argomento: Profili europei e Internazionali - Legislazione e prassi
La transizione ecologica richiede numerosi investimenti e può originare, almeno nella sua fase iniziale, inefficienze e disuguaglianze, soprattutto nei confronti dei soggetti vulnerabili. La regolamentazione della transizione è perciò fondamentale al fine di ridurre il più possibile il suo impatto sociale. A tal proposito, lo strumento fiscale assume un ruolo fondamentale, come propugnano il Green Deal e il pacchetto Fit for 55%. Tra le misure che possono assistere la transizione la tassazione dell’energia rappresenta uno strumento centrale. L’attuale disciplina della tassazione dell’energia, però, non è in grado di supportare la transizione green perché l’imposizione è svincolata da qualsiasi obiettivo ambientale e non affronta i problemi legati alla povertà energetica. Per questo, sulla scia del pacchetto Fit for 55%, nel 2021 è stata presentata dalla Commissione europea una proposta di direttiva che ambisce a riscrivere la disciplina della tassazione dell’energia rendendola compatibile con il perseguimento degli obiettivi climatici e di decarbonizzazione, tutelando al contempo le famiglie vulnerabili. La proposta però è ancora in fase di discussione a causa della sua complessità, che ha impedito sino ad oggi il raggiungimento di un accordo unanime. La transizione ecologica richiede numerosi investimenti e può originare, almeno nella sua fase iniziale, inefficienze e disuguaglianze, soprattutto nei confronti dei soggetti vulnerabili. La regolamentazione della transizione è perciò fondamentale al fine di ridurre il più possibile il suo impatto sociale. A tal proposito, lo strumento fiscale assume un ruolo fondamentale, come propugnano il Green Deal e il pacchetto Fit for 55%. Tra le misure che possono assistere la transizione la tassazione dell’energia rappresenta uno strumento centrale. L’attuale disciplina della tassazione dell’energia, però, non è in grado di supportare la transizione green perché l’imposizione è svincolata da qualsiasi obiettivo ambientale e non affronta i problemi legati alla povertà energetica. Per questo, sulla scia del pacchetto Fit for 55%, nel 2021 è stata presentata dalla Commissione europea una proposta di direttiva che ambisce a riscrivere la disciplina della tassazione dell’energia rendendola compatibile con il perseguimento degli obiettivi climatici e di decarbonizzazione, tutelando al contempo le famiglie vulnerabili. La proposta però è ancora in fase di discussione a causa della sua complessità, che ha impedito sino ad oggi il raggiungimento di un accordo unanime. Progetto di ricerca Prin PNRR “Fiscalità e finanza pubblica nella transizione verso uno sviluppo economico sostenibile” finanziato con fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Programma finanziato dall’Unione Europea. NextGenerationEU, PRIN PNRR 2022 Prog. N. P20229KAX2
PAROLE CHIAVE: tassazione dell’energia - povertà energetica - principio chi inquina paga
di Chiara Cinotti
1. La transizione ecologica presuppone un cambiamento di paradigma economico-sociale che richiede numerosi investimenti e, quindi, il sostenimento di costi e la possibilità di andare incontro, almeno nella fase iniziale dello sviluppo delle nuove tecnologie, ad inefficienze.
Tutto ciò ha un forte impatto sociale, soprattutto nei confronti dei soggetti a basso reddito e degli operatori economici che, a causa della struttura del business, devono affrontare ingenti costi per sostenere il cambiamento del loro assetto in un’ottica green (le c.d imprese energivore).
La regolamentazione della transizione è perciò fondamentale al fine di ridurre il più possibile le disuguaglianze.
Infatti, la transizione ecologica dev’essere “giusta e inclusiva” e “deve mettere al primo posto le persone e tributare particolare attenzione alle regioni, alle industrie e ai lavoratori che dovranno affrontare i problemi maggiori” (Commissione Europea, Il Green Deal europeo, COM(2019)640 final).
In questa prima fase della transizione sono promossi i sussidi, gli investimenti privati e i prestiti, mentre l’approccio allo strumento della tassazione è sempre molto cauto, a causa delle possibili ripercussioni negative a livello “politico”. Più chiaramente, si ritiene che la leva fiscale di per sé sia impopolare e, quindi, non favorisca la stabilità dei governi che si impegnano nel percorso verso la transizione ecologica, mettendo a repentaglio i programmi riformisti. Tutt’al più, sono incoraggiate le agevolazioni fiscali e le esenzioni, che pongono però il fondamentale problema della copertura dei costi che ne derivano. Tali costi, infatti, possono essere a loro volta mitigati solo con un aumento della tassazione o il reperimento di risorse presso investitori privati.
