Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

10/03/2023 - Brevi note sulla legittimità della notifica di atti tributari effettuata da indirizzo PEC non inserito in pubblici registri

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

La possibilità attribuita alle Agenzie di fiscali di notificare gli atti impositivi, relativi alla fase di accertamento e a quella di riscossione, avvalendosi della posta elettronica certificata ha sicuramente contribuito a rendere la procedura notificatoria più snella ed economica. Se è pur vero che rispetto alle tradizionali modalità di notifica “cartacea” dell’atto (e.g. notifica a mezzo posta ordinaria, notifica c.d. diretta, etc.), quella mediante PEC è tendenzialmente istantanea e improntata all’efficienza dell’azione amministrativa, non possono in ogni caso essere violati determinati obblighi in capo al soggetto pubblico notificatore che attengono alla pubblicità degli account di posta elettronica certificata utilizzati. Nell’annotare la sentenza in rassegna si darà, dunque, atto di un nutrito orientamento giurisprudenziale secondo cui gli atti impositivi vengono dichiarati insanabilmente nulli perché, a monte, il procedimento notificatorio effettuato attraverso un indirizzo PEC non iscritto nei pubblici registri integra un’ipotesi di inesistenza.

» visualizza: il documento (CGT II grado Campania, sent. 21 ottobre 2022, n. 6927) scarica file

PAROLE CHIAVE: notifica degli atti tributari - PEC non iscritta in pubblici registri - inesistenza insanabile


di Pietro Mastellone

1. Il presente contributo intende approfondire l’orientamento della giurisprudenza che si è occupato della notifica di atti tributari, per lo più attinenti alla fase della riscossione, effettuata da indirizzi PEC non presenti nei pubblici registri. Come si vedrà meglio nel prosieguo, gran parte delle decisioni di merito, di cui la sentenza in rassegna ne rappresenta un recente esempio, prende atto dell’attuale impianto normativo che disciplina il fenomeno e conclude per l’inesistenza del procedimento notificatorio che, a cascata, determina un’insanabile nullità dell’atto tributario oggetto di notifica. Per poter verificare, in chiave critica, se tale orientamento risulti o meno condivisibile, occorre prima ripercorrere le varie disposizioni che tratteggiano la vigente disciplina sul punto. Ma andiamo per ordine.

2. Nell’ordinamento tributario, la notificazione assolve ad una funzione essenziale, atteso che si tratta di quel “procedimento per mezzo del quale si porta nella sfera di percepibilità del destinatario una dichiarazione, ovvero un documento contenente una dichiarazione, quale può essere un atto di accertamento. In particolare, la dottrina e la giurisprudenza sono unanimi nel considerare l’atto di accertamento un atto ricettizio, che produce i propri effetti solo quando viene portato a legale conoscenza del contribuente” (in questi termini, F. D’Ayala Valva, (voce) Notificazione (dir. trib.), in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, vol. IV, Milano, 2006, pag. 3819). Già da questo primo inquadramento è possibile enucleare quello che accorta dottrina da tempo mette in luce e, cioè, che “la notificazione dell’avviso di accertamento non è soltanto una particolare procedura con cui tale atto viene portato a conoscenza del destinatario, ma la modalità con cui l’avviso di accertamento viene ad esistenza: l’atto d’imposizione, in tanto esiste, ed esplica effetti, in quanto sia notificato al suo destinatario” (in questi chiari termini, F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario- Vol. 1, 11a ed., Milano, 2011, pag. 202. Analogamente, v. A. Marcheselli, Accertamenti tributari e difesa del contribuente, 2a ed., Milano, 2018, pag. 825). Se, dunque, la natura recettizia dell’atto impositivo è una delle caratteristiche essenziali che rende la pretesa tributaria legittima, è evidente che il procedimento notificatorio debba sempre articolarsi in modo tale da assicurare il più elevato livello di conoscenza da parte del contribuente, pur nel bilanciamento con le esigenze del buon andamento dell’azione dell’Amministrazione finanziaria. È proprio per trovare un compromesso con il perseguimento delle ragioni erariali, che il legislatore troppo spesso si accontenta di mantenere l’asticella della conoscenza dell’atto oggetto di notifica al livello legale (con la conseguenza che la conoscenza raggiunta è un “surrogato o […] equipollente della conoscenza effettiva”, come rileva S. Pugliatti, voce Conoscenza, in Enc. dir., vol. IX, Milano, 1961, pag. 130), che raramente coincide con quello effettivo. D’altronde, l’auspicata conoscenza effettiva che emerge dalla disposizione di cui all’art. 6, comma 1, Legge n. 212/2000 (“l’Amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”) viene, da tale medesima norma, fatta oggetto di espressa deroga, laddove fa salve “le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”. Ciò detto, quello su cui si intende focalizzarsi in questa nota è il rispetto dei requisiti minimali previsti dalla legge allorquando l’Amministrazione finanziaria intenda avvalersi della notificazione telematica a mezzo PEC.

