argomento: Principi generali e fonti - Legislazione e prassi
In considerazione del crescente sviluppo di attività prevalentemente virtuali - quali i registri distribuiti, gli ambienti immersivi e il metaverso - si pone l’esigenza di individuare i soggetti cui imputare la ricchezza generata all’interno di ecosistemi digitali decentralizzati. In tali contesti, caratterizzati dalla presenza di operatori connessi esclusivamente in modalità virtuale, mediante l’utilizzo del metaverso e della tecnologia blockchain, si impone una riflessione sull’emersione di nuove forme di soggettività, con riferimento ad attività economiche idonee a generare ricchezza anche anteriormente alla loro proiezione nel mondo reale.
PAROLE CHIAVE: blockchain - metaverso - capacità contributiva
di Nicolò Zanotti
1. L’evoluzione delle tecnologie digitali e, in particolare, la Distributed Ledger Technology (DLT), alla base delle blockchain, sta profondamente trasformando il sistema socio-economico, abilitando transazioni mediante strumenti decentralizzati, fondati su meccanismi di consenso. Tale sviluppo ha favorito il proliferare di nuovi operatori di mercato - quali i gestori di piattaforme e portali di scambio - i quali, pur non rientrando nelle categorie soggettive tradizionali, potrebbero essere astrattamente soggettivabili e, quindi, divenire destinatari di obblighi fiscali, laddove siano in grado di manifestare una ricchezza giuridicamente rilevante anche nel mondo materiale (tra gli altri, v. D. Canè, Soggettività tributaria e blockchain: dalla ricchezza “virtuale” ai contribuenti, in Rass. trib., 2024, 150 ss.; F. Castagnari, DLTs, cripto-attività e “creazione di valore digitale”, prime notazioni e spunti sulla soggettività passiva, in Rass. trib., 2024, 585 ss.).
2. L’accesso sempre più diffuso al mondo virtuale ha inciso in misura significativa sull’attività commerciale, determinando profonde trasformazioni anche in ambito giuridico e sociale. Parallelamente, l’introduzione della realtà aumentata e lo sviluppo del metaverso stanno ampliando le aree di interazione digitale, dando vita a spazi autonomi nei quali avvengono trasferimenti di dati e risorse in assenza di una localizzazione territoriale determinata. Tali fenomeni impongono una riflessione sull’eventuale configurabilità di una soggettività tributaria autonoma per le entità operanti in simili contesti, le quali, sebbene apparentemente svincolate dalla dimensione fisica, sono tuttavia in grado di generare ricchezza giuridicamente rilevante anche nel mondo reale (v. A. Giovannini, Territorio invisibile e capacità contributiva nella digital economy, in Riv. dir. trib., 2022, 497 ss.; A. Perrone, Sull’esistenza di un nuovo “valore digitale” e sua rilevanza fiscale: il caso dei crypto-asset, in Rass. trib., 2023, 268 ss.).
L’affermazione di fenomeni giuridicamente rilevanti fondati su modelli decentralizzati - come blockchain, NFT e smart contract - impone al diritto tributario di valutare la sussistenza di presupposti impositivi nuovi, coerenti con il mutato contesto economico, nonché di individuare potenziali soggetti passivi e determinare obblighi strumentali funzionali all’esercizio del potere impositivo, adattando il sistema tradizionale alle peculiarità delle nuove realtà digitali. In tali contesti, infatti, le operazioni possono essere realizzate in assenza di intermediari professionali, attraverso l’impiego di tecnologie decentralizzate (S.A. Parente, La soggettività tributaria delle macchine intelligenti e i nuovi modelli di tassazione nei processi produttivi automatizzati e interconnessi, in Ianus, 2021, 23, 109 ss.; L. Carpentieri, Nuovi presupposti d’imposta e nuovi criteri di determinazione delle basi imponibili: riflessioni de iure condito e de iure condendo, in Riv. tel dir. trib., 2024, 1, 56 ss.).
Si impone, dunque, l’esigenza di sviluppare modelli fiscali idonei a disciplinare transazioni come gli investimenti in security token, NFT e operazioni di finanza decentralizzata (DeFi), le quali costituiscono un ecosistema autonomo fondato sull’utilizzo di smart contract e registri distribuiti, operanti al di fuori del circuito finanziario tradizionale e delle normative nazionali (P. De Filippi - A. Wright, Blockchain and the Law. The Rule of Code, Harvard Univ. Press, 2018, passim). Ciò richiede un ripensamento delle categorie giuridiche tradizionali, volto a garantire la sostenibilità del prelievo fiscale anche rispetto a risorse digitali idonee a esprimere una capacità contributiva in capo ai soggetti che le detengono (A. Perrone, Delle crypto-currencies e della generazione di un valore tassabile, in Cardella - Della Valle - Paparella (a cura di), Tributi, economia e diritto nel Metaverso, Pisa, 2023, p. 263 ss.).
