Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

17/01/2021 - Interpretazione adeguatrice e profili di incostituzionalità dei condoni concessi dallo stato con le risorse altrui: il caso dello stralcio dei debiti sino a mille euro

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

Alcune misure condonistiche incidono sui carichi affidati agli agenti della riscossione. La Corte di Cassazione avalla l’interpretazione favorevole alla loro più ampia estensione, ritenendole applicabili anche ai crediti degli enti diversi dallo Stato, ignorando gli ipotizzabili limiti derivanti dai profili soggettivi (Stato / altri enti), oggettivi (tributi / entrate pubbliche), o procedurali (ruolo / ingiunzione). Si tratta di condoni concessi da leggi dello Stato a totale discapito delle sfera patrimoniale degli enti che subiscono l’annullamento ope legis dei loro crediti. Vengono evidenziati i profili di incostituzionalità ed i margini per una interpretazione adeguatrice.

PAROLE CHIAVE: condono fiscale - riscossione - agente della riscossione


di Lorenzo del Federico - Valeria D'Ilio

Premessa.

Talvolta proprio i Governi ed i Parlamenti che più si dichiarano contrari ai condoni fiscali risultano nei fatti pronti ad utilizzarli, sia per reperire gettito, sia per reperire consenso elettorale fra i beneficiati dai provvedimenti.

Una delle vicende più clamorose nell’esperienza degli ultimi anni è stata quella dei dieci condoni promossi dal Governo Conte 1, che per pudore sono stati qualificate come misure di “pace fiscale” (D. L. 23 ottobre 2018, n. 119, L. conv. 17 dicembre 2018, n. 136).

In queste poche righe non si intende certo entrare nel merito di tali fenomeni, né tantomeno svalutare la rilevanza delle misure di condono nel sistema della finanza pubblica (sui profili teorici v. PREZIOSI, Il condono fiscale, Milano 1987; PICCIAREDDA, Condono (diritto tributario), in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1988; AA.VV., Tax Amnesties, a cura di J. Malherbe, The Netherlands, 2011).

Qui il profilo che interessa evidenziare è quello dei maldestri interventi condonistici, poco meditati e mal disciplinati, che mediante leggi dello Stato introducono misure di favore per i contribuenti a scapito di altri enti pubblici (e talvolta anche privati), con improprie ingerenze nella sfera dell’autonomia finanziaria di tali enti e creando gravi squilibri nel sistema della finanza pubblica.

L’occasione per riflettere è offerta della misura condonistica dello stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010, ex art. 4 del D. L. n. 119/2018, conv. in L. 136/2018, anche alla luce di alcuni recenti interventi della Corte di Cassazione (Cass. Sez. Trib., ord., 15.05.2019 n. 12954; Cass. Sez. Trib., ord. 14.11.2019 n. 29653).

E si noti bene, si tratta di misura clemenziale, di mero abbuono, giacché va applicata d'ufficio, senza la necessità di una istanza di parte, senza regolarizzazioni, versamenti a stralcio ecc., in quanto opera un annullamento ex lege, automatico (sulla recente legislazione condonistica v. per tutti SIRONI – LIBURDI, Pace fiscale (2019)- il fisco, 2019). 

 

La misura condonistica dello stralcio dei debiti fino a mille euro.

Come noto il D.L. n. 119/2018, conv. in L. n. 136/2018, per quanto qui interessa, contiene una disposizione di difficile interpretazione: “Art. 4 - Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010. 1. I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all'articolo 3, sono automaticamente annullati. L'annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili. Ai fini del conseguente discarico, senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell'eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l'agente della riscossione trasmette agli enti interessati l'elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all'allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze del 15 giugno 2015 …. 2. … omissis … 3. Per il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere in relazione alle quote annullate ai sensi del comma 1, concernenti i carichi erariali e, limitatamente alle spese maturate negli anni 2000 - 2013, quelli dei comuni, l'agente della riscossione presenta, entro il 31 dicembre 2019 … apposita richiesta al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il rimborso è effettuato … in venti rate annuali con onere a carico del bilancio dello Stato. Per i restanti carichi tale richiesta è presentata al singolo ente creditore, che provvede direttamente al rimborso, fatte salve anche in questo caso le anticipazioni eventualmente ottenute, con oneri a proprio carico e con le modalità e nei termini previsti dal secondo periodo”.