3. Come noto, l’ordinamento contempla che gli atti tributari (i.e. avvisi di accertamento e atti della riscossione) possano essere notificati a mezzo PEC nei confronti dei soggetti a cui l’ordinamento impone di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata. Più precisamente, siffatta forma di notifica può essere utilizzata nei confronti dei seguenti destinatari: a) imprese costituite in forma societaria con obbligo di comunicazione al Registro imprese; b) imprese individuali con obbligo di comunicazione al Registro imprese; c) professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi istituiti con legge statale, con obbligo di comunicazione ai rispettivi Ordini o Collegi (e.g. avvocati, dottori commercialisti, etc.); d) curatori fallimentari e liquidatori giudiziali; e) pubbliche amministrazioni. Tuttavia, mentre con riguardo alle c.d. notifiche “tradizionali” cartacee degli atti impositivi e della riscossione il legislatore ha dettato una disciplina connotata da plurimi rinvii al codice di procedura civile e disposizioni specifiche tributarie, ben diverso è il tema delle c.d. notifiche “telematiche”, ove la garanzia del procedimento notificatorio parrebbe discendere dall’inserimento degli indirizzi PEC sia del mittente che del destinatario all’interno dei pubblici registri. Allo stato attuale, gli indirizzi PEC sono censiti come segue: i. per imprese e professionisti, all’interno dell’Indice nazionale dei domicili digitali (d’ora in avanti, brevemente “Registro INI-PEC”); ii. per tutti gli organi pubblici (ivi comprese tutte le articolazioni dell’Amministrazione finanziaria), all’interno dell’Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi (d’ora in avanti, brevemente “Registro IPA”); iii. per quanto concerne, infine, gli indirizzi PEC utilizzati nei procedimenti giudiziali civili e penali, occorre che questi siano presenti nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (d’ora in avanti, brevemente “Registro ReGIndE”), istituito e regolamentato dall’art. 7, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, e dall’art. 16, comma 12, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, il quale è tenuto dal Ministero della Giustizia.

4. Orbene, la normativa di riferimento che disciplina le c.d. notifiche “telematiche” in ambito tributario, le quali, ripetesi, rappresentano una facoltà per l’Amministrazione finanziaria, deve essere ricostruita attraverso il combinato disposto di più disposizioni. In primo luogo, trova applicazione l’art. 60, comma 7, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui, “in deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi”. In base, poi, all’art. 26, comma 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (così come sostituito dall’art. 14, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159), “la notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”. L’art. 4, D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, stabilisce che “la posta elettronica certificata consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge. Le modalità attraverso le quali il privato comunica la disponibilità all’utilizzo della posta elettronica certificata, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, il mutamento del medesimo o l’eventuale cessazione della disponibilità, nonché le modalità di conservazione, da parte dei gestori del servizio, della documentazione relativa sono definite nelle regole tecniche di cui all’articolo 17. La validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna, di cui all’articolo 6. Il mittente o il destinatario che intendono fruire del servizio di posta elettronica certificata si avvalgono di uno dei gestori di cui agli articoli 14 e 15”. Vi sono, inoltre, due disposizioni contenute nel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (“Codice dell’amministrazione digitale”) e, segnatamente, l’art. 6-bis, comma 1, e l’art. 6-ter. In base alla prima delle succitate norme, “al fine di favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 e le imprese e i professionisti in modalità telematica, è istituito il pubblico elenco denominato Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico”. La seconda, invece, stabilisce che “al fine di assicurare la pubblicità dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi è istituito il pubblico elenco di fiducia denominato “Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi”, nel quale sono indicati i domicili digitali da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati. La realizzazione e la gestione dell’Indice sono affidate all’AgID, che può utilizzare a tal fine elenchi e repertori già formati dalle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni di cui al comma 1 e i gestori di pubblici servizi aggiornano gli indirizzi e i contenuti dell’Indice tempestivamente e comunque con cadenza almeno semestrale, secondo le indicazioni dell’AgID. La mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento dell’Indice e del loro aggiornamento è valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e dell’attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili”. Da ultimo, rileva l’art. 3-bis, comma 1, Legge 21 gennaio 1994, n. 53 (introdotto dal D.L. n. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni), a mente del quale “la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”.

5. L’Amministrazione finanziaria ha, dunque, la facoltà di notificare i propri atti a mezzo PEC, in luogo della tradizionale notifica cartacea “diretta” o “a mezzo posta”. Se, tuttavia, decide di avvalersi di detta modalità notificatoria, deve necessariamente rispettare determinati obblighi imposti dal legislatore, primi tra tutti quelli attinenti all’individuazione di ben precisi indirizzi PEC del mittente e del destinatario. Sul versante del mittente, infatti, il Registro IPA di cui all’art. 6-ter del Codice dell’amministrazione digitale è istituito e tenuto dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID), cioè un’agenzia pubblica istituita dal Governo Monti e sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da questi delegato, la quale “opera sulla base di principi di autonomia organizzativa, tecnico-operativa, gestionale, di trasparenza e di economicità e persegue gli obiettivi di efficacia, efficienza, imparzialità, semplificazione e partecipazione dei cittadini e delle imprese” (così, art. 19, comma 2, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134). È, d’altronde, lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze a chiarire che “per quanto concerne gli indirizzi PEC degli enti impositori e dei soggetti della riscossione l’indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) è il solo elenco utilizzabile ai fini della notifica degli atti del processo tributario” (così, MEF, Circolare 4 luglio 2019, n. 1/DF, prot. n. 5764, pag. 11). Sul versante del destinatario, invece, il Registro INI-PEC di cui all’art. 6-bis del Codice dell’amministrazione digitale è istituito e tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico. A tale riguardo, appare pacifica l’illegittimità della notifica a mezzo PEC effettuata ad un indirizzo del contribuente destinatario non presente (o non più presente) sui pubblici registri: è stata, per esempio, considerata inesistente la notifica telematica di un’intimazione di pagamento alla casella PEC di un agronomo cancellatosi dall’Albo di appartenenza, posto che la circostanza per cui egli avesse “conservato l’indirizzo PEC attivato al tempo in cui esercitava la libera professione stessa è irrilevante, in quanto non avendo più alcun obbligo di avere un indirizzo PEC, nei suoi confronti non potrà ritenersi applicabile la notifica a mezzo PEC prevista dall’ultimo comma dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973. Non risulta che il sig. T. abbia espressamente autorizzato e/o richiesto le notifiche al suo indirizzo di posta elettronica certificata con la conseguenza che la notifica dell’intimazione di pagamento n. xxxxxxxxxx/2017 al medesimo effettuata mezzo PEC deve ritenersi inesistente ai fini giuridici” (così, Comm. Trib. Reg. Piemonte, Sez. II, 5 febbraio 2020, n. 177, in Fisconline). Non è, insomma, sufficiente che la notifica dell’atto tributario sia effettuata ad un indirizzo PEC attivo, perché un privato cittadino potrebbe comunque decidere di averne uno: la disciplina fiscale prevede inderogabilmente che sia valida la notifica ad un indirizzo PEC se la legge impone al destinatario di averlo. Più complesso è il tema, speculare, dell’account PEC del mittente non inserito nei pubblici registri.

