Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

24/01/2023 - La flessibilità delle aliquote IVA quale strumento di attuazione del Green Deal europeo.

argomento: IVA - Legislazione e prassi

L’imposta sul valore aggiunto rivede le modalità d’imposizione con l’introduzione di una vasta gamma di aliquote agevolate per fronteggiare eventi straordinari, quali la recente pandemia Covid – 19 e per attuare il Green Deal europeo, quest’ultimo destinato a fronteggiare i cambiamenti climatici ed il degrado ambientale, così da trasformare l’UE in una economia moderna. Tale approccio realizza anche la tutela ambientale, bene protetto dall’art.9 della Carta Costituzionale. La novella consentirà maggiore libertà agli Stati membri che, nel definire le aliquote agevolate, dovrebbero fare prudente uso delle facoltà loro assegnate, limitandole a settori specifici, quali il green, meritevoli di ampie e strutturate agevolazioni.  

PAROLE CHIAVE: - Green Deal - - IVA - sostenibilità ambientale


di Fabio Russo

Il cambiamento climatico. L’emergenza ambientale è un tema sempre più sentito a causa dell’aumento imponente delle temperature e del cambiamento del clima i cui effetti, quali, lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità, gli incendi e gli eventi meteorologici sempre più estremi e dannosi, fanno avvertire come più che mai necessaria una risposta globale che ci renda stakeholders del cambiamento.

L’origine della attuale criticità ebbe probabilmente inizio in Inghilterra, a partire dal XVIII secolo, con la prima Rivoluzione Industriale, in cui la fonte energetica prevalentemente utilizzata era il carbone, perché in grado di alimentare le nuove macchine a vapore mediante la sua combustione. L’innovazione industriale consentiva un processo produttivo più rapido e veloce, finalizzato a soddisfare la costante richiesta di risorse. Se, da un lato, tale processo ha innalzato la qualità di vita dell’uomo, dall’altro, ha tralasciato le conseguenze negative sull’ecosistema (Sul tema cfr. C. FELIZIANI, Industria e ambiente. Il principio di integrazione dalla Rivoluzione Industriale all’economia circolare, in diritto amministrativo, 4, 2020, 843 ss.; P. CIOCCA; Ambiente e futuro, in Apertacontrada.it, 2015).

L’attività antropica, l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione risultano, secondo il rapporto dell'Intergovernmental Pane on Climate Change (IPCC), aver causato più della metà dell’aumento di temperatura registrato negli ultimi anni.

Siamo di fatto entrati in una nuova epoca geologica nota come Antropocene, caratterizzata da rischi ed incertezze, in cui l’azione umana costituisce un fattore determinante nella trasformazione del sistema Terra (sul tema cfr. M. DI PAOLA., Cambiamento climatico. Una piccola introduzione, Luiss University Press, 2015; A. LO GIUDICE, Antropocene e giustizia climatica. L’importanza di un’etica della responsabilità, in Teoria e critica della regolazione sociale2020, 21, 109-127; D. CARRINGTON, The Anthropocene Epoch: Scientists Declare Dawn of Human-Influenced Age, The Guardian, 29 Agosto 2016, https://www.theguardian.com/environment/2016/aug/29/declare-anthropocene-epoch-experts-urge-geological-congress- human-impact-earth; J. ZALASIEWICS - M. WILLIAMS - A. HAYWOOD - M. ELLIS, The Anthropocene: A New Epoch of Geological Time?, in Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences, Vol. 369 (1938), 2011, 835 ss).

L’aumento delle temperature globali rappresenta un fattore di rischio per la salute umana, incentivando e ampliando la diffusione delle malattie, danneggiando le economie globali, riducendo la produttività di svariati settori, nuocendo gli ecosistemi e causando la scomparsa di specie animali e vegetali in tutto il mondo.

È evidente come il numero degli eventi climatici estremi sia raddoppiato rispetto ai primi anni ’90, tra il 2005 e il 2015 oltre 700.000 persone sono morte, 1400 milioni rimaste ferite, 23 milioni hanno perso le proprie abitazioni e oltre un miliardo e mezzo sono state colpite da disastri naturali (Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015–2030, https://www.unisdr.org/files/43291_sendaiframeworkfordrren.pdf).  Il 2022, come rilevato da “Copernicus”, il programma per la rilevazione satellitare del clima del continente e dei suoi cambiamenti nel lungo termine, avviato e coordinato dalla Commissione Europea in collaborazione con l’ESA (European Space Agency) è stato l’anno più caldo mai registrato in Europa. «Un’intensa serie di ondate di calore in tutta Europa, combinate a condizioni di insolita siccità, hanno portato a un’estate estrema, che ha battuto tutti i record in termini di temperatura, siccità e numero di incendi in molte aree dell'Europa», ha sintetizzato la ricercatrice di Copernicus, dott.ssa Freja Vamborg.