2. Invero, nei documenti unionali allo strumento fiscale è stato sin da subito attribuito un ruolo centrale (Miceli R., Green Deal e politiche fiscali territoriali. Il nuovo quadro europeo dell’integrazione per differenziazione, in Rivista trimestrale di diritto tributario, n. 1/2022, 137-163 nel quale l’Autrice (p. 156) evidenzia che “Nel Green deal si definisce la materia fiscale quale strumento privilegiato per l’attuazione degli obiettivi ambientali).
La fiscalità, infatti, se ben congegnata, consente di traslare i costi della transizione sui contribuenti sulla base del loro impatto inquinante (Gallo F., Profili critici della tassazione ambientale, in Rassegna tributaria, n. 2/2010, 303-310; Selicato P., La tassazione ambientale: nuovi indici di ricchezza, razionalità del prelievo e principi dell’ordinamento comunitario, in Rivista di diritto tributario internazionale, n. 2-3/2004, 257-304; Ficari V., Nuovi elementi di capacità contributiva ed ambiente: l’alba di un nuovo giorno…fiscalmente più verde?, in Rivista trimestrale di diritto tributario, n. 4/2016, 827-839; Boria P., Il principio “chi inquina paga” nell’ordinamento comunitario, in Massimario delle Commissioni Tributarie della Puglia, n. 1-2/2015, 343-347). La stessa consente anche di tutelare, mediante esenzioni e/o agevolazioni, i soggetti c.d. vulnerabili, cioè i soggetti a basso reddito che sono maggiormente colpiti dall’aumento dei costi legati alla transizione ecologica ed energetica. Siffatta tassazione non è impopolare, perché persegue un’ottica redistributiva, e al contempo può garantire la copertura dei costi necessari per esentare i soggetti a basso reddito senza incorrere in una perdita di gettito (Hinterlang N., Martin A., Röhe O, Stähler N, Strobel J., Using energy and emission taxation to finance labor tax reductions in a multi-sector economy, in Energy Economics, 115 (2022) secondo i quali “if enviromental damage is high enough, using energy and emission taxes as a financing instrument eventually ouperforms the use of consumption taxes due to a positive “productivity-like” shock. However, it takes time before the positive effect materialize”).
3. Nello specifico, la tassazione dell’energia è un tema centrale per affrontare la questione dell’eliminazione tramite lo strumento fiscale delle disuguaglianze che la transizione energetica rischia di causare – perlomeno nel breve e medio periodo – in termini di approvvigionamento delle risorse da parte dei soggetti a basso reddito (v. Salvini L., Questioni attuali sulla fiscalità del settore energetico, in Rassegna tributaria, n. 6/2007, 1670-1676 ove l’Autrice (pp. 1674-1675) evidenzia che “è proprio il settore energetico uno dei campi di elezione per l’applicazione del principio di derivazione comunitaria “chi inquina paga” […] Le ripercussioni negative sull’ambiente della produzione e dell’impiego di fonti energetiche legittimano dunque specifiche forme di imposizione in cui il principio di capacità contributiva si coniuga con finalità extrafiscali”).
Il pacchetto Fit for 55% prevede, tra le varie misure per il conseguimento della neutralità climatica, proprio la revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia con l’obiettivo di conciliare la riforma con l’impatto sociale della stessa sulle famiglie vulnerabili. Vi si legge, difatti, che “il sistema della tassazione dei prodotti energetici deve da un lato tutelare il mercato interno e dall’altro sostenere la transizione verde con i giusti incentivi. La revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia propone pertanto di allineare l’aliquota minima d’imposta per i combustibili destinati al riscaldamento e ai trasporti agli obiettivi dell’UE in materia di clima e di energia, attutendo al contempo gli impatti sociali” (Commissione Europea, Pronti per il 55%: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica, COM(2021) 550 final).
Anche nel Green Deal viene evidenziato che “è inoltre essenziale garantire che l’imposizione fiscale sia allineata agli obiettivi climatici. La Commissione proporrà di rivedere la direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici, dando rilevanza agli aspetti ambientali e proponendo di utilizzare le disposizioni dei trattati che consentono al Parlamento europeo e al Consiglio di adottare proposte in questo settore mediante la procedura legislativa ordinaria con votazione a maggioranza qualificata anziché all’unanimità” (Commissione Europea, Il Green Deal europeo, COM(2019)640 final), sfruttando cioè la clausola passerella di cui all’art. 192 TFUE.