6. Alla luce delle diposizioni poc’anzi rammentate, sembrerebbe agevole, anche in questa ipotesi, far discendere l’illegittimità della notifica telematica di un atto impositivo effettuata da un account PEC non presente in alcuno dei predetti pubblici registri. Ma il punto critico, come l’attento lettore avrà sicuramente intuito, consiste nel verificare quale patologia potrà riversarsi, a valle, sull’atto impositivo notificato in modo illegittimo: se una semplice nullità, in qualche modo sanabile mediante la proposizione del ricorso, oppure una vera e propria inesistenza, in quanto tale insanabile. Nella prassi, infatti, risulta molto frequente che gli uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria – e, in special modo, dell’Agente della riscossione – si avvalgano di indirizzi PEC “locali”, cioè afferenti ad articolazioni regionali che, però, non sono censiti nel Registro IPA. Sterminati sono gli esempi di contenziosi originati da notifiche di cartelle o intimazioni di pagamento effettuate da indirizzi PEC quali notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it, notifica.acc.lombardia@pec.agenziariscossione.gov.it, etc., oppure contenziosi la cui genesi è la notifica di atti di pignoramento presso terzi eseguita da account quali pterzi.acc.veneto@pec.agenziariscossione.gov.it o simili. E, infatti, posto che – sin da quando il legislatore ha facoltizzato la notifica telematica di atti della riscossione – gli unici due indirizzi PEC che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione aveva inserito nei pubblici registri risultavano protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it (presente nel Registro IPA ed utilizzato per tutte le notificazioni degli atti amministrativi) e pct@pec.agenziariscossione.gov.it (presente nel Registro ReGIndE ed utilizzato per tutte le notificazioni attinenti al processo civile telematico relativo all’esecuzione forzata tributaria), la notifica effettuata utilizzando altri account ha inevitabilmente dato vita ad un nutrito contenzioso presso le Corti di merito.

7. Al riguardo, alcune iniziali pronunce si sono orientate nel senso di considerare, in qualche modo, “rituale” la notifica proveniente da tali indirizzi non censiti nei registri pubblici, rilevando che sarebbe “necessario che l’iscrizione nei registri sia riferita all’indirizzo PEC del destinatario della notificazione, e non anche al mittente della stessa. Rimane pertanto privo di rilievo che l’Agenzia abbia utilizzato, a fini di notificazione, altro indirizzo PEC rispetto a quello iscritto nel registro previsto dalla normativa […]. Le considerazioni richiamate valgono anche per escludere profili di invalidità in ordine all’atto di pignoramento impugnato, sia nella parte nella quale sono stati eccepiti motivi derivati (dalla notifica delle cartelle), e sia nella parte nella quale la stessa notifica del pignoramento è stata eseguita con un indirizzo PEC non iscritto nei registri, rimanendo assorbita anche l’ulteriore considerazione per la quale, in relazione all’atto di pignoramento, in ogni caso la proposizione del ricorso avrebbe sanato eventuali nullità della notificazione dello stesso, per vizi propri” (così, Comm. Trib. Prov. Foggia, Sez. II, 27 luglio 2020, n. 447, in Fisconline). Ma, ben presto, si è fatta largo la tesi secondo cui la notificazione effettuata da tali account PEC deve considerarsi inesistente, determinando, a cascata, la nullità insanabile dell’atto impositivo. Proprio in materia di riscossione, infatti, si è andato consolidando l’orientamento della giurisprudenza di merito volto a sanzionare con l’inesistenza o, comunque, la nullità insanabile l’atto riscossivo notificato a mezzo PEC da un indirizzo diverso da protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it. Solo tale indirizzo PEC, essendo stato dalla stessa Agenzia delle Entrate-Riscossione comunicato al Registro IPA, costituisce il c.d. domicilio digitale della medesima per tutte le notifiche afferenti alla fase amministrativa ed al contenzioso dinanzi alle Corti di Giustizia Tributaria. Trattasi, d’altronde, di un principio cardine rinvenibile anche nel diritto processuale civile, ove “la modalità di perfezionamento della notificazione telematica postula che la notificazione provenga da un indirizzo PEC […] a un altro indirizzo PEC, sempre risultante da pubblici elenchi e che giunga a compimento il meccanismo telematico che assicura la certezza della procedura di recapito” (così, ex pluribus Cass. civ, Sez. VI-1, ord. 27 giugno 2019, n. 17346). In senso analogo, la Suprema Corte ha poi ribadito che “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del c.d. “domicilio digitale” (corrispondente all’indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, secondo le previsioni di cui all’art. 16-sexies del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni in Legge n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni in Legge n. 114 del 2014), la notificazione dell’atto di appello vada eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE” (così, Cass. civ., Sez. I, 3 febbraio 2021, n. 2460, in De Jure).