Punto centrale della questione, sul quali è intervenuta anche la Corte di Cassazione, è quello dell’applicabilità dell’annullamento automatico alle somme incartate nelle ingiunzioni di pagamento emesse da enti pubblici (e privati) diversi dallo Stato.

La Corte ha avallato l’interpretazione favorevole alla più ampia estensione della misura condonistica, ritenendola de plano applicabile anche ai crediti degli enti pubblici diversi dallo Stato, riscossi in base ad ingiunzione fiscale (Cass. n. 12954/2019; Cass. n. 29653/2019); sono stati del tutto ignorati gli ipotizzabili limiti derivanti dai profili soggettivi (Stato / altri enti), oggettivi (tributi / entrate pubbliche), o procedurali (ruolo / ingiunzione).

Del resto nel far riferimento semplicemente ai debiti di importo residuo fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi e sanzioni, il Legislatore ha esplicitato una scelta di campo, svalutando alla radice il profilo soggettivo, prevedendo l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo inferiore alla soglia dei mille euro (non solo dei tributi), a prescindere dallo strumento utilizzato dagli enti creditori per la loro riscossione (quindi non solo ruolo ma anche ingiunzione fiscale).

Si consideri poi che la stessa rubrica della disposizione in parola, che, diversamente da quanto avvenuto in passato per altri istituti che riguardavano la definizione di somme iscritte a ruolo, recita “Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010”, senza alcun richiamo ai ruoli o alle somme iscritte a ruolo.

Né in senso contrario sembrerebbero decisivi i riferimenti agli “interessi da ritardata iscrizione a ruolo” e “alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’art. 3 …”, contenuti nel primo periodo del citato art. 4. Ed invero ad una più attenta lettura, non può sfuggire che, nel primo caso, il richiamo alla iscrizione a ruolo è finalizzato all’individuazione degli interessi che concorrono alla quantificazione del debito annullabile (complessivamente sino alla soglia di euro mille); il richiamo alle cartelle, invece, è finalizzato a precisare che la richiesta di rottamazione ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 119/2018 non preclude l’annullamento dei debiti che abbiamo le caratteristiche previste nell’art. 4, sicuramente più favorevole per il contribuente.

In definitiva, risultano annullabili i debiti incartati tanto nelle liste di carico/liste dei debitori quanto nei ruoli, consegnati rispettivamente ai concessionari della riscossione ovvero agli agenti della riscossione.

E’ pur vero che la norma parla di debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli “agenti della riscossione” (con il che si potrebbe ipotizzare che sono esclusi dall’annullamento automatico i debiti affidati ai meri “concessionari”), ma il riferimento ai debiti tout court, e non ai carichi a ruolo, assume peso prevalente.

Sul piano dell’interpretazione letterale l’ art. 4 risulta quindi formulato in modo tale da trovare applicazione ampia, senza limiti soggettivi (Stato), oggettivi (tributi) e procedurali (ruolo).

Come anticipato, giunge ad analoghe conclusioni, seppure con scarna e frettolosa motivazione, anche la Corte di Cassazione (Cass. n. 12954/2019; Cass. n. 29653/2019). Tuttavia i Giudici di legittimità non si sono minimamente fatti carico di giustificare la ritenuta applicabilità della misura condonistica a crediti affidati per la riscossione a soggetti (concessionari privati) che, a rigore, non hanno la natura giuridica di agente della riscossione; ciò conferma che - al di là delle questioni terminologiche – almeno nell’interpretazione giurisprudenziale, l’intento del Legislatore era quello di eliminare dai bilanci degli enti impositori crediti di difficile realizzazione, a prescindere dalle dai soggetti affidatari e dalle modalità per la loro riscossione.

E’ nota e diffusa una persistente ritrosia della giurisprudenza di merito (v. ad es.; Tribunale Roma, decr. 5 marzo 2019, n. 3665; Tribunale Avezzano 11.2.2020 n. 321), che tende a superare la formulazione letterale della norma, ma si deve prendere atto degli orientamenti lassisti della Cassazione.