Come abbiamo detto, la transizione energetica porta con sé, inevitabilmente, una serie di implicazioni di carattere economico e sociale, legate principalmente ai costi per la società (e le imprese) del processo in termini di investimenti e di riassetto del tessuto economico in funzione delle nuove tecnologie green, tra cui le energie rinnovabili.
Per quanto riguarda, nello specifico, il settore dell’energia, i combustibili fossili sono attualmente più accessibili rispetto alle energie rinnovabili. Quest’ultime tecnologie, infatti, sono molto recenti e richiedono ancora investimenti molto onerosi che ne aumentano il costo, rendendole meno competitive rispetto alle fonti più inquinanti. Tuttavia, se le fonti fossili venissero tassate in modo elevato per disincentivarne l’utilizzo e perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, il costo dell’energia nel complesso aumenterebbe e anche le fonti energetiche prima più “economiche” diventerebbero inaccessibili. Ciò colpirebbe in primis le imprese energivore ma soprattutto le famiglie vulnerabili, per le quali il costo dell’energia diventerebbe insostenibile.
4. È sullo sfondo di queste considerazioni che si inserisce il tema della c.d. povertà energetica, emergenza sociale dei nostri tempi che la transizione energetica potrebbe aggravare, se mal governata.
La povertà energetica è stata definita in dottrina come “una manifestazione della disuguaglianza nell’accesso alle fonti energetiche necessarie per una vita dignitosa” (Soto G.H., Martinez-Cobas X., Green energy policies and energy poverty in Europe: Assessing low carbon dependency and energy productivity, in Energy Econommics, n. 136/2024, secondo i quali (p. 2) “Energy poverty is considered a manifestation of inequality in access to the energy resources necessary for a dignified life”).
Il concetto di povertà energetica si riferisce all’accesso a qualsiasi fonte di energia, essendo legato alla difficoltà di reperimento delle fonti energetiche necessarie per il sostentamento (in primis, riscaldamento e carburante).
Di fatto, le spese energetiche hanno un peso maggiore sulle famiglie a basso reddito, perché si tratta di spese collegate ad esigenze primarie (v. Caprioli F., Caracciolo G., I potenziali effetti redistributivi di un’imposta sulle emissioni di gas serra in Italia, in Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers) (a cura di Alpino M., Citino L, de Blasio G., Zeni F.), numero 728, Ottobre 2022, 89-94, ove viene dato atto (p.89) che “le fasce più deboli della società consumano una percentuale relativamente maggiore di beni energetici relativamente al proprio reddito rispetto a quelle più ricche; di conseguenza, il loro potere d’acquisto risulta più sensibile alle variazioni dei prezzi dei beni energetici”). Peraltro, le famiglie a basso reddito sono più a rischio di dispersione dell’energia a causa della qualità più bassa delle tecnologie di cui possono disporre (si pensi agli infissi, agli elettrodomestici, alle automobili ecc.) (sull’impatto del transizione energetica sulle famiglie e le categorie di lavoratori a basso reddito v. Mercuri G., Strategie europee per mitigare il cambiamento climatico: dalla tassazione del lavoro a quella dell’inquinamento, in Rivista telematica di diritto tributario, 14 settembre 2023)
In aggiunta, la situazione di crisi energetica, a causa delle restrizioni alle importazioni di gas dalla Russia e, ancor prima, dell’impennata dei prezzi dell’energia a seguito della pandemia da Covid-19, ha acuito il problema, in ragione della sopravvenuta difficoltà di approvvigionamento dovuta all’aumento della domanda e al cambiamento degli scenari geo-politici (Villani S, Spunti per una rivoluzione fiscale che acceleri la transizione ecologica e la riduzione delle disuguaglianze dopo la pandemia da COVID-19, in Rassegna tributaria, n. 1/2021, 103-137; Salvini L, La tassazione dell’energia, in Atti dei Convegni Lincei 348, Una nuova politica economica e tributaria per l’Unione Europea, Roma, 27 maggio 2022, Bardi Edizioni, 187-201). Ne dà espressamente atto la Commissione europea nella comunicazione adottata il 24 marzo 2022 sul quadro temporaneo di crisi e transizione per misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina ("quadro temporaneo di crisi e transizione"), nella quale si legge: “I prezzi dell’energia molto elevati stanno danneggiando l’economia e il potere d’acquisto dei cittadini dell’UE, in particolare dei più vulnerabili” (v. considerando n. 17 della Comunicazione 2022/C 131 I/01).
