argomento: IRPEF - Legislazione e prassi
L’obiettivo del presente contributo in materia di sostenibilità ambientale ed integrazioni retributive è quello di indagare se un’interpretazione estensiva (o finanche una modifica) dell’attuale disciplina in materia di premi di produttività destinati ai lavoratori dipendenti di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, possa risultare idonea a promuovere le attività ambientalmente sostenibili nel contesto imprenditoriale.
PAROLE CHIAVE: Integrazioni salariali - qualità - efficienza - produttività - innovazione - sostenibilità ambientale
di Giada Strommillo
1. La L. 28 dicembre 2015, n. 208, all’art. 1, comma 182, definisce il premio di produttività come quell’elemento della retribuzione del lavoratore dipendente (di natura monetaria e a carattere variabile) la cui corresponsione è collegata alla misurazione al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione (Per ulteriori approfondimenti in materia di premi di produttività, cfr. SBARAGLIA, Prorogato per il solo 2024 il regime di favore sui premi di produttività, Il Fisco, 11, 2024, p. 1013; SEPIO – SBARAGLIA, Modifiche alle soglie per i fringe benefit e alla concessione dei prestiti ai dipendenti, in Il Fisco, 4, 2024, p. 345; SEPIO – SBARAGLIA, I dubbi sull’ambito oggettivo del welfare aziendale e sui profili temporali dei premi di produttività, in Il Fisco, 14, 2024, p. 1283; MARIANETTI - MASNATA, Detassazione dei premi di risultato e welfare aziendale: ancora misure temporanee, in Il Fico, 45, 2023, p. 4255; MAGNANI, La delega fiscale come strumento di modernizzazione della tassazione dei redditi di lavoro dipendente, in Il Fisco, 35, 2023, p. 3294; MARTINELLI, Detassazione dei premi, in Guida alle Paghe, 9, 2021, p. 1. ; SEPIO – SBARAGLIA, Momento di maturazione rilevante per i premi di produttività e servizi rientranti nel welfare aziendale, in Il Fisco, 26, 2020, p. 2533; CAVALLARI, Premi di risultato, imposta sostitutiva solo se i criteri sono stati determinati in anticipo, in Norme e Tributi Plus del 16 novembre 2019; POGLIOTTI, Produttività: nel Ddl della Lega tetto a 5mila euro, aliquota al 5%, in Il Sole - 24 Ore del 26 aprile 2019, ROTA PORTA, Premi detassati solo se la misurazione degli obiettivi è fissata in anticipo, in Il Sole - 24 Ore del 12 agosto 2019; DE BONIS, Nuove misure degli incentivi sui premi di produttività, in Pratica fiscale e professionale, n. 21 del 22 maggio 2017; FANELLI – MAROTTA, I premi di produzione o premi di risultato, in Pratica fiscale e Professionale, n. 14, del 15 aprile 2004).
Tali premi costituiscono reddito di lavoro dipendente, ex art. 51 TUIR da corrispondersi direttamente in busta paga e sono soggetti, a ricorrere di determinate condizioni, al regime della tassazione sostitutiva agevolata. La ratiosottesa all’erogazione di questo tipo di bonus, come si è detto legati al raggiungimento di specifici obiettivi aziendali, è quella di incentivare i lavoratori dipendenti spingendoli a migliorare la propria performance individuale e contribuire così al successo complessivo dell’azienda.
Le tempistiche di erogazione del premio di produttività possono variare a seconda del settore dell’azienda, ma in genere si possono identificare come tendenza comune: l’erogazione mensile, e cioè l’ipotesi in cui il premio di produzione viene erogato una volta al mese, insieme alla retribuzione, per premiare il raggiungimento di obiettivi nel breve periodo; l’erogazione trimestrale o semestrale per valutare le performance nel medio termine per avere una visione più ampia dei risultati ottenuti; infine annuale, quando il premio di produzione viene erogato una sola volta l’anno, solitamente a fine anno fiscale, per premiare il raggiungimento degli obiettivi annuali e celebrare i successi dell’azienda.
