Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

29/05/2022 - Accesso presso i tenutari della contabilità. Si applicano le garanzie dello statuto in quanto sono “mandatari del contribuente”.

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

L’accesso presso i locali del terzo che detiene le scritture contabili dell’attività economica deve essere garantito con l’applicazione del procedimento di difesa preventiva ex art. 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000), in quanto il terzo è un mandatario del contribuente. La pronuncia in esame (Cass., 16 novembre 2021, n. 34586) giunge ad una soluzione condivisibile ed in linea con gli auspici della dottrina attraverso un percorso argomentativo molto dubbio. La presunzione del terzo quale “mandatario del contribuente” assume dei contorni poco chiari che rischiano di pregiudicare i diritti dei contribuenti.

PAROLE CHIAVE: indagini tributarie - accesso presso terzi - garanzie


di Rossella Miceli

1. La sentenza della Corte di Cassazione del 16.11.2021 n. 34586 affronta profili di particolare rilievo inerenti al tema delle garanzie nelle verifiche fiscali.
In particolare, viene trattata una questione di estrema attualità, quella degli accessi presso terzi che detengono a vario titolo le scritture contabili dei contribuenti; tali terzi sono, ormai da tempo, qualificati dalla giurisprudenza di legittimità come mandatari del contribuente.
La Suprema Corte riconosce nella fattispecie in esame l’applicabilità della fase di contraddittorio endoprocedimentale prevista dall’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000).
La pronuncia assume pertanto dei connotati innovativi, introducendo - a nostro avviso - principi giuridici condivisibili. Allo stesso tempo, però, il percorso argomentativo utilizzato solleva alcuni dubbi in merito alla sua coerenza con i valori generali della materia.
In tal senso, partendo da una breve analisi dei fatti controversi, si procederà ad esaminare la soluzione giuridica adottata e le argomentazioni poste a suo fondamento.
2. La questione, oggetto di cognizione, riguarda una verifica fiscale di un’attività economica, nell’ambito della quale si rendeva necessario effettuare le indagini presso una società terza in quanto quest’ultima era incaricata di tenere le scritture contabili della contribuente. I verificatori procedevano ad effettuare l’accesso presso la suddetta società, che in ossequio alla attuale posizione della giurisprudenza veniva effettuato senza specifiche formalità. Nel corso di tale verifica il terzo si rifiutava di esibire le scritture contabili detenute. I verificatori consegnavano a quest’ultimo l’atto finale delle indagini e procedevano all’emissione dell’avviso di accertamento, senza rispettare il procedimento ed il termine stabiliti dall’art. 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 27.7.2000, n. 212) in base al quale “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del già menzionato termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento eccependo la lesione del diritto di difesa e l’assenza di motivazione sulle ragioni di necessità ed urgenza a sostegno della mancata applicazione della suddetta procedura. Le difese del contribuente erano accolte in primo grado e rigettate in secondo grado. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione condivide le ragioni del contribuente esprimendo un principio di diritto secondo il quale il termine dilatorio di sessanta giorni, decorrente tra il rilascio del verbale di chiusura delle operazioni e l’emanazione dell’avviso di accertamento, trova applicazione anche nel caso in cui l’accesso avvenga al di fuori della sede aziendale presso il soggetto detentore delle scritture contabili, il quale configura un mandatario del contribuente investito di un onere di collaborazione con l’Ente verificatore.
3. La pronuncia in esame, come anticipato, si colloca all’interno del tema delle verifiche presso i terzi detentori delle scritture contabili; tema che negli ultimi anni è divenuto centrale nel dibattito giurisprudenziale, qualificando diverse posizioni sul punto. (V. Cass. 15 gennaio 2019, n. 702; Cass. 26 febbraio 2020, n. 5254; Cass. 4.11.2021, n. 31620).
Il caso analizzato verte sulla necessità di applicare a tale fattispecie il procedimento di difesa previsto dall’art. 12, comma 7 dello Statuto che si articola, come prima rilevato, nella consegna del verbale al contribuente e nel necessario decorso (da quest’ultimo momento) di un termine dilatorio di sessanta giorni prima dell’emissione dell’atto di accertamento.
