Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

04/01/2019 - Autonomia dei periodi di imposta, decadenza dal potere di accertamento e situazioni geneticamente unitarie a rilevanza pluriennale

argomento: Principi generali e fonti - Giurisprudenza

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha stabilito che i termini di decadenza dal potere di accertamento dell’Agenza delle Entrate, con riferimento a quelle situazioni geneticamente unitarie, ma destinate a ripercuotersi su annualità successive (nella specie, l’ammortamento), decorrono a partire dal primo periodo di imposta in cui la componente negativa è stata indicata in dichiarazione dei redditi. La conseguenza è che l’Agenzia delle Entrate non potrà accertare la medesima componente per le annualità successive, qualora sia decaduta dal potere di accertamento con riferimento al primo periodo di imposta, così attribuendo alla decadenza dal potere di accertamento gli stessi effetti che si avrebbero in caso di giudicato esterno sulla medesima situazione.

PAROLE CHIAVE: decadenza - ammortamento - autonomia periodi di imposta - giudicato


di Francesco Odoardi

  1. Con la sentenza in commento, la Suprema Corte torna ad occuparsi della questione relativa ai confini applicativi della regola dell’autonomia dei periodi di imposta, dettata dagli artt. 7 (in materia di IRPEF), e 76 (in tema di IRES) del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel proseguo t.u.i.r.), questa volta, però, non con specifico riferimento al giudicato esterno nel processo tributario (questione pur incidentalmente richiamata; cfr. ex plurimis Cass. SS.UU., sent. 13916 del 13 giugno 2006, nonché le citate Cass., n. 21395 del 15 settembre 2017; Cass., sent. n. 4832 del 11 marzo 2015), ma nella diversa prospettiva della decadenza dal potere di accertamento (sulla esistenza della regola dell’autonomia dei periodi di imposta si v. Fransoni-Russo, I limiti oggettivi del giudicato nel processo tributario, in Rass. Trib., 2012, 858 e ss.).

Il condivisibile arresto in esame assume particolare rilevanza perché ad esso va, altresì, riconosciuto il merito di aver tenuto distinte, seppur implicitamente, la decadenza dal potere accertativo dalla decadenza del contribuente dall’impugnazione di un atto impositivo.

  1. La vicenda processuale riguardava il recupero a tassazione della quota di ammortamento dedotta da una società nel 2011, determinata sul valore di alcuni impianti entrati in funzione nel 1998 che insistevano sul un terreno detenuto in concessione d'uso per 29 anni. L'Agenzia delle Entrate contestava la indebita deduzione contestuale della quota di ammortamento e del canone di concessione, ritenendo che tale comportamento determinasse una duplicazione del medesimo costo (in violazione dell'art. 104 t.u.i.r.). La società replicava eccependo che, essendo l'Agenzia delle Entrate decaduta dal potere di accertamento per il periodo 1998, la stessa non potesse contestare la deducibilità anche delle quote dei periodi successivi ancorché ancora astrattamente accertabili(cfr. per l’interpretazione della norma del testo unico citata, Fantozzi-Paparella, Lezioni di diritto tributario dell’impresa, Padova, 2015, p. 202).Il principio risultante dalla decisione può essere così sintetizzato: (a) il criterio dell'autonomia dei periodi d'imposta non rileva in termini assoluti ed incondizionatamente, dato che esso non opera in relazione a “situazioni geneticamente unitarie … destinate a ripercuotersi su annualità successive”, come già precisato dalla stessa Suprema Corte in materia di efficacia espansiva del giudicato (cfr. decisioni sopra citate); (b) in base ad una lettura costituzionalmente orientata delle norme dettate in tema di decadenza dell’Agenzia delle Entrate dal potere impositivo, il contribuente non deve risultare esposto al rischio di una rettifica in “termini eccessivamente dilatati” (la S.C., richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale, sent., n. 280 del 15 luglio 2005, in materia di decadenza dal potere di riscossione, ha mutuato i termini della questione ai fini della decadenza dal potere impositivo; dal condivisibile ragionamento, potrebbe sollevarsi qualche dubbio sui nuovi termini fissati dall’art. 43 del d.p.r. n. 600/73); (c) “ne discende che, in ipotesi di costi che danno luogo a diritto a deduzione frazionata in più anni e di quote di ammortamento, la decadenza in danno dell'Agenzia deve ritenersi necessariamente maturare” con il decorso dei termini previsti a pena di decadenza dal potere impositivo decorrenti dal momento “in cui è stata presentata la dichiarazione relativa ai periodi fiscali in cui i costi sono stati concretamente sostenuti e l'ammortamento è stato iscritto a bilancio, venendosi, altrimenti, a violare lo stesso dictum di Corte Cost. 280/05; è alle anzidette annualità che si ricollegano, infatti, i presupposti del diritto alla deduzione e, quindi, il diritto medesimo nel suo definitivo valore (mentre il frazionamento interferisce solo sul relativo mero esercizio) e la predisposizione della documentazione giustificativa”.
  2. Intanto va rilevata la portata sostanzialmente innovativa del principio derivante dalla decisione in commento, dato che, a ben vedere, esso non sembra porsi in termini di continuità con la giurisprudenza precedente. Nella citata Cass., sent. n. 3304 dell’11 febbraio 2009 si legge, infatti, un caso molto simile a quello esaminato con la sentenza annotata, ma lo stesso viene risolto sulla base di un giudicato che si era formato in un diverso giudizio tra le stesse parti avente ad oggetto l’annualità precedente. Anche le già citate Cass., n. 21395 del 15 settembre 2017 e Cass., sent. n. 4832 del 11 marzo 2015 concernono la diversa questione dell’efficacia espansiva del giudicato. L’unico precedente, non richiamato nella decisione, in cui la S.C. è giunta a conclusioni simili sembra Cass., sent. n. 9834 del 13 maggio 2016, in cui, però, si controverteva sulla deducibilità di una quota di ammortamento ultradecennale rispetto alla messa in funzione del bene, in assenza della consegna in sede di verifica della documentazione comprovante l’acquisto dello stesso, non più in possesso della contribuente essendo decorso il termine di cui all’art. 8, co. 5, L. 212/2000.