Proteggere l’ambiente è dunque divenuta un’esigenza necessaria che impegna, dall’ultimo decennio le potenze mondiali in trattatati e convenzioni, e che vede l’Unione Europea quale uno degli attori principali nella lotta al cambiamento climatico.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione adottata il 25 settembre 2015, dal titolo «Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile», poneva l’accento sugli impatti negativi del cambiamento climatico e su come l’aumento della temperatura globale, l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la desertificazione, la siccità, la scarsità di acqua e la perdita della biodiversità, costituiscano una minaccia globale per i progressi degli ultimi decenni (cfr. L. SALVEMINI, Dal cambiamento climatico alla modifica della Costituzione: i passi per la tutela del futuro (non solo nostro), in Federalismi.it, 11.08.2021).

In un siffatto contesto, se la causa principale del cambiamento climatico è l’uomo, l’unica via percorribile è il miglioramento  dei  modelli  di  consumo  e di produzione tesi ad uno sviluppo sostenibile (sullo sviluppo sostenibile cfr., tra i molti, C. CONSALVO CORDUAS, Sostenibilità ambientale e qualità dello sviluppo, Edizioni Nuova Cultura, 2013; M. RENNA, I principi in materia di tutela dell’ambiente, in Rivista quadrimestrale di diritto dell’ambiente, 2012, 73 ss.; F. FRACCHIA, Il principio dello sviluppo sostenibile, in AA.VV., Studi sui principi del diritto amministrativo, a cura di M. RENNA e F. SAITTA, Giuffrè, 2012, 433 ss.; E.  MARIOTTI - M. IANNANTUONI, Il Nuovo Diritto Ambientale, Maggioli, 2009, 22 ss.; F. PELLEGRINO, Sviluppo sostenibile dei trasporti marittimi comunitari, Giuffrè, 2009; R.   BIFULCO, Diritto   e   generazioni   future.   Problemi   giuridici   della   responsabilità intergenerazionale, Franco Angeli, 2008; F.  MUNARI, Tutela internazionale dell’ambiente, in AA.VV., Istituzioni di diritto internazionale, (a cura di) S.M.  CARBONE - R.  LUZZATTO - A. SANTA MARIA, Giappichelli, 2006, 463 ss.; G.  GRASSO, Solidarietà ambientale e sviluppo sostenibile tra costituzioni nazionali, carta dei diritti e progetto di costituzione europea, in Politica del diritto, 2003, 581 ss.; M. MONTINI, La necessità ambientale nel diritto internazionale e comunitario, Cedam, 2001, 198 ss.; L.  MEZZETTI, Manuale di diritto ambientale, Cedam, 2001, 9 ss.).

La crisi pandemica da Covid-19 ci è servita, in qualche modo, da palestra sperimentale per una cooperazione (eco)sistemica, comunitaria e normativa (cfr. A. COMELLI, Riflessioni sulla tassazione ambientale, all'epoca della pandemia innescata dal COVID-19, nella prospettiva di un'ampia riforma tributaria, in Diritto e pratica tributaria, 2021, 1, 44-67; A. CANTARO, Postpandemia. Pensieri (meta)giuridici, Torino, 2021; B. BOSCHETTI - M.D. POLI, A Comparative Study on Soft Law. Lessons from the Covid-19 Pandemic, Cambridge Yearbook of European Legal Studies, 2021, 1-34; S. VILLANI, Spunti per una rivoluzione fiscale che acceleri la transizione ecologica e la riduzione delle disuguaglianze dopo la pandemia da COVID-19, Relazione alla 2020 HDCA Conference: New Horizons: Sustainability and Justice , organizzata dall’Human Development and Capability Association, Università di Massey (Nuova Zelanda), 30 giugno-2 luglio 2020
in Rassegna tributaria, 2021, 1, 103-137; A. F: URICCHIO – G. CHIRONI – F. SCIALPI, Sostenibilità e misure fiscali e finanziarie del d.l. clima, in ambientediritto.it, 2020, 3, 248-266; F. GRANELLA – L. ALELUIA REIS – V. BOSETTI – M. TAVONI, COVID-19 lockdown only partially alleviates health impacts of air pollution in Northern Italy, in IOP Science, Environmental Research Letters, 2020) e, la leale cooperazione, ha affermato l’allora presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, costituisce la via costituzionale per l’uscita dall’emergenza pandemica (M. Cartabia, relazione sull’attività della Corte costituzionale nel 2019, 28 aprile 2020, disponibile sul sito della Corte). 

Nella prospettiva della transizione ecologica, l’urgenza di questa chiamata collettiva e di una alleanza (eco)sistemica deve essere affrontata secondo una prospettiva proattiva e diacronica (cfr. Boschetti L.B., Oltre l’art. 9 della Costituzione: un diritto (resiliente) per la transizione (ecologica), in DPCE online, 2, 2022).