8. Dunque, pena la nullità insanabile dell’atto, “l’indirizzo PEC del mittente e del destinatario della notifica tramite PEC dovranno essere presenti nei pubblici elenchi” (così, Comm. Trib. Prov. Taranto, Sez. III, 15 febbraio 2019, n. 403, inedita), come richiesto dall’art. 16-ter, comma 1, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2012, n. 221, il quale prevede che “ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il Registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”. Tale norma individua, in sintesi, il Registro IPA, il Registro ReGIndE e il Registro INI-PEC. In molte altre occasioni, il ricorso del contribuente è stato accolto perché “la notifica della cartella esattoriale è […] prodotta da un soggetto che non si conosce, e cioè da un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nei pubblici registri, e per altro la stessa cartella non ha il visto di conformità” (così, Comm. Trib. Prov. Perugia, Sez. I, 26 agosto 2019, n. 379, in Fisconline). L’indirizzo non censito nei pubblici registri, infatti, “non è oggettivamente e con certezza riferibile all’Agenzia delle Entrate-Riscossione […], con la conseguenza che la cartella de qua non risulta regolarmente notificata” (così, Comm. Trib. Prov. Roma, Sez. XXXVIII, 17 gennaio 2020, n. 601, in Fisconline): tale modus operandi fa sì che “la notifica della cartella esattoriale è insanabilmente nulla (nella forma giuridica della nullità) […], pertanto la contestata notifica deve ritenersi priva di effetti giuridici e di conseguenza gli atti impugnati sono nulli” (così, Comm. Trib. Prov. Roma, Sez. VII, 28 febbraio 2020, n. 2799, in Fisconline). È, come rilevato poc’anzi, dallo stesso quadro normativo vigente che “emerge incontestabilmente che il legislatore abbia ripetutamente sancito la necessità che l’attività di notifica avvenga mediante l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica risultanti dai pubblici elenchi: ciò, evidentemente, al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto notificando” (in questi termini, Comm. Trib. Prov. Napoli, Sez. XXIII, 8 luglio 2020, n. 5232, in Fisconline. Nello stesso senso, v. anche Comm. Trib. Prov. Roma, Sez. XIII, 24 novembre 2020, n. 9274, in Fisconline). Considerata la particolare gravità della violazione, le Corti di merito reputano inapplicabile l’“art. 156 c.p.c. della notifica dell’atto opposto perché la notifica a mezzo PEC da sito non ufficiale degli atti tributari sostanziali e processuali è inesistente e come tale non suscettibile di alcuna sanatoria” (così, Comm. Trib. Prov. Roma, Sez. XX, 16 dicembre 2020, n. 10571, in Fisconline): infatti, non “si tratta di un rilievo esclusivamente formale in quanto obiettivamente il contribuente che si vede notificare una mail con allegate in PDF dei documenti aventi il nome ed il contenuto di una cartella esattoriale, provenienti da una mail i cui estremi paiono afferire all’Ufficio, deve potere avere modo di verificare senza alcun dubbio la autenticità della provenienza della mail. Di conseguenza la notifica effettuata deve essere considerata nulla in quanto non conforme alle norme vigenti. La questione qui non riguarda la conoscenza o effettiva conoscibilità dell’atto da parte del destinatario (questione che riguarderebbe, in caso, la correttezza dell’indirizzo PEC del destinatario, di cui in causa non è fatta eccezione): è certo che