Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

13/10/2022 - L’accertamento con adesione di società di persone tra litisconsorzio “procedimentale” e “processuale”

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

L’ordinanza in questione nega ai soci di società di persone che non hanno presentato istanza di accertamento con adesione la possibilità di fruire della sospensione del termine per impugnare. La Cassazione giunge a tale conclusione muovendo da due presupposti: le diverse finalità che hanno accertamento con adesione e processo, nonché la fisiologica possibilità di esiti diversificati dell’accertamento di soci e società. Ci si domanda se questi risultati possano essere ugualmente assicurati riconoscendo, comunque, tale sospensione.

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PAROLE CHIAVE: accertamento con adesione - litisconsorzio - società di persone


di Federico Rasi

1. La controversia alla base della ordinanza della Corte di Cassazione , 13 gennaio 2022, n. 879 origina dall’impugnazione di un avviso di accertamento da parte del socio di una società di persone. Oggetto del contendere era la tempestività del ricorso; in particolare si poneva il dubbio se il socio potesse beneficiare della sospensione dei termini conseguente alla presentazione, da parte della società, di un’istanza di accertamento con adesione.

Il primo ed il secondo grado si concludevano in senso sfavorevole al contribuente, sul presupposto che il suo ricorso fosse inammissibile per decorso del termine di proposizione, stante la non estensibilità a suo favore della sospensione dei termini di impugnazione. Il contribuente impugnava la decisione della Commissione Regionale sostenendo che tale sospensione potesse, invece, essere a lui applicata, data la stretta dipendenza tra i presupposti impositivi.

2. La Cassazione risolve la questione ricordando che, secondo la sua giurisprudenza, nel caso in cui l’accertamento tributario nei confronti di una società sia stato sottoposto al vaglio giurisdizionale, l’unico scopo della procedura è quello di accertare quale sia il tributo esattamente dovuto, sicché l’esito di tale giudizio può farsi valere nel diverso processo promosso dal socio. Il reddito di quest’ultimo è, infatti, dipendente da quello accertato nei confronti della società, di modo che l’accertamento elevato nei confronti di quest’ultima deve valere nei confronti del primo. Tale conclusione non può, però, essere estesa all’ipotesi dell’accertamento con adesione, in quanto la finalità di questa procedura è L’accertamento con adesione, ricorrendo a strumenti equitativi che comportano una riduzione degli importi e delle sanzioni dovute, mira a raggiungere la definizione di una pretesa dell’Amministrazione finanziaria condivisibile da parte del contribuente così da evitare il ricorso all’impugnativa giurisdizionale.

3. Per la Cassazione, ciò implica, dal punto di vista sostanziale, che siano del tutto ammissibili esiti differenziati nella ricostruzione del presupposto impositivo, tanto che, per questa ipotesi, l’ordinamento non prevede (ma, come si vedrà, neppure la esclude) in alcun modo l’automatica estensione degli effetti dell’accertamento con adesione concordato dalla società sugli accertamenti emessi nei confronti dei soci. Per la Cassazione, in sintesi, ciò comporta che, sul piano processuale, non sussista alcun litisconsorzio necessario con i soci, in relazione ai giudizi da essi instaurati avverso gli atti di accertamento loro notificati. Ciò dipende dal fatto che l’intervenuta definizione da parte della società in sede di accertamento con adesione fa venire meno qualunque esigenza di unitarietà dell’accertamento, con la conseguenza che ciascun socio può opporre solo ragioni di impugnazione specifiche e, quindi, di esclusivo carattere personale (v. Cass., Sez. V, sent. 8 maggio 2019, n. 12137; Cass., Sez. V, sentt. 22 settembre 2020, nn. 19774 e 19776).

4. Dal punto di vista pratico e sul piano procedimentale, ciò conduce la Cassazione a ritenere che nulla avrebbe impedito al socio di domandare anch’egli l’accertamento con adesione a titolo personale e di proporre l’impugnazione in giudizio dell’accertamento conseguenziale emesso nei suoi confronti. Non avendovi provveduto, è corretto ritenere che «la proposizione dell’istanza di accertamento con adesione da parte della società non [comporti] la sospensione anche per il socio del termine per l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, per cui il ricorso originario non poteva che considerarsi inammissibile per la proposizione oltre la scadenza del termine D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 21, comma 1».

La decisione della Cassazione si concentra, dunque, sull’osservazione per cui “adesione” e “processo” sono strade distinte, che possono essere separatamente imboccate e i cui esiti possono essere diversi. Se così è non è necessario coordinarle e, dunque, anche i termini accordati alle parti per svolgere l’una o l’altra fase possono essere diversi.

5. Il fondamento del ragionamento della Cassazione può rinvenirsi in alcuni suoi precedenti, peraltro, richiamati dalla stessa (Cass., Sez. V, ord. 25 settembre 2020, n. 20200), ove già venivano nettamente distinte le finalità del processo da quelle dell’accertamento con adesione (sul tema, in generale, v. Versiglioni, Accordo e disposizione del diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001, p. 299; Marello, L’accertamento con adesione, Torino, 2001, pag. 196).

6. Le premesse da cui muove la Cassazione sono in linea con il dibattito dottrinale. Vi è stato, infatti, chi (Carinci, L’accertamento nel regime di trasparenza delle società: responsabilità, garanzie e tutele per la società e per i soci, in Trib., 2006, 1, p. 185; Fransoni, Giudicato tributario e attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001, pp. 345-368) riteneva che la possibilità di una determinazione del reddito societario differente ed autonoma per i diversi soggetti fosse un’eventualità del tutto contemplata e consentita nell’ambito dell’ordinamento nazionale in caso di accertamento con adesione. L’art. 4, comma 2, d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, infatti, pur disponendo che l’accertamento con adesione del reddito delle società di persone vada definito con un unico atto ed in contraddittorio con la società ed i soci (così da garantire una chiusura unica e contestuale delle posizioni di tutti i soggetti coinvolti), consente che all’accertamento aderiscano solo taluni dei soggetti interessati. Tale norma veniva considerata un riconoscimento espresso della non configurabilità nel caso di specie di un litisconsorzio necessario tra società e soci. La disposizione avrebbe consentito che l’accertamento con adesione potesse essere perfezionato anche solo con l’adesione della società e di alcuni dei soci, ma non di tutti. Fisiologicamente, quindi, accertamento della società e accertamento dei soci avrebbero potuto differire (cfr. anche B. BELLÈ, Il processo tributario con pluralità di parti, Giappichelli, Torino, 2002, pag. 114 – 115, nota 58, che valorizza, invece, maggiormente le esigenze di unitarietà dell’accertamento; Basilavecchia, Effetti sui soci dell’accertamento con adesione della società di persone (nota a Cassazione, Sez. trib., sent. 1° aprile 2005, n. 14418), in Corr. trib., 2005, 40, p. 3177; Id., Ancora sull’accertamento unitario dei redditi di società personale e delle quote imputabili ai soci, in Corr. trib., 2001, 16, p. 1689; A. Russo, Istituti deflativi del contenzioso e scelta discordanti tra la società di persone e i soci partecipanti, in Il Fisco, 2011, 28, p. 4484).

7. La medesima impostazione è stata successivamente sostenuta dall’Agenzia delle Entrate in altre fattispecie. Così, nella circolare 19 marzo 2012, n. 9/E, ove è stata analizzata la c.d. “mediazione tributaria” di cui all’art. 17-bis, D.Lgs. n. 546 del 1992, l’Amministrazione, una volta ricordato che sono mediabili anche le liti concernenti i controlli ai fini delle imposte sui redditi di società di persone e dei soci, ha precisato che tali rapporti, nella fase di mediazione, vanno considerati autonomi e indipendenti con l’effetto che, similmente a quanto previsto per l’accertamento con adesione, la società può concludere la mediazione autonomamente rispetto ai soci. A loro volta i soci possono:

  • concludere la mediazione tenendo conto di quella conclusa dalla società;
  • concludere autonomamente la mediazione in relazione al proprio rapporto anche se la società non ha mediato in ordine al proprio;
  • costituirsi in giudizio dopo aver infruttuosamente esperito la fase amministrativa della mediazione relativa al proprio reddito;
  • presentare direttamente ricorso al giudice tributario se il valore della lite relativa ai loro redditi è superiore a ventimila euro.

