Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

03/03/2023 - Modificazione, integrazione dell'accertamento e riduzione della pretesa impositiva mediante atto di autotutela

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte ha statuito il seguente principio di diritto: l’integrazione o la modificazione dell’avviso di accertamento originario determina il sorgere di una pretesa nuova, la cui formalizzazione va affidata, a garanzia del contribuente, ad un atto impositivo che si sostituisca al primo e nel quale risultino indicati i nuovi elementi dei quali è sopravvenuta la conoscenza. Questa impostazione, ai sensi dell’art. 43, comma 3, D.P.R. n. 600/73, vale per le revisioni in aumento della pretesa impositiva, mentre le mere riduzioni non necessitano di forme o motivazioni particolari, salvo che siano fondate su elementi innovativi in grado di modificare il fondamento stesso del rapporto d’imposta, quale risultante dall’atto originario.  

» visualizza: il documento (Corte di Cass., ord. 14 settembre 2021, n. 39808) scarica file

PAROLE CHIAVE: avviso di accertamento - autotutela -


di Andrea Quattrocchi

1. Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte si è pronunciata su una controversia sorta a seguito dell’impugnativa della cartella di pagamento successiva all’iscrizione a ruolo delle somme dovute, a titolo di imposta, interessi e sanzioni, a fronte di provvedimenti di autotutela, con i quali l’Ufficio aveva ridotto la pretesa inizialmente formalizzata con due avvisi di accertamento (non impugnati). La Suprema Corte ha avuto dunque occasione di tornare sul tema dei rapporti tra avviso di accertamento ed atti successivi di integrazione/modificazione, oltre che sul nesso tra avviso di accertamento integrativo/modificativo e autotutela positiva confermando statuizioni precedenti (Cass., 17 ottobre 2014, n. 22019, in trim. dir. trib., 2015, 203, con commento di V. Ficari, Brevi note sul riesame di un avviso di accertamento in sede di autotutela parziale, ivi, 205; sostanzialmente coeva a quella in commento è invece Cass., 18 maggio 2021, n. 13407).

2. Le norme di riferimento su integrazione e modificazione dell’accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva (art. 43, comma 3, D.P.R. n. 600/73 e art. 57, comma 4, D.P.R. n. 633/72) prevedono, come è noto, che entro il termine di decadenza previsto dalla legge, le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle Entrate. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’Ufficio. Dall’avviso di accertamento integrativo – nel quale dai “nuovi elementi” si desume ulteriore materia imponibile da assoggettare a tassazione - si distingue l’avviso modificativo, un atto nel quale gli elementi sopravvenuti determinano qualificazioni giuridiche diverse (l’esempio tipico è il mutamento della categoria di reddito) che possono incidere anche sulla quantificazione del tributo (su avvisi di accertamento integrativi e modificativi, v. Logozzo, La distinzione tra avviso di accertamento “sostitutivo” e integrativo/modificativo, in Id., Temi di diritto tributario, Pisa, 2019, 88; E.M. Bagarotto, La frammentazione dell’attività accertativa ed i principi di unicità e globalità dell’accertamento, Torino, 2014. Più risalenti, a commento di pronunce di rilievo della Suprema Corte, F. Pistolesi, Alcune considerazione in tema di accertamenti integrativi e modificativi, in Riv. dir. trib., 1996, II, 1001; M. Basilavecchia, La rinnovazione dell’avviso di accertamento nelle imposte sui redditi e nell’imposta sul valore aggiunto, in Rass. trib., 1989, 543; M. Miccinesi, La sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi presupposto per gli accertamenti integrativi e modificativi, in Rass. trib., 1985, II, 456).

