli artt.180, comma quarto e 182 bis comma quarto della legge fallimentare e, quindi, nell’introdurre l’art.48 del D.Lgs 12 gennaio 2019 n.14 8codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) è coerente con l’orientamento giurisprudenziale che la sentenza in rassegna ha consolidato.

Desta, comunque, forti perplessità a livello sistematico che si attribuito al giudice ordinario un potere sostitutivo dell’Agenzia delle Entrate quando al giudice tributario che conosce in via esclusiva delle controversie tributarie per materia e per natura soggettiva delle parti necessarie ciò è espressamente vietato, trattandosi di un giudizio di annullamento/merito in cui neppure nel caso dell’azione di rimborso il giudice può assumere una veste suppletiva.

Si deve, però, prendere atto che ad oggi questo potere è attribuito al giudice ordinario il quale è ora l’unico arbitro del sindacato sia sul silenzio alla proposta sia sul diniego espresso quando i termini proposti risultino più convenienti di quelli, prognostici, relativi alla liquidazione patrimoniale in sede fallimentare sempre, comunque, con i perpetui vincoli derivanti dalla rilevanza del contenuto dell’asseverazione affatto neutralizzati dall’inciso “anche” contenuto in quella parte della disposizione che la considera una fonte eventuale di convincimento del giudice (approfondimenti in FICARI Mancata transazione fiscale, “interesse” pretensivo del contribuente e poteri giudiziali in Il fallimento, 2022, 597 e ss. cui si rinvia anche per citazioni).

Infine, la scelta legislativa potrebbe rivelarsi distonica con gli effetti che la transazione fiscale ha anche attraverso l’esercizio del potere sostitutivo del giudice ordinario sui giudici tributari pendenti relativi agli atti impositivi accertativi di debiti confluiti nella ristrutturazione (sulla cessata materia del contendere del giudizio relativo ad un avviso per imposte ristrutturate con transazione fiscale da ultima Cass. sez. tributaria 27 aprile 2022 n.13090).