Perciò, con riferimento alle famiglie vulnerabili, la Commissione ha promosso l’introduzione da parte degli Stati membri di misure eccezionali per fronteggiare le difficoltà legate all’approvvigionamento energetico, rimarcando che, in questo caso, gli aiuti concessi a soggetti non commerciali non soggiacciono alla disciplina degli aiuti di Stato.
In particolare, nella menzionata Comunicazione si evidenzia che “Gli Stati membri possono, ad esempio, erogare prestazioni sociali specifiche ai soggetti più a rischio per aiutarli a pagare le bollette energetiche, a breve termine, o fornire sostegno per migliorare l’efficienza energetica, garantendo nel contempo un efficace funzionamento del mercato” (sull’argomento v. Dorigo S., Dovere fiscale e solidarietà transnazionale, Pisa, 2024).
Al di là delle misure temporanee introdotte per fronteggiare la crisi energetica innescata dalla guerra russo-ucraina, in una prospettiva a lungo termine è già lo stesso Green Deal che evidenzia che “è necessario affrontare il rischio della povertà energetica per le famiglie che non possono permettersi i servizi energetici fondamentali in modo da garantire un tenore di vita dignitoso” (Commissione Europea, Il Green Deal europeo, COM(2019)640 final).
L’obiettivo del Green Deal, infatti, è quello di rendere l’energia accessibile a tutti e accrescere la produttività energetica, ossia l’efficienza con cui sono utilizzate le fonti energetiche. Si tratta di un obiettivo che, secondo gli studiosi, è conseguibile nel lungo termine, in quanto le fonti rinnovabili consentiranno di aumentare l’ammontare di energia prodotta rispetto al passato, nonché di offrire un maggior numero di beni e servizi con lo stesso quantitativo di energia (v. ancora Soto G.H., Martinez-Cobas X., Green energy policies and energy poverty in Europe: Assessing low carbon dependency and energy productivity, op. cit.).
Maggiori problematiche sorgono in relazione alla fase di transizione vera e propria, ossia il passaggio dall’attuale utilizzo massivo delle fonti fossili per arrivare all’utilizzo esclusivo di quelle rinnovabili. In questo arco temporale sarà necessario innovare le infrastrutture, processo che comporterà un temporaneo aumento dei prezzi e inefficienze nella gestione delle risorse. Ciò avrà inevitabili ricadute anche sulla povertà energetica delle famiglie vulnerabili, che saranno le più colpite dall’aumento dei prezzi (v. Heussaff C., Emmerling J., Luderer G., Pietzcker R., Reissl S., Rodrigues R., Way R., Europe’s 2040 climate target: four critical risks and how to manage them, in Policiy Brief, n. 23/2024, Bruegel, accessibile su https://www.bruegel.org/policy-brief/europes-2040-climate-target-four-critical-risks-and-how-manage-them i quali, con un ragionamento in tema di carbon pricing, che può però essere esteso anche all’ambito della tassazione dell’energia, evidenziano che “Climate policies such as carbon pricing, while essential for ensuring Europe does its part in mitigating global warming, can exacerbate economic disparties if not carefully designed. Without redistribution mechanisms, carbon pricing may disproportionately burden lower income households, increasing inequality” (p. 12)).
L’attuale disciplina della tassazione dell’energia, però, non è in grado di supportare una transizione green inclusiva perché, da un lato, non prevede alcun legame tra imposizione e obiettivi ambientali, dall’altro, non contempla misure efficienti per combattere la povertà energetica.
Nella direttiva sull’energia attualmente in vigore (Direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità) non ci sono profili di imposizione di carattere ambientale dei prodotti energetici volti a promuovere comportamenti ambientalmente virtuosi, a parte la facoltà rimessa agli Stati membri di tassare i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre a loro volta elettricità “per motivi di politica ambientale”.