3. Come è noto, la possibilità di integrare o modificare l’accertamento deve essere tenuta distinta dall’annullamento in autotutela, poiché presuppone l’esistenza di un atto valido e ha la funzione, in presenza di nuovi elementi venuti a conoscenza dell’ufficio, di aumentare il quantum della pretesa tributaria (ma cosa vuol dire? Qualcuno forse dubitava della differenza tra i due istituti?) (in dottrina, Ficari, L’autotutela dell’Amministrazione finanziaria: riflessioni a margine dei recenti “itinerari” della giurisprudenza tributaria, in Rass. trib., 2007, 1715 ss. (par. 8); Id., La novità e la sopravvenuta conoscenza
degli elementi nell’esercizio del potere di autotutela positiva
, in GT- Riv. giur. trib., 2005, 692. In giurisprudenza, Cass., 23 febbraio 2010, n. 4272, annotata da S. Muleo, Atti impositivi modificativi di precedenti e derive in tema di accertamento integrativo in carenza di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, in Riv. dir. trib., 2010, II, 567).

4. La giurisprudenza ha avuto modo di definire la nozione di “elementi” e i requisiti affinché essi possano dirsi “nuovi”. Sulla descrizione concettuale del materiale rilevante ai fini della integrazione/modificazione, la Suprema Corte è intervenuta con una pronuncia risalente - ma ancora attuale – con la quale ha statuito che con il termine “elementi” si indicano sia le componenti attive e passive del reddito, sia i dati di fatto, le circostanze e gli indici posti alla base dell’accertamento (Cass., 23 gennaio 1985, n. 282). Quanto invece al carattere di novità degli elementi raccolti – da indicarsi sotto pena di nullità (Cass. 17 marzo 2010, n. 6459, annotata da Renda, Accertamento integrativo e successione degli atti istruttori, in Rass. trib., 2010, 1108) - la giurisprudenza ha escluso che l’accertamento integrativo e modificativo possano essere fondati su materiale probatorio già noto all’Ufficio, anche quando risulti che taluni elementi siano stati utilizzati in modo erroneo o, pur essendo disponibili, siano stati trascurati o siano state compiute sviste, o, ancora, quando il nuovo accertamento si fondi su una diversa valutazione (Cass., 3 giugno 2015, n. 11421). Su questa base, fermo restando che la novità va intesa oggettivamente, la “sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi” si riferisce ad elementi che entrano per la prima volta nella sfera del possibile apprezzamento dell’Ufficio; sono utilizzabili elementi non precedentemente conoscibili (Cass. 18 ottobre 2018, n. 26191). In questa prospettiva, se, da un lato, non possono essere considerate nuove le risultanze di pubblici registri, scritture contabili e dichiarazioni tributarie, sono invece ammissibili gli elementi emersi da verifiche presso terzi (Cass. 13 maggio 2011, n. 10583). Sotto il profilo temporale, la conoscenza è sopravvenuta quando è successiva alla notifica dell’avviso di accertamento (Cass., 11 aprile 1995, n. 4164) e vanno considerati nuovi, del pari, quegli elementi che al momento della notifica del primo avviso erano noti ad un ufficio diverso, che li ha segnalati (Cass., 15 gennaio 2016, n. 576, commentata da M.V. Serranò, Il requisito della novità nell’accertamento integrativo. Brevi note alla sentenza della Corte di cassazione n. 576/2016, in Boll. trib., 2017, 1311; Cass., 9 settembre 2005, n. 18014. Critico, sul punto, G. Melis, Manuale di Diritto tributario, Torino, 2019, 399, secondo il quale la conoscenza andrebbe riferita all’Amministrazione nel suo complesso). Al contrario, non è consentita l’integrazione ove la nuova valutazione sia effettuata dalla Guardia di Finanza ma su elementi comunque già noti all’Ufficio (Cass., 8 maggio 2006, n. 10526, in Corr. trib., 2006, 1970, con nota di A. Marcheselli, La sopravvenuta conoscenza di “nuovi elementi” ai fini dell’accertamento integrativo, ivi, 1971). In definitiva occorre una valutazione caso per caso, per comprendere se, utilizzando l’ordinaria diligenza, le indagini svolte per il precedente accertamento avrebbero consentito di individuare gli elementi usati per quello integrativo. Va peraltro considerato che secondo la Suprema Corte, il dettato dell’art. 43, comma 3, non si applica qualora l’avviso originariamente notificato sia un accertamento parziale (Cass. 12 marzo 2014, n. 5648, commentata criticamente da S. Donatelli, Rapporti tra avviso di accertamento parziale e accertamento integrativo, in GT – Riv. giur. trib., 2014, 967, ove ampia bibliografia sul tema). Con ciò, per vero, gli spazi di integrazione e modificazione si espandono notevolmente (v. anche Cass. 2 agosto 2010, n. 18065).