Spiace enormemente richiamare i fatti accaduti recentemente ad Ischia, dove il fenomeno meteorologico, forse aiutato anche dalla mano dell’uomo, ha prodotto disastro e vittime innocenti.

Occorre che la leva fiscale aiuti e sostenga ragionamenti virtuosi ecocompatibili, come l’attuazione del Green Deal suggerisce.

 

Il Green Deal. Nelle due settimane correnti tra il 30 Novembre e l’11 Dicembre 2015 si è tenuta a Parigi la conferenza interna all’ONU, organizzata dall’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), vertente sulle ragioni del cambiamento climatico su scala globale, con lo scopo di creare una sinergia fra le parti idonea a condurre alla firma di un accordo contenente le indicazioni per il raggiungimento di un traguardo comune, di lungo termine.

L’Accordo di Parigi, firmato nel dicembre del 2015 da 195 Paesi, è entrato in vigore nel novembre 2016 e costituisce il primo accordo universale sull’ambiente, pensato per adattare e rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici e limitare il riscaldamento dell’atmosfera (United Nations, Paris Agreement 2015, reperibile al sito internet https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement/the-paris-agreement).

L’Unione Europea introdusse l’ambizioso proposito di diminuire del 40%, entro 15 anni, le emissioni di gas serra tramite l’adozione di un sistema energetico basato sulle fonti rinnovabili ed una legislazione dedicata. Elementi fondamentali dell’accordo, oltre alla riduzione delle emissioni, erano l’esame della situazione a livello mondiale, l’adeguamento delle società agli impatti dei  cambiamenti  climatici  e  la  capacità  delle stesse di evitare, limitare e fronteggiare le perdite e i danni associati agli effetti negativi del clima, prevedendo uno  specifico  ruolo  delle  Città,  delle  Regioni  e  degli Enti  locali  nella  riduzione delle emissioni, nella costruzione della resilienza e nella promozione della cooperazione.

In linea con l’Accordo di Parigi, il cambiamento climatico e le politiche per la mitigazione e l’adattamento sono stati il fulcro centrale del discorso tenuto al Parlamento, dal Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, il 16 luglio 2019. Durante il dibattito, la Presidente ha dichiarato apertamente di voler trasformare l’Europa nel primo continente climaticamente neutro, azzerando le emissioni di gas a effetto serra.

L’obiettivo della neutralità climatica viene perseguito dall’UE con l’adozione di provvedimenti volti a definire strategie di breve e lungo termine come il Green Deal Europeo, ambizioso piano strategico che mira a contrastare il cambiamento climatico ed il surriscaldamento globale tramite l’adozione di specifiche misure, presentato ed approvato dal Consiglio e dal Parlamento europeo (per approfondimento si veda P. CUCUMILE, Il "Green Deal" europeo”, Commento a comunicazione Commissione europea 11 dicembre 2019, n. COM/2019/640 (Il Green Deal Europeo), in ambientediritto.it2021, 1, 391-427; S. CAVALIERE, Il progetto "Green New Deal" e gli incentivi verdi: è tutto oro quello che luccica?, in Diritto Pubblico Europeo - Rassegna online2020, 1, 10; L. LIONELLO, Il "Green Deal" europeo. Inquadramento giuridico e prospettive di attuazione, in JusOnline, 2020, 2, 105-142; S. MORATTI, "Green Deal" europeo: nuove prospettive per la fiscalità dell'energia nelle politiche di gestione dei rischi climatici, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze2020, 4, pt. 1, 439-463).

Con il Green Deal Europeo la Commissione ha illustrato una nuova strategia di crescita, tesa a trasformare l'Unione europea in una società giusta e prospera, dotata di un'economia moderna, competitiva ed efficiente sotto il profilo delle risorse, riconoscendo che è necessario costruire una cornice favorevole, a beneficio di tutti gli Stati membri, nella quale includere strumenti, incentivi, sostegno e investimenti adeguati per assicurare una transizione efficiente in termini di costi, giusta, socialmente equilibrata ed equa, che nella fase inziale tenga in debito conto le disomogeneità nazionali (Conclusioni adottate dal Consiglio europeo nella sessione del 12 dicembre 2019, EUCO 29/19, CO EUR 31, CONCL 9).

Il traguardo che il Green Deal si prefigge di raggiungere è quello di rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050, tramite l’applicazione di un sistema di norme e strategie volte ad operare una vera e propria rivoluzione economico-ambientale, non generando più, nel 2050, emissioni nette di gas a effetto serra (Comunicazione della Commissione - Il Green Deal europeo, COM (2019) 640 final dell'11 dicembre 2019).

Tale strategia punta a preservare ed ottimizzare il capitale naturale dell'Unione Europea, proteggendo la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze, ponendo la difesa del clima e dell’ambiente come obiettivo trasversale di ogni futura iniziativa UE (cfr. M. FALCONE, Il Green Deal europeo per un continente a impatto climatico zero: la nuova strategia europea per la crescita tra sfide, responsabilità e opportunità, in Studi sull’integrazione europea, 2, 2020, 379-394).

La Commissione europea, nella consapevolezza della responsabilità di cui è investita e della complessità della sfida globale in materia di tutela dell’ambiente, nel programma di lavoro del 29 gennaio 2020 (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Programma di lavoro della Commissione 2020 “Un'Unione più ambiziosa”, COM(2020)37), ha sottolineato che la salvaguardia del clima e dell’ambiente costituisce una responsabilità collettiva, non più facoltativa e procrastinabile ed ha invitato tutti gli Stati membri, le Istituzioni ed i soggetti pubblici e privati, ad attivarsi per favorire tale necessario cambiamento (cfr. A. PETTIFOR, Prefazione I, Green deal un progetto per la giusta transizione europea, in www.gndforeurope.com, 2019).

I pilastri su cui si fonda il progetto consistono nel rispondere alla crisi climatica ed ambientale globale, nel trasformare l’economia e la società europea verso percorsi più sostenibili, più giusti e più inclusivi (sul tema della dimensione sociale europea si veda ex multis, M. FAIOLI, Sul significato sociale della dimensione europea, in Federalismi, 18/2019, p. 2 ss.; D. DIVERIO, Il ruolo degli Stati nella definizione del modello sociale europeo, in Studi sull’integrazione europea, 3/2015, 515 ss.), nel proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell'Unione europea ed, infine, nel preservare la salute ed il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze.

La Commissione europea ha precisato che «al centro del Green Deal ci sono le persone» e che «il pilastro europeo guiderà gli interventi volti a garantire che nessuno sia escluso da questo processo», con ciò ponendo in marcata evidenza come, per la realizzazione dell’obiettivo della componente economico-sociale della transizione, sarà prioritario coniugare equità sociale, sostenibilità e crescita economica, che «sarà dissociata dall'uso delle risorse» (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dell’11 dicembre 2019, Il Green Deal europeo, COM(2019)640 final, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52019DC0640&from=EN).

In linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (Risoluzione n. 70/1, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 25 settembre 2015, Transforming our world: The 2030 Agenda for Sustainable Development), il Green Deal presuppone, dunque, un ripensamento globale della politica economica europea in chiave eco-sostenibile ed aspira a realizzare la più importante rivoluzione ambientale dell’UE.

La fiscalità ha un ruolo sempre più importante nella pianificazione strategica e nel processo decisionale delle aziende. Lo dimostra l’importo, circa 3.000 miliardi di euro, che USA, UE, Cina, Giappone e altri Paesi emergenti hanno complessivamente stanziato, in questo triennio, per alimentare una complessa rete di incentivi, agevolazioni, crediti d’imposta ad hoc e misure fiscali di favore, orientate ad accelerare il processo di resilienza delle aziende. Si capovolge il rapporto Fisco-impresa, dove il primo diventa motore della resilienza, estrinsecandosi in una nuova forma di tassazione incentivante, indirizzata a migliorare i programmi di ristrutturazione, di sviluppo e di ripresa imprenditoriale. In quest’ottica, la strategia aziendale necessita un ripensamento generale.

La scelta di favorire questo processo di rinnovamento aziendale si deve caratterizzare con interventi destinati a promuovere la digitalizzazione e l’economia sostenibile.

La disciplina tributaria, al riguardo, può senz’altro concorrere ad indirizzare i comportamenti e ad assumere una valenza educativa, non solo per le imprese ma per la generalità dei contribuenti.

L’occasione costituita dal Green Deal non va, quindi, sprecata ed utilizzata a livello comunitario per promuovere comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale.

Diventa fondamentale uno sforzo complessivo a livello unionale che, per essere davvero efficace, deve indirizzare le scelte della generalità dei contribuenti e ciò si può realizzare solo armonizzando la legislazione dei vari Stati membri (BORIA, Diritto tributario europeo, 2010, Milano; WATTEL, Progressive taxation of non resident, in European Taxation, 2000, 213), dirigendole verso un unico e condiviso obiettivo.

La fiscalità assume un ruolo d’indirizzo principalmente attraverso la concessione di agevolazioni e modulando le aliquote, in materia ambientale una diversa regolamentazione di quelle previste ai fini IVA può essere dirimente ad orientare i consumi e, per l’effetto, la produzione e quindi, indirettamente, anche il core bunisess aziendale. 

 

 

 

L’armonizzazione delle aliquote IVA. L’IVA è un’imposta generale sui consumi in quanto colpisce una base imponibile estremamente variegata ed ampia, estesa a tutti i beni ceduti o servizi prestati nel territorio unionale. La sua neutralità la rende funzionale alla crescita economica perché scarica il suo peso sul consumatore finale, tramite il sistema di rivalsa e detrazione (cfr. F. AMATUCCI, Problemi interpretativi della sesta direttiva e stato di armonizzazione dell’IVA in ambito comunitario, in RDTI, 3/2007, 160; A. AMATUCCI, Struttura ed effetti della fattispecie contenuta nelle norme istitutive dell’IVA, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1976; Id., La normativa comunitaria quale fonte per l’ordinamento interno, in Diritto tributario internazionale, coordinato da V. Uckmar, Padova, 2005; A. COMELLI, L’armonizzazione fiscale e lo strumento della direttiva comunitaria in relazione al sistema dell’IVA, in Diritto e pratica tributaria, 1998; Id., Iva comunitaria e Iva nazionale, contributo alla teoria generale dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2000; E. FAZZINI, Il diritto di detrazione nel tributo sul valore aggiunto, Padova, 2000; R. MICELI, Il recupero dell’Iva detraibile tra principi comunitari e norme interne, in Rassegna tributaria, 2006; L. SALVINI, Rivalsa, detrazione e capacità contributiva nell’imposta sul valore aggiunto, in Rivista di Diritto tributario, 1993; Id., La detrazione Iva nella Sesta direttiva e nell’orientamento interno, principi generali, in Studi in onore di Victor Uckmar, Padova, 1997; D. STEVANATO, La detrazione Iva a seguito del D. Lgs. n. 313/1997, in Rivista di Diritto tributario, 1998; F. TESAURO, Il principio europeo di neutralità dell’IVA e le norme nazionali non compatibili in materia di rimborso dell’indebito, in Giur. It., 2011, 1238 e ss.; A MONDINI, Il principio di neutralità dell’IVA, tra <<mito>> e (perfettibile) realtà, in I Principi europei del diritto tributario, (a cura di) A. Di Pietro - T. Tassani, 2013, 269; si consenta il rinvio anche a F. RUSSO, Profili comunitari della detrazione dell’IVA nel contratto di irregolare somministrazione della forza lavoro, in DPTI – International Tax Law Review, 02/19;) ed è, al contempo, fonte perpetua di gettito per gli Stati membri e per l’Unione Europea alla quale viene destinata una quota parte del suo incasso (Commissione Europea, Piano d’azione sull’IVA – Verso uno spazio unico europeo dell’IVA – Il momento delle scelte, COM, 2016, 148). L’IVA è la più anziana tra le imposte europee e, quando nel 1992 sono state abolite le frontiere fiscali tra i Paesi comunitari, è stato riconsiderato il metodo impositivo sugli scambi intra UE finalizzato alla tassazione dei beni nel luogo d’origine, per creare un vero e proprio mercato interno comunitario. Il sistema avrebbe dovuto fondarsi su un utopico ravvicinamento delle aliquote IVA dei Paesi membri (L. PERRONE, L’armonizzazione dell’Iva. Il ruolo della Corte di Giustizia, gli effetti verticali delle direttive e l’affidamento del contribuente, in Ras. Trib., 2006, 2, 426), tanto che si optò per un ridimensionato regime IVA transitorio, con l’art.1 della Direttiva 917680/CEE. Le distorsioni negli acquisti e negli scambi transfrontalieri erano nocive anche in tale sistema di tassazione, per cui, con l’art. 1 della Direttiva 92/77/CEE, furono dettate norme sulle aliquote delimitative della discrezionalità degli Stati membri. L’epilogo si raggiunse con l’applicazione ordinaria di un’aliquota normale, pari almeno al 15% e di massimo due ridotte, mai inferiori al 5%, da apporre a specifiche tipologie produttive. Al contempo venne ribadita la possibilità di avvalersi della clausola c.d. di stand still, praticando aliquote inferiori al tetto minimo, purché in vigore il 01 gennaio 1991.

