Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

27/12/2022 - Nessuna automatica reviviscenza per l’atto di contestazione di sanzioni annullato in autotutela

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La legge attribuisce all’Amministrazione finanziaria il potere di provvedere in via di autotutela e con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi (o infondati). Allo stesso tempo, è riconosciuta la possibilità, per l’Agenzia delle Entrate, di annullare, in autotutela cd. sostitutiva, anche un precedente provvedimento di annullamento dell’originario atto impositivo. Tuttavia, in tale situazione non si verifica una automatica reviviscenza di quest’ultimo, ormai definitivamente eliminato dall’ordinamento.

» visualizza: il documento (Corte di Cass., sent. 15 novembre 2021, n. 34264) scarica file

PAROLE CHIAVE: atto di contestazione di sanzioni - deduzioni difensive - autotutela - revoca - atto di irrogazione di sanzioni


di Anna Rita Ciarcia

1.Il caso esaminato dalla sentenza della Corte di Cassazione analizza due potestà attribuite, dal legislatore, all’Amministrazione finanziaria ovvero il potere di sanzionare il contribuente che viola delle disposizioni tributarie ed il potere di annullare, in autotutela, atti ritenuti illegittimi e/o infondati.

Nel caso de quo, al contribuente era stato notificato un atto di contestazione di sanzioni, avverso il quale, il contribuente, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997, aveva presentato deduzioni difensive.

Il provvedimento era stato poi annullato, in autotutela, dall’Agenzia delle Entrate.

L’Ufficio, però, successivamente, decideva di revocare l’annullamento, per viziato da un errore materiale; a seguito di ciò, riteneva “ripristinato” l’originario atto di irrogazioni delle sanzioni.

 

  1. Il D.Lgs. n. 472 del 1997 ha disciplinato il sistema sanzionatorio relativo alle violazioni tributarie non aventi rilevanza penale (L. Del Federico, Prime note sui procedimenti sanzionatori disciplinati dal D.Lgs. del 18 dicembre 1997, n. 472, in Rass. trib., 1999).

L’Ufficio, prima di irrogare una sanzione relativa a violazioni non incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo (infatti, nel caso in esame sono state irrogate sanzioni al contribuente per la mancata emissione di un certo numero di scontrini fiscali), deve notificare al contribuente un atto di contestazione; questo è disciplinato dall’art. 16 del Decreto citato e regola il procedimento ordinario di applicazione delle sanzioni (R. Fanelli - C. Nocera, Atto di contestazione e tutela del contribuente, in Corr. trib., n. 45/1998, 3322).

L’atto deve essere notificato al trasgressore entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione (o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi – art. 20 d.lgs. 472/1997) e deve contenere e indicare a pena di nullità i fatti attribuiti al trasgressore, gli elementi probatori, le norme applicate, i criteri che si ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità, nonché i minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni; inoltre devono essere allegati eventuali atti non conosciuti dal contribuente cui è fatto riferimento o, in alternativa, può esserne riprodotto il contenuto essenziale (art. 16, comma 2) (F. Tundo, Per l’atto di contestazione delle sanzioni non si applica la sospensione dei 60 giorni - Il “prezzo” del contraddittorio nel procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative, in GT – Riv. giur. trib., n. 7/2017, 572).

La competenza risiede in capo allo stesso Ufficio o ente impositore competente all’accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono (Cass., sez. V, ord. dell’11 novembre 2021, n. 33287; secondo la Corte  per l’emanazione dell’atto di contestazione delle sanzioni, sussiste la competenza territoriale dell’ufficio distrettuale ove il contribuente ha il domicilio fiscale; tale domicilio, per i soggetti diversi dalle persone fisiche ed in mancanza di una diversa indicazione, si trova nel comune ove il contribuente ha la sede legale).

Il destinatario dell’atto, a seguito appunto della notifica, ha tre opzioni: la definizione agevolata delle

sanzioni con il pagamento di un terzo della sanzione irrogata (comma 3); impugnare l’atto innanzi alla CTP competente (comma 5); presentare deduzioni difensive (comma 4).

