argomento: Agevolazioni - Legislazione e prassi
Il Piano Transizione 5.0 rappresenta un’evoluzione significativa della politica industriale italiana, con l'obiettivo di integrare la sostenibilità ambientale e l’innovazione tecnologica in linea con i criteri stabiliti dalla tassonomia europea e dal Green Deal. Il presente contributo intende analizzare il ruolo del credito d’imposta Transizione 5.0, come leva per promuovere investimenti privati in innovazione che garantiscano una riduzione dei consumi energetici e un miglioramento dell’efficienza produttiva. La ricerca si concentra sull’interazione tra la normativa nazionale e il Regolamento UE 2020/852, evidenziando come gli obiettivi ambientali della tassonomia europea guidino la progettazione e l’implementazione della misura agevolativa nazionale. Il contributo esplora, inoltre, la ridefinizione del concetto di innovazione nell’ambito della Transizione 5.0, inteso come un processo sinergico tra progresso tecnologico e sostenibilità ambientale. Viene evidenziato il ruolo strategico della fiscalità promozionale nella transizione verso un’economia a basso impatto ambientale, dimostrando come il quadro normativo italiano si inserisca nel contesto europeo per stimolare un modello di sviluppo industriale sostenibile e responsabile. Progetto di ricerca Prin PNRR “Fiscalità e finanza pubblica nella transizione verso uno sviluppo economico sostenibile” finanziato con fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Programma finanziato dall’Unione Europea. NextGenerationEU, PRIN PNRR 2022 Prog. N. P20229KAX2.
PAROLE CHIAVE: transizione 5.0 - innovazione sostenibile - sostenibilità ambientale
di Rosy Virzì
1. La correlazione tra evoluzione digitale e tutela ambientale rappresenta un elemento centrale nelle dinamiche di sviluppo contemporanee, caratterizzandosi per la sua complessità intrinseca.
La transizione digitale, pur agendo come catalizzatore nella promozione della sostenibilità ambientale, genera contestualmente criticità rilevanti sul fronte della tutela dell’ambiente
Parte della dottrina ha, invero, evidenziato le difficoltà e le contraddizioni insite in un processo evolutivo che miri a coniugare i due ambiti, sottolineando come la rivoluzione digitale possa comportare costi significativi di natura sociale, economica e ambientale (F. PERRONE, Innovazione: luci ed ombre di un dibattito attuale, in Economia e innovazione, a cura di F. Pellegrini, A. Tiberi, Milano, 2016; S. EPIFANI, Sostenibilità digitale: Perché la sostenibilità non può prescindere dalla trasformazione digitale, Roma, 2020; G. PIRINA, I costi umani e ambientali del digitale, in Il Mulino, n. 3, Bologna, 2022).
Se da un lato la digitalizzazione offre opportunità uniche per ridurre l’impatto ambientale – come l’ottimizzazione dei processi produttivi, la riduzione dei consumi energetici e l’introduzione di modelli di economia circolare – dall’altro l’utilizzo di tecnologie digitali comporta un utilizzo significativo di risorse naturali e richiede un notevole dispendio energetico necessario al loro mantenimento e funzionamento (per approfondimenti sul rapporto tra digitalizzazione e tutela ambientale si vedano: P. DE PASQUALE, Sostenibilità e trasformazione digitale: paradigmi a confronto nella disciplina dell'Unione europea, in Il diritto dell’Unione europea, n. 2, 2022; E. GIOVANNINI, L'Italia e le sfide della sostenibilità, Il Mulino, Bologna, 2023; A. MARRONE, Sostenibilità e digitalizzazione, Milano, 2022; a livello internazionale si segnala: S. AKSIN-SIVRIKAYA, C.B. BHATTACHARYA, Where Digitalization Meets Sustainability: Opportunities and Challenges, in T. OSBURG, C. LOHRMANN, Sustainability in a Digital World, Berlino, 2017, pp. 37-49).
Dette tecnologie generano, inoltre, inevitabili residui di lavorazione e materiali potenzialmente inquinanti; si pensi, a titolo esemplificativo, ai rifiuti elettronici, alle emissioni derivanti dalle attività operative del settore ICT, incluse quelle legate al consumo energetico quotidiano delle infrastrutture come i data center, che contribuiscono in misura rilevante all’incremento delle emissioni di gas serra.
Tale dualismo rende imprescindibile un quadro normativo integrato e coerente, capace di disciplinare in maniera organica l’interazione tra la transizione ambientale e tecnologia, sia in ambito europeo che nazionale.
In ambito europeo un ruolo rilevante è svolto dal Regolamento UE 2020/852 (di seguito anche “regolamento tassonomia”) e dal principio “Do No Significant Harm” (DNSH), volti ad orientare la transizione ambientale in un’ottica sostenibile.
Nella medesima prospettiva si pone, in ambito nazionale, il Piano Transizione 5.0. Esso si prefigge di promuovere un’innovazione sostenibile, armonizzando gli obiettivi di tutela ambientale con quelli di digitalizzazione.
A tal fine, il Piano si avvale della leva fiscale come strumento fondamentale, configurandosi come un modello evolutivo capace di coniugare incentivi economici e politiche ambientali orientate alla sostenibilità.
Questo approccio si colloca in piena coerenza con la tassonomia europea, recepita e applicata come quadro normativo di riferimento, indirizzando gli interventi verso attività economiche rispondenti a criteri ambientali, sociali e di governance (ESG).
In tale quadro, la fiscalità assume un ruolo determinante come strumento propulsivo per una crescita economica equilibrata e rispettosa dell’ecosistema globale.
Alla luce di quanto esposto, si rende necessario inquadrare il Piano Transizione 5.0 nel contesto delle categorie giuridiche vigenti in materia ambientale, così come definite a livello europeo e nazionale. In particolare, risulta essenziale dapprima analizzare la relazione tra la Transizione 5.0 e la tassonomia europea e, in seguito, approfondire il nuovo concetto di innovazione che emerge dalla normativa di riferimento.
2. La disciplina normativa della Transizione 5.0 si sviluppa in risposta alle politiche europee delineate dal Green Deal e dalla tassonomia europea, che stabiliscono – come anticipato - obiettivi per una crescita economica sostenibile e a basso impatto ambientale (per approfondimenti sulle politiche europee in materia ambientale si vedano R. MICELI, Green Deal e politiche fiscali territoriali. il nuovo quadro europeo dell’integrazione per differenziazione, in Riv. Trim. Dir. Trib., 1/2022, pp. 137-164; A. COMELLI, Riflessioni sulla tassazione ambientale, all’epoca della pandemia innescata dal COVID 19, nella prospettiva di un’ampia riforma tributaria, in Dir. prat. trib., 2021, p. 44).
In quest’ottica, il Piano Transizione 5.0, introdotto dall’art. 38 del D.L. 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni nella L. 29 aprile 2024, n. 65, in attuazione della Misura 7 – Investimento 15 “Transizione 5.0” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), istituisce un credito d’imposta che consente di ottenere un incentivo fino al 45% (63% in alcuni casi) per i progetti di innovazione che comportino una riduzione dei consumi energetici delle aziende.
L’impiego del credito d’imposta da parte del legislatore, quale strumento finalizzato al perseguimento di obiettivi ambientali, sottolinea la ben nota funzione promozionale della fiscalità, volta alla protezione di interessi sociali considerati meritevoli di tutela (sulla tema si rinvia a F. GALLO, Il tributo quale indispensabile strumento di politiche redistributive, in Rass. trib., 2021, p. 273; R. MICELI, Solidarietà europea e fiscalità ambientale. le nuove prospettive di sviluppo della tassazione nell’unione, in Il diritto tributario alla prova del III Millennio, dalle origini alle riforme, nel segno della sostenibilità, Napoli, 2024, 370; A. COMELLI, Profili europei della tassazione ambientale, in Dir. prat. trib., 2023, 2264-2282; A.F. URICCHIO, Le prospettive di riforma della fiscalità ambientale in ambito UE nell’ottica della transizione ecologica e della fiscalità circolare, in Riv. dir. trib. int., 2022, 15 ss.; AA.VV. La dimensione promozionale del fisco, a cura di Uricchio, Aulenta, G. Selicato, Bari, 2015, passim).
È ampiamente riconosciuto, infatti, che la funzione promozionale della fiscalità si configura quale strumento imprescindibile per orientare l'economia e la società verso obiettivi di sviluppo sostenibile, crescita economica e miglioramento delle condizioni sociali. Mediante una pianificazione accurata e un’applicazione strategica, il sistema fiscale è in grado di influenzare i comportamenti di individui e di imprese, favorendo i settori ritenuti prioritari per il progresso collettivo e meritevoli di particolare attenzione e tutela.
In tale assetto, le agevolazioni fiscali rappresentano strumenti di politica economica, impiegate per raggiungere specifici obiettivi di sviluppo socio-economico, essendo idonei ad incidere sulle scelte dei singoli consociati.
La deroga all’imposizione ordinaria, dunque, è stata da sempre giustificata dalla presenza di valori di rango costituzionale da riconoscere e valorizzare, anche attraverso la leva fiscale (cfr. sulla nozione di agevolazioni fiscali, S. LA ROSA, Esenzioni ed agevolazioni tributarie, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1989, 1; ID., Le agevolazioni fiscali, in A. Amatucci (a cura di), Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, I, 401.; F. FICHERA, Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992, 24; ID., Agevolazioni fiscali, bilancio delle tax expenditures e politica tributaria: il caso italiano, in Rass. trib., 2012, 994).
Attraverso l’introduzione del credito d’imposta previsto dal Piano Transizione 5.0, il legislatore promuove, quindi, comportamenti virtuosi da parte delle imprese, orientandole verso investimenti in tecnologie avanzate e processi produttivi a basso impatto ambientale in un quadro di armonizzazione normativa tra i livelli nazionale ed europeo.
3. L’analisi del tema in esame impone una riflessione preliminare in relazione al concetto di tassonomia in materia ambientale.
La tassonomia rappresenta l’operazione con la quale si definisce una semantica comune in materia ambientale nell’Unione Europea, inquadrabile nell’ambito della strategia di crescita denominata European Green Deal, adottata dalla Commissione Europea nel 2019, che mira a fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Tale piano ha posto le basi per una strategia di crescita che combina la transizione ecologica con lo sviluppo economico, sociale e tecnologico.
In particolare, al fine di individuare un percorso di evoluzione comune ai singoli Stati membri, l’Unione Europea con il Regolamento UE 2020/852 ha previsto una vera e propria classificazione uniforme delle attività economiche considerate sostenibili dal punto di vista ambientale, attraverso l’individuazione di canoni omogenei e condivisi.
Il predetto regolamento, ai sensi dell’art. 9, individua sei obiettivi ambientali che costituiscono la base della tassonomia per la finanza sostenibile.
Il primo obiettivo prevede la mitigazione dei cambiamenti climatici, secondo il quale l'attività economica deve contribuire alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, in linea con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi e con il percorso europeo che mira alla neutralità climatica entro il 2050.
Il secondo obiettivo, strettamente connesso al primo, riguarda l’adattamento ai cambiamenti climatici, per cui le attività devono migliorare la resilienza e la capacità di adattamento ai rischi climatici, riducendo la vulnerabilità dei sistemi naturali e antropici.
Il terzo obiettivo è rappresentato dall'uso sostenibile e dalla protezione delle acque e delle risorse marine, che richiede all'attività di promuovere una gestione responsabile delle risorse idriche e marine, tutelando la qualità delle acque e preservando gli ecosistemi acquatici.
La transizione verso un'economia circolare costituisce il quarto obiettivo e impone che l'attività economica favorisca l'efficienza delle risorse, riduca i rifiuti e adotti pratiche che incentivino il riutilizzo, il riciclo e la diminuzione del consumo di materie prime.
Il quinto obiettivo è volto alla prevenzione ed alla riduzione dell'inquinamento, richiedendo che l'attività contribuisca a prevenire o ridurre l'emissione di sostanze inquinanti nell'atmosfera, nelle acque o nel suolo, al fine di migliorare la qualità ambientale complessiva.
Infine, l'ultimo obiettivo contemplato dalla normativa europea attiene alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Il medesimo regolamento, inoltre, all’art. 3, precisa le condizioni che le attività devono rispettare per essere qualificate come sostenibili.
Nello specifico, si chiarisce che un’attività economica, per essere classificata come sostenibile, non solo deve contribuire in modo sostanziale alla realizzazione di uno degli obiettivi sopra elencati ma non deve arrecare danno a nessuno dei restanti obiettivi ambientali delineati dal regolamento secondo il principio del “Do No Significant Harm” (DNSH). Si tratta di un principio considerato indispensabile per garantire che i benefici apportati in un’area non compromettano altri aspetti della sostenibilità, promuovendo un approccio equilibrato e integrato a favore dell’ambiente.
Inoltre, è necessario che l'attività economica sostenibile rispetti le garanzie minime sociali, come stabilito dall'art.18 del regolamento tassonomia, secondo cui ogni attività sostenibile deve essere conforme ai principi fondamentali dei diritti umani e dei diritti del lavoro, così come sanciti da convenzioni internazionali riconosciute, come l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). L’inclusione delle suddette garanzie mira a promuovere una sostenibilità che coniughi la tutela ambientale con il rispetto di standard etici e dei diritti umani, garantendo un impatto positivo anche sul piano sociale.
La tassonomia europea adotta un approccio integrato, che esclude dal novero delle attività sostenibili quelle in contrasto con i diritti fondamentali o le norme di responsabilità aziendale. Essa mira a coniugare la protezione ambientale con il benessere umano, promuovendo un modello di sviluppo coerente con i principi europei.
In tale contesto, è necessario che sia i soggetti privati che gli Stati membri contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Gli Stati, in particolare, devono adottare strumenti normativi idonei a favorire lo sviluppo economico sostenibile, attraverso politiche che incentivino l’innovazione nel rispetto dei principi ambientali e sociali.
4. L’introduzione del Piano Transizione 5.0 a livello nazionale risponde certamente alla predetta logica, volta a realizzare uno degli obbiettivi individuati dal regolamento (ossia quello della prevenzione e della riduzione dell’inquinamento) mediante progetti che rientrino nella nozione di sostenibilità, come si evince dalla norma che lo introduce (cfr. per la nozione di “Industria 5.0”, cfr. Industry 5.0 - Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry (2021) sito https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/468a892a-5097-11eb-b59f-01aa75ed71a1/, secondo cui il concetto di “Industria 5.0” è caratterizzato da un approccio valoriale all’attività industriale, in cui si dà importanza ad aspetti come sostenibilità e riduzione degli impatti dell’attività umana sull’ambiente).
Tale piano si colloca in un contesto giuridico in evoluzione, caratterizzato dall’adeguamento delle disposizioni fiscali e ambientali alle direttive europee in materia di sostenibilità.
In particolare, la predetta disciplina, concepita per stimolare la ripresa economica nel periodo post-pandemico, conferma la volontà del legislatore di orientare le imprese verso modelli di sviluppo che rispettino criteri economici, sociali e ambientali.
La Transizione 5.0 rappresenta un’evoluzione del precedente Piano Transizione 4.0 (per approfondimenti in tema di Transizione 4.0 si segnala A. SALENTO, Industria 4.0, imprese, problemi interpretativi e prospettive, in Riv. giur. del lavoro e della previdenza sociale, 2017, pag. 175; R. MICELI, Il piano Industria 4.0 e la materia tributaria: principi generali e discipline specifiche, in Ricerca e sviluppo quali fattori di promozione e di crescita per le imprese, Napoli, 2020, 65 ss.; A. URICCHIO, La fiscalità dell’innovazione nel modello industriale 4.0, in Rass. trib., 2017, 1041).
Quest’ultimo racchiude un insieme di misure organiche e complementari in grado di favorire gli investimenti per l’innovazione e per la competitività, essendo stato introdotto per favorire la ricerca all’interno dei processi industriali e sostenere una trasformazione tecnologico dei procedimenti produttivi.
Diversamente, il Piano Transizione 5.0 supera le suddette finalità e viene ampliato con nuovi obiettivi, focalizzati sulla sostenibilità ambientale e sull’inclusione sociale, in conformità con i principi della tassonomia Europea.
In questa ottica, il Piano prevede un credito d’imposta proporzionale alle spese sostenute dalle imprese per determinate tipologie di investimenti effettuati ed è subordinato al ricorrere di specifici criteri di sostenibilità e compatibilità ambientale.
Gli investimenti agevolabili sono suddivisi in categorie definite dal decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy del 24 luglio 2024, caratterizzate dalla necessità di rispettare congiuntamente due requisiti essenziali: i. l’implementazione di tecnologie avanzate (in conformità con gli obbiettivi del Piano Transizione 4.0); ii. la riduzione dei consumi energetici (caratterizzanti il Piano Transizione 5.0).
In conformità all’art. 38 del Decreto-Legge 19/2024, sono ammissibili alle agevolazioni gli investimenti realizzati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025, riferiti a strutture produttive ubicate sul territorio nazionale.
Tali investimenti possono riguardare beni materiali e immateriali nuovi, funzionali all’esercizio dell’attività d’impresa e individuati negli Allegati A e B della Legge 232/2016 (cosiddetti beni “4.0”), interconnessi al sistema aziendale.
