argomento: Agevolazioni - Legislazione e prassi
L’obiettivo del presente contributo è quello di analizzare il rapporto che intercorre tra le legge del 28 dicembre 2015, n. 221, istitutiva del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (c.d. SAD) – il quale costituisce uno strumento informativo per identificare quelle agevolazioni che, pur non avendo l’intento esplicito di danneggiare l’ambiente, producono effetti negativi diretti o indiretti sull’ecosistema – e il Regolamento Tassonomia (Ue/2020/852), che invece identifica i criteri in base ai quali operare la classificazione di sostenibilità delle attività economiche, con lo scopo di promuovere gli investimenti "green". A tale proposito si evidenzia come, sebbene tra tali strumenti vi sia fisiologicamente un disallineamento di criteri e finalità, una maggiore sinergia tra i due potrebbe condurre ad a una transizione ecologica più efficiente ed efficace. Il presente lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto di ricerca Prin PNRR “Fiscalità e finanza pubblica nella transizione verso uno sviluppo economico sostenibile”, finanziato con fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del programma finanziato dall’Unione Europea. NextGeretation UE, PRIN PNRR 2022 Prog. N. P20229KAX2
PAROLE CHIAVE: Catalogo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi - Sussidi Ambientalmente Favorevoli - Regolamento Tassonomia, UE 2020/852
di Giada Stromillo
1. La legge del 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. Collegato ambientale), rubricata “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” ha disposto l’istituzione del c.d. Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, da aggiornarsi entro il 31 luglio di ogni anno e per la cui redazione il Ministero dell’Ambiente può avvalersi del supporto di enti specializzati come l’ISPRA, l’ISTAT, la Banca d’Italia, centri di ricerca, altri ministeri, nonché di Regioni ed enti locali. All’interno del catalogo sono distinti i sussidi pericolosi per l’ambiente, i c.d. SAD, i sussidi ambientalmente favorevoli, i c.d. SAF, nonché i sussidi di carattere neutro (recte: incerto), ossia quei sussidi di cui ancora non si è riusciti ad inquadrare esattamente l’effetto in termini di impatto ambientale.
L’art. 68, co. 1, della suddetta legge stabilisce che la locuzione “sussidi” debba essere interpretata in senso estensivo includendovi incentivi, agevolazioni, finanziamenti ed esenzioni fiscali, purché questi siano direttamente riferibili alla tutela ambientale. Nondimeno, all’interno della macroarea dei sussidi, si è soliti distinguere i sussidi diretti, quando questi provengono direttamente dal bilancio dello Stato (o di altri enti pubblici) e i sussidi indiretti, quando questi si manifestino sotto forma di agevolazioni fiscali, detrazioni o deduzioni.
I sussidi ambientalmente dannosi, SAD, a contrario, costituiscono misure incentivanti sotto forma di agevolazioni e finanziamenti che intervengono riducendo il costo di utilizzo di fonti fossili o di sfruttamento delle risorse naturali, finendo in tal modo per incoraggiare attività economiche che hanno un impatto negativo sull’ambiente e sull’ecosistema. I SAD, quindi, favoriscono attività economiche che pur essendo vantaggiose dal punto di vista finanziario, hanno un impatto nocivo per l’ambiente.
La valutazione inerente all’impatto ambientale, sia esso positivo o negativo, dei sussidi è un’attività molto complessa che si inserisce in tre principali direttrici di analisi che riguardano: le politiche di spesa pubblica con un focus sull’integrazione dei principi di sostenibilità ambientale, il c.d. "inverdimento" (sia per spese correnti – ad es. gli incentivi alla produzione – sia per investimenti in conto capitale – ad es. incentivi diretti agli investimenti produttivi); le politiche tariffarie (ad es. elettricità e gestione dei rifiuti); e, infine, soprattutto, le politiche fiscali che dovrebbero tendere ad una sempre maggiore considerazione l’ambiente (anche) nell’interesse delle generazioni future, in ossequio ai novellati artt. 9 e 41 della Costituzione (in questo senso, il Catalogo esamina forme di esenzioni o agevolazioni concesse a specifiche categorie di beneficiari, che costituiscono un’eccezione rispetto al regime fiscale ordinario).