5. Per quanto concerne i rapporti tra accertamento originario ed integrativo, secondo l‘impostazione prevalente il nuovo avviso non sostituisce né annulla quello precedente, ma si “combina” con esso, nell’ottica della determinazione complessiva del presupposto e della base imponibile. Non vi sono interferenze né di effetti, né processuali, per cui, anche se l’avviso successivo tiene conto dell’imponibile del primo, non è possibile, impugnandolo, contestare il primo atto (Cass. 28 marzo 2002, n. 4534). Se il primo atto è stato annullato per vizi formali, il potere impositivo non si può dire consumato, e quindi l’emanazione nei termini di un nuovo avviso, comunque basato su fatti noti successivamente all’avviso annullato, costituisce originario esercizio del potere di accertamento, cui non si applica l’art. 43, c. 3, D.P.R. n. 600/73, destinato a regolare l’integrazione tra due atti ( 20 giugno 2007, n. 14377). Secondo una differente impostazione, l’integrazione o la modificazione in aumento del primo accertamento, ai sensi dell’art. 43, D.P.R. n. 600/1973, richiede l’adozione di un nuovo avviso che, integrando una pretesa tributaria “nuova” rispetto a quella originaria, si aggiunge ovvero sostituisce quello precedente. Ne deriva, nell’ipotesi di sostituzione, non soltanto l’emanazione di un atto nuovo, ma anche la caducazione del precedente, con conseguente cessazione della materia del contendere nel giudizio avente ad oggetto l’impugnativa del primo di essi (Cass., 21 settembre 2010, n. 19947, annotata da F. Graziano e M. Procopio, Annullamento di accertamento in autotutela, accertamento sostitutivo e cessazione della materia del contendere, in Dir. prat. trib., 2011, II, 497; Cass., 27 novembre 2002, n. 16792. Ove non si abbia sostituzione, il giudice di merito chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del secondo avviso di accertamento deve limitare la sua cognizione all’atto (integrativo) impugnato e non può estendere la sua cognizione all’accertamento originario non annullato in autotutela (per quanto l’atto integrativo possa apparire contraddittorio rispetto al medesimo; v. Cass., 21 maggio 2020, n. 9337). Sotto questo profilo, come è stato osservato in dottrina, l’esercizio dell’autotutela positiva, portando alla sostituzione dell’atto riesaminato, evita la frammentazione dell’obbligazione e con essa l’avanzamento di pretese sostanzialmente confliggenti (V. Ficari, Autotutela e riesame nell’accertamento del tributo, Milano, 1999, 148. Peculiare il caso esaminato da Cass., 11 agosto 2020, n. 16882, relativo alla revoca in autotutela dell’atto di accoglimento di un’istanza di rimborso. L’Agenzia delle Entrate aveva motivato la revoca sulla base di alcune indicazioni contenute in circolari pubblicate anteriormente all’accoglimento dell’istanza di rimborso e la contribuente aveva denunciato la violazione dell’art. 43, comma 4, D.P.R. n. 600/73, trattandosi di elementi già noti al momento del provvedimento di accoglimento. Secondo la Cassazione, viceversa, in una siffatta ipotesi l’Amministrazione non ha avanzato una pretesa tributaria ulteriore e maggiore, limitandosi a ritenere non spettante l’agevolazione invocata dalla parte e valendosi del generale potere di annullamento d’ufficio ex art. 21 novies, l. n. 241/1990).

