Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

24/12/2020 - La conversione di DTA in crediti d’imposta

argomento: COVID-19 - Legislazione e prassi

Nell’ambito della crisi legata all’emergenza sanitaria da Covid-19, il Decreto Cura Italia ha introdotto un’apprezzabile misura emergenziale, consistente nella possibilità per le imprese di monetizzazione il credito d’imposta derivante dalla trasformazione delle attività per imposte anticipate riferibili a perdite fiscali non ancora computate in diminuzione dal reddito e ad eccedenze ACE, disponibili alla data di efficacia della cessione dei debiti insoluti cui le attività per imposte anticipate si riferiscono.

PAROLE CHIAVE: agevolazioni fiscali - credito d’imposta - imposte anticipate - debiti insoluti - crediti deteriorati


di Loris Tosi

  1. L’art. 55 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia), convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, co. 1, L. n. 27/2020, nell’ambito della crisi legata all’emergenza sanitaria da Covid-19, ha integralmente riscritto l’art. 44-bis del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. Decreto Crescita 2019), convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, co. 1,  L.  n. 58/2019, il quale, rubricato inizialmente “Incentivo fiscale per promuovere la crescita dell’Italia Meridionale”, incoraggiava le aggregazioni sociali nelle regioni del sud d’Italia, prevedendo uno speciale regime di trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d’imposta.

Con la nuova formulazione, qualora una società residente nel territorio dello Stato italiano ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati verso debitori inadempienti (c.d. non-performing loan e unlikely to pay), la stessa può trasformare in credito di imposta le attività per imposte anticipate (c.d. deferred tax assets o DTA) riferibili a perdite fiscali non ancora computate in diminuzione dal reddito ai sensi dell’art. 84 del Tuir e ad eccedenze ACE di cui all’art. 1, co. 4, del D.L. n. 201/2011 disponibili alla data di efficacia della cessione stessa, per un ammontare proporzionale al valore nominale dei crediti ceduti, pari al 20%. Ai fini della trasformazione, i crediti ceduti rilevano per un valore nominale massimo di Euro 2 miliardi, determinato tenendo conto di tutte le cessioni poste in essere dalla società cedente, ovvero dal gruppo cui la società cedente stessa appartiene.

Come chiarito dalla Relazione Illustrativa al Decreto Cura Italia, “la disposizione è volta a incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l’obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l’attuale contesto di incertezza economica”. L’intervento consente quindi alle imprese di ottenere un beneficio immediato in termini finanziari, determinando una riduzione del fabbisogno di liquidità connesso al versamento di imposte e contributi.

 

  1. Quanto al presupposto soggettivo, la norma non pone restringimenti specifici, facendo un generale riferimento alle società residenti nel territorio dello Stato italiano. Possano, pertanto, beneficiare dell’agevolazione le società di capitali e le società di persone, nonché le stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, in quanto equiparabili alle società. Si precisa che l’art. 72, co. 1-ter, lett. b) del D.L. n. 104/2020, ha inserito all’art. 44-bis del D.L. n. 34/2019 il co. 1-quater, disciplinando la cessione di crediti insoluti effettuata da società di persone; viene così implicitamente confermato che anche le società di persone possono beneficiare dell’agevolazione in commento. Sono invece esclusi gli imprenditori individuali, gli enti commerciali e gli enti non commerciali, questi ultimi quand’anche esercitino attività d’impresa. (Sul punto, vd. MOLINARO G., DTA convertite in crediti d’imposta: un sostegno finanziario alle imprese nell’emergenza COVID-19, in Il Fisco 2020, pag. 1408 e 1409).