3. Il processo di inquadramento giuridico delle nuove realtà economiche fondate sulla DLT - tra cui DAOs, NFT, metaverso, DApps e, più in generale, formazioni digitali decentralizzate - è ancora in fase embrionale: i primi tentativi regolatori risultano frammentari e inadeguati a fronteggiare la rapida evoluzione tecnologica. Ne deriva un quadro normativo disorganico, privo di una visione sistematica, oggi imprescindibile soprattutto sotto il profilo tributario (M. Pierro, Contributo all’individuazione della nozione di crypto asset e suoi riflessi nell’ordinamento tributario nazionale, in Rass. trib., 2022, 574 ss.).
Tali forme di produzione e scambio di ricchezza digitale si collocano al di fuori dei modelli tradizionali di distribuzione del carico fiscale, risultando spesso incompatibili con l’impianto impositivo classico. Ciò è dovuto sia all’assenza di intermediazione istituzionale, sia alla difficoltà di identificare la soggettività giuridico-tributaria di attori digitali che non presentano un collegamento territoriale univoco con alcuna giurisdizione nazionale. Occorre, pertanto, indagare la sussistenza di una soggettività tributaria riferibile a entità digitali, indipendentemente dalla loro riconducibilità a categorie civilistiche tipizzate, ove siano in grado di manifestare autonomamente una ricchezza fiscalmente rilevante.
In tale prospettiva, particolare rilievo assumono le DAOs (Decentralized Autonomous Organizations), strutture organizzative decentralizzate fondate su smart contract e governance token, le quali - pur in assenza di una disciplina organica, anche dopo l’adozione del Regolamento (UE) 2023/1114 (MiCAR) - sono in grado di operare in maniera autonoma, senza autorità centrale o gerarchia gestionale (C. Simone, La soggettività tributaria delle organizzazioni autonome decentralizzate (DAOs), in A. Guidara (a cura di), Soggettività e situazioni tributarie, Napoli, 2023, 191 ss.).
Per quanto riguarda il metaverso, invece, esso rappresenta un nuovo ambiente di produzione e scambio, suscettibile di moltiplicare le transazioni economiche, nel quale gli utenti interagiscono mediante avatar all’interno di piattaforme immersive (S. Ferri - C. Morrone, Il metaverso: modelli di business e formula strategica, in P.L. Cardella, E. Della Valle, F. Paparella (a cura di), Tributi, economia e diritto nel Metaverso, Pisa, 2023, 17 ss.;). Anche in questo caso, tuttavia, il soggetto contribuente è identificabile, in quanto la ricchezza prodotta è giuridicamente imputabile a persone fisiche o giuridiche operanti nel metaverso. Una volta individuato il soggetto, è necessario definire un criterio idoneo a collegare la dimensione virtuale a quella reale, sia sotto il profilo giurisdizionale, sia ai fini dell’esercizio del potere impositivo.
Si pone, quindi, la questione dell’attribuzione della soggettività giuridico-tributaria a entità non umane, come le intelligenze artificiali avanzate, valutando la possibilità di assoggettarle autonomamente a imposizione (A.F. Uricchio, Robot tax: modelli di prelievo e prospettive di riforma, in Giur. it., 2019, 7, 1749 ss.). È dunque necessario accertare la sussistenza di elementi minimi idonei a fondare la soggettività tributaria di organizzazioni digitali prive di personalità giuridica e non riconducibili a figure associative tipizzate.
4. Il passaggio da un sistema basato sul controllo umano a uno fondato su processi automatizzati impone una riflessione approfondita in merito all’imposizione delle nuove fattispecie derivanti dall’innovazione digitale. Anche in assenza di soggettività giuridica in senso tradizionale, qualora emerga una manifestazione di ricchezza, è necessario procedere a un’adeguata imputazione del presupposto impositivo, mediante l’individuazione e la conseguente tassazione del soggetto al quale detta ricchezza sia riferibile.
I sistemi automatizzati possono, infatti, assumere configurazioni eterogenee: da semplici strumenti di supporto a strutture produttive, fino ad assumere - in taluni casi - forme di autonomia operativa, sviluppando competenze e capacità assimilabili, sotto determinati profili, a quelle umane. In tale contesto, la legislazione tributaria potrebbe estendere il proprio raggio d’azione a ogni manifestazione economicamente rilevante che soddisfi il presupposto dell’imposizione, indipendentemente dalla forma giuridica o dalla qualificazione tradizionale dell’entità, purché sia possibile ricondurla a un centro autonomo di imputazione di diritti e doveri di natura patrimoniale e politica (G. Fransoni, Per la chiarezza delle idee su Bill Gates e la tassazione dei robot, in Riv. tel. dir. trib., 2017, 1 202 ss.).
In tale prospettiva, si impone una riflessione sulla possibile emersione della soggettività delle nuove forme di esercizio dell’attività economica, capaci di generare ricchezza ancor prima di una loro proiezione nel mondo reale, anche considerando che, secondo autorevole dottrina, i presupposti idonei a fondare la soggettività secondo il diritto comune dovrebbero operare nel diritto tributario come criteri funzionali di individuazione della soggettività tributaria (E. Antonini, La soggettività tributaria, Napoli, 1965, passim; F. Gallo, I soggetti del libro primo del codice civile e l’Irpeg: problematiche e possibili evoluzioni, in Riv. dir. trib. 1993, p. 346).
