Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

11/03/2025 - Primi orientamenti giurisprudenziali in tema di efficacia di giudicato nel processo tributario della sentenza penale di assoluzione: rileva anche quella pronunciata per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ex art. 530, comma 2 c.p.p.?

argomento: Sanzioni e contenzioso - Legislazione e prassi

Secondo quanto previsto dal nuovo articolo 21-bis del D.lvo n. 74/2000, la sentenza penale di assoluzione pronunciata nell’ambito di un processo penale esplica i suoi effetti anche nel giudizio tributario instaurato nei confronti dello stesso soggetto e avente ad oggetto gli stessi fatti materiali. L’introduzione di questa norma apre nuovamente il problema, del quale invero si discute da tempo in sede di interpretazione degli articoli 651-bis e ss. c.p.p., circa l’efficacia delle due formule assolutorie di cui all’art. 21-bis ove esse intervengano ai sensi dell’art. 530, secondo comma c.p.p.

PAROLE CHIAVE: sentenza di assoluzione - efficacia del giudicato - processo penale


di Roberto Cordeiro Guerra

1. L’ordinanza rappresenta uno dei primi casi di applicazione da parte del giudice di legittimità del novellato art. 21 del D.lvo n. 74/2000, a mente del quale la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario ha, in questo, efficacia di giudicato in ogni stato e grado quanto ai fatti medesimi.

Nel caso di specie la sentenza penale di assoluzione è stata depositata in Cassazione dal ricorrente    nel giudizio riguardante gli accertamenti con i quali gli era stata contestata, ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, la indeducibilità di costi relativi a forniture di servizi e mano d'opera in quanto relativi ad operazioni inesistenti.

Constatato che il contribuente, in esito a giudizio dibattimentale, è stato assolto in sede penale, con formula perché il fatto non sussiste, la Corte evidenzia che tale sentenza spiega efficacia di giudicato nell'ambito del presente giudizio con riferimento all'esistenza dei fatti posti a base delle riprese fiscali, sicchè tali fatti devono ritenersi, anche con riferimento al giudizio tributario, non sussistenti, con la conseguenza che la sentenza impugnata, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, deve essere cassata.

2. Un primo profilo d’interesse riguarda l’efficacia temporale del neo introdotto art. 21 bis del D.lvo n. 74/2000 sul quale si basa la decisione della Corte.

La disposizione è  stata introdotta  in attuazione dell’art. 20, comma 1, punto 3 della legge delega per la riforma del sistema fiscale (n. 111/2023), secondo la quale, nell’ambito della “revisione del sistema sanzionatorio tributario amministrativo e penale” doveva procedersi alla  revisione dei  rapporti tra processo penale e processo tributario prevedendo, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all’accertamento dei fatti medesimi.

In attuazione di tale direttiva il  D.lgs. n. 87 del 2024, recante all’art. 1) “disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali”, alla lett. m)  ha aggiunto al titolo IV del D.lgs. n. 74 del 2000 l’art. 21-bis rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di cassazione”.

La disposizione prevede al primo comma che «la sentenza  irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi»; ed aggiunge al secondo comma che  «La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio».

Il  D.lgs. n. 87 del 2024 è stato pubblicato  nella  G.U. n. 150 del 28.6.2024 ed è entrato in vigore il 29.6.2024.  Come esattamente rilevato dalla Cassazione,  tale disposizione, quale ius superveniens,  si applica anche ai casi (come quello per cui è causa) in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell'entrata in vigore del citato D.lvo n. 87 del 2024, purché, alla data della sua  entrata in vigore, fosse  ancora pendente il giudizio di cassazione. Si tratta di conclusione pienamente condivisibile: in sostanza, ai fini dell’applicazione della nuova disposizione, ciò che rileva non è la data di passaggio in giudicato della sentenza penale - che ben può essere precedente alla entrata in vigore del nuovo articolo 21 bis del D.lvo n. 74/2000 - quanto piuttosto la pendenza  a tale data, in qualsiasi fase, della controversia tributaria destinata a recepirla con efficacia di giudicato.

3. Nella motivazione dell’ordinanza la Corte osserva che nel caso di specie il contribuente, titolare di una ditta individuale, è stato assolto in sede penale, in esito a giudizio dibattimentale, perché il fatto non sussiste, con sentenza del Tribunale di Como munita di attestato di passaggio in giudicato, ritualmente e tempestivamente allegata agli atti del giudizio di cassazione.

Ne deriva, data l’identità dei fatti posti alla base degli avvisi di accertamento impugnati con quelli oggetto dell'imputazione penale, che anche con riferimento al giudizio tributario  tali fatti devono ritenersi insussistenti.

Fin qui, dunque, ci si limita a riferirsi genericamente ad una sentenza definitiva di assoluzione perché il fatto non sussiste. Tuttavia, nella parte iniziale dell’ordinanza, ove si ripercorre lo svolgimento del giudizio, si afferma testualmente che con la memoria difensiva è stata depositata «la sentenza penale irrevocabile del Tribunale di Como, munita di attestazione di passaggio in giudicato, di assoluzione del F. perché il fatto non sussiste ex art. 530,comma 2, c.p.p.».

