Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

09/03/2022 - La donazione di azienda a societa’ commerciale, tra neutralita’ fiscale e sopravvenienze attive

argomento: IRES - Giurisprudenza

Con l’ordinanza n. 33789 del 12 novembre 2021, la Corte di Cassazione ha affermato che il trasferimento a titolo gratuito di un ramo d’azienda da una persona fisica a una società commerciale non costituisce un’operazione neutrale, ma genera una sopravvenienza attiva ai sensi dell’articolo 88, comma 3 del Tuir. Nel caso di specie, è irrilevante che la figlia del cedente sia anche socia della s.r.l. beneficiaria, dal momento che la disciplina fiscale sul passaggio generazionale riguarda solo il trasferimento ad una persona fisica.

PAROLE CHIAVE: trasferimento di azienda - neutralità - sopravvenienza attiva


di Antonio Marinello

  1. Con l’ordinanza n. 33789 del 12 novembre 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata sugli effetti fiscali, ai fini dell’imposizione diretta, della donazione di azienda da parte di un imprenditore individuale in favore di una società commerciale partecipata da uno dei figli.

Più precisamente, nella ricostruzione dei fatti di causa emerge che il trasferimento del compendio aziendale era stato effettuato a titolo gratuito da un imprenditore individuale ad una società a responsabilità limitata, di cui era socia, per una quota del 50%, la figlia del donante.

L’Agenzia delle Entrate aveva quindi contestato alla società che quanto ricevuto per donazione doveva essere ripreso a tassazione come sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88, co. 3, del TUIR, accertando a suo carico un maggior reddito imponibile per il periodo di imposta di riferimento.

Per contro, la difesa del contribuente eccepiva che l’operazione andava ricondotta nell’ambito di applicazione dell’art. 58, co. 1, del TUIR – secondo cui la cessione di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenza ai fini delle imposte sui redditi – e che, sotto altro profilo, l’operazione poteva comunque essere equiparata ad una trasformazione, ai sensi dell’art. 170 TUIR.

La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, mentre il giudice di seconde cure accoglieva le istanze del contribuente.

In particolare, secondo la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, sebbene la donazione fosse avvenuta da una persona fisica ad una società commerciale, l’operazione poteva essere inquadrata sul piano sostanziale come un vero e proprio passaggio generazionale di azienda da padre a figlia, in quanto tale meritevole del trattamento fiscale preferenziale disposto dall’art. 58 del TUIR. A corredo della propria ricostruzione, il giudice di appello affermava altresì che tale ultima disposizione dovrebbe prevalere, quale norma speciale, sulla norma generale prevista in materia di atti di liberalità dall’art. 88 del TUIR.

La controversia è infine approdata in Cassazione e, all’esito del giudizio la Suprema Corte ha deciso, in sintesi, che: a) “la disciplina agevolativa del comma 1 dell’art. 58 riguarda solo la donazione di azienda da imprenditore individuale a persona fisica”, in quanto destinata ad attuare il cd. passaggio generazionale; b) “a diversa conclusione deve pervenirsi quando il donatario sia un imprenditore o una società commerciale, considerato che, in base alle regole del reddito di impresa, le liberalità ricevute nell’esercizio di impresa costituiscono sopravvenienze attive ex art. 88, comma 3 del TUIR”; in tale ultimo caso, pertanto, “la donazione di azienda o di beni aziendali in favore di ente commerciale determina l’emersione della plusvalenza in capo al donante, ai sensi dell’art. 58, comma 3, del TUIR, mentre per il donatario genera una sopravvenienza attiva”.

 

  1. In ordine alla fattispecie qui rappresentata, i principi di diritto enunciati dai giudici di legittimità inducono a svolgere qualche considerazione di carattere sistematico. L’attenzione, in particolare, deve essere rivolta a due correlati profili: da un lato, al regime di neutralità fiscale previsto per il soggetto che effettua il trasferimento a titolo gratuito, dall’altro alle conseguenze impositive che si determinano in capo al beneficiario.