Se il rapporto con la società è, però, già definito, la posizione del socio deve essere trattata tenendo conto della definizione concernente la società. In altri termini, l’eventuale annullamento totale o parziale o la mediazione sulla pretesa riguardante la società produce effetti sui rapporti riguardanti i soci, anche se questi non hanno mediato o non è loro applicabile la mediazione. Ne deriva che, anche con riferimento a questo nuovo istituto, non è esclusa in radice né la possibilità di esiti differenziati della procedura, né che la mediazione conseguita da un soggetto esplichi effetti sull’altro.

8. Lo stesso effetto era illustrato dalla circolare 9 luglio 1997, n. 197, a commento dell’art. 9-bis, L. 29 marzo 1997 n. 79, che modificava la speciale normativa in materia di accertamento con adesione per gli anni pregressi, disciplinata dall’art. 3, D.L. 20 settembre 1994, n. 564. Il comma 18 del predetto art. 9-bis, sanciva normativamente il principio che l’intervenuta definizione da parte delle società o associazioni di cui all’art. 5 TUIR (ovvero del titolare di azienda coniugale non gestita in forma societaria) costituisse titolo giuridico per l’accertamento della quota di maggior reddito nei confronti del socio, associato o coniuge che non avevano definito i propri redditi prodotti in forma associata (v. Versiglioni, ‘Unità’ e ‘uni’ del e nel diritto tributario. Riflessioni teoriche sul litisconsorzio necessario soci-società di persone, in Riv. Trim. Dir. Trib., 2013, 1, p. 152; Capolupo, La riapertura dei termini per il concordato, in Il Fisco, 1997, 27, p. 7675).

9. Con la sentenza n. 879 del 2022, la Cassazione dimostra di aderire a questi orientamenti e ammette che vi siano legittime differenze nella definizione del presupposto impositivo ove queste dipendano dalla procedura di accertamento con adesione. Ciò posto, la Cassazione trasla tali considerazioni dal piano sostanziale a quello procedurale. Più precisamente, estende la suddetta conclusione fino a ritenere che, dal momento che sono ammessi esiti differenziati quanto al profilo della ricostruzione del presupposto impositivo, vanno allora anche ammesse procedure differenziate quanto ai modi e ai tempi con cui si procede a tale ricostruzione.

10. La Cassazione, in altri termini, nell’ordinanza in commento, legge il sistema delineato dal D. Lgs. n. 218 del 1997 partendo dalla “fine”: se è legittimo che società e soci giungano a esiti differenti, non è necessario che la “partenza” sia comune. Proprio per questo, per la Cassazione, è necessario che ogni parte coinvolta avvii autonomamente la stessa procedura (e, dunque, benefici autonomamente dell’allungamento dei termini per proporre ricorso). Per i giudici di legittimità, il legislatore è più interessato a “stendere ponti d’oro al nemico che fugge” e non a vincolare in alcun modo il contribuente, sicché le parti possono procedere in ordine sparso, salvo poi ammettere, con un “colpo di coda”, che la soluzione raggiunta da una delle parti abbia effetti per le altre.

Il ragionamento della Cassazione merita alcune osservazioni in quanto le stesse premesse possono condurre a esiti diversi. Tutte le norme richiamate restituiscono, infatti, un quadro tutt’altro che univoco; esse sono piuttosto la prova di un continuo “tira e molla” del legislatore.

11. Il problema di cui si discute appare inevitabile conseguenza di un’oggettiva ambiguità del testo normativo. Come osservato in dottrina (Turchi, Istanza di accertamento con adesione proposta da società di persone e sospensione del termine di impugnazione nei confronti dei soci, in Trib., 2007, 3, p. 453) l’unica norma che estende l’effetto sospensivo prodotto dalla domanda presentata da un soggetto a un soggetto diverso è l’art. 12, comma 2, d.lgs. n. 218 del 1997, valido per il settore delle imposte indirette e relativo al caso dell’istanza di adesione proposta da uno solo dei coobbligati solidali. Il fatto che la norma riguardi solo i casi di coobbligazione ha tradizionalmente portato la dottrina a concludere (Randazzo, L’accertamento con adesione dei redditi prodotti in forma associata, in Riv. dir. trib., 1998, 12, p. 1183) che essa può valere solo in questo ambito: come ricorda il brocardo “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, se il legislatore avesse voluto estenderne il campo di applicazione al settore delle imposte dirette, lo avrebbe dovuto fare espressamente.

