Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

14/04/2021 - Lo smaltimento “autonomo” dei rifiuti da parte del privato: la rideterminazione del prelievo tra i principi “chi inquina paga” e di proporzionalità.

argomento: IRAP e tributi locali - Giurisprudenza

In piena attuazione del principio “chi inquina paga” si dichiara ammissibile, in via giurisprudenziale, la facoltà del produttore o del detentore di rifiuti di provvedere al loro smaltimento autonomamente. La diretta applicazione della Direttiva europea conduce alla rideterminazione del prelievo fiscale in virtù del principio di proporzionalità, fatto salvo il finanziamento del sistema comunale di gestione dei rifiuti.

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PAROLE CHIAVE: rifiuti - smaltimento - proporzionalità


di Paolo Barabino

 

  1. La sentenza qui annotata rappresenta una peculiare vicenda, in materia di tassa sui rifiuti, nella quale una società che svolge attività alberghiera ritiene di essere totalmente esonerata dal tributo in ragione dello smaltimento “autonomo”, attuato attraverso un’impresa specializzata nel settore, senza usufruire dunque dei relativi servizi comunali.

La questione giurisprudenziale, già sollevata con riferimento ad un’altra annualità in via pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia (causa C551/13, Setar, 18 dicembre 2014, relativa all’allora vigente Tarsu 2011, D. Lgs. n. 507/1993), si sostanzia in una lettura del rapporto tra la Direttiva europea e la normativa nazionale alla luce dei principi sovranazionali del “chi inquina paga” e di proporzionalità: le linee guida impartite dall’Ordinamento sovranazionale allo Stato membro in tema di raccolta e gestione dei rifiuti urbani e speciali se, da un lato, offrono un ventaglio di opzioni indirettamente destinate al produttore o al detentore di rifiuti, dall’altro, devono essere ponderate tenendo conto della discrezionalità del legislatore nazionale, del dovere contributivo e dei servizi generali potenzialmente usufruibili e offerti dal Comune competente.

Più nello specifico, il giudice di seconde cure ha dovuto valutare se la disciplina europea in materia di rifiuti (art. 15 della Direttiva 2008/98 del 19 novembre 2008) potesse essere direttamente applicabile nell’Ordinamento interno rispetto alla normativa nazionale della tassa sui rifiuti (Tari 2015, L. n. 147/2013). Se così fosse, le facoltà previste a livello sovranazionale potrebbero consentire al contribuente di adempiere al dovere di smaltimento dei rifiuti urbani autonomamente rispetto all’ente locale con potenziali effetti sulla pretesa tributaria.

  1. Osservando la fattispecie dal punto di vista del principio “chi inquina paga”, già fissato a livello europeo nell’art. 191 del TFUE, si riesce a focalizzare e a qualificare, dal combinato disposto del punto 26 e dell’art. 14 della Direttiva 2008/98, il produttore o il detentore dei rifiuti quali soggetti su cui far gravare i costi della gestione di tali beni al fine di garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana (la tutela ambientale ha caratterizzato gli studi di molti autori, tra i quali cfr. M. Cecchetti, La materia   «tutela   dell’ambiente   e   dell’ecosistema»   nella   giurisprudenza costituzionale: lo stato dell’arte e i nodi ancora irrisolti, in it, n. 7/2009; dello stesso A., La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto dell’ambiente”, in federalismi.it, n. 25/2006; Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Milano, 2000; B. Caravita, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2005; P. Maddalena, L’ambiente e le sue componenti come beni comuni in proprietà collettiva della presente e delle future generazioni, in federalismi.it, n. 25/2011; B. Caravita, A. Morrone, La giurisprudenza costituzionale in materia ambientale nel 1994, in Riv. giur. amb., n. 2/1996, p. 355 e ss.; sulla natura “ecologica” della tassa sui rifiuti, quantificata attraverso un criterio paracatastale che tende a creare una dissociazione dal principio “chi inquina paga” cfr. F. Picciaredda, P. Selicato, I tributi e l’ambiente, profili ricostruttivi, Milano, 1996, p. 150-151; per ulteriori contributi risalenti e più recenti: G. Tremonti, Profili della tassa per la raccolta ed il trattamento dei rifiuti solidi urbani, in Riv. dir. fin. sc. fin., n. 1/1977, p. 590 e ss.; L. Tosi, La tassazione ambientale, in AA.VV., L’autonomia finanziaria degli enti locali, Roma, 1994; F. Gallo, F. Marchetti, I presupposti della tassazione ambientale, in Rass. trib., n. 1/1999, p. 115 e ss.; P. Boria, in P. Russo, Manuale di diritto tributario, Parte speciale, Milano, 2002, p. 365 e ss.; A. Uricchio, Tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, in Digesto, Sez. comm., vol. XV, Torino, 1999, p. 339 e ss.; V. Ficari, Nuovi elementi di capacità contributiva ed ambiente: l’alba di un nuovo giorno... fiscalmente più verde? in Riv. trim. dir. trib., n. 4/2016, p. 827 e ss.; A. Giovannini, Equità impositiva e progressività, in Dir. prat. trib., n. 5/2015, p. 10675 ss.; AA. VV., I nuovi elementi di capacità contributiva. L’ambiente, a cura di V. Ficari, Roma, 2018).   