In origine, era stata prevista l’applicazione di una disciplina del trattamento fiscale dei premi di produttività costituita dall’applicazione di un’aliquota di imposta sostitutiva al 10%; successivamente con l’entrata in vigore della L. 29 dicembre 2022, n. 197 (art. 1, comma 163) l’aliquota è stata ridotta al 5% per l’anno tributario 2023, e poi prorogata (dello stesso ammontare percentuale), tramite la L. 30 dicembre 2023, n. 213 (art. 1, comma 18), per l’anno tributario 2024 (scelta condizionata dagli effetti positivi conseguiti dalla riduzione dell’aliquota sui premi del 2023, come dimostrato anche dagli ultimi trend riportati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali: Reportdeposito contratti ex art. 14, D.lgs. n. 151/2015 del 14 febbraio 2024 del MLPS e Report deposito contratti ex art. 14, D.lgs. n. 151/2015 del 15 dicembre 2023 del MLPS).
I soggetti destinatari di tale regime sono i lavoratori dipendenti compresi i somministrati (fatta eccezione per i dipendenti della Pubblica Amministrazione e i parasubordinati) che sono stati titolari nell’anno precedente a quello di perfezione delle somme agevolabili di un reddito di lavoro dipendente non superiore ad euro 80.000 al netto dei contributi previdenziali (da quali vanno chiaramente tenuti distinti i redditi soggetti a tassazione separata ex art. 17 TUIR e quelli assoggettati nell’anno precedente ad imposta sostitutiva).
L’importo massimo delle somme che possono essere assoggettate ad imposta sostitutiva è di euro 3.000 lordi, salva l’ipotesi di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, che fa salire l’importo fino ad euro 4.000 lordi.
L’applicazione del regime è legata ai Contratti Collettivi di cui all’art. 51 del D.lgs. n. 81/2015 - vale a dire i contratti collettivi aziendali o territoriali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o contratti collettivi aziendali stipulati da RSA o RSU (a tale proposito si legga: Circolare n. 5/E/2018) - i quali devono collegare l’erogazione del premio agli incrementi indicati all’art. 1, comma 182, della L. n. 208/15 e devono prevedere criteri di misurazione e verifica degli stessi che consentano di stabilire se vi sia stato un miglioramento delle performance aziendali all’interno di un periodo di tempo congruo definito dall’accordo, ove per periodo congruo si intende il periodo di maturazione del premio vale a dire l’arco temporale individuato dal contratto al termine del quale deve essere verificato l’incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.
In particolare, al fine di agevolare la contrattazione collettiva nell’individuazione dei parametri con i quali migliorare la performance aziendale, l’art. 2, comma 2, del D.M. 25 marzo 2016 elenca, a titolo esemplificativo, diciannove criteri di misurazione; il ventesimo è rubricato “Altro” lasciando intendere che – nel rispetto delle linee guida fornite dalla normativa in commento – è possibile che le parti contrattuali possano indicare altri e diversi indicatori. È proprio quest’ultimo criterio a disvelare il carattere non tassativo dell’elencazione così da lasciare le parti libere di individuare ulteriori criteri di misurazione e verificazione degli incrementi alla cui realizzazione è condizionata l’erogazione dei premi (sul punto è il caso di segnalare che diverse aziende stanno iniziando ad includere tra i parametri cui commisurare l’aumento della produttività, anche la reputazione sociale acquisita dall’azienda. In questi termini: Fondazione Terzjus ETS, Riconoscere il volontariato di competenza, Analisi e strategie per valorizzare una pratica sociale emergente, Roma 14 novembre 2023).
