Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

22/06/2023 - Vizio di notifica dell'intimazione di pagamento ed esecuzione forzata: il discrimine tra giurisdizione tributaria ed ordinaria

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La giurisdizione del giudice speciale si estende ad ogni questione relativa all’an o al quantum del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti dell’esecuzione forzata tributaria, pur ricomprendendo l’eccezione di prescrizione dedotta tramite l’impugnazione di atti prodromici all’esecuzione.

» visualizza: il documento (Cass. civ., sez. u. 18 ottobre 2022, n. 30666) scarica file

PAROLE CHIAVE: giurisdizione tributaria - esecuzione forzata - prescrizione


di Francesco Paolo Schiavone

1. Nell’ordinanza in commento è ribadito l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di riferibilità delle sanzioni amministrative tributarie alla persona giuridica. L’ordinanza della Corte di Cassazione a sezioni unite in esame del 18 ottobre 2022, n. 30666, ha ad oggetto l'impugnazione di un’intimazione di pagamento, emessa per la riscossione di somme dovute a titolo di tassa per lo smaltimento dei rifiuti. Originariamente, il Tribunale di Agrigento, in data 13 marzo 2014, aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in virtù dell’opposizione proposta dal contribuente, in ordine alla notifica dell’ingiunzione di pagamento. L’impugnazione proposta è stata poi rigettata della Corte di Appello di Palermo del 17 settembre 2018 ed il contribuente ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, con successiva rimessione degli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle sezioni unite. A sostegno di ciò, il ricorrente ha dedotto l'inesistenza o la nullità della notificazione della cartella di pagamento, in quanto effettuata nei confronti di una società cancellata dal registro delle imprese, nonché ha eccepito la prescrizione della pretesa tributaria, in conseguenza del periodo di tempo trascorso tra la notificazione della cartella e quella dell'intimazione di pagamento. Si premette che il ricorso sia stato ritenuto infondato, in quanto la Suprema Corte ha sostenuto che la giurisdizione appartiene al giudice tributario nelle ipotesi in cui il fatto estintivo della pretesa tributaria si sia verificato in epoca successiva all'emissione della cartella di pagamento, pur tuttavia mancando o risultando giuridicamente inesistente la notifica di quest'ultima, al pari di quanto accade al verificarsi di un fatto estintivo anteriore alla predetta notificazione.