Al fine di razionalizzare e rendere più trasparente la valutazione dei c.d. SAD, il Catalogo indica una serie di macroaree di rilevanza per i sussidi, quali: agricoltura e pesca; energia (il documento contiene tre focus dedicati al differente trattamento fiscale della benzina e del gasolio in Italia; alle royalties sulla produzione di gas naturale e petrolio; all’ICAO e all’IMO, rispettivamente l’International Civil Aviation Organization e l’International Maritime Organizzation); trasporti e le restanti tipologie (con focus sull’annosa questione relativa al sistema di tariffazione dei rifiuti solidi urbani, all’economia circolare, ai tributi, canoni e tariffe idriche). Individuate le aree, il documento analizza ed illustra i diversi metodi di valutazione (es. quickscan, checklist) e di quantificazione (es. price gap, o costo marginale sociale) delle attività. Ciò permette di mettere a disposizione dei policymaker strumenti di elaborazione delle informazioni necessarie per una rimozione dei SAD ed il rafforzamento dei SAF.
Ciascuna misura è descritta all’interno di una scheda (c.d. carta di identità) con l’obiettivo di fornire le informazioni essenziali sui singoli sussidi e le motivazioni della valutazione ambientale.
Nello specifico, il Catalogo descrive ogni sussidio indicando: il titolo del sussidio, in modo da rendere più fruibile la comunicazione del riferimento alle singole misure; i riferimenti normativi riguardanti la sua introduzione e le eventuali modifiche occorse nel tempo; la sintesi descrittiva delle sue modalità di funzionamento; il livello di riformabilità (viene indicato se il sussidio possa essere riformato autonomamente dal Governo nazionale); la classificazione dell’impatto ambientale e la motivazione della relativa valutazione di sostenibilità.
Da par sua, il Governo (anche sulla spinta dell’OCSE) invita ad una graduale e costante eliminazione dei SAD in quanto sussidi economicamente inefficienti e distorsivi del mercato, i quali possono provocare danni ambientali sia in modo diretto – incentivando un’attività ambientale dannosa – sia in modo indiretto, riducendo il costo di un’attività che usa un input inquinante. A tale proposito, la normativa italiana prevede che il percorso di abbandono dei SAD sia definito seguendo gli obiettivi della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile; i principi di Do No Significant Harm; gli obietti del Green Deal europeo e della strategia Fit For 55%; nonché il Piano Nazionale della transizione ecologica (del resto, secondo le recenti stime di Legambiente, il volume totale dei sussidi dannosi per l’ambiente nel 2023 in Italia ammonta a circa 78, 7 miliardi di euro, così ripartiti: energia 43,3 miliardi, trasporti: 12,45 miliardi, edilizia: 18 miliardi, agricoltura: 3,2 miliardi).
A fronte di tale impegno da parte dello Stato vale comunque la pena evidenziare che la Quinta Edizione del Catalogo, risalente a novembre del 2022, si basa sui dati raccolti nel 2021: da più parti si è evidenziata, quindi, la necessità di un suo rapido aggiornamento. Nondimeno, dal 1° gennaio 2025, entrerà in vigore la l. 30 dicembre 2024, n. 207 (recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”) che adotterà ulteriori misure per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (per approfondimenti sul Catalogo, si legga: PARENTE, Fisco e ambiente, taglio per i sussidi dannosi, in Il Sole 24 ore del 19 ottobre 2024; FICARI, Nella fiscalità ambientale la svolta in una politica premiale, oltre l’incentivo in Il Sole 24 ore del 15 ottobre 2024; BIANCHI, I sussidi fiscali ambientali dannosi: tra problematiche definitorie e spinte all’armonizzazione sovranazionale, in Dir. prat. trib. int., 2022, 4, p. 1357; GIAMPIETRO, Riflessioni sulla tutela dell’ambiente e sulle proposte di riforma di fiscalità ambientale, in Ambiente & Sviluppo, n. 11, 2019, p. 817; QUARANTA, Tassazione ambientale, spreco di denari e sussidi dannosi: la transizione ecologica non sarà una passeggiata, in Ambiente & Sviluppo, n. 5, 2021, p. 352; ZATTI, Sussidi ambientali, una declinazione regionale, in Ecoscienza, n. 6, 2020, p. 28; IANNOTTI – GRASSI, Sussidi ambientali: cosa sono e quanti sono, in Ecoscienza, n. 6. 2020, p. 11; GIAMPIETRO, Tasse ambientali e sussidi dannosi per l’ambiente: note sui dossier nazionali, in Ambiente & Sviluppo, n. 2, 2018, p. 81.).
2. Da un punto di vista giuridico, il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi ha una funzione meramente informativa, si tratta cioè di uno strumento funzionale al monitoraggio e all’identificazione di quei sussidi statali che, come detto, risultano dannosi per l’ambiente.
Dunque, pur non avendo forza cogente diretta, il Catalogo costituisce uno strumento fondamentale di soft law per orientare in senso sostenibile le politiche ambientali statali. In quest’ottica, invero, costituisce (o dovrebbe costituire) un ottimo strumento di monitoraggio degli impegni nazionali, rendendo trasparente l'effettiva riduzione dei SAD nel corso tempo (non è un caso che la l. n. 221/15 abbia imposto l’obbligo di aggiornamento annuale del Catalogo al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica).
In sostanza, pur non avendo forza vincolante, il Catalogo rappresenta non solo una bussola per le politiche interne ma anche un mezzo per monitorare gli impegni assunti in ambito europeo ed internazionale dallo Stato (ad es., nell'ambito del Green Deal europeo e degli accordi sul clima).
A tale proposito, è noto che al fine di aumentare gli investimenti sostenibili ed evitare il fenomeno del c.d. greenwashing, la Commissione europea ha introdotto il c.d. Regolamento Tassonomia (Regolamento UE 2020/852, da ultimo aggiornato con i regolamenti Ue 2023/2485; 2023/2486 e 2023/2772),uno strumento normativo che definisce criteri univoci per la classificazione delle attività sostenibili stabilendo i criteri per identificare le attività economiche che contribuiscono agli obiettivi climatici dell'Unione europea e richiedendo che le attività soddisfino determinati requisiti in termini di impatti ambientali, sociali e di governance (a tale proposito si legga: GIACOMELLI – LUONGO – PONZIO, Piani di transizione ecologica delle imprese: strategie di decarbonizzazione, in Bilancio e Revisione, 2025, n. 1, p. 49; ZANIBONI – CENTINI, Tassonomia europea, tematiche applicative e suggerimenti, in Edicola Fisco, 19 novembre 2024, p. 15; BAGLIANI – PIETTA – S. BONATI, Il cambiamento climatico in prospettiva geografica. Aspetti fisici, impatti, politiche, Bologna, 2020; TROCINO, La tassonomia Ue colonna portante della sostenibilità, in Il Sole 24 ore del 31 agosto 2024, p.10; COMELLI, Profili europei della tassazione ambientale, in Dir. prat. trib., 2023, 6, p. 2264; URICCHIO, Le prospettive di riforma della fiscalità ambientale in ambito UE nell’ottica della transizione ecologica e della fiscalità circolare, in Riv. dir. trib. int., 2022, 1, p. 15; LUISON – PACQUOLA, La tassonomia europea, in Amministrazione & Finanza, n. 8 – 9, 2022, p. 7; RASPADORI, Il contributo dell’Unione europea alla ricostruzione della nozione di economia circolare, in Dir. Un. Eur., 2021,3, p. 553 e ss.).