Su quest’ultimo punto basti osservare che l’art. 14 par. 1 lett. a) della Direttiva 2003/96/CE prevede che gli Stati esentino dalla tassazione “i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre elettricità e l’elettricità utilizzata per mantenere la capacità di produrre l’elettricità stessa” (autoconsumo). Gli Stati però mantengono la facoltà di tassare questi prodotti “per motivi di politica ambientale” e, in questo caso, non sono tenuti a rispettare i livelli minimi di tassazione. Peraltro, in una interessante pronuncia della CGUE (Sentenza della Corte del 22 giugno 2023 nella causa C-833721 Endesa Generacion SAU vs. Tribunal Economico Administrativo Central) – avente ad oggetto proprio un’imposta ambientale introdotta in Spagna ai sensi della normativa sopra richiamata avente come base imponibile “la potenza energetica del carbone oggetto delle operazioni imponibili, espressa in gigajoule” (art. 83) e aliquota pari a euro 0,15 per gigajoule –, i giudici di Strasburgo sono giunti ad enucleare due (più uno) criteri fondamentali che devono essere adottati per verificare la sussistenza dei “motivi di politica ambientale”: (i) il criterio dell’impiego del gettito, ossia la sussistenza di un “meccanismo di destinazione predeterminata del gettito”, vale a dire un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la sua finalità e (ii) il criterio della struttura del tributo, cioè la strutturazione della base imponibile o dell’aliquota per consentire la realizzazione della finalità specifica invocata, “in modo da influenzare il comportamento dei contribuenti in un senso che consenta di garantire una migliore tutela dell’ambiente, ad esempio tassando fortemente in prodotti interessati per scoraggiarne il consumo o incoraggiando l’uso di altri prodotti i cui effetti sono, in linea di principio, meno dannosi per l’ambiente”. Infine, la Corte di Giustizia UE ha affermato che un’imposta deve considerarsi istituita per “motivi di politica ambientale” anche se, alla luce di un’indagine casistica, emerge che essa sia idonea a scoraggiare il consumo di un prodotto dannoso per l’ambiente.
Al di là della disposizione appena commentata, la direttiva sulla tassazione dell’energia, così com’è formulata oggi, non è idonea a contribuire al perseguimento degli obiettivi di transizione ecologica e neutralità climatica previsti dal Green Deal e dal pacchetto Fit for 55%. Questo è un importante limite al processo di transizione, considerato che la tassazione è, come abbiamo visto, uno degli strumenti più efficaci per il conseguimento degli obiettivi climatici e la decarbonizzazione (v. anche Conclusioni del Consiglio sul quadro dell’UE in materia di tassazione dell’energia, 14861/19 del 5 dicembre 2019 accessibile su https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-14861-2019-INIT/it/pdf, ove si legge che il Consiglio ritiene che “la tassazione dell'energia come strumento fiscale possa costituire una parte importante degli incentivi economici che guidano una transizione energetica di successo, promuovendo basse emissioni di gas a effetto serra e investimenti in risparmio energetico e contribuendo nel contempo a una crescita sostenibile”). Tramite lo strumento fiscale, infatti, è possibile incentivare l’utilizzo di tecnologie pulite, aumentando l’imposizione fiscale sui combustibili più inquinanti oppure prevedendo agevolazioni fiscali per l’utilizzo dell’energia pulita.
Non risponde nemmeno all’esigenza di eliminare la povertà energetica, perché non prevede nessun meccanismo volto a ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle risorse. A maggior ragione, per come è strutturata, non è in grado neppure di far fronte alle disuguaglianze che saranno generate durante la transizione energetica, perché non sono previste disposizioni a tutela delle famiglie vulnerabili.
Già nel 2011 era stata proposta la revisione della direttiva in questione, ma non è mai stato raggiunto il necessario consenso tra gli Stati membri.
Una nuova proposta di revisione è stata presentata il 14 luglio 2021 (Commissione Europea, Proposta di direttiva del Consiglio che ristruttura il quadro dell’Unione per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, (COM (2021) 563 final) e prevede un innovativo assetto della tassazione sull’energia proprio al fine di collegarla alle esigenze di carattere ambientale e con gli obiettivi climatici dell’UE fissati con il Green Deal e nel pacchetto Fit for 55%.
Nella proposta vengono messi in luce i limiti dell’attuale disciplina, che possono essere riassunti nei seguenti profili:
- la tassazione non è basata sul potere calorifico dei carburanti o sul loro impatto ambientale ma è strutturata in base al volume, così penalizzando quei combustibili che, a parità di volume, hanno un contenuto energetico inferiore (come i biocarburanti);
- c’è un’ampia platea di esenzioni e riduzioni fiscali che finiscono per incentivare l’utilizzo dei combustibili fossili;
- le aliquote minime previste sono troppo basse e non sono state aggiornate dal 2003.
