Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

08/02/2024 - Processo tributario - reclamo ex art. 17-bis D.Lgs. n. 546/1992 e sospensione atto impugnato ex art. 47 D.Lgs. n. 546/1992. Il

argomento: Principi generali e fonti - Legislazione e prassi

La decisione cautelare viene commentata non con riguardo al fatto oggetto della citata forma di tutela, quanto in relazione a quello che è stato definito un “corto circuito” processuale, considerato che in costanza di valutazione, ai fini decisori, del ricorso/reclamo il giudice tributario ha disposto la sospensione cautelare del provvedimento reclamato, già esso stesso provvedimento avente natura cautelare (confisca). Ciò che rileva, in questa sede, è che la decisione del giudice, in sede cautelare, è stata anticipatoria di quella che sarebbe stata la decisione amministrativa del reclamo, ma soprattutto si valuta l’intervenuta decisione giudiziale in costanza di una fase provvedimentale, in via amministrativa, che trova la sua disciplina – sia nei termini che nelle modalità – nell’art. 17/bis del D.Lgs. 546/92.

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PAROLE CHIAVE: decisione cautelare - reclamo mediazione


di Francesca Messina

1. A seguito di un controllo su strada da parte della GdF, veniva redatto il processo verbale di contestazione e sequestro, per verbalizzare l’avvenuta constatazione della violazione delle disposizioni sull’ammissione temporanea di cui all’art. 216 T.U.L.D. (approvato con D.P.R. 43/73), in combinato disposto con gli artt. 282 e 292 TULD in materia di contrabbando depenalizzato, in relazione all’introduzione irregolare nel territorio UE, di una autovettura con targa estera. L’Ufficio doganale, ricevuto il verbale, emetteva, nei confronti del contravventore, l’atto di contestazione delle sanzioni ed il contestuale atto di confisca, notificati il 20 aprile 2023. Avverso i suddetti atti, la difesa di parte proponeva tempestivo ricorso – notificato il 19 giugno 2023 – nell’ambito del quale chiedeva, ai sensi del co. 3 dell’art. 47 del D.Lgs. 546/92, al Presidente della Corte tributaria territoriale, la sospensione “in via di eccezionale urgenza” degli atti impugnati.

Il Presidente della C.G.T. I° Trieste emetteva, il 27 giugno 2023, il decreto presidenziale (depositato 8 giorni dopo la notifica del ricorso/reclamo) con cui “vista l’istanza di sospensione presidenziale presentata unitamente al ricorso dai signori (…); rilevato che appare accertata l’esistenza del fumus boni iuris e che risulta provato il danno grave ed irreparabile; considerato che sussistono ragioni per emettere provvedimento cautelare inaudita altera partes; visto l’art. 47, 3° comma del D.Lgs. 546/92, accoglie l’istanza cautelare presidenziale e rimette gli atti al collegio per l’udienza del 13.7.2023…” (e cioè 24 giorni dopo la notifica del ricorso/reclamo).

Ciò posto ed al di là della circostanza che la fattispecie in narrativa riguardava la constata violazione delle norme sull’ammissione temporanea, con conseguente sequestro/confisca dell’autovettura in contrabbando, ciò che rileva – ai fini del presente studio – è che il provvedimento cautelare, inaudita altera parte, sia stato emesso in pendenza del termine, di 90 giorni, previsto dall’art. 17/bis della citata disciplina processuale, per la definizione del reclamo. Ed infatti, all’udienza del 13.07.2023 – fissata per la trattazione dell’istanza di sospensione di cui alla sopra riportata ordinanza – l’Ufficio, che pure non si era costituito in giudizio, proprio in ragione della doverosa attesa del provvedimento decisorio del reclamo, da parte della sovraordinata Direzione Territoriale, esponeva le ragioni per cui l’azione giudiziale (sia pure nella forma cautelare) doveva considerarsi improcedibile, ai sensi del co. 2 del prefato art. 17/bis a norma del quale: “il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo. Si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale”.

Ciò nondimeno il giudice tributario pronunciava ordinanza di accoglimento della domanda di misure cautelari, per le ragioni che di seguito verranno analizzate.