12. Tale assetto potrebbe, però, essere letto alla luce di altra giurisprudenza della medesima Cassazione. Ci si riferisce ovviamente alla nota sentenza n. 14815 del 2008 (Cass., Sez. Un., sent. 4 giugno 2008, n. 14815) per cui nell’accertamento dei redditi da partecipazione dei soci delle società di persone sussiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario, dal momento che «l’unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui all’art. 5 cit. TUIR e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1), … trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario». Da ciò consegue, come anche di recente affermato (Cass., ord. 1° aprile 2022, n. 10581) che «l’accertato difetto del simultaneus processus nei gradi di merito, peraltro rilevabile d’ufficio da questo giudice, comporta la nullità della sentenza impugnata e dell’intero processo» (sul tema v. Glendi, Le SS.UU. della Suprema Corte si immergono ancora nel gorgo del litisconsorzio necessario, in GT giur. trib., 2008, 11, p. 993; Nussi, A proposito di accertamento unitario del reddito delle società di persone e litisconsorzio necessario (verso un processo tributario sulle questioni?), in GT – Riv. giur. trib., 2008, 9, p. 771; Basilavecchia, L’accertamento unitario trova un assetto stabile (nota a Cass., SS.UU., 4 giugno 2008, n. 14815), in Corr. trib., 2008, 28, p. 2270; Ficari, Il litisconsorzio necessario tra novità giurisprudenziali e fattispecie tributarie, in Giust. trib., 2009, 2, p. 8; Coppa, Accertamento dei redditi prodotti in forma associata e litisconsorzio necessario, in Rass. trib., 2008, 4, p. 978; Id. L’evoluzione delle vicende processuali dei rapporti tra soci e società trasparenti, in Rass. trib., 2007, 4, p. 1132; Ragucci, Il litisconsorzio necessario nelle impugnazioni degli accertamenti dei redditi prodotti in forma associata, in Giur. it., 2008, 10, p. 2353; Zanetti, L’unicità dell’accertamento del reddito (e del rapporto tributario sostanziale) nelle società di persone, in Dir. prat. trib., 2009, 1, p. 44).

13. Questa sentenza e la giurisprudenza successiva che la implementano muovono dal presupposto teorico della necessaria unitarietà dell’accertamento della società e dei soci. A parere della Suprema Corte, se si mette in discussione il reddito della società, a tale discussione devono partecipare tutti i soggetti per cui tale reddito rileva. Se questo vale per la fase processuale, perché non estenderlo a quella procedimentale? Ciò che non convince dell’ordinanza n. 879 del 2022 è che, pur richiamando tali principi, relega la loro operatività alla sola fase processuale e non li estende a quella procedimentale. L’attuale sistema, che vede regole differenziate per queste due fasi, non appare convincente tenuto conto che la necessaria unitarietà del presupposto di imposta che sussiste tra reddito delle società di persone e reddito di partecipazione dei soci di cui parla la Cassazione nella sentenza n. 14815 del 2008 è un principio di ordine sostanziale che dovrebbe regolare l’intero rapporto tributario in tutte le sue fasi.

14. Le argomentazioni che si ritraggano dal tenore letterale delle disposizioni del D. Lgs. n. 218 del 1997, come visto, non appaiono affatto univoche e, anzi, ben possono essere interpretate in maniera alternativa, senza per questo rinunciare alla specificità dell’istituto dell’accertamento con adesione.