Muovendo dal primo aspetto, il tema è stato a lungo oggetto di un acceso dibattito dottrinale. In specie, quanto alla successione mortis causa, la dottrina maggioritaria riteneva che le eventuali plusvalenze dovessero essere considerate comunque irrilevanti ai fini reddituali, stante il carattere non volontario del trasferimento, mentre nel caso della donazione si registrava una significativa difformità di vedute.

Secondo una prima ipotesi ricostruttiva, la donazione d’azienda era da ricondurre alla fattispecie della destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, risultando così suscettibile di determinare una plusvalenza tassabile in capo al donante (MICCINESI, Le plusvalenze d’impresa, Milano, 1993, 177 ss.); a ciò si opponeva una diversa opzione teorica, stando alla quale, anche in assenza di un esplicito riconoscimento normativo, il trasferimento andava considerato neutrale in forza del principio della continuità dei valori fiscali (STEVANATO, La tassazione delle plusvalenze nei trasferimenti d’azienda a titolo gratuito, in Riv. dir. trib., 1992, 466; LUPI, Il passaggio generazionale dell’impresa tra imposte sui redditi e imposte sui trasferimenti gratuiti, in Rass. trib., 1995, 1759); infine, secondo una prospettazione ulteriore, la liberalità costituiva un evento idoneo a ricondurre il trasferimento d’azienda tra le fattispecie di sopravvenienza attiva, con conseguente imponibilità dell’incremento reddituale in capo al donatario (PORCARO, Le ragioni della sistematica neutralità delle recenti norme sulle ristrutturazioni aziendali: dal trasferimento gratuito, al conferimento, alle fusioni, in Rass. trib., 1997, 1556).

In tempi più recenti, il problema è stato in parte sdrammatizzato in quanto l’attribuzione gratuita dell’azienda da parte di un soggetto imprenditore trova ora una regolamentazione specifica nel TUIR, laddove l’art. 58 dispone al primo comma che il trasferimento effettuato per causa di morte o per atto gratuito non comporta la realizzazione di plusvalori imponibili per il precedente titolare. Alla neutralità fiscale del trasferimento non oneroso, inoltre, la medesima disposizione ricollega la continuità dei valori aziendali, prevedendo che l’azienda venga assunta dal beneficiario ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.

Ciò comporta, in sostanza, che il valore fiscalmente riconosciuto in capo all’avente causa è quello che, al momento del trasferimento, l’azienda aveva nella contabilità del donante (per alcuni aspetti specifici collegati alla rilevazione in bilancio dei cespiti ricevuti per atto gratuito, si veda il principio contabile OIC 24, relativo alle immobilizzazioni immateriali, ove si ricorda tra l’altro che in tali casi nessuna valorizzazione nella contabilità del donatario deve essere attribuita all’avviamento e agli altri intangibles dell’azienda, atteso che tali poste possono essere iscritte in bilancio solo quando sono acquisite a titolo oneroso; in argomento cfr. anche REBECCA-ZANETTI, Donazione di azienda: neutralità fiscale. Problematiche in capo al donatario, in Il fisco, 2002, 7001 ss.; RAPONI-TASSANI, Soluzioni fiscali per la circolazione gratuita dell’azienda, in AA. VV., Problematiche giuridiche e fiscali in tema di trasferimento di azienda, Milano, 2010, 71 ss.; LEO, Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Milano, 2020, 1152).

