argomento: Agevolazioni - Legislazione e prassi
La nota esamina la disciplina degli incentivi economici e fiscali previsti dal “Testo base” sulla rigenerazione urbana attualmente in discussione al Senato della Repubblica, sottolineando l’importanza di una riforma che connetta gli incentivi fiscali alla pianificazione urbanistica degli enti territoriali, recependo i princìpi della giurisprudenza costituzionale in materia di rigenerazione urbana e sperimentando un nuovo paradigma per le misure di incentivazione fiscale e parafiscale connesse agli obiettivi ambientali. Progetto di ricerca PRIN PNRR “Fiscalità e finanza pubblica nella transizione verso uno sviluppo economico sostenibile”, finanziato con fondi del Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Programma finanziato dall’Unione Europea. Next Generation EU, PRIN PNRR 2022 Prog. N. P20229KAX2.
PAROLE CHIAVE: rigenerazione urbana - incentivi fiscali - contributo di costruzione
di Patrizio Ivo D’Andrea
1. È stato presentato in data 23 ottobre 2024 alla Camera dei deputati il disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027 (AC 2112).
Tra i tanti dossier rispetto ai quali si attendeva un orientamento da parte del Governo ci sono quelli relativi alle politiche abitative, di efficientamento energetico e di intervento sulla qualità dell’ambiente urbano. Per quanto concerne i profili dell’incentivazione fiscale, l’art. 8 del disegno di legge modifica la disciplina di diverse agevolazioni fiscali in materia di recupero edilizio, interventi antisismici e iniziative affini, rimodulando i termini di fruizione e le aliquote di detrazione. Per quanto concerne i profili di intervento diretto da parte degli enti territoriali, l’art. 104 del disegno di legge, destinato a regolare in termini generali la finanza degli enti locali, prevede forti riduzioni per gli interventi di recupero e consolidamento del patrimonio edilizio pubblico e privato. In particolare, i commi da 13 a 15 prevedono la riduzione degli stanziamenti per opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, già previsti dall’art. 1, commi da 134 a 139, della l. n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), nonché la soppressione del finanziamento per piccole opere per i comuni sotto i mille abitanti già prevista dall’art. 30, comma 14-bis, d.l. n. 34 del 2019.
Le riduzioni di stanziamento comportano un effetto positivo di bilancio che supera i 3,5 miliardi di Euro tra il 2025 e il 2030. I successivi commi 16 e 17 dell’art. 104, poi, riducono gli stanziamenti previsti dall’art. 1, commi 42 e 51, della l. n. 160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020) per i progetti di rigenerazione urbana relativi al “Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare”, per la messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, per la messa in sicurezza e l’efficientamento energetico di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale nonché e per gli investimenti per la sicurezza stradale.
Nessun intervento, invece, è stato previsto per riformare gli oneri collegati con le finalità (da intendere in senso ampio) di rigenerazione urbana, come il contributo di costruzione oppure per altri strumenti di incentivazione alle attività del terzo settore adattabili alla rigenerazione urbana, come il partenariato sociale di cui all’art. 201 del d.lgs. n. 36 del 2023 (sui quali v. BELLÈ, Rigenerazione urbana e fiscalità incentivante, in AA.VV., Smart cities: l’evoluzione di un’idea, a cura di Ferrari, Milano – Udine, Mimesis, 2020, 47 sgg.; PERRONE, Il diritto alla rigenerazione dei brownfields in una prospettiva di fiscalità circolare, in AA.VV., Diritto e rigenerazione dei brownfields. Amministrazione, obblighi civilistici, tutele, a cura di Passalacqua – Pozzo, Torino, 2019, 368 sgg.; ID., La dimensione fiscale della rigenerazione. Aspetti attuali e prospettive di sviluppo, in AA.VV., Ri-conoscere la Rigenerazione, a cura di Passalacqua – Fioritto – Rusci, Santarcangelo di Romagna, 2018, 94 sgg.).
2. Le richiamate disposizioni possono considerarsi la più recente espressione di una linea d’intervento legislativo che esibisce tratti di criticità: è chiaramente individuato e perimetrato un problema di forte rilievo sociale, ma si fatica a predisporre strumenti per aggredirlo adeguatamente.
Il tema è, per l’appunto, quello che va sotto il nome della “rigenerazione urbana” e della “lotta al consumo del suolo”. È noto che uno dei 17 obiettivi della c.d. “Agenda 2030” per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite concerne le “città e comunità sostenibili” e si articola attraverso target che abbracciano l’accessibilità di alloggi dignitosi per tutte le classi sociali, l’accessibilità di efficienti sistemi di trasporto di massa, la riduzione dell’impatto ambientale negativo delle città e la mitigazione dei suoi effetti, l’inclusività e la sostenibilità sociale dell’ambiente urbano (sull’Agenda 2030, tra i tanti contributi v. MONTINI, L’interazione tra gli SDGs ed il principio dello sviluppo sostenibile per l’attuazione del diritto internazionale dell’ambiente, in Federalismi.it, 9/2019, 3 sg.).
È altresì noto che, in questo campo, la maggiore sfida per l’Italia sta nell’incapacità di arrestare l’impermeabilizzazione del suolo. Si legge nel rapporto Asvis 2023 che il fenomeno “continua a crescere al ritmo di 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali nel 2021” (Agenzia Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – ASVIS, L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Rapporto ASviS 2023, 132 sgg). L’incapacità di arrestare questa preoccupante deriva - prosegue il rapporto - è causata anche dall’assenza di “una legge nazionale di principi sul governo del territorio” e dal fatto che sono portate avanti iniziative pure coerenti con l’obiettivo, ma frammentate e poco coordinate tra i diversi livelli di governo (in tema v. CARTEI, Il problema giuridico del consumo del suolo, in Riv. dir. pubbl. comunit., 2014, 6, 1261 sgg.).
3. Il tema della rigenerazione urbana si è posto al centro del dibattito pubblico quando la stagione del c.d. “piano casa” volgeva al tramonto.
Nelle intenzioni del legislatore statale, infatti, il meccanismo d’incentivazione dell’attività edilizia attraverso bonus planovolumetrici doveva costituire una parentesi derogatoria e temporanea rispetto alla “normale” (e tradizionale) disciplina dell’edilizia privata. La stessa Corte costituzionale, in plurime occasioni (cfr. sentt. n. 19 del 2023, n. 229 e n. 24 del 2022, n. 219 del 2021), ha richiamato il legislatore statale e regionale a evitare di intervenire sovrapponendo e prorogando iniziative legislative intese a sollecitare il mercato immobiliare e dei lavori edili attraverso il meccanismo dei bonus percentuali sull’edificato.
Ancora da ultimo, però, il c.d. decreto legge “salva casa” (d.l. n. 69 del 2024) ha introdotto strumenti (si vedrà quanto efficienti) per la regolarizzazione amministrativa di immobili realizzati in parziale difformità dai titoli edificatori. Il testo normativo si disinteressa della rigenerazione urbana, a parte la previsione che un terzo delle risorse derivanti dall’alienazione di immobili abusivi sequestrati e dall’applicazione degli istituti di regolarizzazione amministrativa di immobili realizzati in parziale difformità dai titoli siano impiegati (anche) per la “realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, anche finalizzati all’incremento dell’offerta abitativa, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale” (cfr. art. 1, comma 2, del d.l. n. 69 del 2024). Quanto alla potestà pianificatoria dei comuni, essa è richiamata solamente in alcune disposizioni che consentono agli strumenti urbanistici generali di limitare o condizionare la liberalizzazione determinata dall’art. 1 del medesimo decreto-legge (cfr. art. 1, comma 1, lett. c), del d.l. n. 69 del 2024).
In sintesi, per il legislatore italiano la rigenerazione urbana si muove su due binari. Il primo è quello del potenziamento degli strumenti di regolarizzazione dell’edificato irregolare e di liberalizzazione dell’attività edificatoria, con annessa concessione di bonus in qualche modo legati all’efficientamento energetico e al recupero del patrimonio edilizio. Il secondo è quello degli interventi infrastrutturali finanziati con risorse pubbliche, messe a disposizione del territorio non attraverso una forma di pianificazione ma attraverso bandi per manifestazioni d’interesse statali o regionali, generalmente rivolti agli enti locali e alle loro aggregazioni.
4. Un diverso orientamento di politica legislativa è portato avanti, invece, dal “Testo unico” (o “Testo base”) elaborato dal relatore di maggioranza al Senato nell’ambito della discussione congiunta di diversi disegni di legge in tema di rigenerazione urbana (cfr. l’allegato al resoconto sommario n. 133 del 5 agosto 2024 dell’8ª Commissione permanente del Senato, recante lo schema di testo unificato proposto dal relatore per i d.d.l. nn. 29, 42, 761, 863, 903, 1028, 1122 e 1131).