La Direttiva 2006/112/CE, afferente il tributo comunitario armonizzato, stabiliva norme generali che delimitavano la libertà degli Stati membri di fissare le aliquote (P. BORIA, Diritto tributario, Torino, 2019, 116), onde garantire la semplicità e neutralità nell’applicazione dell’imposta. Ciononostante occorsero vari infruttuosi tentativi di snellimento delle norme progressivamente introdotte sulle aliquote IVA ridotte, tanto che il legislatore comunitario ha abbandonato l’obiettivo di giungere ad un risultato e ad un sistema dell’IVA definitivo, basato sull’imposizione nel Paese di origine, ripiegando su un meccanismo fondato sul principio di destinazione (Direttiva 2006/112/CE, art. 402; Commissione Europea, Futuro dell’IVA  - Verso un sistema dell’IVA più semplice, solido ed efficiente adattato al Mercato unico, COM, 2011, 851, sez.4.1; S. CANNIZZARO, Spunti di riflessione sulla possibile introduzione di aliquote IVA ridotte per beni e servizi “verdi”, in Riv. trim. dir. trib., 2017, 2, 324). La Commissione europea rivede le modalità di definizione dell’imposizione nel segno di una maggiore autonomia per i singoli Stati e, prima di giungere alla Direttiva UE 2022/542, ha valutato attentamente (Commissione Europea, Staff Working Document, Impact assessment, Accompanying the document Proposal for a Council Directive amending Directive 2006/112/Ec as regards rates of value added tax, SWDm 2018, 7,7) due opzioni espressive di flessibilità ad intensità differente. La prima era incentrata sul mantenimento dell’aliquota IVA standard nella misura minima del 15% e, contestualmente, sull’ampliamento e sul riesame periodico dell’elenco dei beni e servizi ammissibili alle aliquote ridotte, che sarebbe stato rivisto nel momento della transizione al sistema definitivo e, in seguito, ad intervalli regolari, tenendo conto, soprattutto, delle priorità di ordine politico dei vari Stati membri. La seconda, invece, attribuiva ai vari Paesi una maggiore autonomia nella fissazione delle aliquote, abolendo l’elenco relativo alle misure ridotte e concedendo loro maggiore libertà di scelta nel numero e nel livello delle medesime. La scelta unionale, adottata con la Direttiva UE 2022/542 è stata ispirata alla prudenza, ma comunque garantisce una possibilità di scelta che gli Stati membri devono cogliere in modo armonico ed ambientalmente orientato.

 

La Direttiva UE 2022/542 del 06.04.2022. Il pacchetto “Equità fiscale” per la creazione di uno spazio unico europeo comprendeva la revisione delle aliquote, punto programmatico attuato con la Direttiva UE 2022/542, pubblicata nella GUCE n. L.107 del 06 aprile 2022, che, onde garantire la parità di trattamento fra i Paesi UE, concede loro la facoltà di stabilire aliquote ridotte per determinate prestazioni di servizi o cessioni di beni, sempreché non vi sia un serio rischio di distorsione del funzionamento del Mercato unico (P. BORIA, Diritto tributario europeo, Milano, 2015, 358). La normativa antecedente alla riforma rallentava l’estensione della tassazione ridotta dell’imposta comunitaria a nuovi settori, posto che tutte le decisioni dovevano essere assunte all’unanimità, ponendo gli Stati membri innanzi all’alternativa tra l’immobilismo o la sottoposizione ad una procedura d’infrazione (Sulla procedura d’infrazione cfr. M. BURSI, La reazione europea alla sentenza sul PSPP del "Bundesverfassungsgericht": il doveroso avvio di una procedura d infrazione, in federalismi.it, 2021, 23, 28-46; E. CIMADOR, La Corte di giustizia conferma il potenziale della procedura d infrazione ai fini di tutela della "rule of law". Brevi riflessioni a margine della sentenza "Commissione/Polonia" (organizzazione tribunali ordinari). Nota a sent. CGUE grande sez. 5 novembre 2019 (causa C-192/18), in Eurojus2020, 1, 60-81; L. POLI, Equilibri istituzionali alla prova nella prima procedura d'infrazione di fronte alla Corte europea dei diritti umani,
in Diritti umani e diritto internazionale2020, 3, 761-775; M. ARANCI, La procedura d’infrazione come strumento di tutela dei valori fondamentali dell’Unione europea. Note a margine della sentenza della Corte di giustizia nella causa Commissione/Polonia. Nota a sent. CGUE grande sez. 24 giugno 2019 (causa C-619/18), in Eurojus2019, 3, 49-63). Di conseguenza, in ambiti anche rilevanti quali il green, la gestione delle aliquote era diventata vetusta ed inadeguata. Il legislatore, con un atteggiamento conservatore, ha optato per la prudente rivisitazione della scelta delle aliquote IVA, mantenendo quella standard collegata all’esame periodico di quelle agevolate.