2. Al fine di poter correttamente inquadrare la ratio decidendi della Corte di Cassazione nella predetta ordinanza, è opportuno “fare un passo indietro”, ripercorrendo le tappe dell’actio finium regundorum delle giurisdizioni tributaria ed ordinaria, in linea con l’iter interpretativo della pronuncia n. 30666/2022 (Basilavecchia M. – Buttus S. – Fransoni G. – Guidara A. – Odoardi F., Esecuzione forzata e riparto di giurisdizione nel pensiero delle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, Rass. Trib. n. 3/2020, 821 ss., par. 2). In passato, l’art. 54 del d.p.r. n. 602/1973 escludeva l’ammissibilità delle opposizioni regolate dagli artt. 615-618 c.p.c., prevedendo esclusivamente un’azione di risarcimento del danno contro l’esattore, proponibile a seguito del compimento dell’esecuzione stessa. Diversamente, gli atti dell’esattore erano ricorribili davanti all’Intendente di finanza, i cui provvedimenti potevano essere oggetto di opposizione dinanzi al giudice amministrativo (Longo D., Art. 57, in Consolo - Glendi, a cura di, Commentario breve alle leggi sul processo tributario, Padova, 2017, 1154 ss.; Buttus S., Le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi nel diritto tributario nella recente evoluzione giurisprudenziale, Riv. dir. trib., 6 ottobre 2022, 2; Tremonti G., La terribile esecuzione (materiali per una discussione sul sistema esattoriale), Boll. Trib., 1983, 1661). Con la riforma del 1999 si è assistito ad un vero e proprio mutamento del quadro normativo, in quanto sono state ammesse le opposizioni ex artt. 615 e 617 c.p.c., con conseguente tutela dinanzi al giudice ordinario, seppur nei limiti indicati dall’art. 57 del d.p.r. n. 602/1973. Sul punto, il Legislatore ha valutato che, con riferimento agli atti del procedimento di esecuzione forzata tributaria, mai potesse sorgere “una controversia tributaria”, neanche limitatamente ai tributi all’epoca assegnati alla giurisdizione speciale. Tale considerazione faceva il paio con l’assenza di atti dell’esecuzione all’interno dell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 e ciò era stato ribadito, a fine 2001, al momento della riscrittura dell’art. 2 dello stesso decreto; inoltre, la predetta norma collocava la notificazione del pignoramento in una fase successiva, esulando, dunque, dalla giurisdizione tributaria. Eppure, l’originario disegno del legislatore del 1999 prevedeva l’esclusione delle opposizioni ex art. 615 c. p. c., con eccezione di quelle relative alla pignorabilità dei beni e l’ammissibilità, in via di principio, delle opposizioni ex art. 617 c.p.c., salvo quelle relative ai vizi formali ed ai vizi di notifica del titolo esecutivo. I limiti indicati potevano risultare angusti, seppur giustificati in considerazione della sussistenza di una prevista tutela davanti al giudice tributario e della necessità di evitare una duplicazione di rimedi, soprattutto con riferimento alla radicale esclusione dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. nell’ipotesi in cui si desse corso ad un’esecuzione forzata tributaria in mancanza di un titolo esecutivo ovvero a fronte di titolo esecutivo divenuto inefficace per fatti successivi alla sua formazione. Almeno fino al 2017, per la giurisprudenza di legittimità, il pignoramento non preceduto da valido titolo legittimante l’esecuzione forzata era da considerarsi viziato per nullità derivata ed andava contestato con la proposizione di un’opposizione agli atti esecutivi davanti il giudice ordinario ex art. 617 c.p.c. A ben vedere, tuttavia, sempre utilizzando gli schemi del processo esecutivo ordinario, il pignoramento non preceduto da un valido ed efficace titolo legittimante andava contestato con un’opposizione all’esecuzione e non agli atti esecutivi, pur trattandosi di un’opposizione preclusa dal dettato dell’art. 57 del d.p.r. n. 602/1973. Pertanto, con le note pronunce n. 13913/2017 e n. 7822/2020 (su cui ci si soffermerà successivamente), la Corte di Cassazione a sezioni unite, nell’ordinanza n. 30666/2022, ha statuito che la giurisdizione sulla sussistenza del titolo esecutivo tributario debba spettare in via principale ed esclusiva al giudice speciale. In tal modo, viene meno la possibilità di proporre un’opposizione agli atti esecutivi se il vizio di notifica è afferente al titolo esecutivo, con conseguente contrazione degli spazi riservati al giudice ordinario (In dottrina si vedano Randazzo F., L’esecuzione forzata tributaria: il raccordo tra giudizio ordinario e tributario per una efficace tutela, Corr. Trib., 2011, 2748; Tabet G., In tema di pignoramento a sorpresa, Rass. Trib. n. 4/2017, 1120 ss.; Glendi C., Le Sezioni Unite “stravolgono” i confini tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria sul versante dell’esecuzione forzata, GT – Riv. giur. Trib., 2017, 762 ss.; Glendi C., Spigolature (minimaliste) attorno ad una (monumentale) ordinanza delle SS.UU. (in tema di giurisdizione ed opposizioni esecutive in materia tributaria), Corr. Giur., 2020, 7, 944). Sulla scorta di tali valutazioni, va ricordato il ruolo centrale dell’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992, caposaldo ben evidenziato all’interno della pronuncia in commento, che esclude dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli “atti della esecuzione forzata tributaria” successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 del d.p.r. n. 602/1973, per i quali si applica tale ultimo decreto. In altri termini, la delimitazione della giurisdizione sulle controversie riguardanti gli atti sopra menzionati è operata tramite il rinvio alle norme di cui al d.p.r. n. 602/1973, con richiamo alle regole ordinariamente applicabili al procedimento di espropriazione forzata (Cannizzaro S., Alcune osservazioni sui “nuovi” limiti della giurisdizione tributaria in materia di esecuzione forzata alla luce dell’orientamento della Corte Costituzionale, Riv. dir. trib., 1 ottobre 2019, 1-2; Scanu G., Le sezioni unite tornano sul riparto di giurisdizione tra il giudice dell’esecuzione e il giudice tributario nelle controversie di opposizione al pignoramento esattoriale, Nota a Cass., sez. un., ord. 14 aprile 2020, n. 7822, Tax news n. 1/2020).