Pur non dedicando al punto alcuna attenzione o espressa motivazione, la Corte ha dunque implicitamente – ma inevitabilmente - optato per la totale indifferenza della circostanza che l’assoluzione dell’imputato per insussistenza sia stata pronunciata ex art. 530, secondo comma c.p.p.

Si tratta di una conclusione di grande interesse, la cui valenza meglio può essere valutata avuto riguardo alle problematiche che essa implica.

4. Le disposizioni del codice di procedura penale (artt. 651 bis, 652, 653, 654) che disciplinano l’efficacia di giudicato di sentenze penali di assoluzione nei processi civili,  amministrativi e nel procedimento disciplinare contengono riferimenti ad alcune  formule terminative, senza alcuna limitazione legata al fatto che esse siano state pronunciate ai sensi dell’art. 530, secondo comma, c.p.p., ossia perché manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova.

La loro interpretazione ha dato luogo a due divergenti indirizzi. Il primo, facendo leva sulla lettera della legge e la volontà del legislatore di piena equiparazione tra assoluzione piena e per insufficienza di prove, conduce a ritenere equivalente, anche ai fini dell’efficacia extrapenale del giudicato, l’assoluzione con formula c.d. dubitativa (in tal senso L. VETRONE, Nuovo rito penale. Sentenze assolutorie. Motivazione agli effetti  del giudizio civile o amministrativo di danno, in Giur. Merito, 1990, p.818; M. SCARABELLO, L’efficacia del giudicato che assolve per insufficienza di prove, in Dir. pen. e processo, 1998, p. 1397). Il  secondo, partendo dalla constatazione che le disposizioni del codice di procedura penale attribuiscono efficacia di giudicato alla sentenza penale quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o l’imputato non la commesso, conclude che il giudicato assolutorio si esplica in sede civile o amministrativa solo quando nel processo penale l’insussistenza dei fatti risulti  positivamente accertata e non già quando manca, è insufficiente o contraddittoria la prova (A. GHIARA, Artt. 651-652, in M. CHIAVARIO (coordinato da), Commento al nuovo codice di procedura penale, vol. VI, Torino, 1991, p. 456; F. CAPRIOLI - D. VICOLI, Procedura penale dell’esecuzione, Torino, 2010, p.120).

5. In giurisprudenza, sul perimetro delle sentenze penali assolutorie suscettibili di assumere efficacia di giudicato in altri processi, si registrano diversi orientamenti.

La Sezione civile della Corte di Cassazione, in plurime pronunce,  ha affermato che  ai sensi dell’art. 652 e dell’art. 654 c.p.p. il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche quando l’assoluzione sia determinata dall’accertamento dell’insussistenza di sufficienti elementi  di prova circa la commissione del fatto  o l’attribuibilità di esso all’imputato e cioè quando l’assoluzione sia stata  pronunziata a norma dell’art. 530, comma secondo c.p.p. (in tal senso Cassazione 12 settembre 2022, n. 26811; Cassazione, Sezione terza civile, 11 marzo 2016 n. 4764; Cassazione, Sezione terza civile, 9 marzo 2010, n. 5676; Cassazione, Sezione terza civile, 20 settembre 2006, n. 20325; Cassazione, Sezione terza civile, 30 agosto 2004,  n. 17401; Cassazione, Sezione terza civile, 9 maggio 2000, n. 5885; Consiglio di Stato, sez. 2, n. 2509 del 2014).

Diversa, tuttavia, la posizione espressa dalla Cassazione penale, secondo la quale non sussiste alcuna sostanziale differenza in termini giuridici tra le due formule assolutorie in oggetto, delineando i primi due commi dell'art. 530 c.p.p. canoni di giudizio il cui valore finale è equivalente, visto che nell'attuale ordinamento processuale penalistico l'onere della prova in ordine alla sussistenza del reato incombe solo sull'accusa, con la conseguenza che, a seguito del mancato adempimento di tale onere probatorio (non importando se perché carente, contraddittorio o del tutto mancante), la regola di giudizio che si trae dal complesso della disciplina di cui ai primi due commi dell'art. 530 c.p.p. impone al Giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento che ha comunque valore di assoluzione piena dal reato ascritto. Ma soprattutto, per quanto a noi interessa, secondo tale orientamento  neanche è  configurabile un diverso atteggiarsi dell’efficacia di giudicato delle due formule in sede extrapenale (così Cass., Sez. II pen., 27 ottobre 2022, dep. il 17 nov. 2022, n. 43598; in senso analogo  Cassazione, Sez. II penale, 19 luglio 2018, dep. il 05 settembre 2018, n. 39960 ; Cassazione, Sezione IV pen.,  19 giugno 2018, dep. il 25 settembre 2018 n. 41369;  Cassazione, Sezione III pen., del 15 settembre 2016, dep. 02 dicembre 2016, n. 51445; Cassazione,  Sez. V pen., 26 settembre 2014,  dep. il 27 novembre 2014, n. 49580).