Vale precisare che, in assenza di indicazioni specifiche, a nulla rileverebbero la dimensione dei soggetti coinvolti né la tipologia di attività esercitata dagli stessi; ne consegue che possono beneficiare dell’agevolazione tanto le piccole imprese quanto i grandi gruppi, qualsiasi sia l’attività esercitata. (Sul punto, vd. MAROTTA L., PORCARELLI A. e ROSSI R., Crediti deteriorati: trasformazione delle DTA su perdite fiscali e ACE in crediti d’imposta, in Amm. e Fin., n. 6 del 2020, pag. 12).

Per espressa previsione normativa, la misura in esame non trova applicazione in relazione alle società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto (ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180), ovvero lo stato di insolvenza (ai sensi dell’art. 5 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dell’art. 2, co. 1, lett. b), del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14).

Con riferimento, invece, al presupposto oggettivo, l’agevolazione si applica alle cessioni a titolo oneroso, intervenute entro il 31 dicembre 2020, di crediti deteriorati, c.d. non-performing loan (NPL) e unlikely to pay (UTP), ossia di crediti pecuniari vantati verso debitori inadempienti. Ai sensi del comma 5 della norma in commento, la condizione di inadempienza si verifica quando il mancato pagamento si protrae per oltre 90 giorni dalla data contrattualmente convenuta.

Come precisato nella Relazione Illustrativa, i crediti deteriorati possono essere di natura sia commerciale sia finanziaria. Tuttavia, nulla sembrerebbe vietare la possibilità di ricomprendere tra i “crediti cedibili” anche i crediti cartolarizzati (ad esempio, i mini-bond), nonostante si caratterizzino per un regime fiscale diverso da quello dei crediti non cartolarizzati. La cessione dei crediti tributari deve essere, invece, esclusa, in quanto estranea alla ratio della norma. (Sul punto, vd. SILVANI C., Trasformabili in crediti le Dta delle perdite post Dl, in Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2020).

In ogni caso, sono ex lege irrilevanti le cessioni onerose di crediti insoluti operate infragruppo, cioè quelle cessioni effettuate tra società legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c., nonché tra società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

 

  1. Come anticipato, sono trasformabili in credito d’imposta le DTA, calcolate in misura pari all’aliquota Ires applicabile, relative a perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’art. 84 del Tuir, e all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’art. 1, co. 4, del D.L. n. 201/2011 non ancora dedotto o fruito mediante credito d’imposta alla data di efficacia della cessione, da eseguirsi entro il 31 dicembre 2020 (c.d. componenti rilevanti).

Onde evitare una duplicazione del beneficio fiscale, la trasformazione può essere fruita una sola volta.

Il Decreto nulla detta in merito al periodo di maturazione delle menzionate componenti rilevanti. A tal proposito, considerato l’esplicito richiamo all’art. 84 del Tuir e all’art. 1, co. 4, del D.L. n. 201/2011, si ritiene che le componenti rilevanti da considerare siano esclusivamente quelle maturate fino al 31 dicembre 2019 e dichiarate (o da dichiarare) nel 2020 (purché, naturalmente, la società abbia l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare), indipendentemente dalla presentazione della relativa dichiarazione. Vale, in ogni caso, precisare che l’impossibilità di fruire delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE maturate nel corso del 2020 sembrerebbe in contrasto con la ratio della norma, ossia con la volontà di sostenere le imprese da un punto di vista finanziario nell’attuale situazione di crisi. (Sul punto, vd. ANDREANI G. e TUBELLI A., La trasformazione delle “DTA” ha numerosi nodi da sciogliere, in Il Fisco, pag. 1921, GAVELLI G. e PIAZZA M., Perdite misurate alla chiusura dell’ultimo esercizio, in Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2020 e GAVELLI G., La monetizzazione delle Dta resta al buio per le imprese, in Il Sole 24 Ore, 31 agosto 2020).

Ai fini della determinazione delle perdite fiscali, per consentire il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati, non si applicano i limiti di cui al secondo periodo del co. 1 dell’art. 84 del Tuir, previsti per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile; tali soggetti potranno quindi tener conto di tutte le perdite fiscali conseguite nel tempo.

Ciò posto, risulta evidente che in assenza di perdite fiscali e di eccedenze ACE, l’agevolazione non può trovare applicazione e, di conseguenza, le DTA non possono essere trasformate in crediti d’imposta.

Quanto al meccanismo di trasformazione, la norma non prevede una procedura specifica, bensì individua esclusivamente, da un punto di vista quantitativo, un limite relativo ed un limite assoluto.

In particolare, è previsto che l’ammontare complessivo delle perdite fiscali e dell’eccedenza ACE rilevi fino a concorrenza del 20% del valore nominale dei crediti deteriorati ceduti (c.d. limite relativo). Al contempo, il valore nominale dei crediti ceduti non può essere considerato per un ammontare superiore ad Euro 2 miliardi (c.d. limite assoluto), determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate dalla società cedente entro il 31 dicembre 2020, ovvero da altre società appartenenti al medesimo gruppo. Così, ad esempio, come si legge nella Relazione Illustrativa, “se una società cede crediti per 1 mld, potrà trasformare in credito d’imposta una quota di DTA riferibile a 200 mln di Euro di componenti indicati dalla norma, equivalente – supponendo che l’aliquota Ires applicabile sia quella ordinaria al 24% - a 48 mln di Euro”.

A tal proposito, vale precisare che in caso di crediti acquistati da società con le quali non sussiste un rapporto di controllo o che non sono controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, per valore nominale si intende il valore di acquisto dei crediti.

Infine, un ulteriore aspetto da considerare riguarda la possibilità prevista dal legislatore di trasformare in credito d’imposta anche le DTA non iscritte in bilancio, ad esempio per il mancato superamento del c.d. probability test, purché sempre riconducibili alle componenti rilevanti. (Sul punto, vd. PIAZZA M., DTA trasformabili in crediti di imposta anche se non sono iscritte in bilancio, in Il sole 24 Ore, 1 maggio 2020).

È per tale ragione che l’importo massimo delle DTA convertibili potrebbe discostarsi dal valore delle DTA esposte in bilancio.

Per completezza, si riporta di seguito un esempio di calcolo.

Si ipotizza una società avente crediti verso clienti iscritti a bilancio per un ammontare complessivo pari ad Euro 2.000.000, di cui Euro 100.000 qualificati come “deteriorati”, in quanto insoluti da oltre 90 giorni.

In data 29 giugno 2020 la società cede a titolo oneroso i crediti deteriorati, aventi un valore nominale di Euro 100.000, applicando uno sconto del 30%, ad un prezzo di Euro 70.000.

Le perdite fiscali pregresse e le eccedenze ACE esistenti alla data di efficacia della cessione sono pari ad Euro 30.000.

 

 

Cessione crediti deteriorati e componenti rilevanti

Crediti v/clienti

               2.000.000

di cui deteriorati

                   100.000

 

 

VN crediti deteriorati ceduti

                   100.000

Data di efficacia della cessione

29/06/2020

Prezzo di cessione

                   70.000

 

 

Perdite fiscali pregresse ed eccedenze ACE

                     30.000

Tabella 1: Cessione crediti deteriorati e componenti rilevanti

 

Poiché la norma prevede che le DTA trasformabili debbano rilevare per un ammontare non eccedente il 20% del valore nominale dei crediti ceduti (c.d. limite relativo), è necessario confrontare il 20% del valore nominale dei crediti ceduti, pari a Euro 20.000, con l’ammontare delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE esistenti alla data di efficacia della cessione, pari a Euro 30.000. Ne consegue che la base di computo delle DTA trasformabili è di Euro 20.000; pertanto, ipotizzando una aliquota Ires del 24%, la quota di DTA convertibile risulta pari ad Euro 4.800.

 

Limite relativo

i. 20% VN crediti deteriorati

                     20.000

ii. perdite fiscali ed eccedenze ACE

                     30.000

 

 

Base di computo (min tra i. e ii.)

                     20.000

Aliquota Ires

24%

Quota DTA trasformabile

                        4.800  

Tabella 2: Limite relativo

 

Limite assoluto

Non superato in quanto il VN dei crediti ceduti è inferiore a Euro 2 miliardi.

Tabella 3: Limite assoluto

 

A partire dalla data di cessione dei crediti deteriorati (29 giugno 2020) la società otterrà un credito d’imposta pari ad Euro 4.800 che, come vedremo nel prosieguo, potrà utilizzare in compensazione, cedere ovvero chiedere a rimborso. Dalla stessa data, l’ammontare delle perdite fiscali pregresse e le eccedenze ACE dovranno essere ridotte, passando da Euro 30.000 ad Euro 10.000.

 

  1. Per le imprese facenti parte di un medesimo gruppo, il valore nominale massimo dei crediti deteriorati cedibili, pari - come visto - ad Euro 2 miliardi, viene determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate da ciascuna società appartenente al gruppo, dovendosi nella sostanza considerare il gruppo come se questo fosse un unico soggetto. Ne consegue che, a livello di gruppo, considerando una aliquota Ires del 24%, il beneficio fiscale massimo ipotizzabile è pari ad Euro 96 milioni, ossia pari al 24% del 20% di Euro 2 miliardi.

Naturalmente, la parte eccedente a Euro 2 miliardi, anche se ceduta in presenza delle componenti rilevanti, non dà diritto a fruire dell’agevolazione.

Nell’ambito della determinazione del credito d’imposta nei gruppi societari restano però alcuni punti irrisolti.

Ad esempio, sarebbe utile individuare il criterio da adottare per la fruizione dell’agevolazione: se un criterio temporale (la società che per prima cede crediti deteriorati è la prima a poter beneficiare dell’agevolazione), se un criterio proporzionale (ad es. ripartizione proporzionale in base al volume dei ricavi), se un criterio libero (ad es. decidendo a livello di pianificazione di gruppo). (Sul punto, vd. MOLINARO G., DTA convertite in crediti d’imposta: un sostegno finanziario alle imprese nell’emergenza COVID-19, in Il Fisco 2020, pag. 1409).

In tale ambito, l’art. 72, co. 1-ter, lett. b), D.L. n. 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 126/2020, ha introdotto i nuovo commi 1-bis e 1-ter all’art. 44-bis in esame, i quali chiariscono come l’agevolazione debba conciliarsi con l’ipotesi di società aderenti rispettivamente al consolidato fiscale e alla trasparenza fiscale e, in particolare, come debba operare il meccanismo di trasformazione delle DTA derivanti da perdite fiscali e da eccedenza ACE nell’ambito appunto di tali particolari regimi di determinazione del reddito.

Quanto al consolidato fiscale, si ricorda che le perdite fiscali anteriori all’esercizio dell’opzione sono utilizzabili solo dal soggetto che le ha generate, mentre le perdite fiscali maturate in costanza di consolidato sono attribuite alla consolidante, la quale quindi sembrerebbe avere esclusivo diritto alla eventuale trasformazione delle corrispondenti DTA in credito d’imposta. Dall’altro lato, le eccedenze ACE delle singole consolidate possono essere apportate a riduzione del reddito imponibile consolidato; la quota parte non trasferita alla consolidante resterebbe nelle disponibilità delle singole consolidate, le quali dovrebbero avere dunque esclusivo diritto a trasformare in crediti d’imposta le correlate DTA. (Sul punto, vd. TRETTEL S., Il consolidato fiscale dimezzato, in Il Fisco 2020, pag. 1820 e ANDREANI G. e TUBELLI A., La trasformazione delle DTA ha numerosi nodi da sciogliere, in Il Fisco 2020, pag. 1925.)

Il nuovo comma 1-bis chiarisce tali aspetti, prevedendo che nel caso in cui la società cedente partecipi al consolidato fiscale debbano rilevare prioritariamente, se esistenti, le eccedenze ACE e le perdite fiscali della stessa relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo e, a seguire, le perdite complessivamente riportate a nuovo dal soggetto controllante ai sensi dell’art. 118 del Tuir. (Sul punto, vd. PIAZZA M. e SALA F., Dta, crediti d’imposta utilizzabili dal momento della cessione, in Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2020).

In tal modo viene meno l’eventuale discriminazione tra società che aderiscono ad un particolare regime di tassazione di gruppo e società che sono tassate, invece, su base individuale.

Analogamente, con riferimento all’opzione per il regime di trasparenza fiscale, il nuovo comma 1-ter prevede, seppur con alcuni limiti, che, qualora la società partecipata ceda crediti insoluti, debbano rilevare prioritariamente, se esistenti, le eccedenze ACE e le perdite fiscali della stessa relative agli esercizi anteriori all’inizio della trasparenza congiuntamente a quelle non attribuite ai soci e, a seguire, “le perdite fiscali attribuite ai soci partecipanti e non ancora computate in diminuzione dei loro redditi, avendo riguardo al valore dei crediti ceduti dalla società trasparente nella medesima proporzione di attribuzione delle perdite”.

 

  1. Inizialmente l’art. 44-bis nulla disponeva circa il criterio da adottare ai fini dell’individuazione della data di efficacia della cessione, lasciando in dubbio se si dovesse ricorrere ad un criterio giuridico-formale ovvero un criterio economico-sostanziale. (Sul punto, vd. ANDREANI G. e TUBELLI A., La trasformazione delle “DTA” ha numerosi nodi da sciogliere, in Il Fisco, pag. 1919 e MAROTTA L., PORCARELLI A. e ROSSI R., Crediti deteriorati: trasformazione delle DTA su perdite fiscali e ACE in crediti d’imposta, in Amm. e Fin., n. 6 del 2020, pag. 14).

Tale incertezza è stata superata grazie alle modifiche apportate dal D.L. n. 104/2020 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 126/2020.

Ed invero, il nuovo comma 1 dell’art. 44-bis dispone che la trasformazione delle DTA in credito d’imposta debba avvenire “alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti”, da eseguirsi entro il 31 dicembre 2020.  Ne consegue che a nulla rileva la data di efficacia economica, ovvero la data in cui avviene la derecognition del credito in contabilità (sul punto, vd. PIAZZA M. e SALA F., Dta, crediti d’imposta utilizzabili dal momento della cessione, in Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2020); del resto, la norma non disciplina gli aspetti contabili e fiscali dei crediti deteriorati ceduti, bensì esclusivamente la data a partire dalla quale si producono, sotto l’aspetto - per l’appunto - giuridico, gli effetti agevolativi in commento.

Si ricorda che secondo un approccio economico-sostanziale un credito si intende ceduto nel momento in cui vengono trasferiti tutti i rischi ed i benefici connessi ai flussi finanziari. Ed invero, l’OIC 15, par. 71, prevede che un credito si debba considerare ceduto, ed in quanto tale cancellabile dal bilancio, quando “i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente); oppure quando la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito”. A tal proposito, l’OIC 15, il par. 73, precisa che “ai fini della valutazione del trasferimento dei rischi si tiene conto di tutte le clausole contrattuali, quali – a titolo meramente esemplificativo – gli obblighi di riacquisto al verificarsi di certi eventi o l’esistenza di commissioni, di franchigie e di penali dovute per il mancato pagamento”.

Ancora, il successivo comma 2 specifica che i crediti d’imposta possono essere utilizzati a decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione. Pertanto, la fruizione del credito d’imposta può avvenire già a partire dal periodo d’imposta 2020.

