Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

26/01/2021 - POST- Presente e futuro della Plastic tax

argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Legislazione e prassi

Introdotta con la legge di bilancio 2020, l’imposta sulla plastica, che avrebbe già dovuto trovare applicazione nell’ordinamento fiscale italiano, è stata nuovamente rinviata al 2021, offrendo la possibilità al legislatore nazionale di riflettere e ripensare questo prelievo alla luce delle sollecitazioni europee e delle criticità emerse dalla disciplina applicativa.

PAROLE CHIAVE: plastic tax - MACSI - monouso - accisa


di Caterina Verrigni, Marina Bisogno, Valerio Ficari

Nel contesto di un’ambiziosa strategia europea funzionale alla riduzione della plastica (COM(2018) 28 final), il Governo italiano ha previsto l’introduzione di una imposta sul consumo dei manufatti monouso realizzati con materie plastiche (cd. MACSI), causando il diffondersi di numerose polemiche.

Si tratta di una misura disciplinata dall’articolo 1, comma 634 della legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) in applicazione dell’articolo 4 della direttiva 2019/904/UE sulle materie plastiche monouso, che sarebbe dovuta entrare in vigore nel mese di agosto 2020 e la cui introduzione è stata invece rinviata a luglio 2021 a causa della crisi causata dalla pandemia e dal recente annuncio da parte del Consiglio europeo della volontà d’introdurre a partire dal 1 gennaio 2021 un’imposta europea sulla plastica.

La plastic tax, come ideata dal legislatore italiano, è riconducibile alla figura delle accise non armonizzate. Essa colpisce i prodotti composti da polimeri organici di origine sintetica (plastica) destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari a un unico utilizzo, in base al loro contenuto di materia plastica (0,45 €/kg). L’obbligazione tributaria sorge al momento della loro produzione, importazione nel territorio nazionale ovvero introduzione nel medesimo territorio da altri Paesi dell’Unione Europea e diviene esigibile all’atto della loro immissione in consumo nel territorio nazionale.

Attingendo alle categorie internazionalmente riconosciute questa imposizione sarebbe da ricomprendere nelle pollution taxes, andando a colpire un prodotto altamente inquinante dal punto di vista delle esternalità negative connesse alla sua produzione e al suo consumo. La finalità ambientale del prelievo emerge chiaramente, sia dalla lettura della relazione al disegno di legge di bilancio, che giustifica il ricorso a tale imposta per ridurre l’utilizzo di prodotti di singolo uso in materiale plastico, che dalla previsione di alcune deroghe a vantaggio di talune categorie di prodotti. Il legislatore italiano ha difatti escluso dall’applicazione di questa imposta i MACSI compostabili o la cui materia plastica provenga da processi di riciclo, nel tentativo di promuovere un approccio “circolare” nella gestione della filiera della plastica. 

Non si tratterebbe però di un’imposizione dal carattere incentivante, poiché secondo le previsioni contenute nella relazione tecnico-amministrativa al disegno di legge di bilancio, il tributo sarebbe destinato ad assicurare un gettito non marginale e addirittura crescente per il bilancio dello Stato (circa 1,1 miliardi nel 2020, 1,8 miliardi nel 2021 e 1,5 miliardi nel 2022), sicché, come rilevato da Assonime (circolare n. 2 del 18 febbraio 2020), è lecito ritenere che la sua funzione sia anche quella di ottenere risorse strutturali per il bilancio nazionale.

La disciplina prevista dalla legge di bilancio 2020 risulta troppo concisa e continua ad alimentare il sorgere di molteplici dubbi interpretativi sia con riferimento all’ambito oggettivo che soggettivo di questo prelievo. Bisognerebbe chiarire i prodotti su cui applicarlo e corrispondentemente quelli esenti, nonché i soggetti passivi, soprattutto rispetto alla catena logistica e a fattispecie comuni nella prassi commerciale tra cui l’ipotesi di lavorazioni commissionate a terzi da parte del proprietario della materia, occorrerebbe poi intervenire sui profili applicativi e procedimentali. Tutti questi elementi richiedono una più approfondita riflessione da parte del legislatore, al fine di concepire un tributo che sia in linea anche con le indicazioni che arriveranno dall’Unione europea.

Un altro elemento di rilievo è che si tratta di un’accisa armonizzata per cui bisogna tener conto, in ogni caso, della disciplina europea di settore per scongiurare profili di incompatibilità. Essendo la plastica un prodotto non soggetto ad accisa armonizzata, il legislatore italiano, ai sensi dell’art. 1 della direttiva n. 2020/262/UE (Direttiva 19 dicembre 2019 che stabilisce il regime generale delle accise, in sostituzione della Direttiva 2008/118/CE) può applicare imposte su prodotti diversi da quelli sottoposti ad accisa, a condizione che tali imposte non comportino, negli scambi fra gli Stati membri, formalità connesse all’attraversamento delle frontiere.

Un ulteriore profilo degno d’interesse concerne la concorrenza. Dal momento che questo tributo non è attualmente in vigore in tutti i Paesi europei, stante l’esigibilità del prelievo per la produzione o la vendita nel solo territorio italiano, la sua introduzione potrebbe determinare un’alterazione della concorrenza nel mercato interno. Questa circostanza potrebbe trovare presto soluzione giacché nelle conclusioni del Consiglio europeo approvate il 21 luglio 2020 è stata annunciata l’introduzione a decorrere dal 1 gennaio 2021 di una tassa sui rifiuti di plastica non riciclati con un'aliquota di 0,80 €/kg, accompagnata da un meccanismo volto a evitare effetti eccessivamente regressivi sui contributi nazionali. La misura rappresenterebbe una risorsa proprio dell’Unione il cui gettito dovrebbe essere utilizzato per il rimborso anticipato dei prestiti contratti a titolo di Next Generation EU. Tuttavia, l’entrata in vigore di questo prelievo imporrebbe al legislatore nazionale uno sforzo di coordinamento della disciplina nazionale con il quadro normativo europeo.

Infine, per rendere virtuoso e “circolare” il meccanismo della tassazione delle materie plastiche si dovrebbero prevedere delle fattispecie agevolative finalizzate a stimolare il riciclo e il riutilizzo degli imballaggi di plastica.

Quest’ultimo profilo dovrebbe guidare la necessaria maggiore compiutezza della regolamentazione, anche attraverso un rinvio ad un decreto del Mattm con il quale, a seguito di una apposita delegificazione, siano esclusi dalla plastic tax italiana tutti quei prodotti finiti realizzati attraverso una filiera nella quale il tratto caratterizzante dei materiali sia la loro natura di bene suscettibile di riutilizzo e riciclo, dei beni strumentali quello di essere funzionali a processo produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale e, infine, dell’output essere un bene green made con la stessa utilità di quello inquinante.