Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

23/12/2019 - La tassa automobilistica regionale tra i tributi propri derivati e i tributi propri in senso stretto

argomento: IRAP e tributi locali - Giurisprudenza

Secondo la Corte Costituzionale, che riconduce la tassa automobilistica nell’ambito dei tributi istituiti e disciplinati da leggi dello Stato, l’art. 7, co. 2, l.r. Emilia Romagna 21 dicembre 2012, n. 15 è illegittimo. E ciò in quanto, contravvenendo all’art. 117, co. 2, lett. e), Cost., l’art. 7 cit., in forza del previsto obbligo di iscrizione del veicolo in appositi registri, attenua la portata agevolativa dell’art. 63, co. 2, l. n. 342 del 2000 per i veicoli di particolare interesse storico o collezionistico e, conseguentemente, lede la competenza esclusiva statale. Diversamente, è legittima la norma nella parte in cui estende l’agevola­zione a veicoli di mero interesse storico o collezionistico.   According to the Italian Constitutional Court, which qualifies Car Taxes in the context of the tributes introduced and regulated by the law of the State, art. 7, paragraph 2, r.l. Emilia Romagna 21 December 2012, n. 15 is illegitimate. The constitutional illegitimacy of art. 7, which requires the obligation to register vehicles in peculiar registers, is due to the fact that the regional law, breaching the provision of art. 117, paragraph 2, lett. e), Const., reduces the tax benefits granted by the art. 63, paragraph 2, l. n. 342/2000 in favor of vehicles which fall into the category of “vehicle of special historic interest” and violates the State’s exclusive legislative competence. Otherwise, art. 7 is legitimate where it extends the tax benefits in favor of mere historic interest vehicles.

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PAROLE CHIAVE: tasse automobilistiche - esenzione fiscale - veicoli interesse storico


di Andrea Giovanardi

  1. Andrea Giovanardi *

    LA TASSA AUTOMOBILISTICA REGIONALE TRA I TRIBUTI PROPRI DERIVATI E I TRIBUTI PROPRI IN SENSO STRETTO

    CAR TAXES, BETWEEN STATE’S LEGISLATIVE COMPETENCE AND REGIONAL LEGISLATIVE COMPETENCE

    Nota a Sentenza Corte Costituzionale, 20 maggio 2019, n. 122

    Abstract

    Secondo la Corte Costituzionale, che riconduce la tassa automobilistica nell’ambito dei tributi istituiti e disciplinati da leggi dello Stato, l’art. 7, co. 2, l.r. Emilia Romagna 21 dicembre 2012, n. 15 è illegittimo. E ciò in quanto, contravvenendo all’art. 117, co. 2, lett. e), Cost., l’art. 7 cit., in forza del previsto obbligo di iscrizione del veicolo in appositi registri, attenua la portata agevolativa dell’art. 63, co. 2, l. n. 342 del 2000 per i veicoli di particolare interesse storico o collezionistico e, conseguentemente, lede la competenza esclusiva statale. Diversamente, è legittima la norma nella parte in cui estende l’agevola­zione a veicoli di mero interesse storico o collezionistico.

    Parole chiave: tasse automobilistiche; esenzione; veicoli di interesse storico ultraventennale; questione di legittimità costituzionale

    According to the Italian Constitutional Court, which qualifies Car Taxes in the context of the tributes introduced and regulated by the law of the State, art. 7, paragraph 2, r.l. Emilia Romagna 21 December 2012, n. 15 is illegitimate. The constitutional illegitimacy of art. 7, which requires the obligation to register vehicles in peculiar registers, is due to the fact that the regional law, breaching the provision of art. 117, paragraph 2, lett. e), Const., reduces the tax benefits granted by the art. 63, paragraph 2, l. n. 342/2000 in favor of vehicles which fall into the category of “vehicle of special historic interest” and violates the State’s exclusive legislative competence. Otherwise, art. 7 is legitimate where it extends the tax benefits in favor of mere historic interest vehicles.

    Keywords: Car tax; exemption; vehicles of historical interest over twenty years; question of constitutional legitimacy

    1. La Commissione tributaria provinciale di Bologna, con riferimento a una vicenda concernente le tasse automobilistiche pretese, per il periodo di imposta 2013, su un veicolo di interesse storico ultraventennale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, co. 2, l.r. Emilia Romagna 21 dicembre 2012, n. 15, a mente del quale «dal 1 gennaio 2013 gli autoveicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale, di anzianità tra i venti e i trenta anni, classificati d’interesse storico o collezionistico, iscritti in uno dei registri ASI, Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI, previsti dal­l’articolo 60 del decreto legislativo n. 285 del 1992 e dal relativo regolamento attuativo, sono esentati dal pagamento della tassa automobilistica regionale. Ai fini dell’esonero fiscale, la certificazione d’iscrizione attestante la data di costruzione nonché le caratteristiche tecniche è prodotta alla Regione»[1].