È opportuno, dunque, tenere distinti: da un lato, la strutturazione dei premi, ossia l’insieme delle condizioni indicate dalla contrattazione collettiva al verificarsi delle quali matura il diritto alla corresponsione di una certa somma; dall’altro, la condizione di incrementalità degli obiettivi, condizione che si verifica con la realizzazione di almeno uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione previsti dalla legge, misurabili e verificabili secondo i criteri di verifica fissati contrattualmente.
Intuitivamente, non è sufficiente il raggiungimento dell’obiettivo al termine del periodo di maturazione ai fini dell’applicazione del regime fiscale di vantaggio: è necessario, infatti, che il risultato acquisito sia incrementale rispetto al risultato precedente all’inizio del periodo di maturazione (a tale proposito si legga: CINIERI, Imposta sostitutiva sui premi di produttività: applicabilità solo dopo la stipula degli accordi collettivi, in Pratica fiscale e professionale, n. 24 del 13 giugno 2011. Di recente l’Agenzia delle Entrate, d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in occasione della risposta ad interpello n. 176/2011 ha chiarito che non è possibile applica l’imposta sostitutiva agevolativa sui premi di produttività se i criteri e le modalità di attribuzione dei premi sono definiti mediante un regolamento aziendale non è difatti paragonabile ad un accordo collettivo dove le parti regolano in maniera condivisa i diversi aspetti che incidono sul rapporto di lavoro all’interno dell’azienda, ma è uno strumento unilaterale del datore di lavoro).
L’imposta sostitutiva del 5% è applicabile esclusivamente ai premi di risultato erogati a fronte dell’effettivo raggiungimento dell’obiettivo che l’impresa si era prefissata e solo se detto obiettivo sia incrementale, ossia se dal confronto tra il valore dell’obiettivo registrato all’inizio del periodo congruo e quello risultante al termine dello stesso emerge un incremento, verificabile in modo oggettivo attraverso il ricorso ai parametri individuali previsti dal contratto collettivo medesimo.
Si tenga presente, inoltre, che il lavoratore dipendente ha la possibilità di domandare la sostituzione (totale o parziale) del premio in denaro con l’assegnazione di beni e di welfare aziendale (ex art. 51, commi 2 e 3, TUIR) esclusi – entro certi limiti – dalla formazione del reddito di lavoro dipendente con conseguente esenzione dalla tassazione ordinaria e sostitutiva (ad esempio: dispositivi digitali, buoni spesa, buoni per determinati acquisti).
Al fine di poter domandare la sostituzione le somme devono costituire premi o utili potenzialmente assoggettabili ad imposta sostitutiva e tale facoltà deve essere prevista dal Contratto collettivo di secondo livello (Per ulteriori apprendimenti sul tema della conversione dei premi di produttività in misure di Welfare aziendale si vedano: SEPIO – SBARAGLIA, Welfare aziendale e premi di produttività, in Il Fisco, 45, 2016, p. 4367; SEPIO – FORTE, Conversione dei premi di produttività in misure di Welfare aziendale: indicazioni dell’Agenzia delle entrate, in Il Fisco, 34, 2019, p. 3227; RENELLA – SANSEVERINO, Detassazione del welfare aziendale: ambito oggettivo e presupposto della contrattazione collettiva, in Corr. trib., 5, 2017, p. 375).
2. L’opportunità di investire in premi di produzione per attività ambientalmente sostenibili (o comunque in strumenti agevolativi) deriva dal fatto che laddove ad oggi gran parte della discussione in materia di Corporate Social Responsibility e di attività sostenibile d’impresa si è concentrata su una promozione a livello aggregato – quindi attraverso sostanzialmente incentivi di cui è destinataria l’impresa nel suo complesso (si pensi al caso del credito d’imposta c.d. Transizione 5.0) oppure, nel migliore dei casi, attraverso modelli di promozione previsti a livello apicale quindi per il General Management o per il Board of Advisor – l’idea sarebbe invece quella di permettere di sviluppare un intervento maggiormente trasversale alla struttura dell’impresa attraverso forme di incentivo che si possano applicare nei confronti dei singoli lavoratori dipendenti, i quali siano impegnati nello svolgimento dei c.d. Green Jobs, ossia di attività che, all’interno dell’impresa, vanno ad avere un impatto positivo in termini di sostenibilità ambientale (per una panoramica sul tema dei Green Jobs si legga: TOMA, L’evoluzione della green economy: sviluppo sostenibile e prospettive per le PMI, in PMI, n. 4, 1° aprile 2017, p. 24).
