Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

22/01/2019 - La dotazione di trust di scopo non è soggetta ad imposta sulle successioni e donazioni

argomento: Imposte sui trasferimenti e altri tributi - Giurisprudenza

La Corte di Cassazione esprime una decisa revisione dell’indirizzo precedentemente espresso in ordine alla tassazione della dotazione di trust “di scopo”. Come già auspicato dalla dottrina, la Suprema Corte dichiara l’inesistenza di una imposta sulla mera costituzione di vincoli di destinazione, e afferma il carattere neutro, nel sistema dell’imposta sulle successioni e donazioni, della destinazione di beni e diritti in trust, aprendo nuovi ambiti di riflessione in ordine alla tassazione indiretta dell’istituto.

» visualizza: il documento (Cass., sez. trib., ord. n. 1131 del 17 gennaio 2019) scarica file

PAROLE CHIAVE: imposta sulle successioni e donazioni - Trust di scopo - atto non traslativo


di Edgardo Marco Bartolazzi Menchetti – Dottore di ricerca Università di Roma “La Sapienza”

Con una nuova ordinanza, la sezione tributaria della Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso esattamente analogo ad altro già esaminato dalla Suprema Corte qualche anno addietro, giungendo tuttavia ad esiti opposti e stabilendo, ora, la non assoggettabilità ad imposta sulle successioni e donazioni degli atti “di dotazione” con i quali viene vincolata in un trust “di scopo” la provvista economica necessaria alla realizzazione degli intenti per i quali esso è stato istituito.

Viene pertanto espressamente riveduto l’orientamento, espresso nelle ordinanze della sez. VI, 24.02.2015, n. 3737 e 18.03.2015, n. 5322 (sulle quali specificamente A. Busani-R.A. Papotti, L’imposizione indiretta dei trust: luci e ombre delle recenti pronunce della Corte di cassazione, in Corr. Trib., 2015, 1203; G. Corasaniti, Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle successioni e donazioni: la (criticabile) tesi interpretativa della Corte di Cassazione e le conseguenze, in Dit. Prat. Trib., 2015, 20688, ma sullo stesso tema L. Salvini, L’imposta sui vincoli di destinazione, in Rass. Trib., 2016, 925; T. Tassani, La Cassazione torna sull’imposta sulla costituzione di vincoli di destinazione, in Trusts, 2016, 341), secondo cui la dotazione di un trust di scopo sarebbe stata soggetta di per sé alla “nuova imposta sulla costituzione di vincoli di destinazione”, che si assumeva introdotta ex novo dal D.L. n. 262/2006.

La fattispecie fattuale da ultimo esaminata dalla Sezione tributaria della Corte di Cassazione è esattamente la stessa sulla quale si era pronunciata, con le citate ordinanze nel 2015, la sez. VI, ovvero quella del “conferimento” di denaro in un medesimo trust istituito da una fondazione bancaria, una Regione ed un Comune, allo scopo di provvedere alla manutenzione e riqualificazione di un aeroporto locale, con finale previsione del ritorno ai disponenti della provvista eventualmente residua alla realizzazione dello scopo.

Pare infatti di capire che i disponenti, in attuazione del medesimo trust, abbiano dato causa a più atti dispositivi allo scopo di alimentarne il fondo, assoggettandoli ad imposta sulle successioni e donazioni proporzionale della quale hanno poi richiesto il rimborso, impugnando quindi i relativi dinieghi in vari contenziosi giunti infine, in momenti differenti, fino al Giudice di legittimità.

Ricucendo la frattura che si era originata tra la giurisprudenza di legittimità e la dottrina, ma anche con buona parte della giurisprudenza di merito, la sezione tributaria ha dunque indicato, in termini generali, che il richiamo al D.Lgs. n. 346/1990 contenuto nel D.L. n. 262/2006 porta inevitabilmente ad individuare il presupposto (anche) della reistituita imposta sulle successioni e donazioni “nell’accrescimento patrimoniale (effettivo) del beneficiario, ottenuto senza alcuna contropartita”, e che la fattispecie del “trasferimento di beni e diritti a titolo gratuito” va intesa come atta ad individuare “comunque attribuzioni patrimoniali, che si risolvono cioè in un incremento della sfera economica del soggetto che acquista il bene o diritto, ancorché non accompagnate da un intento liberale”.

L’atto di dotazione di trust di scopo, la cui tassazione era oggetto del giudizio, è stato quindi considerato insuscettibile di fondare l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, dato che poteva senz’altro escludersi, per l’assenza di arricchimento del trustee e per la mancanza di una devoluzione dei beni in trust verso soggetti terzi, che la sottoposizione delle somme destinate al trust al conseguente vincolo di destinazione potesse dare corso ad “un effetto traslativo immediato”, idoneo a giustificare l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale, “in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato”.