    Secondo la prospettazione del giudice rimettente, che riconduce la tassa automobilistica ai tributi propri derivati, quelli cioè istituiti e disciplinati da legge dello Stato su cui la Regione non può in alcun modo intervenire al di fuori degli spazi appositamente individuati dal legislatore statale, si sarebbe assistito a un’illegittima sovrapposizione, atteso che la norma succitata limiterebbe la portata dell’esenzione prevista dall’art. 63 della l. 21 novembre 2000, n. 342, vigente ratione temporis, il quale:

    – rende esenti i veicoli ultratrentennali (comma 1);

    – rendeva esenti (fino al varo dell’art. 1, co. 666, della l. 23 dicembre 2014, n. 190) autovetture e motocicli ultraventennali, purchè di «particolare interesse storico e collezionistico», dovendosi intendere come tali «a) i veicoli costruiti specificamente per le competizioni; b) i veicoli costruiti a scopo di ricerca tecnica o estetica, anche in vista di partecipazione ad esposizioni o mostre; c) i veicoli i quali, pur non appartenendo alle categorie di cui alle lettere a) e b), rivestano un particolare interesse storico o collezionistico in ragione del loro rilievo industriale, sportivo, estetico o di costume» (art. 63, co. 2).

    In questo contesto, la norma regionale avrebbe introdotto, per i mezzi tra i venti e i trent’anni di anzianità, anche se di mero e non di particolare interesse storico o collezionistico, una condizione, quella dell’iscrizione del veicolo nei registri tenuti dall’ASI o dalla FMI (e della necessaria produzione della certificazione alla Regione), non prevista nella norma statale, così restringendo il campo di usufruibilità dell’esenzione. L’art. 63, co. 3, della l. n. 342 del 2000 prevedeva infatti che «i veicoli indicati al comma 2 sono individuati, con propria determinazione, dall’ASI e, per i motoveicoli, anche dalla FMI», il che escludeva la necessità di un accertamento riferito allo specifico veicolo, dovendosi limitare l’individuazione operata dai suddetti enti alla predisposizione di un elenco analitico di modelli e marche.

    A far da contraltare all’evidenziata restrizione, l’allargamento dell’agevola­zione, seppur condizionato agli anzidetti requisiti, ai veicoli, non contemplati dall’art. 63, co. 2, della l. n. 342 del 2000, di interesse storico o collezionistico non «particolare».

    1. Una volta chiarito che la necessità dell’iscrizione nei registri non può ricavarsi dalla legge dello Stato, perché l’art. 1, lett. a), del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 17 dicembre 2009 definisce veicolo di interesse storico o collezionistico quello che risulti iscritto in uno dei registri indicati nell’art. 60, co. 4, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 («Nuovo codice della strada») allo scopo di individuare i requisiti necessari alla circolazione senza quindi interferire con l’esenzione fiscale[2], la Corte si è pronunciata sulla legittimità della norma regionale, sia con riferimento alla parte in cui riduce la portata dell’agevolazione statale, sia per quel che concerne la legittimità del­l’estensione del ricordato ambito applicativo ai veicoli nei cui confronti la norma statale non trovava applicazione, quelli ultraventennali di mero interesse storico o collezionistico.

    Una valutazione doppia, quindi, che si è imperniata sul ruolo e sulla funzione dell’art. 8, co. 2, del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68, il quale stabilisce che «fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legge statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale».

    Si tratta, ha evidenziato la Corte, di un «principio di coordinamento del sistema tributario che assume la valenza di parametro interposto cui la Regione deve attenersi nell’esercizio della propria competenza legislativa», con la conseguenza che la tassa automobilistica deve comunque considerarsi un tributo proprio derivato. La norma citata, dunque, che pur attribuisce poteri molto ampi alle Regioni, non consente di modificare i risultati interpretativi sulla classificazione del tributo come derivato cui la Corte costituzionale è costantemente approdata [3]: dalla formulazione dell’anzidetta disposizione, infatti, si è evidenziato da parte della Consulta nella sentenza 19 dicembre 2012, n. 288, «si inferisce … non già la natura di tributo proprio della tassa automobilistica regionale, …, ma solo la volontà del legislatore di riservare ad essa un regime diverso rispetto a quello stabilito per gli altri tributi propri derivati, attribuendone la disciplina alle Regioni, senza che questo comporti una modifica radicale del tributo, come anche confermato dall’inciso “fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale”».

    Le conclusioni, a questo punto, per quel che concerne la parte della norma che limita l’agevolazione statale, sono obbligate (e confermative di esiti già in precedenza raggiunti dalla Corte [4]): la norma regionale è illegittima perché, contravvenendo all’art. 117, co. 2, lett. e), Cost., attenua, per i veicoli di particolare interesse storico o collezionistico, in forza del previsto obbligo di iscrizione nei registri, la portata agevolativa dell’art. 63, co. 2, della l. n. 342 del 2000 e quindi lede la competenza esclusiva statale sul «sistema tributario [...] dello Stato» (par. 4.3).