Nell’approdare ad una posizione favorevole, la pronuncia in esame utilizza un percorso comune al suddetto filone giurisprudenziale, basato sull’utilizzo di una presunzione semplice, secondo la quale il terzo detentore delle scritture contabili costituirebbe nell’ambito della verifica un “mandatario del contribuente” tenuto ad un onere di collaborazione con il Fisco. In base a tale ruolo si ritiene di riconoscere a quest’ultimo le medesime garanzie che sono rivolte al contribuente; ne consegue la riferibilità del procedimento di difesa endoprocedimentale.
La sentenza presenta, pertanto, due differenti profili di riflessione: il primo relativo alla necessità di garantire il suddetto procedimento nell’ambito del caso di specie, il secondo inerente alla ragione di tale soluzione ovvero alla circostanza che il terzo sia il mandatario del contribuente.
I due profili sono distinti ed impongono una riflessione autonoma.
4. La disciplina normativa in materia di indagini tributarie riconosce la possibilità di esercitare poteri istruttori verso i terzi che, godendo di particolari rapporti con il contribuente, siano in grado di fornire documenti o dati utili al controllo.
Dall’interpretazione del sistema normativo si distinguono terzi qualificati in ragione di una posizione istituzionale e terzi qualificati in ragione del loro rapporto con i contribuenti sottoposti a verifica (Cfr. VIOTTO, I poteri di indagine dell’Amministrazione finanziaria nel quadro dei diritti inviolabili di libertà sanciti dalla Costituzione, Milano, 2002, p. 201; FRANSONI, Le indagini tributarie, Torino, 2020, p. 75).
Al di là dei casi specifici in cui sono stabilite condizioni legittimanti per rivolgersi ai terzi (quali, ad esempio, nelle indagini finanziarie), si ritiene che nella generalità delle ipotesi la richiesta di informazioni ai terzi medesimi non sia soggetta ad alcun requisito formale.
Nell’ambito di questo tema generale, si è poi definita una questione più specifica: quella dei terzi che detengono scritture contabili dei contribuenti che esercitano attività economiche.
Si tratta di una fattispecie molto ricorrente nella realtà quotidiana ove i rilevanti oneri contabili impongono spesso di servirsi della collaborazione di professionisti esterni (commercialisti, consulenti del lavoro, società di revisione, ragionieri) o anche di soggetti collegati all’attività ma collocati esternamente alla stessa.
Anche in tali casi, in ossequio alla posizione generale prima descritta, l’accesso presso i locali dei terzi e le richieste di esibizione delle scritture contabili dagli stessi detenute costituiscono poteri esercitati con la sola autorizzazione amministrativa che ha legittimato la verifica presso l’attività economica (V. Cass. 26 febbraio 2020 n.; Cass. 15 gennaio 2019, n. 702; Cass. 6 giugno 2018, n. 14707).
5. La questione di fondo è quindi quella di comprendere se la disciplina prevista per le verifiche presso le attività economiche sia la medesima nel caso di indagini che si spostano verso le sedi di terzi detentori di scritture contabili, con particolare riferimento alle prerogative previste dall’art. 12, comma 7, dello Statuto (consegna del verbale al contribuente, decorso del termine dilatorio salvo casi di necessità ed urgenza, obbligo di analizzare memorie difensive ove presentate).
In tal senso, la pronuncia in esame si inserisce nel percorso giurisprudenziale volto a comprendere l’ambito applicativo del suddetto procedimento di difesa che negli anni ha registrato importanti sentenze.
Come noto, la celebre posizione della Suprema Corte - che ha riconosciuto l’applicazione del medesimo procedimento soltanto alle verifiche effettuate in loco presso l’attività economica del contribuente – evidenzia alcune deroghe ed importanti passi in avanti (V. Cass. S.U. 9.12.2015, n. 28823; in ultimo, Cass. 7.12.2021, n. 38949).
In primo luogo, il procedimento in esame deve essere riconosciuto in tutti i casi in cui l’indagine verta su tributi armonizzati a prescindere dai poteri utilizzati (V. Cass. S.U. 9.12.2015, n. 28823).