 

2.1 Come evidenziato nella pronuncia in commento, negli ultimi anni, tale tema ha rappresentato oggetto di dibattito giurisprudenziale e, da un punto di vista maggioritario, si ritiene che la valida notifica della cartella di pagamento, dell’atto di intimazione o dell’atto esecutivo segni a monte il confine della giurisdizione del giudice tributario in merito ai fatti incidenti sulla pretesa tributaria, includendovi i costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale. A valle, si attribuiscono al giudice dell’esecuzione le questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo in sé, nonché i fatti incidenti sull’an ed il quantum della pretesa tributaria, successivi e consequenziali. Da ciò discende che lo spartiacque tra giurisdizioni non sia così netto e la preclusione a sollevare le eccezioni fondanti di un’opposizione all’esecuzione, innanzi al giudice tributario, potrebbe non rivelarsi assoluta (In tema di giurisdizione tributaria senza pretesa di esaustività Amatucci F., Prestazioni patrimoniali locali ed ampliamento della giurisdizione tributaria, Rass. Trib., n. 2/2007; Muscarà S., La giurisdizione quasi esclusiva delle Commissioni Tributarie nella ricostruzione sistematica delle SS.UU. della Cassazione, Riv. dir. trib., 2006; Marello E., La definizione di tributo e la giurisdizione del giudice speciale tributario, Giur. Cost., 2009; Della Valle E., La giurisdizione tributaria e il rapporto giuridico tributario, in Il processo tributario, a cura di E. Della Valle – V. Ficari – F. Marini, Padova, 2008). Nell'affermare la spettanza della controversia alla giurisdizione tributaria, l’ordinanza n. 30666/2022 ha sancito l'attribuzione alle commissioni tributarie (ora Corti di giustizia) di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, arrestandosi solo di fronte agli atti dell'esecuzione tributaria e facendovi altresì rientrare l'eccezione di prescrizione dedotta per il tramite dell'impugnazione di atti prodromici all'esecuzione (Gallio F., Giurisdizione Tributaria sulle eccezioni di prescrizione di poste tributarie anche, in sede di fallimento, Fisco, 2017, 2869). Tuttavia, l’iter argomentativo della Suprema Corte prende le mosse dalla nota sentenza della Corte Costituzionale, n. 114/2018, con cui fu dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 57, primo comma, lett. a) del d.p.r.  n. 602/1973, nella parte in cui non prevedeva che, nelle controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento (o all'avviso di cui all'art. 50 del d.p.r. n. 602/1973) fossero ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c. Tale pronuncia  ebbe un impatto rilevante e sul punto, la Consulta stabilì che, mentre per le opposizioni di cui all'art. 617 c.p.c. non sussisteva alcuna limitazione giurisdizionale, dal momento che le contestazioni relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo potevano essere proposte dinanzi al giudice tributario, per le opposizioni di cui all'art. 615 c.p.c. era invece riscontrabile una carenza di tutela, essendo consentita soltanto la proposizione di quelle aventi ad oggetto la contestazione del titolo esecutivo o la pignorabilità dei beni. Nello specifico, a parere della Corte, non vi era perfetta coincidenza tra motivi spendibili nel ricorso ex art. 19 d.lgs. cit. e motivi deducibili in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., con