la PEC sia giunta all’indirizzo PEC del ricorrente, ma non è possibile affermare che il destinatario potesse avere la certezza della provenienza della comunicazione dalla Pubblica Amministrazione, certezza ancora più importante se si ponga mente alla importanza della comunicazione stessa” (così, Comm. Trib. Prov. Ferrara, Sez. I, 15 marzo 2021, n. 80, in Fisconline. Analogamente, v. Comm. Trib. Prov. Roma, Sez. XXII, 21 aprile 2021, n. 4342, inedita; Comm. Trib. Prov. Catanzaro, Sez. II, 4 giugno 2021, n. 1084, inedita, ove si riscontra “la violazione delle norme circa la certezza, l’affidabilità giuridica del contenuto dell’atto stesso e del diritto di difesa del contribuente, stanti, non da ultimo, i noti e continui tentativi di frodi informatiche in danno di comuni cittadini”; Comm. Trib. Prov. Milano, Sez. VII, 11 giugno 2021, n. 995, inedita; Comm. Trib. Prov. Reggio Calabria, Sez. III, 6 agosto 2021, n. 3369, in Fisconline; Comm. Trib. Prov. Agrigento, Sez. II, 6 settembre 2021, n. 1468, in Fisconline; Comm. Trib. Reg. Piemonte, Sez. II, 27 settembre 2021, n. 732, in Fisconline, ove si osserva che “la giurisprudenza della Suprema Corte sul punto è molto chiara: se l’indirizzo PEC del notificante non proviene dai Pubblici Registri, la notizia è radicalmente viziata ed insanabile. […] è stata violata la normativa in tema di notifiche a mezzo telematico, di conseguenza, essendo nullo l’iter notificatorio, necessariamente risulta invalido il titolo di pagamento ed il successivo atto”; Comm. Trib. Reg. Campania Sez. VII, 6 ottobre 2021, n. 7080, in Fisconline; Comm. Trib. Prov. Bergamo, Sez. II, 7 gennaio 2022, n. 26, in Fisconline; Comm. Trib. Reg. Campania, Sez. VII, 24 gennaio 2022, n. 40, inedita; Comm. Trib. Prov. Reggio Calabria, Sez. IV, 28 febbraio 2022, n. 779, la quale esclude recisamente che possa invocarsi “la ‘sanatoria per raggiungimento dello scopo’ prevista dall’articolo 156 del Codice di Procedura Civile, perché la notifica irrituale degli atti tributari, ancor prima che nulla, è inesistente”; Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. XI, 28 febbraio 2022, n. 915, in Fisconline, ove si legge che “la notifica a mezzo PEC da sito non ufficiale degli atti tributari sostanziali e processuali è inesistente e, come tale, non suscettibile di sanatoria, ne consegue la fondatezza dell’assorbente eccezione di nullità della notifica della cartella di pagamento”; Comm. Trib. Prov. Napoli, Sez. XII, 10 marzo 2022, n. 3120, in Fisconline; Comm. Trib. Prov. Roma, Sez. XII, 24 maggio 2022, n. 6298, inedita; Comm. Trib. Prov. Napoli, Sez. XXXVI, 1° giugno 2022, n. 5911, in NT+ Diritto, per cui “laddove la notifica venga eseguita mediante un indirizzo PEC non risultante da pubblici elenchi, questa non potrà che ritenersi alterata ab origine, non valida e, in quanto tale, viziata da nullità insanabile (inesistenza)”; Comm. Trib. Prov. Latina, Sez. III, 7 giugno 2022, n. 655, inedita; Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. XIII, 28 giugno 2022, n. 3043, in Fisconline; Comm. Trib. Reg. Piemonte, Sez. II, 11 luglio 2022, n. 772, in Fisconline; Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. VII, 2 agosto 2022, n. 3514, in Fisconline; Comm. Trib. Prov. Napoli, Sez. XV, 29 agosto 2022, n. 8380, in Fisconline; Corte Giust. Trib. II° gr. Lazio, Sez. XVII, 30 dicembre 2022, n. 6507, in NT+ Diritto).