L’ipotesi, dunque, sarebbe quella di utilizzare uno strumento capillare, come il premio di produzione diretto ai lavoratori dipendenti dell’impresa, e di orientarlo in senso “ambientalmente sostenibile”.
Come anticipato l’art. 1, comma 182, della L. n. 208/15 prevede che la disciplina del trattamento fiscale dei premi di produttività benefici di un’imposta sostitutiva al 5%, ad oggi – tuttavia – si applica per quei premi di produttività che si caratterizzano per incrementi di produttività, redditività, efficienza, qualità ed innovazione.
È interessante osservare, dunque, che la disciplina dei premi di produzione e, quindi, i requisiti che vanno identificati per qualificare un premio quale premio di produzione siano requisiti marcatamente efficientistici. Essi si riferiscono, o comunque fanno riferimento, a categorie, quale ad esempio quella della redditività o ancor di più dell’efficienza, che sono strettamente connesse al profilo reddituale dell’impresa o perlomeno connesse al profilo del successo imprenditoriale intenso in senso tradizionale.
La disciplina dei premi di produttività, dunque, non prende in considerazione (almeno esplicitamente) la possibilità di prevedere premi di produttività a vantaggio di obiettivi connessi alla sostenibilità ambientale.
Di conseguenza sembrerebbe opportuno valutare – al fine di promuovere la sostenibilità in un’ottica maggiormente trasversale all’attività imprenditoriale – l’introduzione di un riferimento alla sostenibilità ambientale quale parametro valutativo con riferimento ai premi di produttività.
A tale ultimo proposito sembrano aprirsi due possibili scenari: da un lato, al fine di far rientrare la sostenibilità ambientale nel disposto normativo di cui all’art.1, comma 182, della L. n. 208/15, si potrebbe pensare di interpretare in via estensiva il concetto di “innovazione” già annoverato all’interno della disposizione; ciò soprattutto alla luce degli artt. 9 e 41 Cost. per come questi sono stati innovati dalla L. cost. n. 1/22; dall’altro lato si potrebbe ritenere che interpretare la normativa vigente in materia di premi di produzione in maniera così ampia tale da ricomprendervi il concetto di sostenibilità ambientale non sia del tutto corretto.
Del resto, il concetto di “innovazione” presente all’interno dell’art. 1, comma 182, della L. n. 208/15, non sembra potersi allineare perfettamente al concetto di sostenibilità ambientale, perseguendo il primo un profitto tradizionalmente inteso.
Dunque, in sintesi, si tratta di o interpretare estensivamente la normativa vigente ritenendo di poter ricomprendere la sostenibilità ambientale all’interno dei già presenti parametri valutativi, oppure di inserire all’interno del comma 182, dell’art. 1, della L. n. 208/15 un riferimento alla sostenibilità ambientale quale parametro valutativo dei premi di produttività.
La seconda ipotesi appare più convincente laddove si consideri che alla luce del Regolamento Tassonomia (UE) 2020/852 e del Regolamento di integrazione 2023/2486 la sostenibilità ambientale ha acquisito una sua autonoma dignità concettuale, distinta dal profilo del successo imprenditoriale inteso in ottica tradizionale.