la conseguenza che essi non potevano definirsi “rimedi tra loro sovrapponibili”, così come, ad osare un efficace parallelismo con l’esecuzione ordinaria, fondata sul titolo esecutivo giudiziale per eccellenza, ossia la sentenza di condanna, non erano assimilabili i motivi del giudizio di impugnazione della sentenza ed i motivi di opposizione all’esecuzione che su questa si fondavano (Scala A., La tutela del contribuente nella riscossione coattiva, Rass. Trib., 2008, 1299 ss.; Dalla Bontà S., La Corte Costituzionale rivede i limiti dell’opposizione all’esecuzione nella riscossione tributaria. La felice risposta ad un lungo “assedio”, Dir. prat. trib. n. 6/2018, 2680). Ne conseguiva per il contribuente un chiaro vuoto di tutela giurisdizionale con riguardo a quei motivi che, oltre a non essere denunciabili avanti al giudice speciale, in quanto non rientranti nell’oggetto della giurisdizione tributaria, non erano neppure spendibili in sede di opposizione all’esecuzione, stante il divieto di cui al predetto art. 57. Pur risultando critiche e riflessioni a tratti complesse, era evidente la loro rilevanza al fine di far fronte alla limitata apertura all’opposizione all’esecuzione nella riscossione tributaria, in cui i motivi adducibili dal contribuente, a fondamento del difetto dell’agente della riscossione del diritto di procedere alla stessa, attenevano a fatti sopravvenuti rispetto alla formazione del titolo esecutivo tributario. Le ipotesi di specie che sovvenivano potevano essere molteplici, come i casi di inesistenza dell’iscrizione a ruolo, di contestazione della legittimazione passiva nella riscossione tributaria, a titolo esemplificativo adducendo l’omonimia con il debitore iscritto a ruolo o l’assenza di qualità di erede di costui, di intervenuto pagamento del debito erariale, di sua estinzione o compensazione, di annullamento dell’atto impositivo o impo-esattivo a seguito di sentenza favorevole al contribuente e così via. Ebbene, in dottrina e giurisprudenza si è cercato a più riprese di far chiarezza su queste zone grigie in merito alla tutela del contribuente attraverso un’articolata attività interpretativa di tranciante denuncia di incostituzionalità, che ha infine trovato risposta, condivisibile o meno, nella predetta sentenza della Corte Costituzionale (Si segnalano ex multis Mondini A., La tutela del debitore avanti al giudice dell’esecuzione “esattoriale” alla luce del dlgs. 26 febbraio 1999, Giur. It., 3; Giorgetti M., La nuova esecuzione esattoriale, Riv. es. forz., 2000, 273 ss.; Carnimeo D., È devoluta al giudice tributario la cognizione dell’opposizione avverso un atto di pignoramento non preceduto dalla notifica della presupposta cartella di pagamento, Boll. Trib., 2017, 1443 ss.; Carinci A., La Consulta rimuove il divieto all’opposizione all’esecuzione: cade una (altra) specialità dell’esecuzione esattoriale, Fisco, 2018, 27, 2642). Sul punto, la Consulta ammise tout court le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c., sul presupposto che per rispettare gli artt. 24 e 113 Cost. occorresse sempre “una risposta di giustizia” celere e non postuma. Di tal guisa, ciò non poteva tradursi nella sola possibilità di presentare una richiesta di rimborso, ottenendo il risarcimento del danno ingiusto causato da un’esecuzione esattoriale forzata contra ius.

