<p>Le nuove sanzioni tributarie - Lattanzi</p>
Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

14/11/2021 - POST - La sostituzione delle addizionali regionali e comunali all’Irpef con le sovraimposte nell’ambito del disegno di legge delega sul fisco.

argomento: IRAP e tributi locali - Legislazione e prassi

   

PAROLE CHIAVE: fiscalità locale - addizionali - IRAP


di Nicolò Treglia

  1. Il disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale, approvato dal Governo il 5 ottobre 2021, si pone l’obiettivo di ridisegnare gli assetti della fiscalità nazionale, nel rispetto degli artt. 3 e 53 Cost. nonché dei principi di diritto dell’Unione europea. Si rileva, però, come la delega non attribuisca l’adeguata rilevanza alla fiscalità regionale e locale: comparti che negli ultimi anni sono stati interessati da interventi che hanno portato alla definizione di un quadro normativo poco lineare e asistematico, il quale necessita di un’attenta e calibrata rivisitazione. In particolare, sono dedicati alla fiscalità degli enti sub-statali: l’art. 6 relativo al graduale superamento dell’Irap, l’art. 8 comma 1 concernente la revisione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef e l’art. 8 comma 2 relativo ad una revisione dell’attuale meccanismo di riparto del gettito dei tributi sugli immobili ad uso produttivo tra Stato e Comuni.

            Le riflessioni che seguono hanno ad oggetto la sostituzione delle addizionali all’Irpef con le sovraimposte. Ciò richiede un’analisi preliminare sulle due figure.

            La scienza economica ha elaborato tre modelli di coordinamento tra sistemi tributari centrali e locali per consentire il reperimento di risorse finanziarie indispensabili, sia per il governo centrale che per gli enti pubblici di grado inferiore, per lo svolgimento delle pubbliche funzioni (Steve, Lezioni di scienze delle finanze, Padova, 1976, p. 420 ss.). Si tratta della separazione delle fonti, della distribuzione di sussidi del governo centrale agli enti locali e della partecipazione alle imposte statali da parte degli enti territoriali minori. Nel primo caso vengono assegnati a ciascun sistema tributario cespiti imponibili propri e distinti da quelli di ogni altro sistema concorrente (Boria, Diritto tributario, Torino, 2016, p. 104); nel secondo vengono fissati sussidi per gli enti locali attraverso variabili di carattere generale (come l’entità della popolazione) oppure differenziati in base alle specifiche esigenze dei singoli enti; relativamente al terzo caso, invece, vi sono due possibili modalità di attuazione: una compartecipazione al gettito di tributi erariali (ex art. 119, secondo comma, Cost.) e la c.d. tassazione sovrapposta (overlapping taxation o piggyback taxation) (Gastaldi, Longobardi, Zanardi, La condivisione dell’irpef tra i vari livelli di governo: alcune questioni aperte, in De Vincenti, Paladini (a cura di), Libro bianco. L’imposta sui redditi delle persone fisiche e il sostegno alle famiglie, in Tributi, 2008, supplemento n. 1, p. 312).

 

 

  1. La “sovrapposizione” può assumere la struttura di un’addizionale o quella di una sovraimposta. La prima, realizzando un inasprimento del prelievo mediante l’applicazione di un’aliquota all’imposta principale, segue la disciplina di quest’ultima (Melis, Manuale di diritto tributario, Torino, 2019, p. 30; De Mita, Principi di diritto tributario, Milano, p. 82); nella seconda, dotata di una propria autonomia, l’aliquota si applica alla stessa base imponibile dell’imposta principale (Lorenzon, voce Sovrimposte e supercontribuzioni, in Enc. Dir., XLII, Milano, 1990, p. 230 ss.; Fantozzi, Il diritto tributario, Milano, 2003, p. 63 ss.; Peverini, voce Addizionali e sovraimposte, in Diritto online, Milano, 2015; Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Padova, 2017, p. 239). L’esperienza concreta ha, però, dimostrato che non risulta utile avere un atteggiamento eccessivamente rigido nei confronti di tali classificazioni in quanto ben vi potrebbero essere delle ipotesi intermedie.

            Ed è proprio il caso delle addizionali regionali e comunali all’Irpef: taluni argomenti, infatti, inducono a farle rientrare tra le addizionali stricto sensu, altri, invece, sollecitano ad ascriverle tra le sovraimposte.

            I citati prelievi colpiscono il reddito complessivo del soggetto passivo determinato ai fini dell’Irpef, al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale imposta. Si osserva, quindi, come in tale prospettiva, a dispetto del nomen iuris adoperato dal legislatore, le addizionali regionali e comunali all’Irpef sembrano rientrare nella categoria delle sovraimposte. Di converso, un elemento che induce ad assimilare tali entrate alle addizionali stricto sensu riguarda la ridotta potestà normativa delle Regioni e degli enti locali in materia. In termini generali, l’addizionale, non essendo dotata di una propria autonomia, segue il regime giuridico del tributo al quale è congiunta. L’art. 50 del d.lgs n. 446/1997 (per le addizionali regionali) e il d.lgs n. 360/1998 (per le addizionali comunali) individuano i tratti identificativi della prestazione tributaria, dando, in taluni specifici casi, la facoltà alle Regioni e ai Comuni di intervenire, nell’ambito di una “cornice” definita dal legislatore statale. Si tratta, dunque, di una potestà regionale/comunale avente un carattere derivato, non primario e non esclusivo, che necessita di una mediazione di una legge statale (Gallo, Federalismo fiscale e ripartizione delle basi imponibili tra Stato, Regioni ed Enti locali, in Rass. trib., 6, 2002, p. 2007; Idem, Ancora in tema di autonomia tributaria delle Regioni e degli Enti locali nel nuovo titolo V della Costituzione, in Rass. trib., 6, 2005, p. 1033).

