Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

14/07/2020 - L’irrilevanza degli “impulsi volitivi” per la contestazione di esterovestizione nel rispetto del diritto di stabilimento

argomento: IRES - Giurisprudenza

Per poter contestare la residenza fiscale della persona giuridica nel rispetto del diritto di stabilimento fissato dall’art 49 del TFUE, bisogna accertare la presenza di una costruzione artificiosa, che ricorre quando non si è in presenza di un insediamento effettivo attraverso l’esercizio di una attività economica della società interessata nello Stato membro.

PAROLE CHIAVE: esterovestizione - sede amministrazione - diritto di stabilimento


di Luca Sera

  1. L’Amministrazione finanziaria nel caso in esame accertava l’esterovestizione (la definizione di esterovestizione data dalla Cassazione 7 febbraio 2013 n 2896 è significativa: “s’intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale all’estero, in particolare in uno Stato con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale”) della società Alfa costituita in  Lussemburgo ma ritenuta residente in Italia in quanto il luogo dal quale provenivano gli impulsi gestionali e le direttive amministrative erano da collocare in Italia nella sede della società controllante.

Il contribuente ricorreva contro la sentenza di merito in cui il giudice di appello, dopo aver dato atto dell'adeguatezza della motivazione dell'avviso di accertamento, aveva convenuto  sull’esterovestizione della società controllata lussemburghese  costituita soltanto al fine di ottenere un regime fiscale maggiormente favorevole dato che la sua attività di concessione di marchi in licenza alla società italiana controllata Beta comportava che il reddito incassato dalle conseguenti royalties venisse dichiarato in Lussemburgo caratterizzato da un regime fiscale sulle stesse più vantaggioso rispetto a quello italiano; nel dettaglio il giudice constatava come il centro decisionale fosse da collocare presso la sede della società controllante italiana per la mancanza di una struttura amministrativa della società estera Alfa caratterizzata dalla presenza di una sola dipendente avente mansioni di segretaria.

  1. La Corte di cassazione, nel dare ragione al contribuente, facendo riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia C-196/04, Cadbury Schweppes, riguardo al fenomeno di localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha sottolineato come ,in tema di libertà di stabilimento, la circostanza in cui una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per sé stessa un abuso di tale libertà; una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa soltanto se riguarda specificatamente costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato.

L'obiettivo della libertà di stabilimento, infatti,  è  permettere ad una persona giuridica residente in uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le proprie attività partecipando  così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica dello Stato  (in tal senso Cass., Sez. III, 30 ottobre 2015, n. 43809;  Cass., Sez. V, 7 febbraio 2013, n. 2869 ; CTP Modena 17 novembre 2014,n. 744; CTP Como 3 luglio 2013, n. 91; CTP Roma 3 febbraio 2014, n. 1694).

In definitiva, quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma verificare se vi sia un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite attraverso l’esercizio di un’attività economica.

  1. Inoltre, la Cassazione, per sostenere la violazione dell’art. 73 comma 3 del Tuir e l’ art 49. del TFUE da parte della Amministrazione finanziaria, si è basata su quanto già stabilito dalla Cassazione penale, sul medesimo fatto, nella sentenza del 30 Ottobre 2015 n 43809 (per più ampie considerazioni sia consentito rinviare a CORDEIRO GUERRA-DORIGO Residenza fiscale delle società ed esterovestizione: note a margine della sentenza Dolce & Gabbana della Cassazione penale trim. dir. trib.,1, 2017, p.197 e ss.), in cui si era statuito che in caso di società con sede legale estera controllata ai sensi dell'art. 2359 c.c., comma 1, non costituisce  criterio esclusivo di accertamento della sede della direzione effettiva l'individuazione del luogo dal quale provengono gli impulsi gestionali o le direttive amministrative qualora esso si identifichi con la sede (legale o amministrativa) della società controllante italiana (cfr. CTP Belluno 14 novembre 2008, n173; CTR  Toscana 18 gennaio 2008, n.61; CTP Firenze 18 aprile 2007 n. 108), precisando che in tal caso è necessario individuare anche quello dove la società controllata estera  svolge effettivamente la propria attività in conformità al proprio atto costitutivo o allo statuto. 