15. Potrebbe utilmente richiamarsi l’art. 4, comma 2, D. Lgs. n. 218 del 1997, che ha un tenore letterale ben più articolato e leggerlo alla luce della sentenza n. 19704 del 2015. Il menzionato art. 4, prima, prevede che l’ufficio competente all’accertamento nei confronti della società trasparente definisca l’accertamento anche nei confronti dei soci con unico atto e nel contraddittorio con loro, senza, però, precisare espressamente che la mancata convocazione di tutti i soggetti (soci e società) costituisca motivo di invalidità dell’adesione raggiunta con uno o più dei soggetti convocati. Lo stesso articolo ammette espressamente che l’accertamento con adesione possa essere concluso anche quando alcuni soggetti (soci o società) non abbiano aderito o quando taluni soggetti, seppure ritualmente convocati, non abbiano poi partecipato al contraddittorio. Lo stesso testo normativo, da ultimo, dispone che l’ufficio proceda all’accertamento sulla base della definizione conclusa con gli altri, fermo restando che in questo caso non si produrrà alcun effetto premiale. In sintesi, questa disciplina «sollecita ed auspica, ma non impone» (Versiglioni, Accordo e disposizione del diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, , p. 297) un atto unitario alla cui formazione debbano intervenire la società e tutti i soci.

16. La Cassazione (Cass., Sez. V, ord. 9 aprile 2021, n. 9392) invoca già il menzionato art. 4 per ritenere che, «in caso di adesione soltanto da parte di alcuni soggetti, gli altri, che non hanno aderito o che non hanno partecipato al contraddittorio, benché ritualmente convocati, ricevono un “atto di accertamento” fondato sull’adesione intervenuta nei confronti dei soggetti aderenti e, dunque, beneficiano della riduzione di imposta concessa agli stessi" (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12137 dell'8/5/2019, in motivazione)».

17. Ciò comporta che, anche se solo “in via di fatto”, piuttosto che “in via di diritto”, l’ordinamento si ponga il problema di garantire che la medesima capacità contributiva riferibile a più soggetti sia accertata nella medesima maniera. Questo coordinamento viene recuperato ex post anziché ex ante. Si ritiene, invece, di poterlo recuperare anche dall’inizio.

18. La normativa vigente in tema di accertamento con adesione, ove applicata all’accertamento dei maggiori redditi dei soci di società di persone, potrebbe, dunque, essere letta in senso alternativo estendendo a questo ambito le ragioni sostanziali che hanno condotto la Cassazione a ritenere necessariamente litisconsortile il processo instaurato da un socio. Se deve prevalere la necessaria unitarietà del presupposto, non si comprende perché tutti i soggetti coinvolti non possano essere messi nella condizione di far prevalere questa unitarietà fin dall’inizio. Se da ciò, a livello processuale, discende che tutti i soggetti, a pena di nullità del processo, devono essere chiamati a parteciparvi, allo stesso modo, a livello procedimentale, essi potrebbero essere chiamati a partecipare al procedimento di accertamento con adesione. Si dovrebbe, dunque, arricchire la già esistente norma che dispone un onere di convocazione di tutte parti con una norma che commina la nullità del procedimento (o un suo riavvio) in caso di mancata ottemperanza a tale onere.

19. Ciò non sarebbe contrario con il riconoscimento della possibilità, che si dovrebbe mantenere ferma, di definizioni diversificate tra soci e società così da non innovare sul punto il sistema vigente. Varrebbe quanto già previsto dal D.Lgs. n. 218 del 1997, che, come detto, già consente che i soci (o i coobbligati) non firmino l’adesione della società o degli altri soci (o degli altri coobbligati). Si aggiungerebbe solo un obbligo di loro convocazione. Questi, una volta convocati e informati dell’avvio di una procedura di accertamento con adesione, vi potrebbero partecipare per poi:

  • rinunciare in qualunque momento in modo espresso;
  • non prestare adesione alla soluzione raggiunta;
  • aderire congiuntamente.

Ne deriverebbe allora che, volendo garantire che tale procedimento di adesione sia il più coordinato possibile per tutti i soggetti coinvolti, non potrebbero non coordinarsi i termini della procedura di adesione e del successivo contenzioso. L’apertura della procedura non potrebbe non assicurare a tutti i soggetti coinvolti la medesima finestra di novanta giorni perché tale procedura si svolga (addirittura si potrebbe discutere se questo termine decorra dall’istanza del primo contribuente o dal momento in cui l’Amministrazione invita l’ultimo soggetto a partecipare).