            In definitiva, i prelievi in parola sono una semplice “quota” dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che lo Stato attribuisce agli enti sub-sovereign, essendo loro precluso integrare la relativa disciplina, se non nei limiti imposti dalla legislazione statale (Lovecchio, L’addizionale comunale all’Irpef, in Aa.Vv, Manuale dei tributi locali, Santarcangelo di Romagna (RN), 2007, p. 397).

 

 

  1. Nonostante l’art. 2, lett. p) della legge n. 42/2009, in tema di federalismo fiscale, sostenga una “tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa”, dall’analisi della vigente disciplina delle addizionali comunali e regionali emerge come gli spiragli di autonomia impositiva in capo a Regioni e Comuni appaiono limitati alla determinazione delle aliquote in un range prestabilito e alla fissazione di una soglia reddituale di esenzione.

            Inoltre, in uno scenario de iure condendo, ben si potrebbe pensare a misure volte a correggere le diverse criticità insite nell’attuale apparato normativo, come ad esempio l’inconveniente noto come “trappola della povertà”. Essa nasce dalla combinazione tra detrazioni e addizionali: la normativa relativa a queste ultime ignora, infatti, che il minimo vitale viene soprattutto determinato dalle detrazioni le quali, si ricorda, non incidono in alcun modo nella determinazione dell’addizionale (Buratti, Una ipotesi di Irpef federale, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2009, I, p. 207).

            In tale prospettiva sembra collocarsi l’art. 8 del disegno di legge delega sul fisco (rubricato “Revisione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef”) che, come si è già avuto modo di rilevare, prevede la sostituzione delle addizionali all’Irpef con le sovraimposte. Non essendo sostenibile la tesi di una mera modifica della denominazione, si ritiene che siffatti nuovi prelievi, pur definiti sovraimposte, andranno a configurare una maggiorazione dell’imposta principale. Alla luce di ciò, per un verso, emerge ad evidenza come l’intervento in questione si pone in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione del sistema in quanto, allo stato attuale, spesso si creano disallineamenti tra basi imponibili nazionali e locali, che generano non poche difficoltà nei sostituti d’imposta. Per un altro verso, invece, si osserva come i (già ridotti) margini di autonomia tributaria di Regioni e Comuni non sono destinati ad aumentare, anzi parrebbero destinati a ridursi. L’aliquota dei nuovi prelievi, infatti, si applicherebbe direttamente all’Irpef erariale, il che condurrebbe ad un ulteriore contrazione degli spazi di manovrabilità per gli enti sub-statali. In altri termini, in un’ipotetica contrapposizione tra esigenze di semplificazione degli adempimenti enunciate all’art. 1 comma 1 lett. b) della delega ed istanze portatrici di una maggiore autonomia impositiva, sembrano destinate a prevalere le prime.

            Peraltro è la stessa delega (art. 8 comma 1 lett. a) a stabilire i limiti di manovrabilità delle Regioni, le quali potranno aumentare o diminuire l’aliquota di base della sovraimposta entro limiti prefissati, dovendo comunque garantire “lo stesso gettito che avrebbero acquisito applicando l’aliquota di base dell’addizionale regionale all’Irpef stabilita dalla legge statale”. Verosimilmente maggiori, invece, sarebbero i margini che la delega concede ai Comuni (art. 8 comma 1 lett. c), in quanto, in tal caso, il testo collega i limiti di manovrabilità della nuova sovraimposta comunale all’esigenza di “garantire ai Comuni nel loro complesso un gettito corrispondente a quello attualmente generato dall’applicazione dell’aliquota media dell’addizionale all’Irpef”, senza riferimento alcuno alle aliquote.

            Peculiare, poi, è la disciplina prevista per le Regioni sottoposte a piani di rientro per disavanzi sanitari (art. 8 comma 1, lett. b), con riferimento alle quali i decreti delegati devono introdurre meccanismi che comportino un incremento obbligatorio della sovraimposta “in modo tale da garantire lo stesso gettito attualmente ricavato dall’applicazione delle aliquote delle addizionali regionali all’Irpef maggiorate nella misura obbligatoria”. Si tratta di una previsione ragionevole, che garantisce l’invarianza di gettito al fine di favorire il raggiungimento del riequilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali (attualmente sono ben sette le Regioni sottoposte a detti piani di rientro).

            In conclusione, appare evidente come il disegno di legge delega non riservi la meritata attenzione alla fiscalità regionale e locale, delineando interventi che, come nel caso della sostituzione delle addizionali Irpef con le sovraimposte, presumibilmente provocheranno un’ulteriore compressione dei margini di autonomia tributaria riservati a Regioni e Comuni. Sembrano essere, infatti, abbastanza ristretti gli spazi concessi dalla delega affinché la normativa di dettaglio sulle sovraimposte possa prevedere la facoltà per gli enti territoriali di effettuare una più ragionevole modulazione del prelievo, attraverso, ad esempio, l’introduzione di particolari agevolazioni in relazione alla situazione personale o familiare del contribuente o al possesso di una determinata tipologia di reddito.