Ne consegue che rientrano nell’agevolazione i medesimi beni già previsti dal precedente Piano nazionale Transizione 4.0, purché inseriti in progetti innovativi “sostenibili”, volti a ottenere una riduzione dei consumi energetici.
Oltre agli investimenti in beni materiali e immateriali, risultano agevolabili anche le spese di formazione del personale, purché siano mirate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi.
5. L’analisi della disciplina normativa relativa al credito d’imposta Transizione 5.0 evidenzia significative convergenze con gli obiettivi e gli strumenti delineati dal regolamento europeo sulla tassonomia.
In primo luogo, il credito d’imposta si allinea al primo obiettivo della tassonomia, ossia la mitigazione dei cambiamenti climatici, promuovendo interventi volti a migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di gas serra.
Tale misura, infatti, è finalizzata alla diminuzione dei consumi energetici, contribuendo così al raggiungimento di uno degli obiettivi previsti dal regolamento.
La riduzione dei consumi energetici ha una connessione diretta con la prevenzione e la diminuzione dell’inquinamento, come evidenziato dall’articolo 9, lettera e) del Regolamento 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio. Questo obiettivo si concretizza nel contenimento delle emissioni di CO2 e di altri inquinanti atmosferici, quali ossidi di azoto (NOx) e anidride solforosa (SO2), responsabili di significativi danni all’ambiente ed alla salute pubblica.
In secondo luogo, in linea con l’articolo 3, lettera b) del medesimo regolamento tassonomia, il Piano Transizione 5.0 ha previsto specifiche esclusioni dall’accesso al beneficio fiscale per garantire il rispetto del principio del “do no significant harm” (DNSH).
Sono, pertanto, esclusi gli investimenti associati a combustibili fossili, rifiuti e attività ad alta intensità di emissioni di gas serra o sostanze inquinanti, ritenuti dannosi per l’ambiente.
Le predette limitazioni garantiscono che le agevolazioni fiscali siano riservate esclusivamente a interventi compatibili con gli standard di sostenibilità stabiliti dalla normativa europea, riducendo il rischio di fenomeni di greenwashing.
Per maggiore chiarezza espositiva, occorre individuare alcuni esempi concreti volti ad illustrare l’incidenza che la tassonomia europea esercita sulla disciplina dell’agevolazione fiscale in esame, orientando i benefici verso interventi che rispettino rigorosi criteri di sostenibilità ambientale.
Tra questi è possibile citare gli investimenti volti all’efficientamento energetico, come la sostituzione di macchinari obsoleti con tecnologie avanzate a basso consumo energetico, che devono dimostrare un contributo concreto alla riduzione delle emissioni di gas serra, in coerenza con gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici definiti dal Regolamento UE 2020/852. Tale conformità viene attestata mediante certificazioni specifiche, garantendo così che le attività agevolate siano effettivamente sostenibili.
Analogamente, il credito d’imposta Transizione 5.0 sostiene i progetti di economia circolare, come il riciclo dei materiali di scarto o l’adozione di tecnologie digitali per ridurre la quantità di rifiuti destinati alle discariche, purché tali interventi rispettino gli standard della tassonomia sulla prevenzione dell’inquinamento.
Similmente, gli investimenti in digitalizzazione sostenibile, come l’adozione di sistemi avanzati di intelligenza artificiale per ottimizzare la logistica e per ridurre le emissioni derivanti dai trasporti, possono accedere al beneficio fiscale, purché conformi al principio del “Do No Significant Harm” (DNSH).
Ne consegue che il credito d’imposta 5.0 garantisce che l’agevolazione sia riservata esclusivamente a progetti che rispettino determinati livelli di sostenibilità ambientale e si inserisce in un rapporto di complementarietà con la tassonomia europea, rafforzandone i principi e integrandoli nella disciplina tributaria.
In tal senso, esso rappresenta una declinazione operativa dei criteri europei, rendendo la sostenibilità ambientale una condizione imprescindibile per l’accesso ai benefici fiscali.
6. Dall’analisi della disciplina normativa in tema di Transizione 5.0 emergono alcune peculiarità in ordine all’individuazione dei progetti innovativi che consentono di fruire del beneficio fiscale in esame.
Ed invero, la nozione di innovazione delineata dal Piano Transizione 5.0 si distingue da quella precedentemente emersa nell’ordinamento giuridico.