L’armonizzazione dei tempi della procedura sarebbe la naturale e inevitabile conseguenza pratica della scelta di procedere ad una gestione unitaria dell’adesione.

20. Il riconoscimento di questa forma di “litisconsorzio procedimentale” avrebbe l’effetto di condizionare solo le modalità di avvio della procedura, non l’esito della stessa: soci e società dovrebbero avviare l’adesione “insieme”, ferma restando la possibilità, anzi il diritto, di concluderla “separatamente”, così come ora avviene.

21. Non osta a questa conclusione quella giurisprudenza (v. Cass., Sez. V, sent. 22 settembre 2020, n. 19774; Cass., Sez. VI-5, ord. 8 luglio 2020, n. 14227) per cui non sussiste più un litisconsorzio necessario con i soci in relazione ai giudizi da essi instaurati avverso gli atti di accertamento loro notificati, se assenti o non aderenti al procedimento amministrativo iniziato e definito dalla società di persone. Per la Cassazione, l’esigenza di unitarietà dell’accertamento viene, infatti, meno con l’intervenuta definizione da parte della società in sede amministrativa che sì costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche, ma non esclude che ciascun socio possa far valere solo ragioni di impugnazioni specifiche e di esclusivo carattere personale. La Corte di legittimità perviene a tale conclusione sulla base del presupposto che «con la definizione dell'accertamento per adesione, quindi, sorgono due vincoli: uno interno per il fisco, in base ai principi di razionalità e non contraddizione, per cui l'amministrazione non può chiedere ai soci somme diverse da quelle concordate con la società di persone; l'altro esterno per il giudice, in base alle regole di consequenzialità logica, sicché l'adesione intervenuta con la società di persone ha sì una efficacia ultra-soggettiva, ma con il capovolgimento della logica del litisconsorzio necessario, in quanto il contraddittorio preventivo si è svolto o si sarebbe potuto svolgere in precedenza anche con i soci illimitatamente responsabili» (Cass., Sez. V, sent. 8 maggio 2019, n. 12137). Questa giurisprudenza appare anzi alquanto rilevante: essa conferma l’impostazione per cui, in nome dei «principi di razionalità e non contraddizione», quanto aderito da taluni diviene il punto di partenza anche per altri, ma conferma altresì che, affinché tale effetto si realizzi, occorre che «il contraddittorio preventivo si [sia] svolto o si sarebbe potuto svolgere in precedenza anche con i soci illimitatamente responsabili». Questa sentenza sembrerebbe fondarsi sul principio che l’esclusione di un “litisconsorzio processuale” pare possibile solo qualora si sia assicurato un “litisconsorzio procedimentale”, inteso quale occasione per il socio di presentare le sue osservazioni all’accertamento mosso nei confronti della società trasparente. Questa sentenza, dunque, conferma sia la necessità di assicurare anche un litisconsorzio procedimentale, sia l’esigenza che esso si svolga nella maniera più coordinata possibile.

22. Non si può neppure obiettare che, così facendo, l’istanza di taluni dei soggetti coinvolti pregiudicherebbe quelli che non la volevano presentare adducendo il fatto che verrebbe differito il loro accesso alla giustizia tributaria. Questo problema non si ritiene rilevante in quanto, comunque, a costoro sarebbe data la possibilità di rinunciare alla procedura, sicché essi potrebbero far terminare questo differimento. In ogni caso, il prolungamento dei tempi di accesso alla tutela giurisdizionale sarebbe alquanto limitato nel tempo.