In una prospettiva evolutiva, la previsione generalizzata della neutralità per il passaggio non oneroso dell’azienda costituisce l’ultima tappa di un percorso che ha interessato il sistema dell’imposizione sui redditi a partire dalla legge 23/12/1996, n. 662. In un primo momento, il previgente art 54, co. 4, TUIR aveva infatti previsto la neutralità del trasferimento di azienda per “atto gratuito ai familiari e per causa di morte”, lasciando implicitamente attratte all’area della tassazione le plusvalenze derivanti da trasferimenti gratuiti di azienda ai non familiari (STEVANATO, Il nuovo regime fiscale dei trasferimenti d’azienda a titolo gratuito, in Riv. dir. trib., 1997, 370). Successivamente, l’art. 16, co. 2, l. 18/10/2001, n. 383, aveva confermato la non realizzazione delle plusvalenze e la continuità dei valori fiscali in caso di trasferimento dell’azienda a titolo gratuito, ma solo in caso di “prosecuzione dell’attività da parte del beneficiario”. Infine, il d.lgs. n. 344/2003 ha riformulato la disposizione del TUIR che, nella versione attualmente in vigore, corrisponde all’art. 58, co. 1, estendendo il regime di neutralità e di continuità dei valori fiscali ad ogni trasferimento per atto gratuito e mortis causa dell’azienda, indipendentemente da vincoli di parentela tra il soggetto disponente ed il beneficiario ed a prescindere da ogni verifica in merito alla continuazione dell’attività da parte di quest’ultimo soggetto (TASSANI, Donazione di azienda da parte di imprenditore individuale in società partecipata dai figli, Studio n. 79-2006/T, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2006, 1541 ss.; Ris. Agenzia delle Entrate del 23 novembre 2007, n. 341/E).

Come si nota, inoltre, l’articolo non menziona più in modo espresso il legame familiare tra disponente e beneficiario e, in relazione a quest’ultimo, non sembra riferirsi in modo esclusivo a persone fisiche.

Un riferimento alla famiglia affiora unicamente per regolamentare l’ipotesi specifica in cui, alla morte dell’imprenditore individuale, la società già esistente tra gli eredi venga sciolta e in sede di assegnazione l’azienda resti ad uno solo degli eredi: qualora ciò accada trascorsi 5 anni dallo scioglimento, non vi sarà tassazione delle plusvalenze se l’erede assegnatario, nelle vesti di imprenditore individuale, conservi gli stessi valori fiscali che l’azienda aveva in capo alla società (FICARI, La fiscalità della trasmissione familiare della ricchezza e dei patti di famiglia, in Riv. trim. dir. trib., 2021, 305).

Ora, è evidente che in pratica il regime appena descritto troverà frequentemente applicazione nelle disposizioni tra imprenditore e discendenti, o comunque nell’ambito dei rapporti familiari. Non si possono tuttavia sottacere né il dato testuale della disposizione, né il percorso evolutivo che ha condotto all’attuale formulazione. Tanto che, secondo la dottrina e la prassi, la circostanza che il beneficiario sia un ente collettivo non costituisce un ostacolo per il regime di neutralità fiscale, considerata la formulazione vigente della disposizione (TASSANI, op, ult. cit., 1542; ID., Profili fiscali del passaggio generazionale d’impresa, Studio n. 36-2011/T, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2011, 4; Ris. Agenzia delle Entrate, del 18 luglio 2002, n. 237/E).

 

  1. Tutto ciò ricordato, è doveroso rimarcare che il trasferimento gratuito dell’azienda si considera neutrale solo con riferimento al passaggio dal disponente al beneficiario, nel senso che il trasferimento, di per sé, non comporta l’emersione e la tassazione delle plusvalenze latenti in capo al dante causa imprenditore. Mentre in occasione delle successive vicende realizzative, che potranno riguardare l’azienda o i singoli beni aziendali (cessione a titolo oneroso, destinazione a finalità estranee, assegnazione ai soci e, in generale, le ipotesi comprese nell’art. 86, co. 1, TUIR), i beneficiari verranno assoggettati a tassazione anche con riguardo alle plusvalenze maturate in capo al dante causa, giusta la regola della continuità dei valori fiscali.

Per quanto detto, la disposizione di cui all’art. 58, co. 1, TUIR, non comporta una completa irrilevanza tributaria dei plusvalori aziendali, bensì solo un differimento della tassazione, dato che tali plusvalenze latenti saranno considerate al momento della successiva cessione da parte del donatario. Ne consegue che il donatario potrà essere tassato per plusvalori che sono maturati nel periodo di possesso del donante, ciò che in passato aveva portato parte della dottrina anche a dubitare della legittimità costituzionale di consimile soluzione (MICCINESI, Le plusvalenze d’impresa, cit., 181 ss.). Perplessità che, invero appaiono superabili se si considera, da un lato, il rilievo sistematico che principio di neutralità ha assunto quale stimolo fiscale e chiave portante della generalità delle operazioni straordinarie di impresa, dall’altro l’esigenza di evitare possibili salti di imposta.

In questo senso, però, ci si deve anche interrogare sugli effetti che la regola della continuità dei valori fiscali dispiega sul terreno concreto, in funzione della natura giuridica del beneficiario dell’operazione.

La prima situazione da considerare si verifica allorché il donatario non sia un imprenditore (e neppure lo divenga a seguito della donazione di azienda), ma una persona fisica che riceve in donazione l’azienda per poi rivenderla, senza esercitare l’attività di impresa. In questo caso, opportunamente, il legislatore ha provveduto a chiudere il cerchio, prevedendo, all’art. 67, co. 1, lett. h-bis), del TUIR la tassazione, quali redditi diversi, delle plusvalenze realizzate da persone fisiche a seguito della cessione, anche parziale di aziende acquisite ai sensi dell’art. 58.

Un secondo profilo concerne invece più direttamente la fattispecie decisa nel presente giudizio.

Occorre infatti considerare l’ipotesi in cui il donatario sia a sua volta un imprenditore, oppure una società commerciale, con la possibilità che, in base alle regole del reddito di impresa, le liberalità ricevute nell’esercizio dell’impresa costituiscano sopravvenienze attive ex art. 88, co. 3, TUIR.

Parte della dottrina accoglie espressamente questa possibilità, affermando che nel periodo di imposta in cui la donazione è compiuta, l’imprenditore donatario dovrebbe rilevare un maggior reddito di impresa a titolo di sopravvenienza attiva, determinato sulla base del valore normale dell’azienda ricevuta (PURI, Le implicazioni fiscali delle attribuzioni tra familiari, in Patti di famiglia per l’impresa, Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2006, 206; TASSANI, Profili fiscali, cit., 4-5), ma non mancano opinioni si segno contrario. Ad una posizione dubitativa (ZIZZO, Le vicende straordinarie nel reddito di impresa, in FALSITTA, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2013, 616, nt. 9, secondo cui “restano i dubbi sulla imponibilità in capo al successore o donatario a sua volta imprenditore, a titolo di sopravvenienza attiva, del valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda trasferita”), fa riscontro l’opinione secondo cui, nel prevedere in capo al donatario l’automatica assunzione dell’azienda al valore fiscalmente riconosciuto in capo al donante, il legislatore avrebbe implicitamente escluso che tali vicende possano costituire sopravvenienze attive per l’avente causa (BORIA-FRANSONI, Le operazioni straordinarie, in RUSSO, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Milano, 2009, 251).

 

  1. Ebbene, in questo variegato contesto interpretativo, si inserisce ora la pronuncia della Corte di Cassazione, con un tentativo di riduzione ad unità sistematica tanto lodevole sul piano delle intenzioni, quanto non del tutto convincente in alcune delle conclusioni raggiunte.

La Suprema Corte si mostra anzitutto perfettamente consapevole della lacunosità dell’impianto normativo, allorché propone una lettura che sia in grado di armonizzare la neutralità fiscale del trasferimento a titolo gratuito dell’azienda (art. 58, co. 1), con la rilevanza reddituale delle liberalità ricevute nell’esercizio dell’impresa (art. 88, co. 3).

La soluzione prospettata dalla Corte è del seguente tenore.

L’art. 58, co. 1, del TUIR mira a rendere fiscalmente neutrale il passaggio generazionale dell’impresa, e va riferito ai soli trasferimenti di azienda che avvengano in favore di beneficiari persone fisiche non imprenditori.

A diversa conclusione deve invece pervenirsi quando il donatario sia un imprenditore o una società commerciale, considerando che in base alle regole del reddito di impresa le liberalità ricevute nell’esercizio di impresa costituiscono sopravvenienze attive ex art. 88, co. 3. In tali casi, la donazione d’azienda determina altresì l’emersione della plusvalenza in capo al donante, ai sensi dell’art. 58, 3 co., del TUIR.