In conclusione, sul piano letterale, l’art. 4, nel suo complesso e soprattutto il comma 3, nel far riferimento ai carichi erariali, a quelli dei Comuni ed ai restanti crediti di cui sono titolari gli altri enti creditori, legittima un’interpretazione ampia, in base alla quale l’annullamento automatico è applicabile ai crediti dello Stato, dei Comuni e degli altri enti (Regioni, Provincie, ASL, Camere di Commercio, Ordini Professionali, INPS, INAIL, Casse Previdenziali private, Enti acquedottistici, Enti consortili ecc.), a prescindere dalla natura tributaria o extratributaria di tali crediti, purché vi sia stato affidamento all’agente della riscossione, a mezzo ruolo o ingiunzione. Restano esclusi soltanto i crediti riscossi in via diretta o comunque in via ordinaria, mediante le procedure esecutive disciplinate dal Codice di Procedura Civile.

Si consideri infine che vi è la tendenza ad a concepire in modo estremamente ampio la portata della misura condonistica anche per quanto riguarda i criteri di determinazione del limite quantitativo previsto dalla legge.

Infatti secondo Cass.,  Sez. V, ord. 13 ottobre 2020, n. 22018, la misura si applica ogni volta che il singolo carico è sotto i mille euro, anche se la cartella è di importo superiore. Tale limite e riferito al singolo carico affidato, sicché nell'ambito operativo della norma rientrano tutte quelle cartelle, anche di importo complessivo ben superiore a mille euro, il cui singolo carico affidato all'agente della riscossione non superi l'importo stesso. 

Tuttavia tale orientamento non è consolidato, si rammenta infatti che secondo altre pronunce della stessa Corte di Cassazione occorrerebbe attribuire rilievo al totale del debito (Cass., Sez. Trib., ord. 31 ottobre 2019, n. 28072; Cass., Sez. II, 27 agosto 2020, n. 17966).

Certo è che dalla maggior parte delle pronunce della Corte di Cassazione traspare l’intento di liberarsi dal contenzioso “fiscale” bagattellare, senza sottilizzare sui profili soggettivi, oggettivi e procedurali.

 

Margini per un’interpretazione adeguatrice e profili di incostituzionalità.

Il dato letterale sembra tale da supportare l’interpretazione sulla più ampia portata della misura in esame, ma emergono alcune serie perplessità ove si consideri che si tratta di condono clemenziale,  che deve essere applicato d'ufficio, senza la necessità di una istanza di parte, senza regolarizzazioni, versamenti a stralcio ecc., in quanto i crediti sono annullati ex lege.

Ma è costituzionalmente legittimo un condono del genere, concesso da una legge dello Stato a totale discapito delle sfera patrimoniale degli enti che subiscono l’annullamento ope legis dei loro crediti ?

Il Legislatore ha mostrato qualche timore al riguardo, in quanto nell’art. 4 cit., al comma 4, chiarisce che la misura non si applica alle risorse proprie dell’Unione Europea ed all’IVA riscossa all’importazione (oltre che alle sanzioni pecuniarie penali).

Emerge quindi la consapevolezza del limite di non poter incidere sulla sfera patrimoniale dell’Unione Europea, ma tale limite viene ignorato per quanto riguarda i crediti di Regioni, Province, Comuni, Camere di Commercio, Enti acquedottistici, Enti consortili ecc., ASL, INPS, INAIL, Ordini Professionali, Casse Previdenza ecc.

 

La misura condonistica si pone quindi in palese contrasto con diversi principi costituzionali: 

-altera l’equilibrio finanziario delle Regioni e degli enti locali che debbono subire il condono Statale, vedendo frustrata la loro autonomia finanziaria ed amministrativa; stravolge l’assetto delle competenze e del coordinamento della finanza pubblica (117 e 119 Cost.);

- configura una espropriazione senza indennizzo, realizzando l’ablazione dei crediti ai danni di enti che non vengono compensati da alcun contributo Statale sostitutivo (art. 42 Cost.);

-mina l’equilibrio di bilancio ed il buon andamento amministrativo degli enti, cui viene impedito di dar seguito alle procedure di riscossione dei propri crediti (art. 97 Cost.); per quanto riguarda le Casse previdenziali professionali mina anche la loro libertà ed autonomia, specificamente tutelate dalla Costituzione (art. 38 Cost.).

