Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

22/06/2022 - Gli effetti della sospensione giudiziale dell’avviso di accertamento

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La sentenza affronta il tema della sospensione cautelare di cui all’art. 47 del d. lgs. n. 546 del 1992 ed afferma che il Fisco non può procedere alla formazione del ruolo e all’iscrizione “provvisoria”, una volta ottenuta da parte del contribuente la sospensione giudiziale dell’avviso di accertamento impugnato.

» visualizza: il documento () scarica file

PAROLE CHIAVE: tutela cautelare - periculum in mora - effettività della tutela


di Nicolò Zanotti

 

  1. La sentenza in commento interviene sulla dibattuta questione relativa alla determinazione dell’oggetto della sospensione cautelare, disciplinata dall’art. 47 del d. lgs. n. 546 del 1992; tema che rimane attuale, nonostante la sua portata sia stata notevolmente ridimensionata dalla concentrazione della riscossione nell’accertamento a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 78 del 2010.

La Cassazione, nel caso di specie, dopo aver delineato gli elementi essenziali della disciplina, ha ritenuto che il Fisco, una volta ottenuta da parte del contribuente la sospensione giudiziale dell’avviso di accertamento, non possa procedere alla formazione del ruolo e all’iscrizione “provvisoria”, ai sensi degli artt. 12 e 15 del d.p.r. 602 del 1973, con conseguente interesse del privato ad impugnare la cartella di pagamento eventualmente emessa in dispregio dell’ordinanza cautelare, in quanto affetta da vizi propri (in questo senso, v. BASILAVECCHIA, La sospensione cautelare dell’accertamento ha effetto sulla validità della successiva cartella, in Corr. trib., 2018, 1231).

Tali conclusioni dipendono da una presa di posizione della Corte, che ha condiviso la tesi secondo cui il potere di sospensiva incide direttamente sugli effetti giuridici dell’atto impugnato e sulla sua efficacia esecutiva, non riguardando soltanto la sua esecutorietà, che invece atterebbe esclusivamente agli atti materiali necessari per la realizzazione degli effetti giuridici del provvedimento (per questa distinzione, v. GLENDI, Procedimenti cautelari (dir. trib.), in Enc. g. Treccani, 2). La Cassazione si discosta così dal precedente orientamento in forza del quale aveva invece affermato che la sospensione, concernendo l’esecuzione, non spiega effetti diretti sulla cartella (cfr. Cass. 29.07.2016, n. 15966 e Cass. 28.09.2020, n. 20361).

  1. La pronuncia ha interessato, quindi, l’interpretazione dell’art. 47 del d. lgs. n. 546 del 1992, che ancor oggi rappresenta il paradigma fondante della tutela cautelare nel processo tributario e che, da un punto di vista terminologico, non ha ripreso l’univocità delle espressioni contenute nella legge delega. La rubrica dell’art. 47 è intitolata, infatti, «sospensione dell’atto impugnato»; il comma 1 riferisce, invece, gli effetti della sospensione all’esecuzione dell’atto; il comma 3, per il «caso di eccezionale urgenza», prevede la provvisoria «sospensione dell’esecuzione»; il comma 6, infine, parla di «sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato». Prescindendo dall’intitolazione della rubrica, stante il suo scarso valore giuridico, l’impiego della dizione «sospensione dell’atto» sembra essere una forma contratta utilizzata per invocare la sospensione dell’esecuzione del provvedimento e, quindi, di tutte le attività poste in essere per darne attuazione (MONTANARI, 47, in Comm. proc. trib. Consolo Glendi, Milano, 2017, 616).

Il quadro normativo incerto ha comunque ingenerato dubbi sul fatto che gli atti sospendibili coincidano o meno con l’elenco di quelli contro i quali è possibile proporre ricorso, ai sensi dell’art. 19, comma 1, del d. lgs. n. 546 del 1992, e parte della dottrina (GLENDI, La tutela cautelare del contribuente nel processo tributario riformato, in Dir. prat. trib., 1999, I, 52 ss.) ha ritenuto che l’istanza di sospensione sia proponibile solo per quei provvedimenti suscettibili di far luogo a riscossione, dovendosi invece ritenere esclusa nel caso in cui il procedimento esattivo non sia ancora iniziato. Altri autori, più drasticamente, hanno affermato che la sospensione può riguardare solo i giudizi di impugnazione di atti c.d. esattivi (BAFILE, Il nuovo processo tributario, Cedam, 1994, 186); altri ancora, all’opposto, in presenza dei presupposti di legge, hanno ammesso la tutala cautelare per tutti gli atti (TESAURO, Processo tributario, Dig., Agg., 00, 585 ss.).

