Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

15/02/2021 - Disapplicazione degli aiuti di stato per le calamità naturali: un caso di violazione degli articoli 101 e 384 c.p.c.

argomento: Agevolazioni - Giurisprudenza

La pronuncia in esame affronta la questione dell’applicabilità alla fattispecie  del regime di agevolazione previsto a seguito dell’evento sismico che ha colpito il Molise il 31 ottobre 2002 e nega al contribuente il rimborso del 60% dell’IVA.

» visualizza: il documento (Corte di Cassazione, ord. 27 novembre 2019, n. 30918) scarica file

PAROLE CHIAVE: aiuti di Stato - calamità naturali - disapplicazione - rimborso


di Simona Zitella

  1. L’ordinanza in commento involge un caso di disapplicazione, pro Fisco, del regime degli aiuti di Stato, limitatamente all’IVA e all’IRAP.

Nello specifico, trattasi della disciplina sulle agevolazioni fiscali e previdenziali introdotte in Italia per le imprese aventi sede legale o operativa nei comuni del Molise colpiti dal sisma del 31 ottobre 2002, che prevede una riduzione nella misura del 60% per i tributi e i contributi (in precedenza sottoposti a regime di sospensione) a favore delle suddette imprese (art. 6, co. 4 bis, D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni in L. 28 gennaio 2009, n. 2 e art. 3, co. 2, D.L. 23 ottobre 2008, n. 162, convertito in L. 22 dicembre 2008, n. 201).

Nella fattispecie in esame, il giudice di seconde cure aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate annullando i dinieghi di rimborso di IRPEF, IRAP ed IVA per gli anni dal 2002 al 2008.

Per quanto qui di interesse, l’Agenzia delle entrate ha adito la Suprema Corte asserendo l’avvenuta violazione, da parte del giudice d’appello, di tale disciplina agevolativa per le calamità naturali: la CTR avrebbe erroneamente interpretato il citato sistema normativo nel senso di consentire il rimborso delle imposte versate, e non solo la sospensione da tale versamento, ai contribuenti che erano muniti dei requisiti di legge previsti. Vale a dire che l’ambito di operatività dell’art. 6, co. 4 bis, D.L. n. 185/2008 dovrebbe intendersi limitato ai soli contribuenti che hanno fruito della sospensione del pagamento delle imposte negli anni 2002-2008, dato che l’art. 3, co. 2, D.L. n. 162/2008 prevede il versamento del 40% dell’ammontare dovuto per ciascun tributo “al netto dei versamenti già eseguiti”. Sarebbe così preclusa ogni richiesta di rimborso delle imposte già versate. L’Agenzia delle entrate, pertanto, ha rilevato la non pertinenza al caso di specie della sentenza Cass., sez. trib., 1 ottobre 2007, n. 20641 – invocata dal contribuente a sostegno della richiesta di rimborso – che, con riguardo all’analoga disciplina di cui all’art. 9, co. 17, L. n. 289/2002 prevista per gli eventi sismici che hanno interessato negli anni 1990/1992 le province di Catania, Siracusa e Ragusa, ha ritenuto estensibile quella disciplina anche ai contribuenti che avevano provveduto al versamento delle imposte e che, di conseguenza, ne chiedevano il rimborso.

Con la pronuncia in rassegna la Corte di Cassazione giunge, dapprima, a ritenere infondato il motivo concernente l’inestensibilità delle norme in questione a coloro che abbiano regolarmente adempiuto ai propri obblighi tributari. In particolare, muovendo da un’interpretazione costituzionalmente orientata ex art. 3 Cost., i Giudici rilevano che il regime agevolativo previsto per i soggetti residenti nelle regioni Molise e Puglia, colpiti dagli eventi sismici del 31 ottobre 2002, “opera, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento tra soggetti passivi della medesima fattispecie tributaria, secondo due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il versamento del 40 per cento del dovuto, ed in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 60 per cento di quanto versato al medesimo titolo e risultato parzialmente non dovuto ex post per effetto dell’intervento normativo, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente (Sez. 5, Sentenza n. 19037 del 10/09/2014)”.

Senonché, l’iter motivazionale prosegue introducendo d’ufficio ed ultra petita la problematica del rapporto tra il diritto al rimborso delle agevolazioni fiscali adottate a favore delle zone colpite da calamità naturali ed il divieto di aiuti di Stato di cui all’art. 107 TFUE.

La pronuncia fa richiamo alla decisione della Commissione europea del 14/08/2015, n. C(2015) 5549 final, che ha dichiarato il regime agevolativo dell’art. 6, co. 4 bis, D.L. n. 185/2008 illegale poiché attuato in Italia in violazione dell’art. 108, par. 3, TFUE (ossia il citato regime di aiuti non è stato notificato ed è entrato in vigore senza che la Commissione lo avesse autorizzato) ed incompatibile con il mercato interno, salvo che si tratti di un aiuto individuale compatibile con la normativa europea. È noto infatti che gli Stati prima di adottare un provvedimento a favore delle imprese hanno l’obbligo di comunicarne, mediante notifica, il progetto alla Commissione europea e non devono eseguirlo prima che la Commissione si sia pronunciata sulla relativa compatibilità con il mercato comune; qualora gli Stati concedano aiuti non notificati o non compatibili, la Commissione può disporne la revoca e ordinare il recupero dell’aiuto (sul tema, AA.VV., Aiuti di Stato in materia fiscale, a cura di SALVINI, Padova, 2007; AA.VV., Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, a cura di INGROSSO-TESAURO, Napoli, 2009).

Di tal guisa, la Corte di Cassazione rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Molise la verifica della sussistenza, nella concreta fattispecie, di un aiuto individuale compatibile, al cui ricorrere è subordinato il diritto del contribuente ad ottenere il rimborso del 60%. La CTR, dunque, dovrà accertare lo svolgimento di un’attività economica (commerciale o professionale) da parte del contribuente; successivamente dovrà valutare se il beneficio individuale rispetti il regolamento de minimis applicabile e, in difetto, valutare se sussistono le condizioni di compatibilità di tali aiuti con il mercato interno ove tale beneficio sia destinato a compensare i danni causati da calamità naturale e se sussiste un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti a causa di tale evento e l’aiuto di Stato concesso (per l’analisi dei presupposti di compatibilità con la normativa europea degli aiuti concessi a seguito di calamità naturali si rinvia a BUCCICO, Compatibilità europea degli interventi a sostegno delle aree colpite da calamità naturali, in AA.VV., Interventi finanziari e tributari per le aree colpite da calamità tra norme interne e principi europei, a cura di BASILAVECCHIA - DEL FEDERICO - PACE - VERRIGNI,  Torino, 2016, p. 147 ss.). L’onere di provare tali circostanze grava su colui che chiede il rimborso.

  1. In riferimento all’IVA versata dal contribuente, i Giudici di legittimità hanno escluso, d’ufficio ed ultra petita, l’applicabilità del regime agevolativo evidenziando che “la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia di IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14”. A fondamento del decisum la Suprema Corte pone la circostanza che l’imposta sul valore aggiunto è un tributo armonizzato incomprimibile e che, pertanto, il contribuente non ne può ottenere il rimborso.

Ebbene, anzitutto l’ordinanza in esame desta perplessità sotto il profilo processuale: la questione concernente l’applicabilità o meno, al caso di specie, degli aiuti di Stato viene sollevata dai Giudici per la prima volta nel giudizio di Cassazione, al fine di negare il citato rimborso in ragione dell’asserita violazione del diritto unionale. Tuttavia, come si evince dalla ricostruzione fattuale su delineata, né il contribuente, né l’Agenzia delle entrate avevano dedotto tale motivo nei precedenti gradi di giudizio. Di talché il thema decidendum risultava, in estrema sintesi, così definito in primo e secondo grado: il contribuente aveva chiesto l’applicazione dell’agevolazione prevista per le calamità naturali ai fini del rimborso dell’IVA versata (oltre che dell’IRPEF e dell’IRAP) e l’Agenzia delle entrate aveva espresso un diniego di rimborso.

Diversamente, la Suprema Corte in palese violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. ed in spregio del giudicato interno ha rilevato ex novo nel giudizio di legittimità la questione dell’inapplicabilità, alla fattispecie in esame, del regime agevolativo per divieto di aiuti di Stato (art. 107 TFUE).

Di certo, facendo buon governo del principio iura novit curia (art. 113 c.p.c.) e nel rispetto del principio di effettività (art. 4 TUE), il giudice deve applicare d’ufficio il diritto europeo, senza che le parti possano limitarne la cognizione. Ma, preme rilevare che ove il giudice inquadri la disciplina del rapporto controverso in una norma unionale non evocata dalle parti, tale comportamento non è censurabile per vizio di ultra-petizione (art. 112 c.p.c.) “sempreché il giudizio resti circoscritto nell’ambito dei fatti dedotti” (in questi termini MICCINESI, I principi comunitari nell’esperienza del giudice tributario. La cooperazione della giurisprudenza nazionale nella applicazione del diritto comunitario, in Dir. e prat. trib., n. 4, 2013, p. 866). La rilevabilità d’ufficio della incompatibilità della norma tributaria interna con quella unionale opera anche nel giudizio di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione, purché la questione di diritto prospettata costituisca oggetto del dibattito introdotto con i motivi di ricorso (in tal senso Cass., sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17564; GALLO, L’applicazione d’ufficio del diritto comunitario da parte del giudice nazionale nel processo tributario e nel giudizio di cassazione, in Rass. trib., n. 1-bis, 2003, p. 311 ss.). Ne consegue che il potere di disapplicazione del diritto interno contrastante con il diritto unionale, riconosciuto al giudice in ossequio al principio del primato del diritto europeo, deve essere esercitato nel rispetto dei suddetti limiti di rilevabilità d’ufficio della questione oltre che del giudicato interno.

I Giudici di legittimità, inoltre, come si deduce dall’ordinanza, hanno deciso la controversia sulla base di una questione rilevata ex officio, estranea al dibattito processuale, senza aver previamente invitato le parti ad instaurare su di essa il contraddittorio. Siffatta pronuncia, resa “a sorpresa” (c.d. decisione “della terza via”) viola l’art. 384, co. 3, c.p.c. secondo cui la Corte di Cassazione, se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, deve riservare la decisione ed assegnare con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine (non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione) per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione. Detta norma va integrata con la regola generale prevista dall’art. 101, co. 2, c.p.c. che, oltre ad enunciare la medesima regola per i giudizi di merito e a rafforzare l’art. 183, co. 4, c.p.c., prevede expressis verbis una comminatoria di nullità per omessa sollecitazione del contraddittorio. L’art. 101, co. 2, c.p.c. è senz’altro suscettibile di applicazione in ogni fase o grado del processo (dunque anche nel giudizio di Cassazione) stante la sua collocazione nell’ambito delle «disposizioni generali» del Libro I, Titolo IV del codice di rito. La violazione del dovere del giudice di sottoporre alle parti le questioni rilevate d’ufficio e di provocare il contraddittorio sulle stesse, pertanto, determina il vizio di nullità della sentenza allorché la parte che se ne dolga prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Cass., Sez. un., 30 settembre 2009, n. 20935; Cass., sez. trib., 23 maggio 2014, n. 11453).

A ben vedere, però, in simili casi per le parti si potrebbe configurare un’ulteriore lesione del diritto di difesa, stante l’assenza nel nostro ordinamento di uno strumento che consenta di far valere la menzionata nullità formatasi nell’ultimo grado di giudizio: difatti risulta precluso ogni mezzo di impugnazione, compreso il rimedio revocatorio dato che la mancata attivazione del contraddittorio non può essere ricondotta all’elenco tassativo dei vizi ex art. 395 c.p.c.. Tale vulnus di tutela potrebbe al più dare luogo ad una sola pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo ai sensi dell’art. 6 CEDU (sul punto, v. CONSOLO – GODIO, Art. 101 - Principio del contraddittorio, in Commentario del Codice di Procedura Civile – Vol. II, a cura di COMOGLIO – CONSOLO – SASSANI – VACCARELLA, Milano, 2012, p. 45; FERRARIS, Principio del contraddittorio e divieto di decisioni «a sorpresa»: questioni di fatto e questioni di diritto, in Riv. dir. proc., n. 4-5, 2016, p. 1200; in senso analogo BORGNI, Il principio del contraddittorio e le sentenze “della terza via” nel diritto processuale tributario, in Rass. trib., n. 2, 2011, p. 354 ss.).

Oltretutto risulta opinabile la motivazione addotta dalla Suprema Corte secondo la quale l’IVA è un tributo unionale che non può essere inciso dalle norme interne; in diverse occasioni, difatti, la Corte di Giustizia ha attenuato il concetto di assoluta infalcidiabilità dell’IVA come risorsa propria dell’Unione europea (es. nel concordato preventivo, Corte di Giustizia UE, Sez. II, 7 aprile 2016, causa C-546/14 – Degano Trasporti; nella procedura di esdebitazione del fallito, Corte di Giustizia UE, Sez. VII, 16 marzo 2017, causa C-493/15 – Identi). Ad ogni buon conto, è da considerarsi “indisponibile” e destinata all’Unione una sola quota parte, pari allo 0,30%, dell’IVA nazionale riscossa (cfr. DEL FEDERICO, È incostituzionale l’infalcidiabilità dell’IVA nell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento: riflessioni a margine, Riv. dir. trib., n. 6, 2020, p. 338; sulla natura dell’IVA in termini di risorsa “propria” dell’Unione si rinvia a ARIATTI, Il finanziamento dell’Unione Europea, in AA.VV., La finanza pubblica nei vari livelli di governo. La prospettiva italiana, dai Comuni all’Unione Europea, a cura di DEL FEDERICO - VERRIGNI, Torino, 2019, p. 119 ss.) sicché la disapplicazione ai fini IVA sarebbe tutt’al più dovuta avvenire compatibilmente con il rispetto di tale limite.

  1. La pronuncia, altresì, si inserisce in seno alla riscontrata e discutibile tendenza della giurisprudenza ad utilizzare lo strumento della disapplicazione, della norma interna in contrasto con quella europea, a favore dell’Amministrazione finanziaria e non anche a vantaggio del contribuente. Esempio emblematico di siffatto esito interpretativo è appunto il settore del recupero degli aiuti di Stato non notificati o non compatibili con il mercato comune, che si caratterizza per la prevalente salvaguardia dell’interesse fiscale europeo rispetto alle norme procedimentali. Al riguardo, basti pensare alle ipotesi di disapplicazione del giudicato ex 2909 c.c. (cfr. Corte di Giustizia CE, Grande sezione, 18 luglio 2007 n. 119, causa C-119/05 – Lucchini, che consente, in nome del primato del diritto UE, la disapplicazione del giudicato formatosi in violazione di una decisione della Commissione europea, divenuta definitiva, che abbia in precedenza ordinato il recupero di un aiuto illegale ed incompatibile. Sulla portata del giudicato nell’ambito del recupero degli aiuti di Stato v. QUATTROCCHI, Gli aiuti di Stato nel diritto tributario, Padova, 2020, p. 376 ss.; Cass., sez. I, 27 giugno 2018, n. 16983, che, muovendo dall’effettività del controllo giurisdizionale, conferma la non disapplicazione delle norme processuali interne sull’intangibilità del giudicato in un caso di contrasto tra una speciale indennità prevista da una legge regionale in favore di un allevatore ed il divieto di aiuti di Stato. In tema di disapplicazione dell’autorità di cosa giudicata, v. anche Corte di Giustizia CE, sez. II, 3 settembre 2009, n. 2, causa C-2/08 – Olimpiclub; Corte di Giustizia UE, sez. VI, 16 luglio 2020, n. 424, causa C-424/19 – UR; contra Corte di Giustizia UE, sez. I, 4 marzo 2020, n. 34, causa C-34/19 – Telecom Italia S.p.A.). Si pensi altresì ai casi di disapplicazione del condono in materia di IVA di cui agli artt. 8 e 9, L. 27 dicembre 2002, n. 289 previsto per il terremoto che ha interessato la Sicilia nel 1990 (ex multis, Cass., sez. trib., 23 maggio 2012, n. 8110; Cass., sez. VI, 9 dicembre 2015, n. 24915; Cass., sez. trib., 22 luglio 2015, n. 15407; Id., ord. 6 luglio 2018, n. 17797).

Nel caso di specie, come già avvenuto in occasione del suddetto condono IVA, ad avviso della Corte di Cassazione il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme IVA già corrisposte si pone in contrasto con il diritto unionale (non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano), sicché la disciplina agevolativa va disapplicata. La negazione del rimborso dell’IVA versata in eccedenza rispetto alla successiva riduzione del carico tributario prevista per i contribuenti dei comuni del Molise colpiti dal sisma del 2002 viene ancorata all’interpretazione della Corte di Giustizia (CGUE, sez. VI, ord. 15 luglio 2015, n. 82, causa C-82/14 – Nuova Invincibile srl) resa però con riferimento al terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa. Peraltro, giova evidenziare che, proprio con riferimento ai soggetti residenti nella zona della Sicilia orientale colpiti dal terremoto del 1990, il legislatore nazionale si è invece espresso in senso favorevole alla legittimità del rimborso dell’IVA: l’art. 1, co. 665, Legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014), difatti, non prevede per l’IVA specifiche esclusioni o sospensioni, limitandosi ad escludere l’applicazione del regime agevolativo agli esercenti attività d’impresa (ALFANO, Riduzioni del carico tributario a seguito di calamità naturali e rimborso: dubbi di legittimità interna ed europea, in AA.VV., Interventi finanziari e tributari per le aree colpite da calamità tra norme interne e principi europei, cit., p. 443).

  1. In definitiva, siffatta pronuncia non può ritenersi condivisibile dal punto di vista processuale, poiché i Giudici di legittimità hanno negato al contribuente il diritto al rimborso dell’IVA sulla base di motivi diversi da quelli dedotti dalle parti del giudizio, con violazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa e con consequenziale implicita disapplicazione d’ufficio delle norme sul giudicato interno. Tale disapplicazione, inoltre, appare in conflitto con il principio di autonomia procedurale degli Stati membri ex 5, 4 e 13 TUE in forza del quale le procedure di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata (artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c.) rientrano nell’ordinamento giuridico interno dei singoli Stati e non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né essere strutturate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Dunque, in via di principio, i giudici non potrebbero disapplicare il giudicato, ossia mettere in discussione le norme interne processuali e procedimentali, salvo che vi sia un comportamento degli Stati volto ad applicare norme interne che rendano impossibile o eccessivamente difficoltosa la tutela delle situazioni soggettive di rilievo europeo.

Anche sotto il profilo sostanziale, tuttavia, non convince la disapplicazione ai fini IVA del regime agevolativo operata nel caso di specie atteso che essa si pone nel solco tracciato dal menzionato trend giurisprudenziale che, nell’intento di assicurare l’estrema salvaguardia della primazia del diritto dell’Unione europea, disapplica con effetti a vantaggio del Fisco delineando così uno scenario in cui l’autonomia procedurale degli Stati e la tutela del contribuente vengono compromesse (in argomento v. più ampiamente DEL FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Milano, 2010).