Inoltre si consideri che la misura, così com’è stata maldestramente elaborata, colpisce anche enti che non fruiscono affatto di finanziamenti Statali (quali gli Ordini professionali), ed addirittura enti privati (come le Casse previdenziali professionali), per il solo fatto che tali enti si siano avvalsi della riscossione a mezzo ruolo o ingiunzione, affidata agli agenti della riscossione.

In merito va ricordato il coraggioso provvedimento d’urgenza ex art. 700 C.P.C. con il quale il Tribunale di Roma (decreto n. 3665/2019), per i crediti contributivi della Cassa Forense, ha sospeso la misura condonistica ex  art. 4 D. L. n. 119/2018 (tecnicamente il Tribunale ha ordinato all’Agenzia delle Entrate - Riscossione di proseguire l’adempimento dell’incarico di riscossione, anche con riferimento ai crediti previdenziali della Cassa, iscritti in ruoli trasmessi agli agenti della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2010 (oltre 7.000.000 di euro), “in quanto verosimilmente sottratti all’ambito applicativo dell’estinzione ope legis di cui all’art. 4 del d.l. n. 119/2018 conv. con l. n. 136/2018”).

Ulteriore profilo di illegittimità costituzionale, potrebbe poi ravvisarsi nel diverso regime previsto per il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere in relazione alle quote annullate, a seconda che si tratti di quote concernenti i carichi erariali o comunali, ovvero di altri enti. Ed invero, soltanto nel caso di crediti erariali il rimborso delle spese di esecuzione graverà integralmente sul bilancio dello Stato; per i crediti comunali graverà sul bilancio dello Stato il rimborso delle sole spese maturate negli anni 2000-2013; viceversa per i restanti crediti il concessionario/agente della riscossione presenterà richiesta di rimborso al singolo ente creditore che, fatte salve le anticipazioni effettuate, provvederà con oneri a proprio carico. In astratto, dunque, potrebbe ipotizzarsi la violazione quanto meno del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost.

In tale quadro emergono margini per tentare un’interpretazione adeguatrice, ovvero costituzionalmente orientata, dell’art. 4 cit., prospettandosi, in subordine l’illegittimità costituzionale della norma.

Per quanto riguarda l’area della previdenza emergono linee interpretative peculiari, già valorizzate dal Tribunale di Roma (decr. n. 3665/2019).

 Il punto di riferimento è dato da una recente sentenza della Corte Costituzionale  (11 gennaio 2017, n. 7 dell’11.01.2017) con cui è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 8, comma 3, D. L. 6 luglio 2012, n. 95 (conv. L. 7 agosto 2012, n. 135), nella parte in cui prevedeva che le somme derivanti dalle riduzio di spesa ivi previste fossero versate annualmente dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei dottori commercialisti ad apposito capitolo del bilancio dello Stato, poiché in contrasto con i principi di ragionevolezza, con i diritti degli iscritti alla Cassa e con il principio del buon andamento della gestione amministrativa della Cassa. Più specificamente “la scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla CNPADC, di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela degli iscritti della Cassa, garantita dall’art. 38 Cost., né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima”; inoltre “la norma censurata nel destinare detto risparmio all’Erario collide anche con l’art. 97 Cost., in quanto sottrae alla CNPADC risorse intrinsecamente destinate alla previdenza degli iscritti” ed “aggredisce, sotto l’aspetto strutturale, la correlazione contributi-prestazioni, nell’ambito della quale si articola la naturale missione della CNPADC di preservare l’autosufficienza del proprio sistema previdenziale. Proprio una ponderazione delle esigenze di equilibrio della finanza pubblica tende inevitabilmente verso la soluzione di non alterare la regola secondo cui i contributi degli iscritti alla CNPADC devono assicurarne l’autosufficienza della gestione e la resa delle future prestazioni, in presenza di un chiaro divieto normativo all’intervento riequilibratore dello Stato”.