La prima opzione riconosce la possibilità, al contribuente/trasgressore, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

La scelta legislativa di fissare il termine in correlazione con quello per proporre il giudizio risponde all’intento di dare, fino alla scadenza, al contribuente la possibilità di scegliere se pagare o presentare ricorso. In tal senso depone innanzitutto l’espressione utilizzata dal legislatore che non fa più riferimento ad un limite temporale fisso, ma individua un termine elastico che è quello di proposizione del ricorso (Cass., sez. V, ord. del 15 gennaio 2019, n. 745). 

La definizione agevolata, che determina l’estinzione delle obbligazioni a carico del trasgressore e degli eventuali soggetti coobbligati (Cass., sez. V, sent. del 23 settembre 2016, n. 18682, in Dir. e prat. trib., n. 3/2017, 1280, con nota di A. Guidara, Definizione agevolata e sanzioni per omesso versamento dei tributi), consiste in un meccanismo a evidente carattere premiale che ha anche l’effetto di impedire l’irrogazione delle sanzioni accessorie.

Nel caso in cui l’atto di irrogazioni sia stato emanato in maniera autonoma rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le sanzioni si riferiscono, la scelta del trasgressore di addivenire alla definizione agevolata, prevista dal comma terzo della norma, non comporta alcun effetto di acquiescenza o di riconoscimento della fondatezza della pretesa relativa al tributo, la cui possibilità di contestazione resta, quindi, impregiudicata (Cass., sez. VI – 5, ord. del 25 maggio 2015, n. 10778).

La novità del D.Lgs. del 1997 consiste nella facoltà di presentazione di deduzioni difensive finalizzate, in buona sostanza, ad un riesame dell’atto sanzionatorio in contraddittorio con l’amministrazione, con attivazione, quindi, del potere di autotutela da parte dell’Ufficio che ha emanato l’atto.

La presentazione delle deduzioni rende, infatti, improcedibile l’impugnazione immediata (comma 5) e ha l’effetto di instaurare un contraddittorio, finalizzato a consentire una risoluzione della controversia che eviti il ricorso al giudice attraverso l’esame, da parte dell’Amministrazione, delle ragioni addotte dall’incolpato (F. Batistoni Ferrara, Istanza di accertamento con adesione e deduzioni difensive sulle sanzioni, in GT – Riv. giur. trib., n. 12/2007, 1069); il contraddittorio deve essere concluso entro il termine di un anno.

Decorso un anno l’Ufficio può revocare (in maniera totale o parziale) l’atto di contestazione o irrogare le sanzioni; l’atto di irrogazione delle sanzioni deve essere motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni difensive presentate (P. Laroma Jezzi, Si fa presto a dire “diritto al contraddittorio”, in Corr. trib., n. 36/2015, 3760).

L’art. 23, comma 29, del D.L. n. 98/2011, ha esteso la facoltà di definizione in misura ridotta delle sanzioni irrogate, anche al “secondo” atto emesso, ma solo nell’ipotesi in cui l’Ufficio accolga parzialmente le difese prodotte.

Pertanto, a seguito della notifica dell’atto di contestazione e della produzione di deduzioni difensive l’Ufficio può o emettere un atto di irrogazione sanzioni che tenga parzialmente conto delle deduzioni proposte oppure emettere un atto di irrogazione sanzioni che rigetta integralmente le difese del contribuente. Nel primo caso il contribuente potrà definire in misura ridotta le sanzioni irrogate dall’Ufficio, mentre nel secondo potrà definire le sanzioni irrogate solo con il pagamento dell’intero ammontare (L. Ambrosi, L’irrogazione delle sanzioni tributarie, in Il fisco, n. 42/2014, 4145).

Al contribuente che non voglia definire in via breve, né voglia presentare controdeduzioni è consentito, infine, di impugnare direttamente l’atto di contestazione (che in tal caso si considera come un provvedimento di irrogazione) presso i competenti organi della giurisdizione tributaria, nel termine di sessanta giorni dalla notifica.

In particolare, quindi, in mancanza delle deduzioni difensive l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione (comma 4) mediante una sorta di “conversione”.

In breve, qualora non vengano presentate deduzioni difensive, ne deriva una concentrazione nell’atto di contestazione degli effetti del provvedimento sanzionatorio. Per questo, l’atto di contestazione deve contenere ab origine i requisiti di fatto e di diritto idonei a sorreggere il provvedimento di irrogazione e, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto non conosciuto, né ricevuto dal trasgressore, questo deve essere allegato, salvo che non se ne riproduca il contenuto essenziale (previsione introdotta nel testo della disposizione dall’art. 7, comma 1, lett. c), D.L. n. 32/2001).

