argomento: Attuazione del tributo - Legislazione e prassi
Nel presente contributo saranno formulate alcune considerazioni sul tema dell’Intelligenza Artificiale (AI) nel sistema tributario, evidenziando come tale strumento meriti di essere impiegato solamente ai fini di ausilio nella fase prodromica all’attività decisionale. Quest’ultima, infatti, deve rimanere esclusivamente frutto di un’attività umana. Inoltre, sarà illustrato come sia in ogni caso necessario che i database che saranno impiegati rispondano ai requisiti di completezza, imparzialità e controllabilità.
PAROLE CHIAVE: sistema tributario - evoluzione digitale - intelligenza artificiale - giustizia tributaria
di Loris Tosi
1. Molto opportunamente è stato individuato il tema dell’Intelligenza Artificiale (AI), con le sue molteplici applicazioni ed implicazioni, come filo conduttore di questo Congresso annuale ed argomento di approfondimento.
Con questa nuova realtà, in rapida evoluzione e fino a pochi anni fa inimmaginabile, tutti devono fare i conti, ivi compresi gli operatori del diritto, perché non ci sono dubbi sulle sue potenzialità e sulla capacità dell’AI incidere profondamente sull’attività sia degli avvocati, sia dell’Amministrazione finanziaria, sia dei Giudici.
Sarebbe perciò sconsiderato non coglierne per tempo le opportunità.
Ma sarebbe altrettanto sconsiderato enfatizzarne, se non esaltarne, la funzione in modo acritico e non consapevole.
Io credo che una buona bussola per addentrarsi nella materia sia cercare una risposta alla seguente domanda: noi giuristi di cosa abbiamo bisogno? Quali esigenze dobbiamo soddisfare?
2. Fatta questa premessa, vorrei condividere alcune personali considerazioni.
Quando parliamo di AI alludiamo ad un’area vasta del sapere, in costante divenire, sulla quale – almeno nella nostra prospettiva – possiamo affermare con certezza poche cose. E cioè:
3. Se ciò è vero, dovremmo dedurne che, al momento, l’area dell’AI è caratterizzata da un notevole tasso di opacità.
Ed è un’opacità che inficia i fondamenti di tutte le piattaforme oggi disponibili.
In attesa che venga approvata la legge delega di cui al disegno di legge sopra citato, essa riguarda, tra l’altro:
Naturalmente, la necessità di dare una risposta a questi interrogativi dovrebbe porsi per chiunque pensi di utilizzare i nuovi strumenti messi a disposizione dall’AI.
Ma vale a maggior ragione per chi, come noi, concorre ad applicare il diritto assumendo in senso ampio delle “decisioni”, siano esse difensionali, amministrative o giudiziali.
Per gli Avvocati, per l’Amministrazione finanziaria e, naturalmente, per i Giudici, non si tratta di ottimizzare un calcolo matematico o di organizzare al meglio un processo produttivo.
Non si tratta nemmeno e soltanto di ricercare e prendere atto dei precedenti, contare quelli a favore e quelli contrari, contrapporne le formali motivazioni e via di seguito.
“Decidere” implica anche e soprattutto operare, in modo indipendente, delle valutazioni. Una molteplicità di valutazioni, non solo giuridiche, ma anche economiche, fattuali, psicologiche, intuitive. Tutte valutazioni, per loro natura, estremamente soggettive e che concorrono, nel loro complesso, a qualificare l’attività di tutti gli operatori giuridici come attività realmente “autonoma”.
4. Io non so dire se, un giorno, l’AI cosiddetta generativa sarà così evoluta da poter avvalersi di algoritmi simili alle funzioni cerebrali, ma il punto è un altro.
Il punto è che noi pretendiamo che queste valutazioni siano frutto di una attività umana, come detto, autonoma.
Potremmo dirla in questi termini: l’Uomo ha diritto (e, per me, è un diritto naturale o fondamentale) ad essere valutato dall’Uomo e non da un algoritmo, per quanto evoluto e sofisticato. Da questo punto di vista, è apprezzabile la formulazione degli artt. 13, 14 e 15[1] del sopra citato disegno di legge delega recentemente approvato dal Senato.
5. Questo convincimento porta, in effetti, con sé almeno cinque corollari:
6. Ebbene, un uso spregiudicato dell’AI rischia di confliggere con queste esigenze per la semplice ragione che più l’insieme degli algoritmi è elaborato e capace di “ragionare da sé” sia pure artificialmente, meno si potrà dire che il software ha sbagliato a fornire una determinata soluzione.
E se il software non sbaglia, diciamo così, per definizione, che senso ha parlare di appelli? Che senso ha parlare di autotutela o di mutamenti giurisprudenziali? Che senso ha parlare di responsabilità?
7. Mi avvio alla conclusione.
All’inizio dicevo che, per orientarci, dovremmo rispondere al seguente quesito: noi giuristi di cosa abbiamo bisogno? Quali esigenze dobbiamo soddisfare?
Bene, certamente non abbiamo bisogno né sentiamo l’esigenza di essere “sostituiti” da algoritmi o piattaforme digitali varie.
Personalmente, ritengo che questi simili strumenti possano rivelarsi utili solo come strumenti ancillari, di ausilio nella fase prodromica all’attività decisionale che deve rimanere esclusivamente frutto di un’attività umana.
In altri termini: per reperire i precedenti giurisprudenziali, per semplificare le ricerche dottrinali, per completare i riferimenti normativi, e, più in generale, per la “gestione” della pratica.
Anche in questa prospettiva appare condivisibile la formulazione dei predetti artt. 13, 14 e 15 del disegno di legge delega.
Il che non banalizza affatto la problematica perché anche la semplice raccolta e sistemazione delle informazioni, in senso ampio, utili per assumere delle decisioni, deve pur sempre rispondere a canoni certi di trasparenza. Ciò significa che qualsiasi database, per essere affidabile, deve rispondere quantomeno ai seguenti requisiti:
8. Si è detto sopra che lo stato attuale della regolamentazione normativa non è soddisfacente rispetto alla delicatezza del tema.
Naturalmente molto dipenderà da quando e come il disegno di legge delega più volte citato riceverà attuazione.
Al momento, come abbiamo già rilevato, la formulazione delle disposizioni che a noi maggiormente interessano è soddisfacente. Ma naturalmente trattasi di principi generali e criteri direttivi che necessitano di materializzarsi in precetti ben più concreti.
Già al momento, però, vorrei segnalare alcune lacune quale, ad esempio, quella riguardante la governance dell’AI a livello nazionale poiché le costituende AGID-Agenzia per l’Italia Digitale e ACN-Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale non sembra siano sufficienti a rispondere alle esigenze che abbiamo noi operatori del diritto.
[1] Per completezza di lettura si riporta il testo dei tre articoli.
Art. 13. (Disposizioni in materia di professioni intellettuali)
Art. 14. (Uso dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione)
Art. 15. (Impiego dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria)