argomento: IRPEF - Giurisprudenza
Con la sentenza 15 luglio 2024, n. 19363 i giudici della Corte di cassazione hanno ribadito che il trattamento fiscale della cessione di opere d’arte, ai fini dell’imposizione diretta, deve essere individuato sulla base di una tripartizione: se è effettuato da un mercante d’arte, è assoggettato alle regole in materia di reddito d’impresa; se è effettuato da uno speculatore occasionale, i proventi derivanti dalla cessione vengono qualificati come plusvalenza, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. i) del Tuir; se è invece effettuato da un collezionista, l’eventuale guadagno non viene assoggettato ad imposizione. Nel caso di specie, si è ritenuto, sulla base di alcuni elementi fattuali (tra cui il fatto che la vendita fosse stata affidata ad una casa d’aste e l’opera d’arte fosse stata precedentemente concessa per esposizione ad un museo, l’importo della plusvalenza generata), che il corrispettivo ricavato dalla vendita dovesse essere inquadrato tra i redditi diversi. La riforma fiscale ha previsto una disposizione ad hoc in materia, che richiama espressamente, nell’ambito delle plusvalenze da redditi diversi, l’intento speculativo delle cessioni di opere d’arte effettuate da privati non esercenti attività d’impresa; ciò dovrebbe aiutare a conferire maggiore oggettività ad un quadro normativo incerto, ma non risolve completamente i casi di difficile discrimine rispetto all’intento meramente culturale, in quanto tale non tassabile.
» visualizza: il documento (Corte di cassazione, 15 luglio 2024, n. 19363)PAROLE CHIAVE: opere di arte - cessione - plusvalenza - imposte sui redditi - collezionista privato
di Maria Cecilia Fregni
1. Il mondo del collezionismo di opere d’arte presenta caratteristiche molto varie ed eterogenee al suo interno (cfr. BAGAROTTO, Regime [continua ..]