D’altro canto, la medesima decisione in esame non si pone neppure in termini di discontinuità con altri arresti che, solo apparentemente, sembrerebbero difformi. Nella citata Cass., sent. n. 15178 del 23 giugno 2010 la non deducibilità della quota di ammortamento derivava da una contestazione riguardante l’irregolarità della contabilità del periodo accertato; analogamente a quanto è stato deciso con la più recente Cass., sent. n. 24385 del 30 novembre 2016; la citata Cass., sent. n. 12880 del 21 maggio 2008, riguardava, invece, una erronea imputazione a periodo.

  1. La decisione in commento stabilisce, invece, che il mancato esercizio del potere di accertamento da parte dell’A.F. entro il relativo termine stabilito a pena di decadenza, determina una situazione di stabilità, alla stregua di un giudicato, tale per cui i fatti raggiunti da tale stabilità non possono più essere messi in discussione neanche con riferimento ai periodi di imposta successivi, in relazione ai quali il potere impositivo non si è ancora “consumato”. Il richiamo alla giurisprudenza in materia di giudicato lascia chiaramente intendere che tale preclusione opera solo con riferimento agli stessi fatti idonei ad essere coperti dal giudicato (quelli indicati in via esemplificativa nella citata Cass., sent. n. 4832 del 11 marzo 2015) e non pregiudica l’esercizio del potere, qualora lo stesso sia collegato a fatti sopravvenuti (come è avvenuto nella soprarichiamata Cass. n. 24385/2016).
  2. In conclusione viene da domandarsi se la S.C. abbia consapevolmente collegato alla decadenza dal potere accertativo effetti analoghi a quelli derivanti dal giudicato, a differenza di quanto la stessa, in passato, abbia negato per ciò che concerne la decadenza dall’impugnazione di un atto impositivo (cfr. Cass. SS.UU., sent. n. 23397 del 17 novembre 2016 che non ha ritenuto operare l’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c. in caso di mancata impugnazione di una cartella di pagamento).

Ad ogni modo, il risultato raggiunto è senz’altro apprezzabile, poiché sarebbe stato del tutto irragionevole attribuire i medesimi effetti a situazioni giuridiche tra loro del tutto diverse: come ha stabilito la S.C. con la sentenza in commento, l’effettività della decadenza dal potere di accertamento, in un’ottica costituzionalmente orientata, impone che il mancato tempestivo esercizio del potere in relazione a situazioni geneticamente unitarie, precluda la contestazione di quelle medesime situazioni anche nei periodi di imposta successivi ancora accertabili. Dall’altra parte, invece, attribuire una stessa stabilità ai fatti affermati in un avviso di accertamento non impugnato, equivarrebbe privare il contribuente per sempre del diritto di difesa (con riguardo ai medesimi fatti) per la sola ragione di non averlo esercitato con riferimento ad uno specifico atto.