6. Nella fattispecie esaminata dall’ordinanza in commento, l’Amministrazione, sul piano meramente formale, aveva esercitato un’autotutela parziale, giungendo dunque all’annullamento pro parte degli avvisi originari, con riduzione della pretesa inizialmente avanzata.

7. I Giudici di secondo grado, tuttavia, avevano ritenuto (v. sentenza p. 3) che il contenuto degli atti successivi (formalmente di autotutela) non si esaurisse nella declaratoria di annullamento (parziale) degli avvisi originari - ipotesi che non richiede particolari adempimenti formali o specifica motivazione, cfr. Cass., 7 settembre 2020, n. 18625; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27043; Cass. 8 giugno 2016, n. 11699 -, ma fosse funzionale alla formalizzazione di pretese che, seppur quantitativamente inferiori a quella iniziale, trovavano il loro fondamento in innovazioni relative ad elementi strutturali degli avvisi previamente notificati, generando una pretesa tributaria nuova, rispetto alla quale il contribuente avrebbe dovuto poter esercitare il proprio diritto di difesa [preclusa con specifico riferimento ad un atto di mera autotutela parziale volto alla sola riduzione della pretesa (in tal caso la tutela andrebbe invocata in relazione all’atto originario).

8. Nella sentenza in commento la Cassazione sottolinea l’esigenza di selezionare gli atti di autotutela (in diminuzione) perché tra questi possono esserne individuati alcuni che, intervenendo sui profili strutturali dell’imposizione, vanno considerati soggetti al disposto dell’art. 43, comma 3, D.P.R. n. 600/73, come tali impugnabili di fronte al giudice tributario (e dunque suscettibili di consolidarsi in caso di mancata impugnazione). Tali ultimi atti vanno distinti dalle ipotesi di autotutela parziale vera e propria, volti esclusivamente ad elidere pro parte atti originariamente notificati e che pur determinando una riduzione della pretesa originaria, ne mantengono intatto il fondamento giuridico, le allegazioni e il riscontro probatorio, senza dunque apportare elementi di novità al quadro già noto al contribuente (alle sentenze indicate in apertura – sub 1 - può aggiungersi Cass., 8 luglio 2021, n. 19481, che si pronuncia su una ipotesi di riduzione della pretesa impositiva “nel corso del giudizio” ma in tal caso la Cassazione ha rinviato alla Commissione tributaria regionale perché i giudici di secondo grado non avevano esplicitato le ragioni per le quali, nella fattispecie, avessero ritenuto sufficiente l’emissione di un atto di autotutela parziale e non di un nuovo avviso di accertamento limitato alla pretesa residua).

9. In conclusione, nel caso esaminato dalla sentenza in commento, instaurato con l’impugnativa dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento relativi alla pretesa tributaria residua, il giudice del rinvio dovrà concentrare la sua disamina sugli atti di autotutela, per verificare se fossero o meno qualificabili come “nuovi avvisi” e, in tal caso, se fossero stati confezionati nel rispetto dell’art. 43, comma 3, D.P.R. n. 600/73. Qualora essi, pur formalmente di autotutela, fossero in grado di esprimere una (pur inferiore) pretesa tributaria (ri)strutturata, fondata su “nuovi elementi”, il contribuente avrebbe potuto (e probabilmente dovuto) impugnarli, quantunque nella sezione “avvertenze” si indicasse come preclusa la tutela giurisdizionale (salvo tentare di invocare il legittimo affidamento), con la conseguenza che l’iscrizione a ruolo potrà essere considerata legittima. Ove, viceversa, si riscontrasse la carenza di nuovi elementi, gli atti (formalmente di autotutela) recanti una pretesa tributaria fondata su una differente rappresentazione dell’esistente (pur se con esiti quantitativi inferiori) sarebbero illegittimi, e la loro illegittimità travolgerebbe l’avvenuta successiva iscrizione a ruolo del residuo e la cartella di pagamento (sugli effetti della sostituzione degli atti sulle vicende della riscossione si rinvia a Ficari, Autotutela e riesame nell’accertamento del tributo, cit., 161).