In seconda battuta, se ne è ammessa l’applicazione anche nei casi di accessi brevi (V. Cass. 25.5.2021, n. 14315; Cass. 21.11.2018, n. 30026; Cass. 17.1.2017, n. 1007) o di accertamenti misti (Cass. 30.6.2021, n. 18413) cioè basati sia su verifiche in loco, sia su indagini svolte in ufficio.
Si è così delineato un quadro per il quale, ai fini dell’applicazione della procedura, appare necessaria la realizzazione di un atto di accesso e la redazione di un verbale (V. Cass. 2.12.2021, n. 38045; Cass. 25.5.2021, 14315; Cass. 23.1.2020, n. 1497).
In tale percorso interpretativo deve essere accolto con entusiasmo qualsiasi passo in avanti della Corte di Cassazione.
È nota, infatti, l’importanza di una fase di difesa endoprocedimentale nell’ambito delle indagini tributarie e la circostanza che nel nostro sistema non sia previsto un principio generale in tal senso, nonostante quest’ultimo definisca una delle prerogative necessarie del nucleo dei valori del giusto procedimento (V. VIOTTO, I poteri di indagine dell’Amministrazione finanziaria nel quadro dei diritti inviolabili di libertà sanciti dalla Costituzione, cit., p. 201; MARCHESELLI, Il giusto procedimento tributario. Principi e discipline, Padova, 2012, passim; VANZ, I poteri conoscitivi e di controllo dell’amministrazione finanziaria, Padova, 2012, p. 66; TUNDO, Procedimento tributario e difesa del contribuente, Padova, 2013, passim; MICELI, Il contraddittorio precontenzioso nelle indagini tributarie: un principio generale senza disciplina di attuazione, in Riv. dir. trib., 2016, p. 345; BORGIA, Dalla fondazione costituzionale del giusto procedimento al contraddittorio preventivo generalizzato nel diritto tributario, in Dir. e prat. trib., 3/2021, p. 1065).
Nell’iter giuridico volto a questa affermazione, la pronuncia in esame è assolutamente condivisibile e registra un passaggio importante in senso garantista nella disciplina delle indagini tributarie.
6. Al di là del valore generale della pronuncia, anche da un punto di vista interpretativo, si ritiene che la posizione della Corte di Cassazione possa essere coerente con il dato normativo.
Esiste una stretta affinità tra le verifiche in loco e le medesime verifiche che effettuano accessi presso i terzi.
Si ritiene, infatti, che analoghi siano il soggetto passivo dell’imposta (il titolare dell’attività), il contesto della verifica (un’attività economica) ed il materiale oggetto di analisi (essenzialmente le scritture contabili). Le differenze si definiscono soltanto su un piano prettamente operativo ove si realizza un ampliamento dei locali oggetto del potere di accesso.
In tal senso, l’accesso presso il terzo costituisce spesso una costola della verifica presso l’attività economica del contribuente; ne consegue come tale attività non perda la sua identità (di verifica in loco presso l’attività economica) a causa della circostanza che una parte (più o meno ampia) sia svolta presso un terzo.
Si consideri, peraltro, che nel caso in esame, trattandosi di una verifica in tema di IVA, la medesima soluzione sarebbe stata raggiunta anche rilevando che l’oggetto dell’attività di indagine è costituito da un tributo armonizzato.
Appare pertanto condivisibile ed in linea con le evoluzioni dei tempi, che le garanzie contenute nell’art. 12, comma 7, siano state riconosciute alle verifiche tributarie che svolgono una parte dell’istruttoria presso terzi detentori delle scritture contabili.
Una diversa interpretazione sarebbe, infatti, apparsa ingiustificata, discriminando le verifiche che si svolgono interamente presso il contribuente rispetto a quelle che realizzano una parte di istruttoria presso terzi. In altre parole, le modalità organizzative dell’attività economica, con riferimento alla conservazione di documenti e/o contabilità, avrebbero determinato una differente disciplina giuridica sul piano delle garanzie di difesa.

7. Il secondo profilo rileva un elemento estremamente critico. Come anticipato, si evidenzia la circostanza che il procedimento di difesa debba essere riconosciuto in quanto il terzo costituisce un mandatario del contribuente.