3. Ipotizzare, tuttavia, un intervento esclusivamente additivo della normativa facendo riferimento alla sostenibilità ma senza una congiunta azione tributaria che possa promuovere un favor nei confronti della sostenibilità ambientale all’interno della disciplina dei premi di produttività rischierebbe di tradursi sostanzialmente in un’equiparazione dei premi di produttività classici e dei premi di produttività sostenibili (andando per evidenti logiche imprenditoriali a favorire i primi a discapito dei secondi).
A questo punto, dunque, la riflessione potrebbe spingersi ancora oltre: non soltanto cioè nel senso di prevedere che la sostenibilità ambientale entri a pieno titolo all’interno della disciplina dei premi di produzione ma che, in particolare, la disciplina dei premi di produzione vada a qualificarsi per un trattamento fiscale differenziato sulla base della riferibilità possibilità del premio di produttività allo svolgimento di attività ambientalmente orientate.
Ebbene, anche in considerazione dell’esperienza relativa al biennio 2023 – 2024 di possibile rimodulazione dell’ammontare percentuale delle aliquote così come disciplinato dall’art. 1, comma 182, L. n. 208/15, sarebbe interessante ipotizzare un trattamento differenziato che eventualmente possa premiare ulteriormente i premi di produttività caratterizzati da sostenibilità rispetto ai premi di produttività genericamente intesi.
Del resto, a bene vedere, si tratta di un’ipotesi non originale nell’ordinamento poiché già da tempo si è accolto il fatto che nell’ambito delle dinamiche d’impresa, nei processi volti ad attività di profitto, si possono distinguere due tipologie di attività sostenibili, ossia: le attività di impresa collateralmente sostenibili e le attività d’impresa genuinamente sostenibili, cioè quelle riferibili in via esclusiva o primaria a profili di sostenibilità.
Questa distinzione è ben presente all’interno di alcuni corpora presenti all’interno dei mercati regolati, quali la Sustainable Financial Disclosure Regulation, attualmente in via di revisione, e che sostanzialmente si caratterizza per la distinzione di attività imprenditoriali nelle due categorie di attività (in opposizione alle attività non sostenibili, ovvero le brown) nelle attività light e nelle attività dark.
Le prime identificano le attività lato sensu commerciali, ma che comunque tengano in considerazione profili di sostenibilità (promuovono la sostenibilità, pur non essendo questa il loro scopo principale); le seconde, invece, riguardano le attività imprenditoriali che hanno come scopo proprio la sostenibilità.
Una distinzione, questa, che se anche potenzialmente modificabile e mutevole nel suo vocabolario (tanto è vero che già si sta discutendo di sostituire light e dark green con attività di transizione e attività sostenibili) va ad identificare il fatto che la sostenibilità è modulabile nel suo rapporto con la produttività.
A livello operativo, dunque, si prospetta la possibilità – fermo restando l’introduzione del riferimento alla sostenibilità nell’articolo di rilievo – (dal punto di vista della disciplina di dettaglio, quindi maggiormente flessibile poiché modificabile attraverso strumenti più semplici della modifica di diritto positivo) di prevedere una disciplina differenziata che preveda una determinata riduzione della percentuale dell’aliquota per le attività light green e un’ulteriore riduzione dell’aliquota per le attività dark green.
Si potrebbe, ad esempio, fermo restando la percentuale dell’aliquota d’imposta sostitutiva al 5% per i premi di produttività classici, ipotizzare una riduzione al 4% per quanto riguarda le attività light green e una ulteriore riduzione al 3% per quanto riguarda le attività dark green.
L’effetto congiunto di queste modifiche sarebbe, dunque, quello di promuovere l’attività sostenibile anche in modo più granulare all’interno del singolo personale dipendente dell’impresa.
Un tale approccio, peraltro, risulterebbe coerente anche con i principi della stakeholders responsibility, valorizzando il ruolo del gruppo sociale componente l’impresa non esclusivamente a livello apicale ma anche in prospettiva maggiormente strutturale con l’effetto di promuovere la diffusione di una cultura della sostenibilità anche all’interno del personale dipendente dell’azienda stessa.