 

2.2 La ricostruzione giurisprudenziale del riparto di giurisdizione condotta sinora, di pari passo con le argomentazioni della pronuncia n. 30666/2022, si completa di un ulteriore “tassello” richiamato dai Giudici di legittimità, coincidente con i principi di diritto contenuti nell’ordinanza n. 7822/2020 delle sezioni unite della Corte di Cassazione. Nel ragionamento condotto nella pronuncia n. 30666/2022 non si può far a meno di notare che in precedenza, la stessa Suprema Corte, era intervenuta proprio sulla tematica del confine tra la giurisdizione tributaria e quella ordinaria, nello specifico ponendo l’attenzione sulla realizzazione coattiva di una pretesa di natura erariale, ove l’Agente della riscossione aveva fatto ricorso alla speciale procedura esecutiva disciplinata dal d.p.r. n. 602/1973. Fu messa in evidenza dal principio proprio l’esemplificazione compiuta dalla Corte Costituzionale, allo scopo di circoscrivere l’ambito entro cui è ammissibile l’opposizione ex art. 615 c.p.c., anche relativamente all’esecuzione intrapresa per il recupero di crediti tributari. Più precisamente, secondo la Suprema Corte potevano essere dedotti quei fatti estintivi o altrimenti incidenti sulla pretesa “che si verifichino in una situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notifica della cartella e, dunque, solo a seguito del compimento di un atto esecutivo, allorquando, però, il contribuente per dedurre tali fatti non abbia bisogno, al fine di dimostrarne la verificazione, di sostenere che essa dipenda dalla mancata notificazione della cartella, dalla inesistenza della sua notificazione o dalla nullità della sua notificazione pur avvenuta.” Altrimenti detto, il fatto estintivo deducibile in sede di opposizione all’esecuzione deve rilevare di per sé, prescindendo dalla necessità di un esame dei profili riferiti alla notifica della cartella e dell’intimazione di pagamento. Dunque, provando a schematizzare l’iter argomentativo, se il fatto estintivo è venuto in rilievo prima della notifica della cartella, dello stesso deve occuparsi il giudice speciale (tributario); diversamente se il fatto estintivo è venuto in rilievo dopo la notifica della cartella, rientrerà nel novero del giudice ordinario, poiché nei casi prospettati la relativa deduzione non inerisce l’esame dei profili concernenti la notifica della cartella di pagamento (Bambino M., Ancora in tema di riparto di giurisdizione tra giudice tributario e ordinario: una questione ormai (ir)risolta?, Dir. prat. trib., n. 5/2020, 2159 ss.). Sicuramente, tale principio di diritto appare maggiormente agevole se riferito a fatti estintivi quali il pagamento o anche il venir meno della pretesa tributaria per fatto sopravvenuto. L’operazione interpretativa addiviene però complessa, allorché, per eccepire il fatto estintivo, il debitore debba in qualche modo assumere come rilevante la mancanza, l’inesistenza o la nullità della notifica della cartella di pagamento; all’uopo l’esempio paradigmatico è quello offerto dalla prescrizione. Proprio riguardo tale aspetto, le sezioni unite hanno precisato che ove “la prescrizione si assume verificata perché la notifica della cartella o dell’intimazione mancò, fu nulla o fu eseguita in modo esistente e, quindi, non si poté verificare un effetto interruttivo del corso della prescrizione, il preteso fatto estintivo prescrizione suppone, per essere apprezzato, l’accertamento di detti vizi della notifica e, quindi, si risolve in una censura il cui esame risulta riservato alla giurisdizione tributaria tramite l’impugnazione della cartella o dell’intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza dell’atto esecutivo che ne rivela l’esistenza”. Per tali ragioni, la prescrizione non potrebbe essere eccepita come fatto estintivo innanzi al giudice dell’esecuzione nei numerosi casi in cui l’opponente debba argomentare, al fine di trarre la conclusione che la prescrizione sia effettivamente maturata, che non vi sia stato medio tempore alcun fatto interruttivo. Non a caso, l’esistenza di due iurisdictiones con un confine individuato, sebbene variabile in ragione della realizzazione o meno in modo valido della notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento, esclude qualsiasi possibilità che le due giurisdizioni possano decidere con efficacia di giudicato le medesime questioni.