Tali diverse interpretazioni sono spesso state influenzate dall’opinione in merito a quale sia l’oggetto della sospensiva dell’atto; coloro che ritengono che la tutela cautelare riguardi esclusivamente l’esecutorietà del provvedimento contestato, hanno infatti concluso nel senso che non sia possibile prescindere dall’iscrizione a ruolo per avanzare l’istanza, poiché solo a seguito dell’avvio della procedura esecutiva di riscossione il periculum potrebbe considerarsi divenuto davvero attuale (MENCHINI, Art. 47, in Comm. trib. Baglione Menchini Miccinesi, II ed., Milano, 2004, 479).

Queste considerazioni si sono spinte fino al punto che alcuni autori hanno affermato che sussisterebbe la necessità di proporre un’autonoma impugnazione del provvedimento della riscossione, al solo fine di ottenerne la sospensione. Tale orientamento sembra però confliggere con l’art. 19, comma 3, del d. lgs. n. 546 del 1992; difatti, l’impugnazione dell’iscrizione a ruolo in mancanza di un autonomo interesse appare inammissibile per mancanza di vizi propri (MULEO, La tutela cautelare, in G.S.D.T. Il processo tributario, diretta da Tesauro, Torino, 1998, 841). La possibilità di ottenere la tutela cautelare andrebbe a dipendere, quindi, dalla accidentale presenza di altri vizi dell’atto. Inoltre, così procedendo, la valutazione del fumus sarebbe rimessa ad un giudice diverso da quello incaricato dell’oggetto sostanziale della lite.

Anche l’impugnazione dell’iscrizione a ruolo e la sua richiesta di sospensione si sostanziano, del resto, in un’istanza volta ad ottenere la paralisi della sua efficacia esecutiva e non già la sospensione dell’esecuzione, non ancora iniziata. La notificazione della cartella di pagamento non dà, infatti, inizio all’esecuzione, ma si limita a preannunciarla; perciò, le considerazioni della dottrina sopra richiamata potrebbero, per assurdo, condurre a ritenere anche in questo caso non immediatamente necessaria la richiesta di sospensione (BELLE’, La tutela cautelare nel processo tributario, in Dir. prat. trib., 2005, 125).

Ne deriva che far dipendere l’individuazione del novero degli atti per i quali può essere richiesta la sospensione dall’oggetto della tutela cautelare ingenera un’incertezza che può essere risolta considerando che il pregiudizio per il contribuente deve essere, oltre che grave ed irreparabile, anche imminente, con tale intendendosi però quello passibile di verificarsi nel corso del processo. Non pare, quindi, che l’istanza di sospensione possa essere proposta solo nel momento in cui viene attivata la riscossione frazionata, poiché il fatto che ci si trovi di fronte ad un avviso di accertamento (anche non “impoesattivo”) non esclude il rischio di un pericolo incombente, potendo comunque avere riflessi concreti per il privato (GALLO, Sullo stato attuale della riforma del contenzioso tributario, in Rass. trib., 2000, 13).

  1. Ammesso, quindi, che la tutela cautelare, sussistendone i presupposti di legge (fumus boni iuris e periculum in mora), possa essere richiesta contro ogni atto suscettibile di impugnazione, in conformità all’attuale interpretazione dell’art. 19 del d. lgs. n. 546 del 1992 offerta dalla giurisprudenza, occorre precisare quali effetti può produrre l’accoglimento dell’istanza, ossia se la sospensione riguardi soltanto l’azione esecutiva in senso stretto, oppure possa interessare l’atto impositivo in sé, o meglio i suoi effetti di accertamento e liquidazione.

Questa seconda soluzione pare trovare conforto nell’attuale complesso del processo tributario, che ha previsto l’estensione della tutela cautelare ai gradi successivi al primo, disponendo che è possibile domandare, oltre alla sospensione dell’esecuzione dell’atto, anche la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza e non è stato posto in dubbio, in tal caso, che l’istante possegga l’interesse attuale a proporre la relativa domanda.

La notificazione dell’avviso di accertamento, del resto, può comportare la produzione di un danno indipendentemente dall’esecuzione della pretesa, in quanto può incidere, per esempio in caso di attività commerciale, sulla capacità di credito dell’impresa. Si pensi all’allarme che tale situazione può suscitare nei fornitori e negli istituti di credito, oppure al rischio di essere esclusi dalla partecipazione a gare d’appalto per l’esecuzione di lavori pubblici, a seguito di una verifica sullo stato del carico pendente presso il sistema informativo dell’anagrafe tributaria. Possono, inoltre, derivarne pregiudizi di ordine finanziario, dipendenti dall’applicazione di interessi di mora sulle somme iscritte a ruolo nel caso in cui, nonostante la concessione della sospensione, la pronuncia di merito rigetti poi il ricorso. Perciò, il contribuente ha ragione di temere gli effetti dell’atto impugnato anche prima che si sia proceduto alla formazione del ruolo.