E’ stata correttamente evidenziata la natura ibrida dell’atto di contestazione delle violazioni che diviene retroattivamente atto di irrogazione se l’autore non definisce la violazione in via breve (infatti l’autore della violazione ha lo stesso termine di sessanta giorni dalla notifica per definire la violazione mediante il pagamento in misura ridotta o per impugnare; se il mancato pagamento avesse l’effetto di “trasformare” ex nunc l’atto di contestazione in atto di irrogazione, il termine di sessanta giorni per l’impugnazione dovrebbe iniziare a decorrere allo scadere del termine di sessanta giorni accordato dalla legge per il pagamento); al contrario dell’atto unico, tuttavia garantisce la formazione del contraddittorio, poiché nel caso di presentazione di deduzioni difensive l’ufficio deve procedere all’emanazione di un diverso atto di irrogazione di sanzioni specificamente motivato se non intende recepire le ragioni dell’autore della violazione (L. Salvini, La “nuova” partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del contribuente ed oltre), in Riv. dir. trib., n. 1/2000, 13).

 

 

3.Come visto in precedenza, laddove il contribuente presenti deduzioni difensive avverso l’atto di contestazione, l’Amministrazione potrà agire in autotutela.

L’autotutela (o ius poenitendi) viene tradizionalmente definita come una manifestazione del potere della Pubblica amministrazione di riesaminare e, se del caso, correggere il proprio operato, al fine di risolvere i conflitti - attuali o anche solo potenziali - che possono insorgere sui propri provvedimenti o sulle proprie pretese (S. Cassese, Trattato di diritto amministrativo, Milano, 2003, 934).

Nell’esercizio dell’annullamento d’ufficio, l’amministrazione sembra farsi ricorrente e poi giudice, perché è come se esercitasse davanti a se stessa l’azione costitutiva di annullamento. Essa, cioè, in quanto dotata in via generale, a differenza dei privati, della capacità di annullare i propri provvedimenti amministrativi senza dover ricorrere al giudice, esercita un potere che è analogo a quello di quest’ultimo (F. Cammeo, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1914, III, 1306; nonché, G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1936, I, 353).

L’istituto dell’autotutela nel diritto tributario, deve ritenersi quale atto avente natura di annullamento ex tunc, che non può che “ripristinare” retroattivamente la stessa situazione giuridica in cui il contribuente si trovava al momento della notifica dell’atto impositivo (D. Stevanato, L’autotutela dell’Amministrazione finanziaria, Padova, 1996, 48).

In ambito tributario, l’autotutela non è finalizzata unicamente a dare piena attuazione al principio di effettività della capacità contributiva, stabilito dall’art. 53 della Costituzione, ma si fonda anche sul principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione, sancito dall’art. 97 della Costituzione. Ogni atto dell’Amministrazione finanziaria, quindi, non deve limitarsi al perseguimento della correttezza formale dello svolgimento dell’azione amministrativa, ma deve essere improntato al rispetto sostanziale del principio di imparzialità nella gestione dei rapporti con i contribuenti (G. Boccalatte, Autotutela parziale in pendenza di giudizio e adesione alla definizione agevolata delle sanzioni, in GT – Riv. giur. trib., n. 9/2008, 802).

L’Agenzia delle Entrate, sulla base del proprio potere di autotutela, come accaduto nel caso in esame, può, tuttavia, annullare un precedente proprio provvedimento con il quale, a sua volta, era stato annullato un atto impositivo (S. Muscarà, Riesame e rinnovazione degli atti nel diritto tributario, Milano, 1992, 195).

Epperò, contrariamente a quanto ritenuto dall’Ufficio, in tal caso l’annullamento non può avere come effetto la reviviscenza dell’atto di contestazione di sanzioni originario, in quanto è sempre necessario che l’Ufficio emani un nuovo ed ulteriore atto, successivo all’annullamento di quello che in precedenza aveva fatto venir meno il provvedimento originario.