Occorre tuttavia evidenziare che, in ambito tributario, l’individuazione del soggetto passivo parrebbe assumere una funzione strumentale all’imputazione del presupposto d’imposta e alla determinazione della capacità contributiva. Ne consegue che la soggettività tributaria non coincide necessariamente con la soggettività civilistica, ma si configura come una categoria funzionale, volta a garantire l’effettività del prelievo e l’equità del sistema (A. Giovannini, Soggettività tributaria, in Treccani.it – Diritto online, 2013, passim; D. Canè, Soggettività tributaria e giusta imposizione, Milano, 2021, 165 ss.; S. Fiorentino, La soggettività tributaria: aspetti evolutivi e precisazioni terminologiche, in Dir. proc. trib., 2023, 1 ss.).
Le fattispecie tributarie possono, dunque, riguardare non solo soggetti tradizionalmente riconosciuti (persone fisiche o giuridiche), ma anche entità prive di personalità giuridica, purché idonee a manifestare - in modo autonomo e unitario - il presupposto dell’imposta. In tale ottica, il diritto tributario si mostra particolarmente sensibile nell’intercettare le potenzialità impositive di fenomeni economici nuovi, anche solo embrionali, allo scopo di valutarne l’idoneità a rivelare una capacità contributiva riferibile a determinati soggetti o centri di imputazione.
Sembra, pertanto, confermato che la soggettività tributaria possa essere riconosciuta anche in capo a entità non giuridicamente qualificate, purché queste siano in grado di esprimere autonomamente indici di capacità contributiva. Con riferimento alle nuove realtà digitali - quali i registri distribuiti, gli ambienti immersivi e il metaverso - si pone, in particolare, l’esigenza di individuare il soggetto cui imputare la ricchezza prodotta all’interno di ecosistemi decentralizzati e privi di un legame diretto con un territorio fisico determinato. Tali soggetti, infatti, spesso operano in maniera totalmente virtuale, privi di una sede territoriale fisica, rendendo complessa l’individuazione tanto del luogo di produzione del reddito quanto della localizzazione del relativo soggetto passivo.
5. Con riferimento alla soggettività tributaria nell’ambito delle relazioni digitali immersive, si possono, perciò, prospettare due ipotesi interpretative. Secondo una prima impostazione, i bisogni e gli interessi soddisfatti nell’ambiente virtuale sarebbero riconducibili esclusivamente a entità astratte e non a soggetti del mondo reale, con conseguente inapplicabilità delle regole impositive attuali. Tale soluzione, tuttavia, appare oggi difficilmente praticabile, se non in una prospettiva futura di evoluzione normativa e tecnologica.
Adottando un approccio maggiormente aderente alla realtà giuridica attuale, si potrebbe invece ritenere che ogni attività svolta attraverso la blockchain sia, in ultima analisi, imputabile a soggetti del mondo reale - siano essi persone fisiche o organizzazioni -, essendo espressione di volontà, scelte e operazioni riconducibili a soggetti dotati di capacità giuridica. Sebbene la prima ipotesi non possa essere esclusa in via assoluta, in considerazione dell’evoluzione dei sistemi decentralizzati e della crescente autonomia delle entità digitali, appare preferibile - allo stato - ancorare l’analisi alla seconda prospettiva.
In tal senso si muove anche il legislatore tributario, che, ai fini delle imposte sui redditi, ha previsto - all’art. 73, comma 2, primo periodo, del TUIR - l’imponibilità di “altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi”, configurando una clausola residuale idonea a ricomprendere anche entità prive di personalità giuridica, ma economicamente attive (E. Della Valle, Virtual real estate ed imposizione sul reddito: spigolature, in Riv. dir. trib., 2022, I, 675 ss.). La norma si fonda sul criterio della riconducibilità dell’attività a un centro esponenziale di interessi, indipendentemente dalla forma giuridica del soggetto (G. Fransoni, La territorialità nel diritto tributario, Milano, 2003, 248 ss.).
Nel contesto della realtà virtuale, diviene così possibile orientare la soggettività tributaria verso figure nuove, ancorché non tipizzate, laddove queste si presentino come autonomi centri di imputazione di interessi e ricchezza. Alcune di queste entità – come le DAO – possono essere già oggi assimilate, sul piano impositivo, a organizzazioni collettive prive di personalità, simili ad associazioni non riconosciute. Altre, come gli avatar, non appaiono attualmente suscettibili di soggettivazione tributaria, in assenza di autonomia economica o decisionale.
In definitiva, l’evoluzione delle categorie soggettive nel diritto tributario richiede una rilettura dei criteri di imputazione personale e territoriale, al fine di intercettare le nuove forme di ricchezza che si sviluppano al di fuori dei modelli tradizionali. Il problema, dunque, si sposta sempre più verso l’individuazione di idonei indici funzionali e territoriali, capaci di ancorare l’obbligazione tributaria a soggetti operanti in contesti immateriali e globali.