Tale presunzione è da tempo utilizzata dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento ai terzi che detengono scritture contabili, facendo discendere dalla stessa una serie di conseguenze giuridiche (V., per questo indirizzo interpretativo, Cass. 15 gennaio 2019, n. 702; Cass. 26 febbraio 2020, n. 5254, Cass. 4.11.2021, n. 31620).
Si ritiene che la presunzione in esame possa avere dei profili di sostenibilità e di ragionevolezza, a condizione che si rispettino determinati confini.
8. Come noto, il mandato (a norma dell’art. 1703 c.c.) costituisce il contratto con il quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un’altra (mandante). In tale assetto il mandatario è tenuto alla realizzazione degli atti per i quali il mandante ha conferito il mandato e di tutti quelli che sono necessari per il suo compimento (Cfr. artt. 1708 c.c. e ss. V. LUCCHINI GUASTALLA, Mandato (dir. civ.), in Treccani, Enc. Del Diritto Online, 2013, passim; CARNEVALI, Mandato, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1990, passim).
Il contratto in esame non necessita di alcuna forma specifica; come tale la sua esistenza può essere presunta in tutti i casi in cui tra due soggetti si definiscono obblighi giuridici relativi al compimento di determinati atti.
Nell’assetto prima descritto, appare plausibile individuare l’esistenza di un mandato tra il contribuente (mandante) ed un terzo depositario delle scritture contabili (mandatario), con riferimento ai compiti relativi alla tenuta e/o conservazione delle scritture contabili o di documenti.
In altre parole, aver affidato le scritture contabili ad un terzo definisce un mandato (di fatto) in base al quale la contabilità o i documenti devono essere correttamente redatti, tenuti e conservati, realizzando tutti gli atti necessari a tali scopi.
La presunzione in esame può essere plausibile soltanto entro questi confini e con alcune precisazioni.
Come noto, il mandato può essere conferito con o senza poteri di rappresentanza; in assenza di alcuna formalizzazione specifica siamo senza dubbio nell’area del mandato senza rappresentanza. Il terzo, quindi, non può rappresentare il contribuente in nessuna delle funzioni a quest’ultimo riconosciute.
Si tratta di un passaggio molto importante in quanto la qualifica di mandatario del contribuente non riconduce quest’ultimo in alcun modo nella posizione giuridica del contribuente, data la totale estraneità del terzo stesso alla realizzazione del presupposto di imposta (Cfr. SALVINI, Procedimento amministrativo (dir. trib,), in Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, vol. 5, p. 18).
9. Ne consegue come il terzo possa essere un mandatario del contribuente esclusivamente in relazione ai compiti di tenuta e/o conservazione delle scritture contabili ed agli ulteriori adempimenti connessi.
In tal senso, si comprende la titolarità degli oneri di collaborazione in sede di indagini fiscali in relazione ai documenti detenuti. Le scritture contabili sono funzionali anche alla determinazione delle imposte, conseguentemente il dovere di corretta tenuta ai fini fiscali e l’obbligo di collaborazione nell’ipotesi di verifica costituiscono adempimenti necessari che rientrano nel mandato. In questa direzione milita anche la disciplina normativa che sancisce precisi obblighi, sulla base della disciplina normativa prevista dagli art. 52, commi 1, 5 e 10 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Tali disposizioni stabiliscono che nell’ipotesi in cui il contribuente dichiari che le scritture contabili (in tutto o in parte) si trovano presso un terzo soggetto, il rifiuto di esibizione dei documenti ovvero la dichiarazione di non possederli da parte del terzo determina la conseguenza che i medesimi non possano essere presi in considerazione successivamente a favore del contribuente. In tale contesto la mancata esibizione della documentazione produce gli stessi effetti che si sarebbero verificati se il medesimo atto fosse stato compiuto dal contribuente ovvero una preclusione all’utilizzo successivo in sede procedimentale o processuale della medesima documentazione.
10. Differentemente, il terzo non può essere un mandatario del contribuente in relazione a tutti gli atti che costituiscono prerogative difensive, in quanto non ha poteri in tal senso e (per di più) ricopre una posizione di totale estraneità alla realizzazione del presupposto impositivo.