2. Il D.Lgs. n.156 del 24 settembre 2015, intitolato: “Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6 e 10, comma 1, lettere a) e b) della Legge 11 marzo 2014, n.23” ha sostituito, con la previsione di cui all’art. 9, comma 1, lettera l), il previgente articolo 17/bis del D.Lgs. n.546/1992, estendendo gli istituti del reclamo e della mediazione anche ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, limitatamente alle controversie di valore non superiore a cinquantamila euro (tale soglia è stata modificata dall’art. 10 co. 1 del D.L. n.50/2017, passando da ventimila a cinquantamila euro a decorrere dal 1° gennaio 2018).

La novella normativa, quindi, dispone, ai fini che qui interessano che, nel limite di valore ora indicato, il ricorso produce anche gli effetti del reclamo e che il ricorso diventa procedibile solo una volta trascorso il tempo utile predeterminato dalla legge (90 giorni) necessario per esperire la procedura amministrativa di cui trattasi. Ed infatti, il co. 2 dell’articolo in commento prescrive che il ricorso notificato “non è procedibile fino alla scadenza del termine di 90 giorni”: entro tale termine la fase amministrativa deve concludersi con un provvedimento espresso, di accoglimento o di rigetto del reclamo. Entro i successivi 30 giorni, decorrenti dalla data di notifica del provvedimento decisorio, il contribuente ha l’onere di costituirsi in giudizio, mediante deposito in cancelleria del ricorso. Il successivo co. 3 – seconda parte – della prefata norma dispone che se il ricorrente si costituisce in data anteriore alla scadenza del termine di 90 giorni, la Corte di Giustizia Tributaria rinvia la trattazione della causa per consentire la decisione del reclamo.

Ed infatti, dopo la verifica in concreto dei presupposti enunciati al comma 5 dell’art. 17 bis (incertezza delle questioni controverse, grado di sostenibilità della pretesa e principio di economicità dell’azione amministrativa), ove le motivazioni del reclamo siano ritenute fondate, la Direzione Territoriale competente, quale struttura sovraordinata all’Ufficio presso il quale è stato notificato il ricorso/reclamo, procederà  all’accoglimento del reclamo ed al conseguente annullamento o rideterminazione della originaria pretesa tributaria, comunicando al contribuente ed all’ufficio che ha emesso l’atto impugnato, il relativo provvedimento di accoglimento del reclamo. Se, a contrario, non sussistono i presupposti per l’accoglimento del ricorso/reclamo, la medesima Direzione Territoriale notificherà, alla parte, il provvedimento, firmato dal Direttore della Sezione Legale e Contenzioso della Direzione Territoriale, di respingimento del reclamo.

La presentazione di un ricorso/reclamo implica, inoltre, ai sensi del co. 8 dell’art. 17/bis, la sospensione della riscossione, per legge, in pendenza del termine utile di 90 giorni per la conclusione della procedura amministrativa in questione: non vi è pregiudizio per gli interessi dell’erario atteso che, in caso di mancato perfezionamento dell’accordo di mediazione, sono dovuti gli interessi, medio tempore maturati, nella misura prevista dalle singole leggi di imposta.

Unica eccezione è quella prevista dalla normativa unionale, poiché ai sensi dell’art. 45 C.D.U. (approvato con Reg. U.E. n.952/2013) la presentazione di un ricorso non sospende l’esecuzione della decisione contestata che abbia ad oggetto risorse proprie dell’UE, fatta eccezione per l’ipotesi in cui la parte presti idonea garanzia, che deve essere presentata alle condizioni e secondo le modalità previste dalle norme unionali.

In buona sostanza, l’art. 17/bis inserisce, nel rapporto processuale che viene attivato con la notifica del ricorso, una procedura di natura amministrativa che si conclude nei termini prefissati (gg. 90 più eventuale sospensione feriale) con la definizione totale e/o parziale della pretesa in via amministrativa, senza la necessità della decisione giudiziale, oppure, se la procedura non determina un provvedimento modificativo dell’atto impugnato, il contenzioso prosegue con l’azione giudiziale, secondo le regole ordinarie del processo tributario.