    Il medesimo art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 68 del 2011 consente di arrivare a conclusioni opposte per l’altra parte della disposizione, quella in cui si amplia l’ambito della disposizione agevolativa statale: il limite all’intervento regionale non può essere valorizzato al punto tale da trasformare il tributo in proprio in senso stretto, ma certamente consente di «agevolare di più», perché in tal modo non si oltrepassano i limiti (massimi di manovrabilità) individuati dalla norma stessa.

    L’ulteriore agevolazione, da questo punto di vista la pronuncia è certamente innovativa, non essendo il Giudice delle leggi, nella precedente sentenza n. 209 del 2018, scaturente da giudizio principale relativo all’anno di imposta 2010, addivenuto a distinguere tra le diverse parti della disposizione censurata in ragione della loro portata estensiva o restrittiva [5], è quindi legittima, perché l’art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 68 del 2011 ne consente l’introduzione.

    D’altra parte, nel sistema che si regge sulla distinzione tra tributi propri derivati e in senso stretto «il legislatore ha attribuito alla tassa automobilistica una valenza differenziata, sia rispetto ai tributi propri autonomi … sia rispetto ai tributi propri derivati, configurandola come un tributo proprio derivato particolare, parzialmente “ceduto”, in quanto alle Regioni è riconosciuto un più ampio margine di autonoma disciplina, limitato dal vincolo unidirezionale, di non superare il limite massimo di manovrabilità stabilito dalla legge statale». Un «tertium genus» dunque, «rispetto al quale le Regioni possono sviluppare una propria politica fiscale che senza alterarne i presupposti strutturali (in quanto la tassa automobilistica continua a partecipare della natura dei tributi propri derivati) e senza superare i limiti massimi di manovrabilità definiti dalla legge statale, possa rispondere a specifiche esigenze di differenziazione».

    1. Gli esiti interpretativi cui la Corte costituzionale è addivenuta sono del tutto condivisibili.

    Nell’attuale contesto ordinamentale, infatti, e in presenza di un tributo proprio derivato, non vi è spazio per limitare le agevolazioni previste e introdotte dalle norme statali, sicché l’art. 7, co. 2, della l.r. Emilia Romagna n. 15 del 2012 è incostituzionale perché condiziona l’agevolazione alla sussistenza di requisiti non previsti dalla norma statale.

    D’altra parte, l’art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 68 del 2011, pur utilizzando un termine particolarmente ambiguo, quello di «manovrabilità», pone quale chiaro limite al legislatore regionale quello di non introdurre norme che rendano più oneroso il carico fiscale in capo ai soggetti passivi della tassa automobilistica.

    Dal che deriva che, per giungere alla declaratoria di legittimità della norma nella parte in cui estende l’agevolazione ai veicoli di mero interesse storico o collezionistico, non era forse nemmeno necessario arrivare alla teorizzazione di un tertium genus di tributo regionale, tra i derivati e i propri in senso stretto, risultando sufficiente, per supportare la decisione, il pluricitato art. 8, co. 2, del d.lgs. n. 68 del 2011.

    Né può ravvisarsi nella fattispecie, vertente su una esenzione attinente fattispecie di estremo dettaglio e di scarsissima rilevanza economica, il superamento dell’ulteriore limite che la Corte ha giustamente evidenziato e che deriva dal fatto che il favor regionale non può modificare il tributo nei suoi profili essenziali e nemmeno porsi in contrasto con i principi che stanno a base dell’ordinamento.

     

     

    * Professore Ordinario di Diritto tributario Università di Trento.

    [1] La legittimità delle norme regionali di esenzione per i veicoli ultraventennali è stata oggetto dell’attenzione della Corte costituzionale: i) nella sentenza 23 dicembre 2005, n. 455, avente ad oggetto l’art. 10, co. 1, della l.r. Liguria 4 febbraio 2005, n. 3, il quale estendeva l’agevolazione anche agli autoveicoli iscritti in registri non menzionati dalla norma statale (la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma regionale che ha esteso l’ambito applicativo dell’agevolazione previsto dalla norma statale); ii) nella sentenza 22 novembre 2018, n. 209, la quale riguardava questione del tutto similare a quella oggetto della sentenza commentata [introduzione di ulteriori requisiti, costituiti pur sempre dalla necessità di iscrivere il mezzo nei registri indicati nella medesima disposizione di legge (ASI e FMI), da parte dell’art. 10 della l.r. Liguria 4 febbraio 2005, n. 3] (la Corte ha dichiarato l’illegit­timità costituzionale della norma regionale che ha ristretto l’ambito applicativo dell’agevo­lazione previsto dalla norma statale); iii) nella sentenza 22 maggio 2017, n. 118 (pubblicata in Giur. cost., 2017, p. 1200 e s., con nota di A. Giovanardi, Tasse automobilistiche tra Stato e autonomie speciali: un de profundis per l’autonomia tributaria regionale?, e in Le Regioni, 2017, p. 1096 e s., con nota di D. Stevanato, Bollo auto, battaglie di retroguardia sul fronte dell’autonomia tributaria), concernente norma introdotta dalla Provincia di Trento (art. 4 l.p. 3 giugno 2015, n. 9) che reintroduceva l’esenzione per i veicoli ultraventennali appena abrogata a livello di legge statale (la Corte, ma siamo in altro contesto disciplinare, ha dichiarato la legittimità della norma agevolativa provinciale).

