La sentenza, che affronta il caso della compatibilità europea di alcune misure concesse ai lavoratori a favore delle loro famiglie dalla Repubblica d’Austria in funzione della residenza dei figli, offre l’occasione per riflettere sul requisito della residenza del soggetto istante che è previsto dall’innovativo meccanismo dell’Assegno Unico Universale (AUU) operativo dal 1° marzo del 2022 e che, al momento, è oggetto di riflessione da parte dell’ente erogatore, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS).
Family benefits and european principle of equal treatment: the position of the Court of Justice The judgment deals with the European compatibility of social and tax advantages that Austrian Republic grants to workers’f amilies in relation to their children residence. This is the opportunity to reflect on residency requirement to benefit the innovative measure of “Assegno Unico Universale (AUU)” that operates from the 1st March 2022, requirement on which the same institution (INPS) that supplies it has opened the way for a reflection.
1. La Corte di Giustizia con la sentenza in commento ha esaminato la compatibilità europea di talune misure istituite dall’Austria in favore delle famiglie. Con decorrenza 1° gennaio 2019 la Repubblica austriaca ha introdotto un meccanismo di adeguamento del calcolo degli assegni familiari e di altri vantaggi fiscali che vengono concessi ai lavoratori i cui figli risiedono all’estero in modo permanente.
I vantaggi fiscali in questione sono: il credito d’imposta per figli a carico, il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per famiglie monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per gli assegni alimentari. Con il meccanismo introdotto le citate misure vengono adeguate in funzione del luogo di residenza del figlio e l’adeguamento può essere sia al rialzo che al ribasso a seconda del livello generale dei prezzi nello Stato membro interessato. La Commissione, fin dalla istituzione del meccanismo di adeguamento, ha sollevato talune perplessità chiedendo all’Austria chiarimenti che, sebbene intervenuti prontamente, non l’hanno soddisfatta inducendola a rivolgersi al giudice europeo. In particolare, la Commissione ha ritenuto che l’Austria fosse venuta meno, tra l’altro, agli obblighi su di essa incombenti in forza del principio della parità di trattamento di cui all’art. 4 del Regolamento n. 883/2004 (relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale), e all’art. 7, par. 2, del Regolamento n. 492/2011 (relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione) sull’abolizione delle clausole di residenza. La stessa ha osservato che il meccanismo di adeguamento riguarda essenzialmente i lavoratori migranti (solitamente di nazionalità non austriaca) i cui figli risiedono in paesi esteri, con espressa esclusione dei figli dei funzionari austriaci distaccati all’estero. Inoltre, la Commissione ha segnalato che le prestazioni in questione non sono calcolate in funzione dell’effettivo livello dei prezzi del luogo di residenza del figlio e che il loro importo (che nella sostanza è un forfait) rimane, invece, lo stesso su tutto il territorio austriaco a dispetto della rilevante disparità in termini di potere d’acquisto tra le varie regioni, disparità che avrebbe giustificato l’introduzione di un’analoga misura.
In definitiva, ciò che viene sottolineato è che proprio quelle ragioni che avrebbero indotto l’Austria ad adottare lo strumento dell’adeguamento (in particolare la differenza di potere d’acquisto della moneta nei vari Stati di residenza dei figli dei lavoratori) non sembrano rilevanti all’interno dello stesso territorio austriaco, determinando, così, un’ingiustificata diversità di trattamento tra i lavoratori i cui figli [continua..]