3. Il D.Lgs. 156/2015 ha anche modificato – ex art. 9, co. 1, lett. r) – l’art. 47 del D.Lgs. 546/92, prevedendo, al “nuovo” 3, che il Presidente della Corte di Giustizia fissa, con decreto, la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile e comunque non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione dell’istanza. Ebbene, già questa modifica – sulla base della quale ha evidentemente agito la Corte giuliana – deve essere analizzata in combinato disposto con il comma 1 della stessa norma, che nel rinviare ai tratti tipici della richiesta cautelare – fumus boni iuris e periculum in mora – prevede che il ricorrente possa chiedere la sospensione, alla C.G.T., con istanza motivata o con separato atto, sempre che siano osservate le disposizioni di cui all’art. 22, norma, quest’ultima, che disciplina il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio.

Ora, già sulla base di questa prima chiosa, si rileva che se, in applicazione dell’art. 17/bis, co. 2, fino a conclusione della fase amministrativa del reclamo, il ricorso, anche se depositato, “non è procedibile”, evidentemente non sussistono le condizioni per il deposito, la disamina, la decisione di una richiesta di cautelare.

E ciò a valere anche con riguardo all’applicazione del co. 3 dell’art. 47 del D.Lgs. 546/92, a norma del quale, in caso di eccezionale urgenza, il presidente, previa delibazione del merito, può disporre con decreto motivato la sospensione dell’esecuzione fino alla pronuncia del collegio, il quale, poi, in ossequio al co. 4, provvede con ordinanza motivata non impugnabile e, quindi, fissa, come disposto dal successivo co. 6, la trattazione del merito della controversia “non oltre novanta giorni”.

Dalla disamina di tali previsioni è facile comprenderne le conseguenze – ove non puntualmente osservato il termine di vacatio di cui all’art. 17/bis con la sanzione dell'improcedibilità del ricorso, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo – sia con riguardo ai tempi e termini processuali, che con riguardo alla inutilità dell’attività istruttoria e decisoria del reclamo.

Ed infatti, sotto il primo profilo, se il ricorso/reclamo viene notificato all’Ufficio e contestualmente depositato presso la C.G.T. e se quest’ultima fissa la trattazione della sospensione “alla prima camera di consiglio utile” o, nei casi di eccezionale urgenza, il Presidente dispone la sospensione immediata dell’esecuzione rinviando al collegio la delibazione del merito della sospensione, e, quindi, in (entrambi i casi) la trattazione viene fissata – ex lege (co. 6) – non oltre 90 giorni, è verosimile che l’udienza di trattazione venga fissata quando sono ancora pendenti i termini per la decisione del reclamo in via amministrativa, ma, soprattutto, tutto ciò comporta una attività giurisdizionale non prevista, né voluta dal legislatore della riforma sul ricorso reclamo.

Con riguardo poi al secondo profilo – inutilità dell’attività istruttoria e decisoria del reclamo – tale anticipazione di giudizio rende oltremodo superflua l’attività degli uffici finanziari: basti pensare che, sulla base delle disposizioni di prassi diramate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, poiché la decisione del ricorso reclamo, avverso gli atti – impositivi e/o sanzionatori – emessi dagli Uffici doganali e/o dei monopoli a livello territoriale, viene assunta dal Direttore dell’Ufficio Affari Generali – Sezione Legale e Contenzioso della Direzione Territoriale, sovraordinata all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, ciò comporta:

  • per l’Ufficio territoriale la predisposizione di una dettagliata relazione, in fatto e diritto, relativamente al caso oggetto del ricorso reclamo, da inviare alla sovraordinata Direzione Territoriale e, quindi, poi,
  • per la Sezione Legale e Contenzioso della Direzione territoriale, una accurata disamina del caso e la verifica in concreto della sussistenza o meno dei presupposti enunciati al co. 5 dell’art. 17 bis – incertezza delle questioni controverse, grado di sostenibilità della pretesa e principio di economicità dell’azione amministrativa – ai fini decisori;

e cioè un proliferare di istruttorie, atti e decisioni del tutto inutili, se preceduti da una decisione giurisdizionale. Tutto ciò senza, peraltro, trascurare la necessità, per l’Ufficio, di costituirsi (anticipatamente) in giudizio, anche al sol fine di eccepire l’improcedibilità del ricorso.