3. Dunque, esaminando ancor di più nel dettaglio la ratio decidendi della pronuncia in esame, ci si interroga sulla questione principale, ossia se l'inesistenza o la nullità dell'intimazione di pagamento, in quanto notificata ad una società cancellata dal registro delle imprese e la conseguente prescrizione del credito, spetti alla giurisdizione del giudice ordinario o tributario. In virtù di quanto asserito sinora e prospettato in premessa, la spettanza è in capo alla giurisdizione tributaria sulla base della domanda proposta dal ricorrente, che, oltre ad avere ad oggetto l'impugnazione della predetta intimazione di pagamento, cioè di un atto unanimemente ritenuto estraneo all'esecuzione forzata, si fonda su fatti verificatisi in epoca anteriore alla notificazione della stessa, della quale non è contestata neppure la rituale effettuazione. Sul punto, la Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento, allineandosi all’orientamento delle sezioni unite 2020 e ad altre pronunce successive, (quali nn. 20693 e 21642/2021) ha statuito l’irrilevanza del fatto che a sostegno dell'impugnazione il ricorrente abbia fatto valere l'inesistenza o la nullità della notifica della cartella di pagamento, volta a precedere l'intimazione e la prescrizione del credito tributario, considerato il riferimento a fatti verificatisi in epoca anteriore, determinando la non coincidenza del perimetro accertativo con la giurisdizione ordinaria. Inoltre, secondo la Suprema Corte, se laprescrizione si è verificata in assenza della notifica della cartella, nullità o esecuzione in modo inesistente, l'esame è riservato algiudice tributario. Diversamente, se si verifica per il decorso del tempo dopo una valida notifica il fatto estintivo dev'essere fatto valere dinanzi al giudice ordinario. Per questa via, si rileva che l'opposizione agli atti esecutivi contro l'atto di pignoramento viziato, per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento o di altro atto prodromico, sia proponibile dinanzi al giudice tributario, risolvendosi nell'impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario (cfr. Cass., Sez. Un., 5/06/2017, n. 13913; 5/06/2017, n. 17126). Tale soluzione della Suprema Corte ha comportato il rigetto del ricorso proposto dal contribuente senza regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimata.