Il Testo base riconosce il rilievo della programmazione urbanistica e di recupero tanto a livello nazionale (art. 4) quanto a livello comunale (art. 5), espressamente prevedendo che la pianificazione comunale possa essere effettuata in conformità o in deroga agli strumenti urbanistici, anche tramite procedimenti semplificati. Sono poi fissati i requisiti (ambientali, paesaggistici, antisismici e, in generale, di qualità dell’attività edilizia) che qualificano un intervento diretto dei soggetti privati come “di rigenerazione urbana” (art. 7).
Per quanto qui maggiormente interessa, il Testo base prevede la costituzione di un fondo nazionale per la rigenerazione urbana (art. 10), ma individua anche un diverso driver economico per la promozione degli interventi. Si tratta di un set di incentivi economici relativi ai costi per l’edificazione, di incentivi per i tributi di trasferimento degli immobili (imposta di registro, catastale e ipotecaria), di esenzioni temporanee da IMU e TARI e di detrazioni IRPEF. Sono, dunque, interessati pressoché tutti i profili di possibile rilevanza fiscale delle attività di rigenerazione urbana (v. PERRONE, Gli aspetti fiscali delle attività di rigenerazione e riuso dei beni a fine di interesse generale, in AA.VV., La rigenerazione di beni e spazi urbani, a cura di Di Lascio – Giglioni, Bologna, 2017, 244; BARUZZI, Recupero di aree dismesse: attuali limiti e proposte, in Il fisco, 2015, 2539 sgg.).
5. In particolare, l’art. 11 del Testo base prevede anzitutto che le Regioni e le Province autonome, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, aggiornino le tabelle parametriche per il calcolo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del costo di costruzione dei nuovi edifici di cui all’art. 16, rispettivamente commi 6 e 9, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - TUE).
L’aggiornamento delle tabelle deve favorire gli interventi di demolizione e ricostruzione rispetto a quelli che determinano il nuovo consumo di suolo e, in particolare, deve incentivare gli interventi inseriti nella programmazione comunale di rigenerazione urbana. Questo elemento del progetto normativo è ritenuto di tale rilievo che il Testo base prevede un intervento suppletivo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che potrà adottare tabelle parametriche tipo per l'incidenza degli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione tipo per i nuovi edifici, con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata.
Quanto alla fiscalità locale, l’art. 11 prevede che gli immobili oggetto degli interventi di rigenerazione urbana siano esentati dall’IMU e dalla TARI fino al loro completamento.
È altresì previsto che l’imposta catastale, ipotecaria e di registro sia versata in misura fissa pari a €200,00 per l’acquisizione degli immobili da parte del soggetto attuatore degli interventi nonché in relazione agli interventi di demolizione e ricostruzione. In questo modo, come indicato dall’ANCE in sede di audizione informale al Senato, si abbatte l’incidenza della variabile fiscale sull’acquisto dei fabbricati da destinare ad interventi di rigenerazione. La previsione intende portare a regime l’iniziativa che è stata in vigore temporaneamente fino al 31 dicembre 2021 ai sensi dell’art.7 del d.l. n. 34 del 2019, limitatamente agli acquisti di fabbricati da riqualificare per la successiva vendita. Il Testo base riprende quella misura e la estende non solo ai fabbricati, ma anche alle aree sulle quali essi insistono.
È previsto che le detrazioni previste dagli artt. 14 e 16 del d.l. n. 63 del 2013 e il “superbonus” di cui all’art. 119 del d.l. n. 34 del 2020 (ove applicabile) si estenda anche agli interventi di rigenerazione urbana si estendano. Ancora, è prevista una detrazione decennale dall’IRPEF pari al 50% dell’IVA sostenuta per l’acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale, che siano cedute da persone giuridiche a seguito degli interventi di rigenerazione urbana. La detrazione è ripartita in dieci quote costanti, a valere per l’anno in cui sono state sostenute le spese e per i nove periodi d'imposta successivi. In questo modo si intende promuovere non solo gli interventi diretti, ma orientare gli investimenti privati in ambito edilizio nel perimetro della rigenerazione urbana, favorendo la vendita dei manufatti recuperati.