  1. Sembra, quindi, maggiormente cautelativa per il privato una lettura della norma che riferisca il termine “esecuzione” all’efficacia giuridica che l’atto impugnato esprime una volta notificato, in modo tale che dalla sua sospensione possa derivare un arresto all’attività di riscossione (CANTILLO, Nuovo processo tributario. I procedimenti cautelari e preventivi, in Fisco, 1993, 8899). Del resto, solo l’art. 47, comma 3, pare richiedere per l’ottenimento del decreto presidenziale il requisito dell’urgenza, a conferma del fatto che negli altri casi è sufficiente il timore di un pregiudizio imminente, che non si è ancora verificato in concreto, ma che può derivare dall’esigibilità della pretesa contenuta nell’accertamento. Se è vero, infatti, che solo con la formazione del ruolo può dirsi iniziata la riscossione coattiva, è altrettanto vero che una volta ricevuto l’atto impositivo è certo che esiste la contestazione di un debito a carico del contribuente che, in caso di impugnazione, comporterà necessariamente l’iscrizione a titolo provvisorio, ai sensi dell’art. 15 del d.p.r. n. 602 del 1973.

Perciò, l’istanza cautelare deve essere collegata con l’atto che rappresenta il presupposto del danno grave ed irreparabile e necessita che l’imminenza sia fatta dipendere da una data certa, che coincide con la notifica del provvedimento impugnato. Come noto, infatti, la funzione della tutela cautelare è quella di scongiurare qualsiasi rischio di danno nelle more del processo. Tale funzione verrebbe meno se si facesse dipendere la possibilità di ottenere la sospensione dalla formazione del ruolo, i cui termini non sono più definiti, a seguito dell’abrogazione dell’art. 17 del d.pr. 602 del 1972, e la cui conoscenza da parte del contribuente avviene solo con la notifica della cartella di pagamento, in un momento in cui il danno può essersi già realizzato o, comunque, è troppo tardi per essere evitato. In conseguenza dei tempi del procedimento, la sospensione potrebbe infatti essere concessa quando ormai è già iniziata l’esecuzione forzata o comunque sono stati adottati provvedimenti cautelari da parte dell’AdER (A.M. PROTO, Tutela cautelare e atto di accertamento, in Riv. dir. trib., 2009, I, 559).

Solo attraverso un’anticipazione del procedimento cautelare sarà possibile garantire al contribuente una tutela effettiva, evitando la proliferazione dei processi o, comunque, la necessità di dover proporre istanze separate di sospensione. C’è da considerare, infatti, che il legislatore non precisa in quale momento i presupposti per l’ottenimento della sospensione debbano essere integrati, dipendendo essi dalla specifica situazione di fatto che si realizza a partire dalla notifica dell’atto di accertamento impugnato (TOSI, L’azione cautelare dopo la riforma del processo tributario, in Boll. trib., 1993, 790).

Non mi pare, quindi, valgano le opposte considerazioni che tendono a negare che il danno grave ed irreparabile possa verificarsi anche prima dell’iscrizione a ruolo (BATISTONI FERRARA, Se sia possibile disporre la sospensione dell’esecuzione di un atto di accertamento prima dell’iscrizione a ruolo del tributo, in Riv. dir. trib., 2008, II, 615), in quanto le ricadute della notifica dell’atto impositivo vanno valutate caso per caso e non sembra si possa negare che in alcuni casi, la “semplice” notifica di detto provvedimento, possa esporre il privato a conseguenze dannose. Anche perché il c.d. periculum in mora non possiede contorni definiti e non è possibile delimitarne a priori la sua realizzazione.

  1. La sentenza in commento risulta quindi, complessivamente, condivisibile in quanto, nel definire correttamente l’oggetto della tutela cautelare, consente di ricorrere all’istituto anche prima che sia iniziata la riscossione forzata, proprio con l’obiettivo di evitarla. Non sono infrequenti, infatti, i casi in cui il Fisco, nella fase esecutiva, si avvale delle garanzie previste dall’ordinamento a tutela del proprio credito in maniera sproporzionata. Nel lasso di tempo, più o meno lungo, che separa la notifica dell’atto dall’esito di un’eventuale istanza di sospensione, il contribuente è sostanzialmente privo di difese. Proprio per questo, sembra utile consentire l’anticipazione dell’istanza cautelare.

Condivisibile appare, di conseguenza, il riconoscimento dell’interesse ad impugnare la cartella di pagamento notificata nonostante la già concessa tutela cautelare sull’atto presupposto; alla luce di quanto detto, sembra ovvio, infatti, che all’intervenuta sospensione dell’avviso di accertamento debba seguire l’impossibilità di iscrivere a ruolo le somme ivi indicate a debito; in caso contrario, il procedimento è viziato ed il successivo atto è annullabile, in quanto emesso in contrasto con un provvedimento giurisdizionale ed in assenza dei presupposti legittimanti.