Più nel dettaglio, l’art. 15 della Direttiva 2008/98, sulla responsabilità della gestione dei rifiuti, individua negli Stati membri il dovere di adottare le misure necessarie per consentire al produttore o al detentore dei rifiuti di “trattarli” i) provvedendo personalmente, ii) oppure consegnandoli ad un commerciante o ad un ente o a un’impresa, iii) o ad un soggetto pubblico o privato. L’elencazione non rappresenta una gerarchia di valori ma vuole ricondurre a sistema le differenti modalità di gestione dei rifiuti, in una prospettiva di armonizzazione che tuttavia non obbliga il legislatore nazionale a prevedere esplicitamente la possibilità dell’autosmaltimento tramite un’impresa specializzata (così la sentenza in nota e similmente la CGE causa C551/13, Setar, 18 dicembre 2014).

La norma nazionale in tema di Tari non prevede, invece, la fattispecie dello smaltimento autonomo da parte del privato dei rifiuti urbani, che avrebbe potuto condizionare l’assoggettamento al tributo, mentre siffatta modalità di gestione dei rifiuti è stabilita per quelli speciali: l’art 188 D. Lgs. n. 152/2006 (con specifico riferimento alla parte quarta, “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”) individua una vera e propria priorità (al comma 2) delle operazioni di smaltimento fissando al primo posto, per l’appunto, l’autosmaltimento dei rifiuti.

Nella giurisprudenza di legittimità esistono, infatti, dei casi di smaltimento autonomo dei rifiuti speciali, con conseguente riduzione del prelievo (cfr. Cass. n. 26198/2018), ove resta però imprescindibile la presentazione di specifica dichiarazione da parte del contribuente al fine di poter usufruire dell’agevolazione (art. 62, comma 2, D. Lgs. n. 507/1993; sul punto cfr. Cass. ord. n. 13334/2020; Cass. n. 10634/2019; Cass. n. 19469/2014; Cass. n. 9790/2018) per vincere la presunzione legale relativa di produzione dei rifiuti (già fissata dall’art.  62, comma 1, D. Lgs. 507/1993 e analogamente presente nell’art. 1, comma 641, L. n. 147/2013 nella Tari; sul punto specifico cfr. Cass. Ord. n. 13334/2020).

