argomento: IRES - Giurisprudenza
Per poter contestare la residenza fiscale della persona giuridica nel rispetto del diritto di stabilimento fissato dall’art 49 del TFUE, bisogna accertare la presenza di una costruzione artificiosa, che ricorre quando non si è in presenza di un insediamento effettivo attraverso l’esercizio di una attività economica della società interessata nello Stato membro.
PAROLE CHIAVE: esterovestizione - sede amministrazione - diritto di stabilimento
di Luca Sera
Il contribuente ricorreva contro la sentenza di merito in cui il giudice di appello, dopo aver dato atto dell'adeguatezza della motivazione dell'avviso di accertamento, aveva convenuto sull’esterovestizione della società controllata lussemburghese costituita soltanto al fine di ottenere un regime fiscale maggiormente favorevole dato che la sua attività di concessione di marchi in licenza alla società italiana controllata Beta comportava che il reddito incassato dalle conseguenti royalties venisse dichiarato in Lussemburgo caratterizzato da un regime fiscale sulle stesse più vantaggioso rispetto a quello italiano; nel dettaglio il giudice constatava come il centro decisionale fosse da collocare presso la sede della società controllante italiana per la mancanza di una struttura amministrativa della società estera Alfa caratterizzata dalla presenza di una sola dipendente avente mansioni di segretaria.
L'obiettivo della libertà di stabilimento, infatti, è permettere ad una persona giuridica residente in uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le proprie attività partecipando così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica dello Stato (in tal senso Cass., Sez. III, 30 ottobre 2015, n. 43809; Cass., Sez. V, 7 febbraio 2013, n. 2869 ; CTP Modena 17 novembre 2014,n. 744; CTP Como 3 luglio 2013, n. 91; CTP Roma 3 febbraio 2014, n. 1694).
In definitiva, quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma verificare se vi sia un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite attraverso l’esercizio di un’attività economica.
Dato quanto sopra, la Corte ,cassando con rinvio, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso del contribuente, in quanto il giudice d'appello avrebbe adottato la propria valutazione sulla esterovestizione facendo leva solo sul luogo degli impulsi volitivi inerenti alle attività amministrativa della società, senza valutare, invece, l’esercizio effettivo dell’ attività economica svolta in Lussemburgo.
Al riguardo, si consideri l’osservazione fatta dall’Italia sull'art. 4 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni OCSE, secondo cui nella definizione di direzione effettiva è importante considerare non solo il luogo di gestione e amministrazione ma anche il luogo in cui viene svolta l’attività principale e sostanziale della persona giuridica (Model Tax Convention on Income and on Capital: Condensed Version 2014 Observations on the Commentary: “As regards paragraphs 24 and 24.1, Italy holds the view that the place where the main and substantial activity of the entity is carried on is also to be taken into account when determining the place of effective management of a person other than an individual”).
In aggiunta, la sentenza oggetto d’analisi consolida il fatto che per poter contestare la residenza fiscale e nel contempo rispettare la libertà di stabilimento dell’art 49 del TFUE, non è sufficiente basarsi sugli impulsi volitivi poiché si richiede la dimostrazione di una costruzione artificiosa dell’operazione ,con la conseguente focalizzazione sull’ effettivo insediamento della società nello Stato dischiarato residente, esternato dall’esercizio effettivo delle proprie attività e dalla partecipazione in maniera stabile e continuativa alla vita economica dello Stato. La dottrina, infatti, afferma che, ai fini della prova di una costruzione artificiosa ,bisogna considerare esclusivamente profili sostanziali ed oggettivi con la conseguente esclusione degli impulsi volitivi, poiché quest’ultimi sono considerati criteri meramente interni che mancano di quel carattere di conoscibilità nei confronti dei terzi ritenuto, invece, essenziale dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia per dimostrare l’effettivo insediamento nel territorio (cfr. S.DORIGO Residenza fiscale,op.cit. , p. 300 e ss.) .
In conclusione, l’interpretazione del criterio della sede di amministrazione dell’art 73 del Tuir, ai fini dell’esterovestizione, dovrebbe andare incontro alla critica mossa dalla dottrina (sul punto, in specie, R. CORDEIRO GUERRA, Diritto tributario internazionale, Padova, 2016, p. 499 e ss. ) secondo cui la definizione di sede dell’amministrazione deve prescindere dal luogo in cui si assumono le decisione fondamentali e considerare, invece, il luogo dove la società vive la quotidianità, svolge la sua attività principale e intrattiene rapporti continuativi con terzi, così da avvalorare al meglio il collegamento sostanziale tra la persona giuridica e il territorio.