Si tratta di principi, assolutamente condivisibili, che assumono rilievo ben oltre la materia della previdenza, anche per quanto riguarda il vulnus all’autonomia finanziaria ed ammnistrativa di tutti gli enti che subiscono l’annullamento ope legis dei loro crediti, senza poter fruire di finanziamenti compensativi da parte dello Stato (art. 119 Cost.).

Insomma è irragionevole che lo Stato conceda condoni con risorse altrui.

Condoni estemporanei, poco meditati ed ispirati da bieche finalità demagogiche, che stravolgono il buon andamento dell’attività amministrativa degli enti, operano ex lege, a prescindere da ogni loro possibile scelta, comportano un riassetto dei bilanci con ovvio recupero dei minori introiti -causa annullamento dei crediti nei confronti dei soggetti morosi- a scapito dell’incremento dei costi nei confronti dei soggetti normalmente adempienti (come sta avvenendo per quanto riguarda gli enti acquedottistici, consortili ecc.).

Inoltre per quanto riguarda la ripartizione delle attribuzioni e delle competenze si rammenta che tradizionalmente, ma con rilevanti eccezioni, le leggi dello Stato che introducono condoni non trovano automatica applicazione nei confronti delle Regioni e degli enti locali.

Si consideri ad es. l’art. 15 del D. L. 30 aprile 2019, n. 34, conv. dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, o l’art.1, comma 11-quater del D. L. n. 148 16 ottobre 2017, n. 148, conv. L. 4 dicembre 2017 n. 172, o l’art. 13 della L. 27 dicembre 2002, n. 289 (sul tema v.: CEPPARULO, La definizione agevolata dei rapporti tributari locali, in Trib. loc. e reg., 2003, 155; DEL FEDERICO, I poteri normativi degli enti locali in tema di sanzioni e condoni tributari: ambiti di legittimità, in Fin. loc., 2005, 33 ss.; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2012, n. 12675, n. 12677, n. 12678, n. 12679, n. 12688).

E’ nota la pronuncia resa dalla Corte Costituzionale, 14 febbraio 2018, n.29, con cui è stato rigettato un ricorso della Regione Toscana che lamentava l’applicabilità della definizione agevolata dei ruoli - c.d. “rottamazione”- anche ai tributi regionali (artt. 6 e 6-ter D. L. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. L. 1° dicembre 2016, n. 225), senza alcun coinvolgimento della Regione, senza finanziamenti compensativi ecc. (con un ventaglio di argomentazioni analogo a quello qui prospettato).

Tuttavia si ritiene che la Corte non abbia colto la gravità e l’ampiezza del problema, che invero nel giudizio era circoscritto ai soli tributi regionali. Sotto altro profilo la sentenza n. 29/2018 ha fatto riferimento ad un caso di “rottamazione” onerosa, cui erano quindi estranei i profili critici peculiari degli annullamenti / stralci/ discarichi clemenziali, senza oneri di sorta per i beneficiari (sulle rottamazioni dei ruoli v. per tutti ODOARDI, Rottamazione dei ruoli e delle liti, in Il libro dell’anno del diritto - 2018, Treccani, Roma). Ed è questo il fenomeno che maggiormente preoccupa: il diffondersi di misure condonistiche demagogicamente concesse dallo Stato a scapito degli enti creditori, con impiego delle loro delle risorse ed in spregio della loro autonomia, senza alcuna forma di coinvolgimento, senza finanziamenti compensativi ecc.; nella sostanza vere e proprie espropriazioni senza indennizzo.