Ebbene, alla luce del Regolamento Tassonomia, per essere classificata come sostenibile un'attività deve: contribuire sostanzialmente a uno o più dei sei obiettivi (mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine; transizione verso un'economia circolare; prevenzione e controllo dell'inquinamento; protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi); non arrecare danni significativi agli altri obiettivi (Do No Significant Harm, c.d. DNSH); rispettare le salvaguardie minime sociali e di governance così come desumibili dalle principali norme di diritto internazionale in materia di diritti fondamentali e dal diritto dell’Unione.
È possibile evidenziare, dunque, come la funzione del Catalogo SAD sia quella di individuare quei finanziamenti che, pur non essendo destinati esplicitamente a danneggiare l'ambiente, hanno effetti dannosi diretti o indiretti su quest’ultimo. Il Regolamento Tassonomia, invece, è un atto normativo che classifica le attività economiche in base alla loro sostenibilità ambientale, al fine di favorire gli investimenti in attività classificate come "sostenibili".
Questi due atti, dunque, si affiancano ma si differenziano quanto ad approccio metodologico: il Catalogo SAD si concentra sull'individuare gli incentivi pubblici che, pur non essendo formalmente destinati a danneggiare l'ambiente, hanno effetti collaterali negativi (es. i sussidi a favore della produzione di energia da fonti fossili) in termini di sostenibilità; il Regolamento Tassonomia, invece, si basa su un sistema di classificazione delle attività economiche che cerca di premiare quelle che sono nettamente sostenibili. In altri termini, l'approccio della tassonomia punta a promuovere attività che abbiano un impatto positivo tangibile sull'ambiente, piuttosto che a penalizzare indirettamente quelle dannose.
3. Il Catalogo SAD, pertanto, potrebbe essere utilizzato come strumento operativo per identificare sussidi che devono essere eliminati o riconvertiti per rispettare i criteri della Tassonomia. Di conseguenza, gli Stati membri – inclusa l’Italia – dovrebbero allineare le loro politiche fiscali agli standard europei e, coerentemente, le risorse liberate dalla rimozione dei SAD potrebbero essere riallocate per finanziare attività conformi alla Regolamento Tassonomia.
Si tratta di due documenti, quindi, che potrebbero potenzialmente operare in una relazione di sinergia, dal momento che entrambi promuovono trasparenza e accountability: da un lato, il Catalogo, che consente ai cittadini di conoscere l'impatto ambientale dei sussidi, dall’altro, il Regolamento Tassonomia, che richiede alle aziende e agli investitori di rendicontare l’allineamento delle loro attività ai criteri di sostenibilità.
Il Catalogo SAD, dunque, può essere uno strumento di supporto per l’applicazione del Regolamento Tassonomia a livello nazionale, favorendo l’allineamento delle politiche fiscali italiane con le priorità europee. A sua volta, le indicazioni provenienti dal Regolamento Tassonomia possono guidare la valutazione di sostenibilità da condursi ai fini della qualifica di un determinato sussidio come SAD o SAF.
Come anticipato, tuttavia, il disallineamento metodologico attualmente esistente tra il Catalogo SAD e il Regolamento Tassonomia è evidente e riguarda principalmente le differenze nei criteri, nell'interpretazione e nell'approccio adottato per identificare e classificare i sussidi dannosi per l'ambiente, e come questi si rapportano agli obiettivi di sostenibilità (in proposito si legga: GORTSOS – CHRISTOS – KYRIAZIS, The Taxonomy Regulation and Its Implementation in Sustainable Finance in Europe: Corporate Governance, Financial Stability and Financial Markets. Cham: Springer International Publishing, in European Banking Institute Working Paper Seire, 2023, no. 136; GREGGI, The ESG Criteria Impact on Taxation, 24 settembre 2024; GRIBNAU, Sustainable tax governance: a shared responsibility, in eJournal of Tax Research 2024 vol. 22, no. 3, pp. 492-517; COPPOTELLI, La strategia europea sullo sviluppo sostenibile. In particolare, la finanza sostenibile e le modifiche al quadro regolamentare europeo, in Analisi Giuridica dell'Economia, Il Mulino, 2022, pp. 293-314; ECZURRA, Environmental challenges and tax law, in A Research Agenda for Tax Law, in, Edward Elgar Publishing, 2022, pp. 47-64).