Nell’ambito delle tante modifiche alla Direttiva assumono particolare importanza le novità riguardanti gli art.98 e seguenti. Gli Stati membri potranno avvalersi di massimo due aliquote ridotte non inferiori al 5%, una sola inferiore al 5%, una esenzione con diritto alla detrazione dell’imposta a monte che si sostanzia, di fatto, in una aliquota a zero. Precise esigenze di armonizzazione stringono i Paesi ad assegnare le aliquote agevolate solo alle operazioni imponibili contemplate in un novero di 24 punti dell’allegato III alla recente Direttiva, mentre resteranno liberi di applicare l’aliquota super ridotta sotto il 5% ed una a zero soltanto alle prestazioni di servizi e cessioni di beni inclusi in un massimo di sette punti del citato allegato. La riforma interviene in chiave adeguatrice e di modernizzazione anche sull’elenco delle cessioni di beni e prestazioni di servizi, annoverati nell’allegato III della Direttiva, assoggettabili a trattamento IVA agevolato. Le esigenze sottese tendono primariamente verso il perseguimento di una economia verde, con impatto climatico neutro, della transizione ecologica, della promozione delle fonti energetiche rinnovabili (F. MONTANARI, Le operazioni esenti nel sistema dell’IVA, Torino, 2013, 49). L’IVA può essere uno strumento indirizzante per orientare la produzione ed il consumo dei beni, come la fornitura e prestazione dei servizi, in modalità compatibile con l’impegno ambientale assunto dalla Commissione europea nel Green Deal (A. URICCHIO, I tributi ambientali e la fiscalità circolare, in Dir. prat. trib., 2017, 5, 1863). Gli interventi principali riportati nel settore del green consistono nel trasporto di passeggeri e beni al seguito, nelle prestazioni di riparazione di apparecchi elettrodomestici, nella installazione di pannelli solari sulle abitazioni, nella fornitura di energia elettrica, teleriscaldamento e teleraffrescamento e biogas, come anche nelle cessioni, noleggio e riparazione di biciclette, comprese quelle elettriche. Va evidenziata, però, una discrasia attuale, consistente nella inclusione nell’allegato III, fino al 01 gennaio 2032, delle cessioni di pesticidi chimici e fertilizzanti.

L’intenzione palesata a livello unionale può essere scolpita nei punti 3), 4) e 7) della Direttiva. Nel primo di essi viene enunciato il bene protetto del taglio di aliquota, individuato nel consumatore finale, oltre alla finalità di perseguire obiettivi di interesse generale ed in tal senso, coerentemente, l’aliquota ridotta è resa applicabile per tutta la catena commerciale. In coerenza con la Comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2019 sul Green Deal europeo, al punto 4) della Direttiva, è specificato che gli Stati membri «dovrebbero avere la possibilità di contribuire a un’economia verde e climaticamente neutra applicando aliquote ridotte alle cessioni e prestazioni rispettose dell’ambiente e preparando, nel contempo, l’eliminazione graduale dell’attuale trattamento preferenziale previsto per le cessioni e prestazioni dannose per l’ambiente». Al punto 7) è chiaramente individuata la linea guida nell’applicazione della aliquota ridotta sotto il 5% e dell’esenzione alle cessioni di beni e prestazioni di servizi contemplate da un massimo di sette punti di cui all’allegato III, enunciando quanto sia «opportuno includere tra tali sette punti i pannelli solari, in linea con gli impegni ambientali assunti dall’Unione in materia di decarbonizzazione e con il Green Deal europeo, nonché offrire agli Stati membri la possibilità di promuovere l’uso di fonti energetiche rinnovabili anche mediante aliquote IVA ridotte. Al fine di sostenere la transizione verso l’uso di fonti energetiche rinnovabili e promuovere l’autosufficienza dell’Unione dal punto di vista energetico, è necessario consentire agli Stati membri di migliorare l’accesso dei consumatori finali alle fonti di energia verde».

 

Conclusioni. L’applicazione dell’aliquota piena resta la regola basica, posto che la Direttiva 2022/542 non obbliga gli Stati membri all’utilizzo di quelle ridotte. Resta intonsa la sovranità dei governi nell’operare le scelte di politica fiscale e nell’applicare le agevolazioni restrittivamente, soprattutto quando sono suscettibili di tradursi in ingiustificate misure di favore (P. STELLA MONFREDINI, I criteri per l’applicazione delle aliquote IVA ridotte da parte dei Paesi membri dell’Unione Europea, in Corr. Trib., 2020, 2, 167 ss.).

L’attuale contesto di crisi economica e finanziaria fa attenzionare maggiormente l’esigenza di risanamento dei bilanci nazionali, che certamente non può realizzarsi innalzando l’aliquota IVA standard, già fissata a livelli elevati, anche per gli effetti negativi producibili (B. DENORA, Applicazione “selettiva” delle aliquote ridotte, principio di neutralità dell’IVA e “punto di vista del consumatore medio”, in Riv. dir. trib., 2022, IV, 69 ss.; M. PROCOPIO, La progettata riforma governativa relativa all’IRPEF: alcuni spunti di riflessione de iure condendo, in Dir. prat. trib., 2021, 3, 1131-1133), bensì limitando la concessione delle agevolazioni.

La contrazione dell’utilizzo delle aliquote IVA ridotte aprirebbe alla conseguenziale valutazione di abbassare di almeno un punto l’aliquota ordinaria e si porrebbe come strumento per combattere l’evasione del tributo e la connessa perdita di gettito (P. CENTORE, IVA europea – Percorsi commentati della giurisprudenza comunitaria, Milano, 2012, 918).