In altre parole, il terzo può collaborare con l’Amministrazione finanziaria, ma non può subentrare nella posizione del contribuente nell’esercizio dei diritti di difesa.
In merito a questo assunto la pronuncia in esame desta preoccupazione, in quanto riferisce al terzo il procedimento di difesa ex art. 12, comma 7, dello Statuto al pari dei doveri di collaborazione. Tale posizione si affianca a quella di una recente sentenza della Corte di Cassazione nella quale si è ammesso - sulla base della medesima presunzione - la legittimazione del terzo ad effettuare il contraddittorio con i verificatori (V. Cass. 4.11.2021, n. 31620).
È noto, infatti, come gli obblighi di collaborazione abbiano una natura logica e giuridica differente rispetto alle prerogative difensive, risultando espressione di valori ben differenti; i primi costituiscono una derivazione dei principi di economicità e buon andamento dell’attività amministrativa; i secondi qualificano diritti primari della persona connessi a fondamentali principi costituzionali (V. SALVINI, La partecipazione del privato all’accertamento, Padova, 1990, passim; ID., La “nuova” partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo Statuto del contribuente ed oltre), in Riv. dir. trib., 2000, p. 16; ID., La cooperazione del contribuente e il contraddittorio nell’accertamento, in Corr. trib., 44/2009, p. 3570; VIOTTO, I poteri di indagine dell’Amministrazione finanziaria nel quadro dei diritti inviolabili di libertà sanciti dalla Costituzione, cit., p. 22; MICELI, L’attività istruttoria tributaria, in Diritto Tributario, a cura di A. Fantozzi, Milano, 2012, p. 615; BORGIA, La lotta per il diritto al contraddittorio in materia tributaria: una via interpretativa per giungere al riconoscimento del principio del giusto procedimento, in Dir. e prat. trib., 3/2020, p. 845).
Ne deriva la necessità di tenere distinte le due aree a salvaguardia della coerenza e legittimità del sistema.
11. Luci e ombre caratterizzano la pronuncia in esame, in merito alla quale solo le successive posizioni della Suprema Corte potranno chiarirne le reali implicazioni.
Le luci si riconoscono in relazione alla riferibilità delle garanzie ex art. 12, comma 7, alle verifiche che comportano un accesso presso il detentore delle scritture contabili.
Il riconoscimento della suddetta garanzia alla fattispecie in esame costituisce un passo importante nel cammino in senso garantistico del nostro procedimento tributario, del tutto coerente sia con il dato normativo, sia con i valori generali del sistema.
Secondo tale prospettiva la sentenza in commento avvicina maggiormente l’istruttoria ai principi del giusto procedimento e riduce il disallineamento della disciplina nazionale rispetto ai valori riconosciuti a livello europeo ed internazionale (V. RAGUCCI, Il contraddittorio come principio generale del diritto comunitario, in Rass. trib., 2009, p. 569; A. MARCHESELLI, Il diritto al contraddittorio nel procedimento amministrativo tributario è diritto fondamentale del diritto comunitario in Giur. trib., 2009, p. 241; MULEO, L’applicazione dell’art. 6 Cedu anche all’istruttoria tributaria a seguito della sentenza 21 febbraio 2008 della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Ravon e altri c. Francia e le ricadute sullo schema processuale vigente, in Riv. dir. trib., 2008, IV, p. 182).
Le ombre sono, invece, rinvenute nella motivazione del suddetto passaggio, ove si lascia intendere che debba essere il terzo - quale mandatario del contribuente - a dover prendere parte alla fase di contraddittorio procedimentale.
Una conclusione del genere è inaccettabile e rischia di generare importanti carenze di garanzia in capo ai contribuenti.
Al terzo possono essere riconosciuti oneri di collaborazione nel corso della verifica, ma giammai possono essere riferite discipline espressive di garanzie del contribuente.
E’ corretto, pertanto, riferire il procedimento in oggetto a quante più fattispecie possibili, ma tale percorso non deve avvenire ledendo le posizioni che il contribuente ha guadagnato in anni di cammino giuridico in senso garantista.