Dato quanto sopra, la Corte ,cassando con rinvio, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso del contribuente, in quanto il giudice d'appello avrebbe adottato la propria valutazione sulla esterovestizione facendo leva solo sul luogo degli impulsi volitivi inerenti alle attività amministrativa della società, senza valutare, invece, l’esercizio effettivo dell’ attività economica svolta in Lussemburgo.

  1. Dalla sentenza si può comprendere meglio come la posizione adottata dalla Agenzia e non condivisa dalla Corte lasci spazio ad una interpretazione troppo ampia attraverso l’utilizzo del criterio degli impulsi volitivi per fissare la sede amministrativa, con la conseguente riconduzione nel concetto di residenza fiscale della realtà fattuale data dalla presenza di strutture societarie aventi un’amministrazione distaccata dal luogo dell’attività effettivamente svolta quotidianamente. Ciò viene confermato anche dalla dottrina (cfr. A. BALLANCIN  Note in tema di esterovestizione societaria tra i criteri costitutivi della nozione di residenza fiscale e l’interposizione elusiva di persona Riv.dir.trib., 2008, V, p. 975 ss.; R. TIEGHI, F.NANETTI Dalla “residenza fiscale” alla “libertà di stabilimento”: spunti in tema di “delocalizzazione societaria” ed “esterovestizione” Riv.dir.trib., 2015, V, p.77 ss. ; S.DORIGO Residenza fiscale delle società e libertà di stabilimento nell’Unione Europea , Padova, 2012, p. 298  ) , secondo la quale basare la residenza fiscale delle persone giuridiche sul luogo in cui derivano gli impulsi volitivi inerenti l’attività amministrativa amplia ,in maniera notevole, il concetto di residenza fiscale delle persone giuridiche laddove più soci o più amministratori siano residenti in Stati differenti portando incertezza per il contribuente e libero arbitrio per l’Amministrazione.
  2. Il criterio preponderante da seguire per stabilire il collegamento sostanziale della persona giuridica con il territorio deve essere rappresentato dall’attività effettivamente svolta dalla società.

Al riguardo, si consideri l’osservazione fatta dall’Italia sull'art. 4 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni OCSE, secondo cui nella definizione di direzione effettiva è importante considerare non solo il luogo di gestione e amministrazione ma anche il luogo in cui viene svolta l’attività principale e sostanziale della persona giuridica  (Model Tax Convention on Income and on Capital: Condensed Version 2014 Observations on the Commentary: “As regards paragraphs 24 and 24.1, Italy holds the view that the place where the main and substantial activity of the entity is carried on is also to be taken into account when determining the place of effective management of a person other than an individual”).

In aggiunta, la sentenza oggetto d’analisi consolida il fatto che per poter contestare la residenza fiscale e nel contempo rispettare la libertà di stabilimento dell’art 49 del TFUE, non è sufficiente basarsi sugli impulsi volitivi poiché si richiede la dimostrazione di una costruzione artificiosa dell’operazione ,con la conseguente focalizzazione sull’ effettivo insediamento della società nello Stato dischiarato residente, esternato dall’esercizio effettivo delle proprie attività e  dalla partecipazione  in maniera stabile e continuativa alla vita economica dello Stato. La dottrina, infatti, afferma che, ai fini della prova di una costruzione artificiosa ,bisogna considerare esclusivamente profili sostanziali ed oggettivi con la conseguente esclusione degli  impulsi volitivi,  poiché quest’ultimi sono considerati criteri meramente interni che mancano di quel carattere di conoscibilità nei confronti dei terzi ritenuto, invece, essenziale dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia per dimostrare l’effettivo insediamento nel territorio (cfr. S.DORIGO Residenza fiscale,op.cit. , p. 300 e ss.) .

In conclusione,  l’interpretazione del criterio della  sede di amministrazione dell’art 73 del Tuir, ai fini dell’esterovestizione, dovrebbe andare  incontro alla critica mossa dalla dottrina (sul punto, in specie, R. CORDEIRO GUERRA, Diritto tributario internazionale, Padova, 2016, p. 499 e ss. )  secondo cui la definizione di sede dell’amministrazione deve prescindere dal luogo in cui si assumono le decisione fondamentali e considerare, invece, il luogo dove la società vive la quotidianità, svolge la sua attività principale e intrattiene rapporti continuativi con terzi, così da avvalorare al meglio il collegamento sostanziale tra la persona giuridica e il territorio.