Il nostro Paese, in attuazione della Legge delega per la riforma del sistema fiscale, dovrà razionalizzare la disciplina del tributo comunitario agendo sul numero e misure delle aliquote, anche per contrastare l’evasione da riscossione, secondo le indicazioni di efficientamento stabilite dalla Commissione (B. SBARAGLIA –L. EVANGELISTA, La riforma fiscale dell’IVA: rimodulazione delle aliquote e ridistribuzione delle basi imponibili, in Il Fisco, 2022, 14, 1344).

L’intervento non pare rinviabile posto il triste primato dell’Italia, collocatasi al primo posto (Commissione Europea, VAT gap in the EU, Report, settembre 2021) per valori assoluti nella classifica comunitaria del VAT gap relativo al 2019, stimato in 30.106 milioni di euro, che va confrontato al totale unionale di 134.436 milioni di euro.

Il compito si presenta non semplice ma necessario, da svolgere con equilibrio, tenendo anche conto degli effetti della crisi politico – militare generatasi per il conflitto bellico in atto tra Russa ed Ucraina, che stanno determinando un fenomeno inflattivo rilevante, con conseguente rincaro dei prezzi dei beni e servizi, onerosi per le famiglie e le imprese, che costituiscono la base imponibile sulla quale applicare l’aliquota del tributo.

Questa missione non può coinvolgere la tassazione agevolata dei prodotti green.

Anzi, dovranno essere giustificate e promosse quelle scelte agevolative destinate ad aspetti meritevoli, necessitanti, di attenzione sociale, quali il green (A. COMELLI, Riflessioni sulla tassazione ambientale, all’epoca della pandemia innescata dal Covid -19, nella prospettiva di un’ampia riforma tributaria, op. cit., 59-62, par.5). In questo senso, l’aliquota di super favore può assolvere anche ad un indirizzo educativo nei confronti dell’inciso, che tramite la premialità viene non solo incentivato al consumo di beni e servizi orientati al green, ma ne comprende meglio anche l’importanza, essendo il frutto di una precisa scelta legislativa.

L’aliquota, tramite il meccanismo di rivalsa e detrazione, scarica il suo peso sull’inciso (L. SALVINI, Rivalsa, detrazione e capacità contributiva nell’imposta sul valore aggiunto, in Riv. Dir. Trib., 1993, I, 1287; Id., La detrazione Iva nella Sesta direttiva e nell’orientamento interno, principi generali, in Studi in onore di Victor Uckmar, Padova, 1997, II; D. STEVANATO, La detrazione Iva a seguito del D.lgs. n. 313/1997, in Riv. Dir. Trib., 1998, I, 962, G. FRANSONI, L’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA applicata in carenza di presupposto, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 1994, II, 3 ss.; A. MONDINI, Il principio di neutralità dell’IVA, tra «mito» e (perfettibile) realtà, in I Principi europei del diritto tributario, a cura di A. Di Pietro - T. Tassani, 2013, 269; RUSSO F., Profili comunitari della detrazione dell’IVA nel contratto di irregolare somministrazione di forza lavoro, in RDTI, 02/2019, 24 ss.), il quale si dirigerà nel consumo di prodotti ecocompatibili, così indirettamente influenzando la loro produzione.

La razionalizzazione del numero e delle misure delle aliquote dovrà, in definitiva, essere certamente indirizzata all’equilibrio, riducendo quelle di favore ed abbassando quella ordinaria.

Al contempo occorre mirare alla semplificazione, ottenendola anche riducendo il numero delle agevolazioni.

Il settore della green economy, invece, a fini promozionali dei prodotti ecosostenibili, dovrà essere escluso da queste considerazioni.

Questo condivisibile orientamento deve essere sempre diretto a proteggere il bene superiore, costituito dall’ambiente e dall’ecosistema, costituzionalmente protetto ed in relazione al quale è più che mai necessario un uso lungimirante e mirato della leva fiscale.

Per realizzare l’obiettivo, nobile ed indifferibile, di protezione dell’ecosistema occorre procedere in modo coordinato, considerando che il livello di armonizzazione è certamente più avanzato in tema d’imposte indirette (AMATUCCI, The interpretation of the Sixth VAT Directive and the state-of-the-art harmonization of intra-Community VAT, in RTDI, 03/2007, 147 e ss.), rispetto a quanto sia avvenuto in ambito d’imposte dirette, anche grazie all’attività interpretativa ed adeguatrice della Corte di Giustizia (AMATUCCI, L’armonizzazione e il coordinamento dei sistemi fiscali, in Principi e nozioni di diritto tributario, 61, 2018).

A tal fine, la modulazione coordinata delle aliquote IVA, in senso favorevole all’economia verde, in tutti i Paesi Europei è l’occasione propizia, fornita dal Green Deal, che va colta senza indugio.