    [2] A conferma della conclusione persuasivamente raggiunta, rileva la Consulta, la precedente sentenza n. 455 del 2005, resa in riferimento all’art. 60, co. 4, del d.lgs. n. 285 del 1992, laddove si legge che quest’ultima disposizione «individua i veicoli di interesse storico e collezionistico al solo fine di regolarne la circolazione stradale (subordinandola appunto, a pena di sanzioni amministrative, al possesso dei requisiti indicati nel regolamento di attuazione per tale tipo di veicoli, commi 5 e 6 del medesimo articolo) e non può estendersi al diverso ambito settoriale della esenzione della tassa automobilistica sia perché tale esenzione trova una compiuta e specifica disciplina nel citato art. 63 della legge 342 del 2000, sia perché la norma agevolativa fa riferimento ai veicoli di “particolare” interesse storico e collezionistico e non a quelli di mero interesse storico e collezionistico».

    Nel senso che ai fini dell’agevolazione non sia necessario il requisito dell’iscrizione nei registri (e, quindi dell’attestazione risultante da un certificato di iscrizione), la granitica giurisprudenza della Corte di Cassazione: Cass., Sez. V civ., sent. 15 febbraio 2013, n. 3837, richiamata, peraltro, dalla conforme ris. 29 novembre 2011, n. 112 dell’Agenzia delle Entrate, citata dalla Corte nella sentenza in rassegna; Cass., Sez. VI civ., ord. 9 gennaio 2014, n. 319; Cass., Sez. V civ., ord. 27 settembre 2017, n. 22505; Cass., Sez. V, ord. n. 19421 del 2018, cit.

    [3] La Corte ha qualificato la tassa automobilistica come tributo proprio derivato fin dalle prime sentenze successive alla riscrittura del Titolo V della Parte II della Costituzione. Si intende riferirsi alla sentenza 22 settembre 2003, n. 296, laddove si introduceva un’esenzione non prevista dalla legge statale, e alle sentenze 26 settembre 2003, nn. 296 e 297, e 15 ottobre 2003, n. 311, laddove si modificava la disciplina dei termini di accertamento del tributo. Su tali fondamentali sentenze cfr., senza pretesa di esaustività, L. Antonini, La prima giurisprudenza costituzionale sul federalismo fiscale: il caso dell’Irap, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2003, II, p. 95 e s.; A. Brancasi, Per “congelare” la potestà impositiva delle Regioni la Corte costituzionale mette in pericolo la loro autonomia finanziaria, in Giur. cost., 2004, p. 2555 e s., nonché, sia consentito, anche per i riferimenti bibliografici, A. Giovanardi, L’autonomia tributaria degli enti territoriali, Milano, 2005, p. 199 e s.

    Analogamente la Corte anche nelle già citate sentenze: n. 455 del 2005 (illegittimità della norma che ha ampliato l’ambito di applicazione dell’esenzione statale); n. 288 del 2012; n. 209 del 2018 (quest’ultima, peraltro, resa su caso analogo a quello esaminato nella sentenza in rassegna, anche se riferito a vicenda relativa all’anno 2010, a un periodo di imposta cioè antecedente al varo dell’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011).

    [4] Si intende riferirsi, in particolare, alla sentenza n. 209 del 2018, riguardante identica fattispecie.

    [5] L’art. 10, co. 1, della l.r. Liguria n. 3 del 2005, dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 209 del 2018, in una vicenda tuttavia che riguardava l’anno di imposta 2010, stabiliva, la norma è del tutto analoga a quella presa in esame nella sentenza in rassegna, che «a decorrere dall’anno in cui si compie il ventesimo anno della loro costruzione gli autoveicoli e i motoveicoli ad uso privato destinati esclusivamente al trasporto di persone che risultano iscritti nei registri Automotoclub Storico Italiano (A.S.I.) e Federazione M.I. sono soggetti alle tasse automobilistiche di cui al comma 2 dell’articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale)»