La proposta ambisce a riscrivere la disciplina della tassazione dell’energia rendendola compatibile con il perseguimento degli obiettivi climatici e di decarbonizzazione “passando da una tassazione basata sul volume a una basata sul contenuto energetico, eliminando gli incentivi a favore dell’uso di combustibili fossili e introducendo una classificazione delle aliquote in base alle loro prestazioni ambientali”. In particolare, l’imposta verrebbe calcolata in EUR/gigajoule sulla base del potere calorifico netto dei prodotti energetici e dell’elettricità.
Inoltre, i combustibili sarebbero raggruppati in quattro macrocategorie a seconda delle loro prestazioni ambientali con un’aliquota direttamente proporzionale all’impatto inquinante della fonte energetica:
La nuova struttura del tributo consentirebbe effettivamente di attuare il principio “chi inquina paga” e di conseguire un effetto redistributivo del gettito, perché permetterebbe di tassare di più chi inquina di più, individuando come indice di capacità contributiva il livello di inquinamento prodotto dalla fonte energetica utilizzata e addossando, così, sui contribuenti più inquinanti i costi della transizione energetica.
La nuova direttiva prevede, inoltre, l’abolizione delle numerose esenzioni e riduzioni fiscali attualmente previste, che rappresentano un incentivo all’utilizzo dei combustibili fossili.
La proposta di direttiva è, altresì, interessante perché affronta espressamente il tema dell’impatto sociale delle tasse sull’energia, prevedendo la possibilità di introdurre temporaneamente un’esenzione fiscale per le famiglie vulnerabili.
In maggior dettaglio, la proposta di direttiva prevede che per le famiglie non vulnerabili saranno applicati dei periodi transitori per i prodotti energetici utilizzati come combustibile per riscaldamento e per l’elettricità. Per le famiglie vulnerabili invece potrà essere riconosciuta un’esenzione fiscale per un periodo massimo di 10 anni. La proposta, peraltro, definisce anche la nozione di famiglie vulnerabili come “le famiglie significativamente colpite dagli effetti della presente direttiva, il che, ai fini della presente direttiva, significa che sono al di sotto della soglia di “rischio di povertà”, definita come il 60% del reddito disponibile equivalente mediano a livello nazionale”.
Le misure proposte dalla direttiva a tutela dei soggetti vulnerabili sono temporanee perché si fondano sul presupposto che, quando la transizione sarà completata, le uniche fonti energetiche a disposizione saranno quelle rinnovabili e l’unica aliquota prevista sarà quella minima; pertanto, non sarà più necessario prevedere un trattamento di favore per i soggetti più deboli.
Peraltro, come tutte le imposte ambientali in senso stretto, l’imposta sull’energia delineata nella proposta di direttiva sarà tanto più efficace in termini di gettito quanto più lontano sarà l’obiettivo di decarbonizzazione cui aspira. Trattandosi di tributi che perseguono finalità extra-fiscali, infatti, la loro attitudine a “fare cassa” è temporalmente circoscritta: quando la transizione ecologica sarà complessivamente raggiunta e le fonti di energia rinnovabile avranno sostituito le fonti fossili, il gettito derivante dalla tassazione dell’energia secondo il modello della proposta di direttiva sarà al livello più basso in assoluto.
Ma il mercato sarà più competitivo perché sarà completamente green e potrà contare su una produttività energetica superiore rispetto al passato. Ciò renderebbe sostenibile una tassazione definitiva di gran lunga inferiore rispetto a quella attuale.
Com’è evidente, se questa proposta direttiva non troverà l’accordo degli Stati membri, l’Unione europea perderà un’importante occasione per rafforzare il processo di transizione energetica, con il rischio che l’obiettivo della decarbonizzazione possa essere compromesso da una disciplina attuale inidonea a disincentivare l’utilizzo dei combustibili fossili – e che addirittura lo promuove.
Tuttavia, ferma la centralità dello strumento fiscale per accompagnare il processo di decarbonizzazione, nella definizione di un nuovo sistema di tassazione dell’energia non si dovrebbe arrivare ad applicare, neppure medio tempore, imposte sull’energia eccessivamente elevate, perché danneggerebbero i settori produttivi, rendendoli non concorrenziali con il resto del mondo, nonché imposte troppo differenziate tra i vari Stati membri. In assenza poi di un meccanismo che vieti la traslazione del tributo sul consumatore finale, i soggetti più vulnerabili ne risulterebbero fortemente danneggiati.