Deve infatti ritenersi che al provvedimento di annullamento dell’autotutela non può farsi conseguire l’ulteriore effetto di reviviscenza dell’originario atto impositivo il quale, travolto dal primo provvedimento, è stato definitivamente eliminato dall’ordinamento (Cass., sez. V, sent. del 8 ottobre 2013, n. 22827, in GT – Riv. dir. trib., n. 4/2014, 311, con nota di S. Buttus, Annullato l’atto annullante, rivive l’atto annullato?) avendo l’amministrazione finanziaria in tal caso l’obbligo di un positivo esercizio del suo potere impositivo mediante l’emanazione di un nuovo atto “sostitutivo” del precedente.

Infatti, il potere dell’Amministrazione finanziaria di provvedere in via di autotutela e con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi (o infondati) è espressamente riconosciuto dall’art. 2-quater, comma 1, del d.l. n. 564 del 1994, conv. in l. n. 656 del 1994, in virtù del quale può essere annullato, in autotutela cd. sostitutiva, anche un precedente provvedimento di annullamento dell’originario atto impositivo, senza che ciò comporti, però, l’automatica reviviscenza di quest’ultimo, ormai definitivamente eliminato dall’ordinamento (Cass., sez. V, sent. dell’8 ottobre 2019, n. 25055).

In tale ipotesi, l’Ufficio ha l’obbligo di adottare un nuovo atto “sostitutivo” secondo le forme ed entro il termine di legge previsto per il suo compimento (S. Donatelli, Note in tema di esercizio del potere di autotutela sostitutiva, in GT - Riv. giur. trib., n. 4/2012, 317).

Il Consiglio di Stato, in proposito, ha evidenziato come l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ha effetti ex tunc in caso di illegittimità originaria del provvedimento (Cons. Stato, sez. III, 28 luglio 2017, n. 3780, cfr., tra le altre, Cons. Stato, IV, n. 294/2017; V, n. 4902/2014; VI, n. 4352/2013).

Tuttavia, solo nel caso di annullamento giurisdizionale del provvedimento di autotutela ex artt. 19 e 21 nonies L. n. 241/90, si determina la reviviscenza del titolo originario (Cons. di Stato, sez. III, sent. del 14 gennaio 2013, n. 130), con la conseguente caducazione del presupposto alla base dell’impugnazione (Cons. di Stato, sez. VI, sent. del 20 settembre 2021, n. 6405).

In conclusione, e tornando al caso di specie, la reviviscenza non sarebbe stata comunque possibile, in quanto il contribuente, a seguito della notifica dell’atto di contestazione di sanzioni, aveva presentato deduzioni difensive, che rendeva, in ogni caso, obbligatorio per l’Ufficio l’emanazione successiva di un atto di irrogazione di sanzioni.

 

 

 

  1. A seguito della notifica dell’atto di contestazione di sanzioni, il contribuente può: decidere di pagare in via agevolata e definire la sanzione; impugnare l’atto; presentare deduzioni difensive.

Tale ultima ipotesi consente l’instaurazione di un contraddittorio pre-contenzioso, da parte dell’interessato, nel termine previsto per la proposizione del ricorso.

Dalla presentazione delle relative deduzioni, decorre, per l’ufficio finanziario, il termine di un anno per l’irrogazione delle sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni medesime. Tale sistema è pienamente rispettoso dei principi generali di leale collaborazione tra Amministrazione e contribuente, ai quali si ispira lo Statuto dei diritti del contribuenti.

Se, dopo la presentazioni delle deduzioni da parte del contribuente/trasgressore, l’Agenzia decida, in un primo momento, di annullare, in autotutela, l’atto di contestazione di sanzioni, e, successivamente, di revocare l’autotutela, ciò non implica la reviviscenza dell’originario atto di contestazione di sanzioni.

Come correttamente osservato nella sentenza in commento, l’atto di contestazione perde la propria potenziale valenza di atto sanzionatorio, per due concorrenti ragioni: da un lato, perché ad esso hanno fatto seguito le deduzioni difensive della contribuente; dall’altro, perché l’Amministrazione finanziaria lo aveva annullato (in autotutela) e la successiva revoca dell’autotutela non ha, per così dire, ripristinato gli effetti.

L’Ufficio, quindi, dovrà emanare un nuovo atto di irrogazioni di sanzioni.