La sentenza in oggetto, richiamando l’insegnamento impartito dalla Corte di Giustizia (causa C551/13, Setar, 18 dicembre 2014, che nel caso in questione assume oltretutto la forza di giudicato esterno), assimila i rifiuti speciali a quelli urbani dando vita ad un’interpretazione di ampio respiro del principio “chi inquina paga” declinato dall’art. 15 della Direttiva n. 2008/98 la quale non effettua distinzioni tra le tipologie di rifiuti (nella disciplina interna vi è una classificazione tra rifiuti urbani, speciali e assimilati con rilevanti effetti sul depotenziamento del prelievo tributario; cfr. Cass. n. 8088/2020; sulla classificazione dei rifiuti in ambito nazionale vedasi anche il recente D.Lgs. n. 116/2020 che, a partire dal primo gennaio 2021, elimina la categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani; si ricordi, inoltre, che vige il regime di privativa comunale sui rifiuti urbani ad eccezione, per esempio, di quelli destinati al riuso; su tale aspetto cfr. TAR Sicilia, n. 1253/2018; A. Giolo, Non assimilabili i rifiuti terziari a quelli urbani ai fini della TARSU, in GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria, n. 12/2019, p. 976 e ss.; cfr. anche R. Alfano, Tributi ambientali: profili interni ed europei, Torino, 2012, p. 317 e ss.).

Si intuisce che il contribuente avrebbe voluto ottenere dal giudice maggiore soddisfazione dichiarando la normativa Tari incompatibile con la Direttiva Ue n. 2008/98 per mancata previsione della fattispecie dell’autosmaltimento, la quale invece è stata indicata dal legislatore quale modalità prioritaria per la gestione dei soli rifiuti speciali (facendo emergere una presumibile disparità di trattamento).

Si osserva, pertanto, una disciplina di cornice tratteggiata a livello europeo all’interno della quale la tassa sui rifiuti è solo una delle modalità di reperimento delle risorse necessarie per “trattare” tali beni, in una prospettiva (“armonizzante”) che tende a valorizzare l’effettività sia dello smaltimento che della relativa imputazione del costo in capo al soggetto che a tal fine si adopera (secondo un punto di vista non estraneo all’Ordinamento interno ove il tributo può essere sostituito dalla tariffa direttamente applicata in ragione delle quantità conferite).

In buona sostanza, l’interpretazione giurisprudenziale riconosce nella Direttiva l’attribuzione al contribuente della facoltà di smaltire direttamente i propri rifiuti (anche solo urbani) facendo emergere una problematica sulla copertura finanziaria del servizio di raccolta istituito obbligatoriamente dall’ente locale.

  1. Il profilo di tutela che affiora trova soddisfazione nel principio di proporzionalità richiamato dall’organo giudicante per valutare la conformità della norma nazionale e per contemperare esigenze di salvaguardia della sussistenza finanziaria del servizio di gestione dei rifiuti istituito dal Comune (sulla proporzionalità del mezzo al fine cfr. A. Mondini, Coerenza fiscale e principio di proporzionalità: crisi del sistema o dell’armonizzazione?, in dir. fin., n. 3/2007, p. 4 ss.).

L’assenza di una specifica norma nazionale in materia di rifiuti urbani che recepisca la Direttiva europea e che consenta l’autosmaltimento non ha tuttavia condotto ad una totale esenzione dalla tassa sui rifiuti: in tale ambito, il tributo continua ad individuare quale soggetto passivo sempre il possessore o il detentore dei rifiuti ma subisce una liquidazione sulla base di un ridimensionamento quantitativo stimato in sede giudiziale (nello specifico, la pretesa è stata rideterminata nella misura del 30% di quanto originariamente accertato). L’iter logico giuridico così attuato risulta rispettoso del principio di proporzionalità in ragione del quale il contribuente non viene gravato di un prelievo determinato in  misura piena in virtù del riconoscimento dei costi sostenuti per l’autonomo smaltimento dei rifiuti, residuando così una quota di gettito destinata a “coprire” il servizio prefissato dall’ente locale.

Il caso giurisprudenziale viene dunque risolto, conformandosi a quanto già deciso dalla Corte di Giustizia (causa C551/13, Setar, 18 dicembre 2014), tenendo conto della funzione di armonizzazione che la Direttiva deve assolvere per cercare di uniformare i diversi sistemi di raccolta dei rifiuti adottati dagli Stati membri (punto 46 della CGE citata), senza tuttavia limitare la discrezionalità del legislatore nazionale.