Da ultimo, in funzione stavolta disincentivante, la il Testo base prevede che i comuni possano aumentare in modo progressivo l’IMU sugli edifici inutilizzati o incompiuti da cinque anni e che le Regioni possano alimentare l’addizionale regionale IRPEF che grava sul reddito derivante dalla titolarità dei suddetti immobili inutilizzati o incompiuti. L’aumento dell’addizionale regionale può arrivare fino a un massimo dello 0,2%, anche in deroga dai limiti previsti dall’art. 1, commi 738 sgg., della l. n. 160 del 2019 (sulla legittimità di una maggiore percossione sul “proprietario inerte in ragione del suolo consumato «inutilmente»” v. URICCHIO – CALCULLI, La rigenerazione urbana entro e oltre il contesto della transizione ecologica: la sfida della fiscalità locale, in Dir. prat. trib., 2023, 5, 1748).
6. Le descritte incentivazioni rappresentano un cambio di paradigma rispetto al quadro giuridico esistente, in quanto uniscono due profili che sinora erano rimasti separati: gli incentivi fiscali e la potestà pianificatoria di Regioni e Comuni.
Come si è accennato supra, la Corte costituzionale, scrutinando alcune recenti leggi regionali e statali in materia di concessione di bonus volumetrici, ha più volte sottolineato l’insopprimibilità di una effettiva ed efficace programmazione urbanistica da parte degli enti locali, richiamando l’attenzione sul pericolo derivante dalla proroga e dalla sovrapposizione di discipline derogatorie, che si pongono “in contrasto con le esigenze di una regolamentazione organica e razionale dell’assetto del territorio”, nonché dagli “interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento”, con cui si “trascura l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica” (Cfr. Corte cost., sentt. n. 229 e n. 24 del 2022, n. 219 e n. 170 del 2021). In sintesi, ad avviso della Corte costituzionale non si dà rigenerazione urbana senza che gli interventi siano inseriti nell’ambito della pianificazione urbanistica degli enti territoriali.
Sinora, però, agli enti locali è stata attribuita una leva parafiscale incentivante solamente in riferimento al contributo di costruzione e al contributo straordinario di cui agli artt. 16 e 17 TUE. Uno strumento che non è stato impiegato in maniera omogenea sul territorio. Di recente il Comune di Milano, con la delibera di Consiglio comunale n. 64 del 2019, ha stabilito che, per accedere alla riduzione del contributo di costruzione, il soggetto attuatore debba procedere anche con l’effettuazione dell’analisi del ciclo di vita (LCA: uno strumento che calcola l’impatto ambientale di un progetto durante tutte le fasi del suo ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime alla produzione, all’uso e infine alla dismissione del manufatto) e ha esteso la riduzione anche agli interventi edilizi per la realizzazione di servizi privati di interesse pubblico o generale e ai servizi privati convenzionati per l’infanzia. Per contro, Roma Capitale non ha ancora sfruttato le opportunità di legge (si veda la delibera dell’Assemblea capitolina n. 28 del 2022 che ha rinviato “ad apposito e successivo specifico atto deliberativo la valutazione di eventuali ed ulteriori riduzioni del contributo di costruzione” in attuazione dell’art. 17, comma 4-bis, TUE).
Gli incentivi prettamente fiscali sono invece rimasti sin qui svincolati dalla funzione di pianificazione urbanistica. Un fattore che rileva anche per l’inquadramento delle detrazioni connesse all’efficientamento energetico: proprio il fatto che non vi sia coordinamento con la pianificazione urbanistica dimostra che esse sono anzitutto uno stimolo all’economia del settore edilizio piuttosto che strumenti di promozione degli obiettivi ambientali e di qualità dell’ambiente urbano.
Il Testo base qui in commento, per quanto suscettibile di rilevanti interventi migliorativi, raccoglie la sfida di tentare il raccordo tra incentivazione fiscale e pianificazione urbanistica, in una prospettiva di valorizzazione delle relazioni tra beni, attività produttive e ambiente che è stata ritenuta tipica del tributo ambientale (v. FICARI, Conclusioni, in AA.VV., I nuovi elementi di capacità contributiva. L’ambiente, a cura di Ficari con il contributo di Alfano et al., Canterano, 2018, 215). È interessante notare che questa connessione non vale solamente per i tributi territoriali (IMU e TARI), la cui modulazione incide sulla finanza locale. Al contrario, il Testo base scommette sull’efficacia delle iniziative di rigenerazione urbana al punto di consentire che queste ultime abbiano effetti anche sulla fiscalità nazionale, attraverso il descritto abbattimento dei costi di transattivi e le detrazioni IRPEF.