Sicuramente, anzitutto, il processo di valutazione inerente alla sostenibilità dovrebbe incorporare i criteri derivanti dal Regolamento Tassonomia: essendo ormai pacificamente riconosciuto che il tema della sostenibilità può essere affrontato soltanto attraverso un approccio ad ampio raggio, armonizzato a livello sovranazionale, è evidente che – anche nelle aree in cui non si è ancora pervenuti ad un pieno processo di armonizzazione, quali la materia tributaria – la ricerca di un metodo comune di definizione delle strategie regolatorie diviene un momento essenziale per l’affermazione di una strategia comune di gestione della transizione sostenibile. Tale processo deve, di conseguenza, tradursi in un allineamento, se non sulla struttura dei singoli tributi, quanto meno sui criteri con cui questi (e i sistemi agevolativi) vengono sviluppati.
In ragione di ciò, appare auspicabile un maggiore dialogo tra i due documenti, in ossequio al principio di armonizzazione di cui agli artt. 113 e 191, co.2, TFUE.
In altri termini, ai fini di una maggiore linearità tra i due strumenti – ed i rispettivi obiettivi – sarebbe utile integrare le procedure di analisi ai fini della redazione del Catalogo SAD con i criteri tecnici della Tassonomia europea; ciò consentirebbe, nei fatti, di armonizzare le politiche fiscali nazionali con gli obiettivi comunitari di materia di sostenibilità (peraltro, senza bisogno di un espresso intervento novativo).
Certamente appare ineliminabile quel parziale disallineamento strutturale, riscontrabile tra Catalogo SAD e Regolamento Tassonomia, il quale si osserva in termini di approccio metodologico, riconducibile alla loro diversa funzione: laddove il Catalogo utilizza un metodo c.d. “per oggetto”, identificando il sussidio dannoso, la Tassonomia accoglie un approccio “per processo”, identificando il metodo con cui qualificare un’attività come sostenibile e non esprimendo giudizi di merito in termini di suo esito. Pur stante questa ineliminabile distonia, è tuttavia evidente come lo “scarto” attualmente esistente possa essere ridotto tramite un utilizzo top-down dei criteri della Tassonomia per la redazione Catalogo – ossia ricorrendo alle indicazioni provenienti dal diritto comunitario per informare l’operatività del diritto nazionale. Una tale scelta appare, in ultima analisi, non esclusivamente giustificata da ragioni di gerarchia formale tra le fonti, ma di metodo nella struttura dei due documenti.
Si consideri, inoltre, che il fatto che il Catalogo non sia stato, nei fatti, aggiornato con cadenza annuale (come invece prescrive la l. n. 221/15) risulta ulteriormente problematico all’interno di un contesto in cui negli ultimi anni le variazioni e gli aggiornamenti in materia di sostenibilità si sono rivelati frequenti, proprio in virtù della strutturale incertezza che caratterizza la “futuribilità” delle politiche ambientali (si pensi, per richiamare alcuni elementi al centro del dibattito recente, agli sviluppi occorsi in materia di valutazione dell’impatto ambientale dei veicoli elettrici, ovvero relativi alla valutazione delle strategie di fissione e fusione nella produzione di energia nucleare).
Una maggiore sinergia tra i due documenti non solo in fase di individuazione delle metodologie, ma anche in fase di regolare aggiornamento delle stesse potrebbe, pertanto, migliorare la trasparenza e la coerenza delle politiche pubbliche (e, indirettamente, private) contribuendo a una transizione ecologica più efficiente ed efficace.