Trattandosi infatti di trust “di scopo”, peraltro “di ritorno”, i disponenti avevano previsto che la provvista in esso segregata venisse destinata alla realizzazione di un interesse generale (manutenzione e ampliamento di un aeroporto pubblico), con finale restituzione agli stessi soggetti di quanto fosse eventualmente residuato alla cessazione del trust.

In questi termini, pertanto, l’ordinanza ha correttamente evidenziato che nessun trasferimento, inteso come atto produttivo di attribuzioni patrimoniali, idoneo a determinare l’arricchimento di un soggetto diverso dal disponente, si sarebbe mai verificato.

Ritenendo costituzionalmente orientata, con riferimento agli artt. 53 e 23 della Costituzione, la lettura del D.L. n. 262/2006 proposta dai più recenti orientamenti della sezione tributaria (ordd. 5 dicembre 2018, n. 31445 e 31446; ord. 15 gennaio 2019, n. 734), e quindi censurabile quella che propendeva per la “indiscriminata indisponibilità degli atti costitutivi di vincolo di destinazione”, la Corte di Cassazione ha quindi evidenziato la necessità che l’imposta sulle successioni e donazioni si ponga in relazione con un’idonea capacità contributiva, individuando il “trasferimento” imponibile in quello in grado di determinare “un effettivo incremento patrimoniale”.

Un tale effetto non è stato invece riconosciuto alla mera destinazione di beni e diritti in trust, che costituisce, secondo la Corte, un “atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta”.

La considerazione della necessaria sussistenza di un’attribuzione patrimoniale, e quindi dell’arricchimento di un soggetto diverso dal disponente, sovverte pertanto l’indirizzo secondo cui la “nuova imposta” che si assumeva introdotta sulla mera costituzione di vincoli di destinazione, avrebbe contemplato un peculiare indice di capacità contributiva, individuabile nella disponibilità economica assoggettata al vincolo e, in definitiva, nella ricchezza della quale il disponente “finisce con l’impoverirsi” (Cass., sez. VI, ordd. n. 3737/2015 e n. 5322/2015, cit., in entrambi i casi, par. 6.1).

In termini generali, pertanto, la Corte ha ritenuto che, pur alla luce delle differenti fattispecie testualmente previste (che costituiscono semplicemente mezzo per realizzare un trasferimento), le vicende soggette all’imposta sulle successioni e donazioni mantengano necessariamente in sè un sostrato comune, identificato nell’unico indice di capacità contributiva assunto dal legislatore, “dato dall’attualità e dall’effettività dell’incremento patrimoniale”.

E’ stato così espressamente escluso che si possa desumere, compatibilmente al dettato costituzionale e come già segnalato nella sentenza n. 26.10.2016, n. 21614 (su cui S. Cannizzaro, Addio all’imposta proporzionale per la costituzione in trust? In Riv. Dir. Trib., suppl. online), dallo “scarno disposto dell’art. 2, comma 47, d.l. n. 262/2006, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia effetto traslativo - in senso proprio - di beni e diritti”, evidenziandosi altresì l’irragionevolezza, secondo i principi dell’unità del diritto e di coerenza sistematica della norma, della collocazione della presunta “nuova imposta” accanto ai tradizionali tributi sui trasferimenti di beni e diritti per successione o gratuito-liberali, se davvero essa intendeva colpire una manifestazione di capacità contributiva del tutto differente.

Se quanto sopra può risultare naturale sviluppo degli ultimi indirizzi della Suprema Corte, declinati con specifico riferimento al trust di scopo, spunti ulteriori si rinvengono nelle indicazioni fornite circa l’accertamento, a fronte della destinazione di beni attuata mediante trust, della sussistenza dell’indice di capacità contributiva tipico del tributo.

I Giudici hanno infatti evidenziato la necessità che, con riferimento al trust, il determinarsi di un incremento patrimoniale attuale ed effettivo, venga valutato “nella prospettiva causale unitaria dell’istituto civilistico del trust, mediante la individuazione puntuale del momento e del soggetto che manifesta la capacità contributiva”, giungendo alla conclusione che “l’arricchimento non può dirsi attuale sino a quando il programma del trust non abbia avuto esecuzione”.

Da tali argomenti si trae pertanto una precisa indicazione circa la necessità di unitaria considerazione dello svolgimento complessivo del trust, in esito alla quale soltanto diviene possibile stabilire se esso sia idoneo a determinare l’arricchimento di un soggetto terzo, e quindi ad integrare il presupposto dell’imposta sulle successioni e donazioni.