Un bilanciamento che, sebbene non voglia esplicitamente tradursi in un obbligo per lo Stato membro di prevedere forme di smaltimento autonomo dei rifiuti urbani da parte del privato, in realtà si sostanzia nell’ammissibilità di tale modalità di gestione di siffatti beni nel pieno rispetto del principio “chi inquina paga”. Emerge, ancora una volta, la forza dell’Ordinamento sovranazionale capace di prevalere sulla potestà normativa del legislatore nazionale (e regolamentale/locale) in ragione delle competenze in materia ambientale; un riparto che, nel caso di specie, è stato graduato dalla giurisprudenza (europea e nazionale) in ragione del principio di proporzionalità, declinato nel rispetto delle risorse comunali adoperate per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Tuttavia, si osserva una certa incoerenza tra l’interpretazione del principio di proporzionalità e il riconoscimento della immediata applicabilità della Direttiva: infatti, questa prevede forme tendenzialmente alternative di gestione dei rifiuti (ad es. lo smaltimento autonomo o il tributo a fronte della raccolta pubblica), mentre l’attuazione del primo è avvenuta quale conseguenza della coesistenza delle suddette modalità (autosmaltimento/tributo); detto diversamente, l’autosmaltimento è stato ammesso in virtù della Direttiva europea che ha colmato la lacuna normativa nella Tari mentre la fonte sovranazionale non si è concretizzata totalmente, ammettendo la coesistenza e non l’alternatività delle forme di gestione dei rifiuti, al fine di non escludere totalmente l’assoggettamento al tributo.

“Delle due l’una”: o la norma nazionale, pur legittima, verrebbe integrata per diretta applicazione della sovraordinata Direttiva, ammettendo così l’autosmaltimento e la totale esenzione dal tributo nazionale, o l’elencazione della seconda sarebbe meramente esemplificativa e la prima, qualificata pienamente legittima, non ammetterebbe forme di autosmaltimento non tipizzate dalla fonte interna.

La scelta della rideterminazione del tributo accertato rischia di essere un’interpretazione “necessitata” che cercando un equilibrio conduce, invece, ad uno sbilanciamento mantenendo viva una parte del prelievo non più coerente con la sua funzione, ovverosia con lo smaltimento dei rifiuti già avvenuto per opera del privato, sul quale sono gravati i costi di tale attività (d’altronde le aree produttive di rifiuti speciali, gestiti autonomamente dai privati, prevedono l’esenzione integrale del tributo).

Verosimilmente, un intervento legislativo finalizzato a recepire appieno le linee guida europee e, dunque, la facoltà di smaltire autonomamente i rifiuti urbani necessiterebbe di una definitiva “svolta” verso la “tariffa” (fenomeno osservato da tempo dalla dottrina, ex multis, cfr. L. Del Federico, Tasse, tributi paracommutativi e prezzi pubblici, Torino, 2000, L. Lovecchio, La singolare metamorfosi della tassa rifiuti, in Boll. trib. n. 14/1999, p. 1114 e s., R. Lupi, Tributi e prezzi, atti impugnabili e fatture, in Dialoghi Dir. trib., n. 9/2006, p. 1136 e s., A. Uricchio, La trasformazione della tassa rifiuti in tariffa, in Boll. trib. n. 3/1997, p. 203 e s.; F. Amatucci, Le prestazioni patrimoniali locali ed ampliamento della giurisdizione tributaria, in Rass. trib., n. 2/2007, p. 365 e ss.; A. Uricchio, La fiscalità locale tra modelli gestori e nuovi strumenti di prelievo, Rimini, 2014; R. Alfano, Tributi ambientali: profili interni ed europei, Torino, 2012), in sostituzione della “tassa”, sia per garantire la certezza sul conferimento dei rifiuti da parte del privato (o, specularmente, sul non conferimento in caso di opzione per l’autosmaltimento), sia per questioni di sostenibilità finanziaria della gestione comunale del servizio.