Basti por mente al clamoroso e maldestro intervento con cui il Legislatore con la legge di stabilità per il 2013 (art. 1, commi, 527, 528 e 529, L. 24 dicembre 2012, n. 228), ha previsto un meccanismo volto a definire i rapporti tra Enti impositori e Agenti della riscossione in relazione ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999. Si è trattato di una misura condonistica, del tutto analoga a quella di cui all’art. 4 D. L. n. 119/2018, secondo cui:  - i crediti di importi fino a 2.000 euro sono automaticamente annullati; - i ruoli recanti crediti di valore superiore a 2000 euro sono automaticamente discaricati se l’Agente della riscossione non ha procedure in corso (a prescindere dal fatto che sia rimasto totalmente e negligentemente inerte o che le abbia infruttuosamente esperite ed esaurite); ovvero sono automaticamente discaricati all’esito delle procedure in corso, se l’Agente, esaurite le attività di competenza, provvede a darne notizia all’Ente creditore.

A fronte di una alterna giurisprudenza di merito, è intervenuta la Corte di Cassazione, facendo leva, come al solito, sul mero dato letterale (non ponendo la legge “distinzioni tra ruoli attinenti a crediti consegnati da soggetti pubblici o istituzionalmente destinatari di finanziamenti pubblici e ruoli concernenti invece crediti vantati da soggetti privati”) e giungendo a ritenere che l’annullamento automatico potesse operare anche con riguardo ai crediti di cui ai ruoli emessi dalla Cassa, come altresì il discarico automatico dei ruoli di importo superiore ad euro 2000, in ragione dell’esigenza di riordino e razionalizzazione della finanza pubblica  (Cass. Sez. III, 9 maggio 2020, n. 12229; Cass. Sez. III, 9 giugno 2020, n. 11972;  Cass. Sez. III, 20 novembre 2020, n. 26531).

Inoltre l’intervento legislativo del 2012 è stato ben più subdolo di quello del 2018, giacché ha introdotto non solo una misura condonistica a favore dei debitori morosi, ma anche una sanatoria miracolosa per l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, in cui sono confluiti le società del gruppo Equitalia S.p.A., che a loro volta avevano incorporato o comunque acquisto tutti gli agenti e concessionari, pubblici e privati, abilitati alla riscossione a mezzo ruolo. Questi agenti e concessionari della riscossione hanno creato gravi disservizi nell’espletamento delle loro funzioni, ma ciononostante sono stati manlevati ope legis dalle loro responsabilità (per un quadro dei cronici disservizi v. Corte dei Conti - sezione centrale di controllo, La riscossione delle entrate pubbliche, Roma 2007).  Ed è appena il caso di evidenziare che lo Stato sanando le inadempienze degli agenti e concessionari della riscossione ha graziato se stesso, stante il suo controllo su Agenzia delle Entrate - Riscossione.

 

Illegittimità delle “autosanatorie” e vicende societarie di Equitalia s.p.a.,

Tale effetto di “autosanatoria” è stato ammesso sia dalla dalla Corte Costituzionale, seppure in relazione ad altre disposizioni (sentenza 15 marzo 2019, n. 59), sia dalla Corte di Cassazione (n. 26531/2020), che lo hanno ritenuto legittimo e giustificato in ragione di un malitenso latente intesse pubblico.

In tali sentenze si enfatizzano i riferimenti pubblicistici della vicenda relativa a Riscossione s.p.a. ed alle società da quella partecipate (attraverso l’acquisto dei rami di azienda ceduti dai vecchi Concessionari-banche o l’acquisto della maggioranza del capitale sociale delle altre società ex Concessionarie nazionali), cui è succeduta Equitalia Polis s.p.a., quindi Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., ed infine Agenzia delle Entrate-Riscossione (D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 3 conv. in L. 1 dicembre 2016, n. 225).

Al riguardo si argomenta che “per questo secondo gruppo di Agenti della riscossione “pubblici” è stata prevista una proroga reiterata – fino alla legge di stabilità n. 228/2012 dei termini di decadenza per la trasmissione della “comunicazione di inesigibilità”: proroga giustificata dall’esigenza di eliminare quanto prima le pendenze dei ruoli inattivi (in quanto ritenuti ormai inesigibili) e di non far gravare interamente su Riscossione s.p.a., attraverso il programmato trasferimento dei rami di azienda e delle società partecipate, gli ingenti e risalenti oneri pregressi, maturati in capo ai precedenti Concessionari nazionali “privati” per la prolungata ed improduttiva attività di riscossione dei crediti. Quando infine la legge di stabilità 2013 è venuta a dettare la nuova disciplina del discarico automatico, a ciò si è determinata tenendo bene presente la situazione complessiva dei ruoli ancora insoluti risultante all’esito delle ripetute proroghe concesse agli “Agenti della riscossione”, ritenendo ostativa ad una sana e corretta gestione dei bilanci degli enti creditori ed all’efficienza del servizio di riscossione il mantenimento di crediti che continuavano ad essere considerati fittiziamente “esigibili”, trattandosi invece di crediti meramente virtuali, in quanto iscritti a ruoli emessi e consegnati in tempi risalenti ed ormai del tutto inesigibili, essendo venuta meno ogni concreta probabilità di esazione” (così Cass. n. 26531/2020).