6. In ordine al neo introdotto art. 21 bis del D.lvo n. 74/2000 si è riproposta analoga questione circa la valenza, nel processo tributario di sentenze di assoluzione pronunciate in sede penale ex art. 530, secondo comma c.p.p. Parte della dottrina ha ritenuto che per spiegare efficacia di giudicato nel contenzioso fiscale «la sentenza di assoluzione deve essere irrevocabile e adottata ai sensi del primo comma dell’art. 530 del codice di procedura penale, similmente a quanto già previsto dall’art. 652 p.c., giacché solo un’assoluzione così pronunciata garantirebbe un accertamento pieno  dell’inesistenza dei fatti nella loro materialità, ovvero l’estraneità dell’imputato dagli stessi,  così da ricondurre ad essa sentenza gli effetti espansivi del giudicato» (A. GIOVANNINI, I nuovi principi del sistema punitivo tributario: proporzionalità e identità del fatto materiale , in Riv. dir. Trib., 2024, 407; Id, I rapporti tra processo penale e processo tributario, in La riforma fiscale. I diritti e  i procedimenti, Vol. III Accertamento sanzioni e rapporti tra processi, a cura di Alessandro Giovannini, Pisa, 2024, p.161). 

In favore della tesi opposta si è osservato che «la riforma, in conformità alla delega, non distingue, né correttamente potrebbe, tra assoluzione ai sensi del primo o del secondo comma dell’art. 530 c.p.p. , opportunamente nemmeno citato nel testo, stante la piena equivalenza delle due formule anche ai fini extrapenali» (così G. FLORA, La riforma penale tributaria del 2024: le magnifiche sorti e progressive del pagamento postumo del debito, in Diritto penale economia e impresa, n. 2/2024, p. 21; G. GAMBOGI, I reati tributari, Piacenza, in corso di pubblicazione)  e si è altresì argomentato che «i dubbi che potrebbero sorgere sull’ultraefficacia della sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste  pronunciata ai sensi del secondo comma  dell’art. 530,  comma 2 c.p.p. dovrebbero dissolversi alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione  (v. ad esempio, Cass. pen., 11 novembre 2002 , n. 43598) secondo cui anche la mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova  che il fatto sussiste o che l’imputato lo abbia commesso rientra nelle sentenze di assoluzione con formula piena» (così L.TOSI, La nuova disciplina del rapporto tra processo tributario e processo penale, in Tax news, 25 novembre 2024).

7. In aggiunta alle argomentazioni prospettate dalla dottrina favorevole  ad assegnare efficacia di giudicato nel processo tributario alle assoluzioni pronunciate ex art. 530, secondo comma c.p. milita la recente evoluzione normativa conosciuta dal processo tributario.

In dettaglio, il comma 5 bis dell’art. 7  D.lgs. n. 546/1992 ha  introdotto per la prima volta nel corpo della disciplina  del processo tributario una disposizione ad hoc in tema di onere della prova, stabilendo che l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato  ed   il giudice fonda la decisione  sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano  la pretesa impositiva e la irrogazione delle sanzioni.

Impressionante è la somiglianza tra il neo introdotto comma 5 bis dell’art. 7 D.lgs. 546/1992 e l’art. 530, comma 2 del codice di procedura penale: il primo afferma infatti che il giudice annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano  la pretesa impositiva e la irrogazione delle sanzioni; il secondo dispone che  «il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova».

È dunque ragionevole ritenere che utilizzando in seno alla disciplina del processo tributario una formula terminologica ricalcata dal diritto processuale penale, il legislatore tributario abbia inteso  avvicinare il regime della prova nel processo tributario a quello del settore di provenienza di tale formula, ossia il processo penale (in tal senso  F.GALLO, Brevi considerazioni in materia di onere della prova nel processo tributario dopo la riforma della giustizia tributaria e dello statuto dei diritti del contribuente, in Tax news, 12 dicembre 2024; A. VIOTTO, Prime riflessioni sulla riforma dell’onere della prova nel giudizio tributario, in Rass. Trib., 2023, p. 336; M. GOLISANO, Riflessioni in ordine all’impatto  del nuovo comma 5 bis, art. 7, D.L.gs n. 546/1992, in Riv. tel. dir. trib. 15 giugno 2023, p. 4.) o comunque abbia introdotto una disposizione nella quale «si annida l’intento di  portare allo scoperto, fra i semi dello stato costituzionale, quello sulla presunzione d’onestà o correttezza del contribuente accertato» (così A. GIOVANNINI, Sul principio di onestà del contribuente e sulle prove, in Riv. trim dir. trib., 2023, p. 329). Se così è, la scelta legislativa di importare nel processo tributario decisioni assunte all’esito di quello penale per mancanza carenza o insufficienza della prova appare corroborata a monte dal precedente passo di tendenziale omogeneizzazione delle regole che governano l’onere della  prova  in materia penale e fiscale.