Al fine di delineare la portata della nozione di innovazione, rilevante ai fini fiscali, si precisa che il documento più significativo sul tema è rappresentato dal Manuale di Oslo, redatto in sede OCSE nel 1992 ed aggiornato al 2018, nel quale l’innovazione viene espressamente definita come un obiettivo primario del mercato in quanto funzionale al raggiungimento di un adeguato posizionamento delle imprese rispetto ai livelli di competitività richiesti dalla attuale società.
In sostanza, in tale documento l’innovazione viene riferita unicamente alle soluzioni tecnologiche avanzate che comportano un incremento o un miglioramento delle conoscenze tanto dei prodotti (innovazione di prodotto) quanto dei processi aziendali (innovazione di processo); parimenti in tale documento vengono indicati i fattori aziendali (costi del lavoro, immobilizzazioni materiali, software, etc.) che usualmente concorrono ai progetti di innovazione nell’ambito delle attività di impresa (per qualsivoglia approfondimento sulla nozione di innovazione di rinvia a J.D. BERNAL, Science and industry in the nineteenth century, Oxford 1953; C. FREEMAN, C. PEREZ, Structural crises of adjustment, business cycles and investment behaviour, in Technical change and economic theory, Londra, 1988, 38 ss.).
In considerazione di quanto sopra, la nozione di innovazione tradizionalmente riguarda le prospettive delle imprese in quanto è volta a consolidare e migliorare la loro posizione di mercato in un contesto altamente concorrenziale.
Diversamente, dal Piano Transizione 5.0 emerge una nozione di innovazione che si discosta da quella tradizionale in quanto si fonda su una visione strategica che integra la dimensione tecnologica con quella ambientale. L’innovazione – in una prospettiva 5.0 - non attiene più alla sola dimensione dell’impresa e del suo mercato ma contempla interessi ulteriori, collettivi, come la tutela dell’ambiente.
Pertanto, pare che il Piano Transizione 5.0 identifichi l’innovazione come un punto di incontro tra la competitività industriale e la protezione ambientale, evitando di trattare questi due aspetti come entità separate; al contrario, integra le ambizioni di crescita economica con la necessità di rispettare i limiti ambientali, proponendo un modello in cui il progresso tecnologico diventa lo strumento chiave per raggiungere obiettivi di sostenibilità.
Le imprese, quindi, sono spinte a trasformare i loro processi produttivi, rendendoli più efficienti, rispettosi dell’ambiente e orientati a uno sviluppo responsabile e resiliente.
7. In conclusione, la normativa sulla Transizione 5.0 segna un momento di svolta nelle politiche industriali italiane, configurandosi come un punto di incontro tra sostenibilità ambientale, innovazione tecnologica e fiscalità promozionale. Tale approccio ridefinisce il concetto stesso di innovazione, che non può più prescindere da una prospettiva sostenibile dal punto di vista ambientale. La Transizione 5.0, infatti, rappresenta una nuova fase dell’evoluzione tecnologica e industriale, ampliando gli orizzonti delle precedenti rivoluzioni industriali e ponendo la protezione dell’ambiente come elemento imprescindibile dello sviluppo economico.
Questa ridefinizione trova concreta applicazione nell’individuazione dei requisiti oggettivi per accedere al credito d’imposta 5.0, disciplinato dall’art. 38 del D.L. 2 marzo 2024, n. 19. I costi ammissibili al beneficio fiscale devono essere valutati alla luce dei criteri di sostenibilità e degli obiettivi ambientali stabiliti a livello europeo, garantendo una coerenza con le politiche comunitarie in materia di transizione ecologica.
La stretta integrazione con la tassonomia europea rafforza ulteriormente l’efficacia della Transizione 5.0, assicurando che gli investimenti incentivati rispettino rigorosi standard di sostenibilità e contribuiscano agli obiettivi del Green Deal Europeo. Tale integrazione non solo promuove il raggiungimento degli obiettivi climatici e ambientali, ma sostiene anche la competitività delle imprese italiane nel panorama internazionale.
In definitiva, il Piano Nazionale Transizione 5.0 e la tassonomia europea rappresentano strumenti complementari che, in sinergia, orientano l'Italia e l'Europa verso un modello di sviluppo sostenibile e innovativo. L’allineamento tra il Piano Transizione 5.0 e la tassonomia Europea è, quindi, cruciale per sostenere l'evoluzione verso un’economia che sia in equilibrio con l'ambiente e in linea con le sfide globali.