In altre parole, il credito d’imposta sorge alla data in cui la cessione dei crediti deteriorati assume efficacia giuridica e, pertanto, a decorrere dalla medesima data, da un lato, viene meno per il cedente la possibilità di usufruire delle componenti rilevanti cui si riferiscono le DTA convertite in credito d’imposta e, dall’altro lato, sorge per lo stesso la possibilità di utilizzo del credito d’imposta.

Le modifiche apportate dalla Legge di conversione sono in linea con la ratio della norma, in quanto consentono di sostenere finanziariamente le imprese già a partire dall’esercizio 2020.  (Sul punto, vd. AVOLIO D. e SANTACROCE B., Credito d’imposta da Npl spendibile subito dopo la cessione, in Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2020 e GAVELLI G., La monetizzazione delle Dta resta al buio per le imprese, in Il Sole 24 Ore, 31 agosto 2020).

 

  1. Come anticipato, il credito d’imposta sorge alla data in cui la cessione dei crediti deteriorati assume efficacia giuridica e, a decorrere dalla medesima data, viene meno per il cedente la possibilità di usufruire dei componenti rilevanti cui si riferiscono le DTA convertite in crediti d’imposta. Ne consegue che, al fine di escludere una duplicazione del beneficio fiscale, a decorrere dalla data di efficacia della cessione le perdite fiscali pregresse non sono più computabili in diminuzione dal reddito imponibile e le eccedenze ACE non sono più deducibili né fruibili tramite credito d’imposta.

Il credito d’imposta derivante dalla trasformazione delle DTA non è produttivo di interessi e non concorre alla formazione del reddito d’impresa né dalla base imponibile Irap.

Il credito d’imposta così ottenuto può essere:

  • utilizzato in compensazione, senza limiti di importo, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997;
  • ceduto ai sensi dell’art. 43-bis o 43-ter del DPR n. 602/1973;
  • chiesto a rimborso (salva poi la possibilità di cedere il diritto al rimborso del credito).

Si precisa infine che, ai fini del suo utilizzo, il credito d’imposta in esame deve essere monitorato nella dichiarazione dei redditi 2021 (periodo d’imposta 2020), in particolare valorizzando il quadro RU.

 

  1. La trasformazione delle DTA in crediti d’imposta è facoltativa ed è condizionata dall’esercizio da parte della società cedente dell’opzione già prevista all’art. 11, co. 1, D.L. n. 59/2016 convertito, con modificazioni, dalla L. 30 giugno 2016 n. 119.

Le società interessate ad accedere allo speciale regime agevolativo devono, quindi, esercitare l’opzione entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti, ossia entro il 31 dicembre 2020. L’opzione è irrevocabile ed ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione (cioè dal 2021 per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare).

L’esercizio dell’opzione comporta il pagamento di un canone di garanzia annuo pari all’1,5% delle DTA, individuate annualmente dalla differenza tra i) l’ammontare delle DTA oggetto di trasformazione e ii) le imposte da versare a titolo di Ires, addizionali Ires e di Irap con riferimento al periodo d’imposta.

Il canone di garanzia previsto dalla norma in commento ricalca precedenti disposizioni, pertanto si considerano mutuabili i chiarimenti forniti a suo tempo dall’Agenzia delle Entrata con la Circolare 22 luglio 2016, n. 32.

Il canone di garanzia, ove dovuto, è deducibile ai fini dell’Ires e dell’Irap nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento.

 

  1. Alla luce di quanto rilevato, emerge come la misura emergenziale in commento sia apprezzabile.

L’agevolazione, infatti, consente alle imprese l’immediata monetizzazione del credito d’imposta derivante dalla trasformazione delle DTA, determinando una riduzione del fabbisogno di liquidità connesso al versamento di imposte e contributi. Ed inoltre, attraverso l’operazione di cessione di crediti deteriorati, l’agevolazione incoraggia lo sviluppo di nuove opportunità professionali, certamente utili alla ripresa economica.