Tuttavia tali argomentazioni risultano alquanto sorprendenti: in una prima fase Riscossione s.p.a. – Equitalia s.p.a. ed Agenzia Entrate– Riscossione (che configurano nella sostanza continuativamente un unico soggetto) acquisiscono dai Concessionari privati le aziende esattoriali, gravate da azioni di responsabilità e debiti relativi ai carichi dei ruoli mal gestiti, mediante una remunerazione che tiene conto di tali ingenti oneri; poi, nella fase due,  grazie ai vari colpi di spugna delle “autosanatorie” Equitalia- Agenzia Riscossione vengono sgravate da tali responsabilità e dai relativi ingenti oneri, per cui si riespandono appieno i valori patrimoniali delle aziende esattoriali acquisite, a favore dello Stato amministrazione.

Inoltre perché acquisire le aziende esattoriali dei privati ? Soprattutto perchè acquisirle con accollo da parte di Equitalia s.p.a degli oneri gravanti sui privati causa mala gestio della riscossione ? Ed infine perché far gravare tutto ciò non sullo Stato (o almeno non solo sullo Stato) che ha promosso tale spregiudicata operazione, ma coinvolgere anche tutti gli enti pubblici -ed addirittura privati - che hanno avuto la malaugurata idea di avvalersi della riscossione a mezzo ruolo ?

E si consideri che in ultima analisi gli enti diversi dallo Stato hanno subito: la mancata riscossione dei crediti da loro affidati agli agenti/ concessionari, non adeguatamente gestiti e non rendicontati (ed è ciò che radica la loro responsabilità, di certo non la morosità dei debitori); la privazione delle azioni di responsabilità nei confronti degli agenti/ concessionari (art. 1, commi, 527, 528 e 529, L. n. 228/2012); la decurtazione senza indennizzo dei loro crediti, estinti ope legis.

L’operazione Equitalia e la compiacente legislazione di supporto suscitano sconcerto.

Vi è da sperare che la Corte dei Conti, dotata di maggiori sensibilità sul fronte della finanza pubblica rispetto alla Corte di Cassazione, possa contribuire a far chiarezza; soprattutto si confida che la Corte Costituzionale riesca a cogliere il fenomeno nella sua interezza, superando l’approccio frammentario che l’ha indotta, sinora, ad avallare queste c.d. “autosanatorie”. Certo è che modalità e finalità del genere non esaltano, ma mortificano l’interesse pubblico, rendendo palese la sua strumentalizzazione al fine di giustificare anche i più scabrosi interventi legislativi. 

 

Conclusioni

Tanto premesso si ritiene di poter ragionevolmente prospettare una interpretazione adeguatrice delle norme condonistiche in questione, concependole come applicabili esclusivamente alle entrate dello Stato, o, al limite. anche alle entrate di enti pubblici diversi dallo Stato, ma soltanto in presenza di finanziamenti statali compensativi. Di certo tali norme condonistiche non possono trovare applicazione nei confronti di enti privati.

Le diverse interpretazioni, attualmente avallate dalle prime pronunce della Corte di Cassazione, danno corpo a molteplici profili di incostituzionalità.  

Quanto ad ipotetici interventi legislativi futuri ogni condono su carichi affidati agli agenti della riscossione, per poter operare sui crediti di enti diversi dallo Stato, dovrebbe essere subordinato o all’adesione dell’ente interesso alla procedura o alla erogazione di finanziamenti statali compensativi.