Nel caso in narrativa, a titolo meramente esemplificativo, la C.G.T. di I Grado di Trieste, nell’Ordinanza n.179/2023 del 14.07.2023 ha confermato il decreto Presidenziale sulla base della seguente valutazione di merito: “considerato che le disposizioni sopravvenute all’impugnato provvedimento…stabiliscono che…”: trattasi di motivazioni che, evidentemente, proprio in quanto sopravvenute, avrebbero ben potuto/dovuto essere valutate dall’Amministrazione competente a decidere il reclamo.

4. L’obiettivo perseguito dal legislatore della riforma, attraverso l’istituto del reclamo al fine di deflazionare il contenzioso tributario, ampliando il momento partecipativo Fisco/contribuente, non ha sortito gli effetti sperati, come dimostrano le statistiche rassegnate dalle Agenzie Fiscali e diramate dal MEF, che sintetizzano la percentuale irrisoria dei ricorsi-reclami conclusi solo in sede amministrativa.

E, d’altra parte, come sottolineato dalla più autorevole dottrina (cft. CONIGLIARO, Mediazione tributaria e conciliazione giudiziale: modifiche per due istituti che stentano a decollare, in Il Fisco,  n. 42/2022, p. 4059 e ss.), il reclamo ha, sin dal momento della sua proposizione/comunicazione all’Amministrazione finanziaria, la doppia natura giuridica di istanza amministrativa e ricorso giurisdizionale – tant’è che il legislatore usa la formula “il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo” – con tutti i conseguenti risvolti applicativi che ciò comporta sotto il profilo processuale, tra cui quello oggetto dell’attuale disamina.

Dalla presa d’atto delle indubbie problematiche che l’istituto del reclamo cagiona, senza neanche realizzare i benefici auspicati dal legislatore, l’istituto in esame – ad avviso di chi scrive – ha oramai scarsa utilità, anzi, dilatando i tempi decisori della lite, non assicura per nulla la migliore definizione della stessa, finendo per essere, di fatto, una fase meramente anticipatoria, in sede amministrativa, delle contestazioni e delle difese che più puntualmente verranno dispiegate innanzi al giudice tributario.

Sarebbe forse più proficuo utilizzare i presupposti enunciati al co. 5 dell’art. 17 bis (incertezza delle questioni controverse, grado di sostenibilità della pretesa e principio di economicità dell’azione amministrativa) al fine di stimolare – ad opera di un soggetto terzo ed in una sede a ciò preordinata, quella giudiziale – le parti processuali a definire la lite in via conciliativa. Al riguardo se, per un verso, è vero che in ambito tributario, l’Amministrazione finanziaria deve valutare la conciliazione alla luce dell’intangibilità della pretesa espressa nell’accertamento tributario, per altro verso, tutte le volte in cui l’accertamento si profili incerto – nell’an e/o nel quantum – e, per ciò stesso, foriero di possibile decisione di annullamento in sede giudiziale, l’accordo transattivo può rappresentare un valido rimedio, anche al fine di deflazionare il contenzioso, che l’istituto del reclamo non è riuscito a realizzare, garantendo, al contempo, la terzietà  da più parti reclamata. 

La riforma del processo tributario, attuata con il D.Lgs. 220/2023, ha previsto, a far data dal 5 gennaio 2024, per un verso che le norme sulla conciliazione fuori udienza (ex art. 48) si applicano anche alle controversie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione e, per altro verso, che la Corte di Giustizia Tributaria possa formulare proposta di conciliazione, ex art. 48/bis.1 del D.Lgs. 546/92,  in tutte le liti pendenti.

Ed infatti, nella precedente formulazione dell’art. 48/bis.1, introdotto dall’art. 4 comma 1 lett. g) della Legge 130/2022, la conciliazione de qua era prevista “Per le controversie soggette a reclamo, ex art. 17/bis”, mentre con la modifica apportata dall’art. 2, comma 3 lett. a) del D.Lgs. 220/23 – che ha abrogato l’art. 17bis –  la conciliazione in argomento può essere proposta dalla Corte per tutte le liti pendenti, avuto riguardo “all’oggetto del giudizio” ed “ai precedenti giurisprudenziali”.

In conclusione, l’auspicio è quello che l’istituto in esame abbia miglior sorte dell’abrogato ricorso reclamo.