In generale, si ricorda come la questione della legittimità di normative che fanno precedere alla fase giurisdizionale un previo esame in sede amministrativa è questione non nuova per la materia tributaria che è stata più volte affrontata dalla Corte costituzionale (Corte Cost., sent. 11 dicembre 1989, n. 530; Corte Cost., sent. 18 gennaio 1991, n. 15; Corte Cost., sent. 23 novembre 1993, n. 406, con nota di C. GLENDI, Azione giudiziaria non più condizionata al ricorso amministrativo, in GT – Riv. Giur. Trib., 1994, pag. 112; Corte Cost., sent. 27 luglio 1994, n. 360, con nota di C. GLENDI, Anche per l’imposta sugli spettacoli non è più condizionato l’accesso all’A.G.O., in GT – Riv. Giur. Trib., 1994, pag. 1163); Corte Cost., sent. 24 febbraio 1995, n. 56, con nota di C. GLENDI, La barriera del ricorso amministrativo cade anche per le concessioni governative, in GT – Riv. Giur. Trib., 1995, pag. 421; Corte Cost., sent. 4 luglio 1996, n. 233 (con nota di C. GLENDI, L’azione giudiziaria per le tasse automobilistiche non è più condizionata a rimedi amministrativi, in GT – Riv. Giur. Trib., 1996, pag. 816; Cost Cost., sent. 13 luglio 2000, n. 276. Cfr. F. GALLO, Quale modello processuale per il giudizio tributario, in Rass. Trib., 2011, pag. 11) chiarendo che l’art. 24, primo comma, Cost. “non impone una correlazione assoluta tra il sorgere del diritto e la sua azionabilità”. Dalla giurisprudenza della Consulta si ritrae il principio generale per cui è legittimo differire l’esercizio dell’azione giudiziaria, purché ciò sia dettato da esigenze di ordine generale e da superiori finalità di giustizia, fermo, comunque, l’obbligo del legislatore di contenere l’onere di questa scelta nella misura meno gravosa possibile (Corte Cost., sent. 26 luglio 1979, n. 93; Corte Cost., sent. 18 gennaio 1991, n. 15). Per la Consulta, va, infatti, dichiarata l’illegittimità costituzionale di tutte le forme di giurisdizione condizionata “quando esse comportino una compressione penetrante del diritto di azione, ostacolandone o rendendone difficoltoso l’esercizio, in particolare comminando la sanzione della decadenza [ovverosia quando comporta] la definitiva perdita del diritto”. Non sussiste però questa preoccupazione nel caso in esame.

23. Non si rinvengono ostacoli all’implementazione delle regole qui proposte neppure dal tenore letterale dell’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 218 del 1997, che accorda ai contribuenti il termine di novanta giorni per procedere all’adesione. Il problema nasce dal fatto che si tratta di un termine ambiguo di cui non è chiara la natura amministrativa o processuale. Quand’anche se ne volesse sottolineare la natura amministrativa (e, dunque, non analizzarla nell’ottica processualcivilistica), si dovrebbe ugualmente ricordare che l’art. 7, d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha previsto, al comma 18, che “i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell'attività giurisdizionale” valida per i termini processuali. Anche se si volesse ritenere, dunque, che la norma in questione regoli la sola fase amministrativa, le sue ricadute processuali sarebbero innegabili e, in nome di un’interpretazione costituzionalmente orientata, si dovrebbe sostenere che essa vada uniformemente applicata a tutti i soggetti coinvolti. Se l’obiettivo perseguito è, in ossequio al principio di capacità contributiva, la definizione unitaria del reddito delle società di persone, si dovrebbero pacificamente estendere alla fase amministrativa tutte quelle medesime ragioni che nella fase processuale giustificano, anzi impongono, il ricorso al modello litisconsortile. Applicare un simile modello comporta il far procedere di pari passo tutte le parti coinvolte.

24. In conclusione, il sistema potrebbe ricostruirsi nel senso che l’accertamento del reddito degli enti trasparenti dovrebbe prevedere uno svolgimento litisconsortile tanto nella fase procedimentale ove si faccia ricorso alla procedura di accertamento con adesione, quanto in quella processuale. Quest’obbligo sussisterebbe fino a che non intervenga da parte di tutti o di taluno, la definizione del reddito societario. Da quel momento tale necessità di trattazione litisconsortile non sussisterebbe più come già previsto dalla giurisprudenza della Cassazione.

25. Se così fosse, la questione dell’estensione dei termini diverrebbe risolvibile in modo diametralmente opposto rispetto a quanto sostenuto dalla Cassazione nell’ordinanza in esame: l’estensione degli effetti della sospensione a tutte le parti coinvolte non sarebbe altro che una conseguenza necessaria al fine di garantire che in ogni sede sia assicurata la possibilità di quantificare nello stesso modo il reddito delle società di persone imputato per trasparenza ai soci.