Questa ricostruzione, a ben vedere, riflette l’esigenza di pervenire ad una soluzione di respiro sistematico e, sotto un diverso profilo, mira in qualche modo a ripartire l’onere impositivo tra i due soggetti interessati dall’operazione, addossando l’onere fiscale sulla plusvalenza al donante, e quello sulla sopravvenienza al donatario imprenditore.

Tuttavia, il percorso che la Corte intraprende per raggiungere tali obiettivi non può ritenersi del tutto soddisfacente.

In rapida sintesi, gli aspetti su cui riflettere mi sembrano i seguenti.

Anzitutto, non si può non considerare che la lettura fornita dalla Corte conduce ad una palese duplicazione di prelievo, sconfessando in un sol colpo l’impostazione tradizionale fondata sulla neutralità dell’operazione e la simmetria fiscale tra cedente e cessionario del cespite. Né può valere, a mitigare questa osservazione, il fatto che per quanto concerne le modalità di tassazione, l’art. 88, terzo comma, lett. b), TUIR, concede al beneficiario imprenditore la possibilità di scegliere se far concorrere la sopravvenienza alla formazione del reddito nell’esercizio in cui è stata conseguita oppure in quote costanti nel medesimo esercizio e nei successivi, fino al quarto.

Il secondo profilo concerne la distinzione tra donatario persona fisica e donatario ente collettivo. Secondo la Cassazione, infatti, il regime di neutralità di cui all’art. 58, co. 1, avrebbe come destinatari esclusivi le persone fisiche (non imprenditori).

Questa delimitazione soggettiva, però, non trova alcun riscontro testuale nell’art. 58, co. 1, del TUIR e sembra, anzi, contraddetta dall’evoluzione normativa che ha caratterizzato la disposizione, dalla quale sono stati via via espunti tutti i riferimenti testuali ai “familiari” ed alle persone fisiche. Ma a ben vedere non è solo questo il punto. Stando a questa ricostruzione, infatti, la ratio di agevolare il passaggio generazionale attraverso il regime di neutralità fiscale verrebbe meno in tutti i casi di trasferimento dell’azienda ad un beneficiario imprenditore individuale: secondo l’interpretazione proposta dal giudice di legittimità, in queste ipotesi il passaggio non sarebbe affatto neutrale ed emergerebbe, anzi, una plusvalenza imponibile in capo al donante, ex art. 58, co. 3.

Un ulteriore elemento di criticità riguarda, poi, proprio quest’ultima disposizione, che la Cassazione ritiene applicabile nel caso di trasferimento di azienda effettuato in favore di beneficiari nell’esercizio di attività di impresa.

In questo modo, però, si profila un paradosso impositivo di assai dubbia coerenza sistematica: la donazione d’azienda verrebbe infatti considerata neutrale in caso di trasferimento a soggetto non imprenditore, mentre sarebbe da ricondurre alla fattispecie della destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa nel caso di destinazione a soggetto imprenditore. Il che appare poco ragionevole, se si muove dall’idea che non può esservi destinazione a finalità estranea se il complesso aziendale, per la sua destinazione unitaria, mantiene comunque la sua relazione funzionale con un programma imprenditoriale.

Nei termini appena ricordati, la decisione qui in commento non è dunque del tutto convincente.

Essa ha il merito, però, di riaccendere un dibattito sul tema delle implicazioni fiscali del cd. passaggio generazionale e, più in generale del trasferimento dell’azienda a titolo gratuito, anche nel settore della fiscalità diretta. L’auspicio è che il legislatore intervenga a breve su questo comparto, non solo per chiarire le interrelazioni tra le poche disposizioni vigenti in materia ma, soprattutto, per raccordarle con le regole dettate nell’ambito del tributo successorio, in specie con l’art. 3, comma 4 ter) del d.lgs. n. 346/1990, in tutti i casi in cui vi sia la prosecuzione dell’impresa cui inerisce l’azienda o il ramo di azienda trasferito.