4. Non tutti i dubbi o le critiche possono dirsi esaurite rispetto il tema considerato. Sicuramente, un elemento di discrimine coincide con la propensione per una giurisdizione di impugnazione di atti o di accertamento di rapporti, che riflette il noto contrasto dogmatico di diritto sostanziale in ordine al rapporto Fisco – Contribuente. Più in generale, sembra che sia ancora da approfondire se la linea di demarcazione fra la giurisdizione tributaria ed ordinaria possa o debba essere conformata diversamente, in relazione alla duplice natura dell’opposizione all’esecuzione, che trova fondamento nell’affermazione e/o nell’ assenza del diritto ad agire esecutivamente (Basilavecchia M. – Buttus S. – Fransoni G. – Guidara A. – Odoardi F., op. cit., par. 6). Tanto la giurisprudenza della Corte Costituzionale quanto quella della Corte di Cassazione sono giunte ad affermare la spettanza al giudice ordinario della giurisdizione relativa alle opposizioni all’esecuzione fondate su fatti successivi alla notifica della cartella di pagamento, muovendo, però, da situazioni particolari relativi alla sola assenza del diritto ad agire in fase esecutiva. La casistica segnalata nel presente contributo non è esaustiva ma offre un exemplum dei possibili inconvenienti connessi con il criterio definitorio degli ambiti giurisdizionali, in quanto non va dimenticato che la realtà applicativa sia molto più articolata di quanto si possa immaginare. Coprire l’area di tutti i possibili profili critici di giurisdizione è tutt’altro che verosimile, considerato che molti atti impugnabili davanti alle Corti di giustizia tributarie possono precedere l’inizio dell’esecuzione forzata. In ogni caso, l’esistenza delle criticità prima citate, ossia di tratti di discontinuità in concreto dell’uniformità di confine fra giurisdizioni, non può essere revocata. Inoltre, in dottrina, non si è mancato di osservare che non convince del tutto la qualificazione attribuita alla locuzione “atti successivi alla notifica della cartella o della intimazione”, poiché sembra estendere oltremodo il suo significato letterale, laddove faccia rientrare in assoluto nell’ambito della giurisdizione tributaria i casi in cui gli atti prodromici siano stati affetti da vizi di notifica (Baldelli E., La giurisdizione nelle opposizioni alla procedura di riscossione: questione ancora irrisolta?, Corr. Trib., n. 8-9,1 agosto 2021, 806). Tale visione citata propenderebbe per una lettura maggiormente aderente al dettato letterale della norma, che devolve al giudice ordinario le controversie degli atti di esecuzione forzata tributaria successivi alla cartella (o alla intimazione), con un rinvio al giudice tributario delle questioni sostanziali eventualmente sollevate. La conseguenza naturale di tale interpretazione, metodologicamente riportata per ampliare le prospettive di indagine, coinciderebbe con la risoluzione degli aspetti di natura tributaria nella sede giurisdizionalmente competente, mentre quelli relativi alla esecuzione forzata “pura” in ambito ordinario. A tal punto, si reputa opportuno mettere brevemente in evidenza alcuni spunti di riflessione proposti negli ultimi anni in letteratura. Alcuni autori ritengono che vadano rafforzati il ruolo e la funzione del giudice tributario, a cui spetta un carattere preminente nei casi indicati; per altri è preferibile che tali questioni siano demandate a sezioni specializzate per materia del giudice ordinario (Tesauro F., Il processo tributario tra modello impugnatorio e modello dichiarativo, Rass. Trib., 2016, 1036 ss.); nondimeno, è stata richiamata la possibilità di devolvere la giurisdizione al giudice ordinario o alle Corti di giustizia tributarie, con la presenza di un valido filtro amministrativo obbligatorio (Basilavecchia M., Funzione impositiva e forme di tutela, Torino, 2013,146 ss.; Comelli A., Poteri e atti nell’imposizione tributaria. Contributo allo studio degli schemi giuridici dell’accertamento, Padova, 2012). Infine, si evidenzia la posizione dottrinale secondo cui il confine di giurisdizione tributaria ed ordinaria dovrebbe essere individuato in base alla tipologia d'atto, diversamente da quando indicato dalla Corte di Cassazione a sezioni unite n. 13913 del 5 giugno 2017, che propendeva per un “confine mobile di giurisdizione”, ancorato alla tipologia del vizio (Sul tema vd. Russo F., Atto di pignoramento e giurisdizione tributaria, (Nota a) Corte di Cassazione sez. un. 5 giugno 2017, n. 13913, Dir. prat. trib. n. 1/2018, 368-400). A parere di chi scrive, si condivide la linea tracciata dall’ultima tesi richiamata, ove si asserisce che la giurisdizione andrebbe distinta in base alla necessità di sindacare o meno un atto tributario, trattenendo la giurisdizione al giudice tributario ove si impattino questioni di merito tributario, seppur sorte nella fase dell'esproprio. Inoltre, tale posizione risulta maggiormente conferente con il principio di diritto espresso nell’ordinanza commentata n. 30666/2022, rispetto alla scelta delle summenzionate sezioni unite del 2017, in tema di nullità del pignoramento derivante da un’invalida notifica del titolo esecutivo. Infatti, per questa seconda via, si potrebbe verificare l’ipotesi, ad esempio, della proposizione di un doppio ricorso contro lo stesso atto di pignoramento, disattendendo le esigenze di semplificazione e dispendio di impugnazioni più volte richiamate dalla giurisprudenza e dagli operatori del settore. A ciò si aggiunga che un altro limite dell’orientamento delle sezioni unite del 2017 sarebbe ravvisabile nell’ipotesi di cognizione opposta a quella appena tracciata, qualora il giudice tributario annulli la cartella di pagamento ed il giudice ordinario la consideri immune da vizi ai fini del giudizio sul pignoramento. Per tali ragioni si ritiene che l’indirizzo volto a distinguere la giurisdizione in base alla tipologia d’atto crei meno distonie e sia più “armonico” in ottica di sistema. Ciò detto, ad oggi i confini di giurisdizione ordinaria e tributaria sono più delineati del passato ma sarà necessario un continuo lavoro ermeneutico, proprio perché il proliferare di nuovi atti impugnabili e di casi “al limite” delle iurisdictiones è sempre dietro l’angolo.