9. La sentenza in rassegna, che aderisce pienamente a tale orientamento, prende le mosse da un ricorso promosso avverso l’iscrizione ipotecaria conseguente all’omesso pagamento di una cartella di pagamento, il cui preavviso era stato, tuttavia, notificato dall’Agente della riscossione mediante l’account di posta elettronica certificata notifica.campania@cert.equitaliariscossione.it. Cioè da un indirizzo che, all’epoca dei fatti che hanno originato il giudizio, non era presente nei pubblici registri. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in integrale riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’appello del contribuente invocando la violazione o falsa applicazione dell’art. 16-ter, D.L. n. 179/2012 e dall’art. 6-ter, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, nonché del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, dal momento che la notifica non proveniva da protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it e che, quindi, l’inesistenza del procedimento notificatorio aveva travolto i successivi atti riscossivi.

10. Per cercare di fare qualche riflessione conclusiva, occorre prendere atto che tale decisione si colloca nel prevalente orientamento di merito sul punto, il quale, pur risultando condivisibile in punto di diritto perché obiettivamente coglie delle palesi violazioni normative, sta ormai volgendo al termine per varie ragioni. In primo luogo, perché le plurime articolazioni regionali dell’Amministrazione finanziaria (e, in special modo, dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione) stanno via via inserendo i propri indirizzi PEC “locali” nel Registro IPA, eliminando – quantomeno per il futuro – la possibilità ai contribuenti di ottenere l’annullamento giudiziale dell’atto impositivo per mancata previa indicazione del domicilio digitale del mittente. Basti, infatti, recarsi sul portale online del Registro IPA (www.indicepa.gov.it/ipa-portale/consultazione/domicilio-digitale/ricerca-pec) e provare ad inserire nei parametri di ricerca una delle tante PEC regionali al fine di appurarne l’avvenuto censimento. In secondo luogo, perché la Suprema Corte sta iniziando ad interessarsi alla tematica e, seppur in relazione ad un ricorso per cassazione notificato da un indirizzo PEC “diverso da quelli risultanti dal pubblico elenco di cui al citato art. 16-ter (in particolare: il registro IPA)”, ha sì riconosciuto la violazione delle summenzionate disposizioni, ma ne ha – e, si potrebbe dire, prevedibilmente – declassato l’intensità dell’illegittimità da inesistenza a nullità, con l’ovvio precipitato applicativo dell’operatività della sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., tanto che è stata disposta “la rinnovazione della notifica nei confronti della parte rimasta intimata” (così, Cass. civ., Sez. Trib., ord. interloc. 10 ottobre 2022, n. 29458, in De Jure). Allo stato attuale, la Suprema Corte non si è ancora pronunciata specificamente sulla notifica dell’atto amministrativo – quindi, nella fase pre-processuale – viziata dall’illegittimo utilizzo di una PEC non presente nei pubblici registri e presto se ne occuperà (come dimostra Cass. civ., Sez. Trib., ord. interloc. 8 novembre 2022, n. 32891, in De Jure, ove ha rilevato che, “avuto riguardo all’evoluzione della disciplina della notificazione degli atti impositivi a mezzo di posta elettronica certificata, con particolare riferimento ai profili di validità concernenti l’indirizzo di posta elettronica utilizzato per la spedizione, la questione dedotta nel presente giudizio riveste una particolare rilevanza, testimoniata dai contrasti che emergono dall’esame delle numerose pronunzie rese sul punto dai giudici di prossimità; […] è opportuna, pertanto, la trattazione della causa in pubblica udienza”), ma è ragionevole aspettarsi che, anche qui, verrà applicato il principio – troppo spesso invocato in modo eccessivo nella materia tributaria – della sanatoria ex art. 156 c.p.c.