argomento: Profili europei e Internazionali - Legislazione e prassi
L’OCSE sta promuovendo il passaggio dalle classiche Mutual Agreement procedure a nuove procedure di natura arbitrale. La Commissione Europea si è affiancata alle iniziative dell’OCSE, elaborando la Direttiva UE 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione Europea, per rafforzare e rendere effettive le Mutual Agreemen Procedure. La Direttiva introduce meccanismi per risolvere le controversie tra Stati membri che emergano dall’interpretazione ed applicazione di accordi e Convenzioni che prevedono l’eliminazione della doppia imposizione del reddito e, ove applicabile, del capitale; tali meccanismi si innestano nel tessuto degli accordi vigenti, inserendo specifiche norme per risolvere il caso controverso ed attribuendo al contribuente ampi poteri di impulso in caso di inerzia da parte delle autorità fiscali degli Stati. Il profilo caratterizzante è la previsione di una procedura celere e di una fase vincolante ed obbligatoria, affidata a Commissioni indipendenti, che hanno connotazione arbitrale
PAROLE CHIAVE: controversie fiscali internazionali - mutual agreement procedure - diritto tributario internazionale - arbitrato
di Lorenzo del Federico
-Premessa.
La Commissione Europea, in piena sintonia con l’iniziativa OCSE del Multilateral Instrument, ha elaborato la Direttiva UE 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione Europea.
Questo intervento si innesta nel tessuto degli accordi vigenti, inserendo specifiche norme per risolvere il caso controverso ed attribuendo al contribuente ampi poteri di impulso in caso di inerzia da parte delle autorità competenti (IANNACCONE, Doppia imposizione internazionale: approvata la Direttiva sui meccanismi di risoluzione delle controversie, in Corr. Trib., 2018, 273; FERRONI, La nuova Direttiva UE per la risoluzione delle controversie fiscali, in Fisco, 2018, 454; TRIVELLIN, Studi sugli strumenti di risoluzione delle controversie fiscali internazionali, Padova, 2019; CALIFANO, Aspetti fiscali dell’arbitrato internazionale ?).
La Direttiva, che doveva essere recepita entro il 30 giugno 2019, accelera le procedure ed introduce una fase, affidata a Commissioni indipendenti, vincolante ed obbligatoria.
L’Italia ha tardato non poco nel dare attuazione alla Direttiva 2017/1852, entrata in vigore nel giugno 2019, ma tardivamente recepita; la Commissione Europea ha quindi avviato una procedura d’infrazione (n. 2019/0217) contro l’Italia (v. https://ec.europa.eu/atwork/applying-eu law/ infringements-proceedings/infringement-decisions).
Si è dovuto attendere il D. Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea”, emanato in attuazione dell’art. 8, comma 1, della l. n. 117 del (legge di delegazione europea 2018).
Il D. Lgs. n. 49/2020 risulta sostanzialmente in sintonia con la Direttiva 2017/1852, riproponendone spesso pedissequamente il contenuto.
Ci si propone di esaminare l’evoluzione delle Mutual agreement procedures nella prospettiva di una maggiore efficienza delle controversie fiscali internazionali e di una maggiore effettività delle regole delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, nell’interesse non solo degli Stati, ma anche del contribuente, cercando di cogliere i tratti caratterizzanti del passaggio dalle MAP alle procedure arbitrali.
A tal fine ci si soffermerà su alcuni profili particolari della Direttiva e del Decreto attuativo, con l’intento di capire: -se le nuove procedure introdotte hanno veramente connotazione arbitrale; -se il tradizionale favor del bilateralismo per gli accordi fra le autorità fiscali degli Stati contraenti alla fine cederà il passo all’emergente favor del multilateralismo per le procedure arbitrali; -se il passaggio dal potere amministrativo negli accordi fra autorità fiscali alla decisione secondo diritto degli arbitri sarà significativo ed apprezzabile, anche in ragione delle iniziative dell’Unione Europea.
-1) Le Mutual Agreemet Procedures nelle convenzioni internazionali.
Le controversie fiscali internazionali attengono in genere alle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni (CDI) ed alla Convenzione “arbitrale” 90/436/CEE del 23 luglio 1990 relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili delle imprese associate (CA).
Le CDI contengono uno specifico strumento di risoluzione delle controversie che possono eventualmente insorgere tra gli Stati. Si tratta della procedura amichevole (Mutual Agreement Procedure- MAP) delineata dall'art. 25 del Modello di convenzione OCSE.
Come è noto la procedura amichevole è un istituto di consultazione diretta tra le Amministrazioni fiscali degli Stati contraenti, le quali dialogano, attraverso le rispettive "autorità competenti", nelle forme ritenute più idonee e con il fine di pervenire a un accordo sull'oggetto della controversia.
La così detta MAP costituisce quindi lo strumento per la risoluzione delle controversie internazionali, nelle situazioni in cui un contribuente residente di uno dei due Stati contraenti ritiene che le misure adottate da una o entrambe le Amministrazioni finanziarie comportano, o comporteranno, nei suoi confronti un'imposizione in violazione della Convenzione.
Tuttavia, è da tempo ben noto a tutti che tali procedure non funzionano adeguatamente, in quanto gli interessi del contribuente sono compressi dal ruolo delle autorità fiscali, nell’ambito di una procedura non formalizzata, non compiutamente procedimentalizzata, che si muove in un contesto opaco di accordi amministrativi e di relazioni internazionali fra Stati, a scapito della certezza del diritto e dell’effettività della tutela.
Pertanto, l’OCSE, con l’intento di promuovere una più efficace e trasparente gestione delle MAP, a partire dal 2004, ha avviato varie iniziative volte a migliorare il funzionamento dei meccanismi per la composizione delle controversie fiscali internazionali.
In tale contesto già nel 2007 era stato elaborato il Manuale OCSE in tema di efficace gestione delle procedure amichevoli (Manual on Effective Mutual Agreement Procedures – MEMAP), nel quale venivano fornite alle Amministrazioni fiscali ed ai contribuenti le informazioni di base sul funzionamento delle MAP, identificando alcune best practices cui le Amministrazioni fiscali degli Stati membri dovrebbero conformarsi (OECD, Manual on Effective Mutual Agreement Procedures, Parigi, 2007).
Negli stessi anni l’OCSE è intervenuta anche con le Linee guida sulla determinazione dei prezzi di trasferimento, dedicando particolare attenzione alle MAP (OECD, Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations, Parigi, 2010).
Ed un contesto analogo si riproponeva in ambito Europeo, a proposito delle procedure amichevoli contemplate dalla Convenzione arbitrale attivabile in ipotesi di doppia imposizione generata da rettifiche dei prezzi di trasferimento praticati fra imprese associate residenti nell'Unione europea. Tant’è che l’Unione ha emanato delle raccomandazioni per spingere gli Stati ad una corretta, trasparente ed efficace attuazione delle procedure amichevoli di cui alla CA (Consiglio UE, Codice di condotta per l'effettiva attuazione della Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, Bruxelles, 2009).
Ma la ritrosia e l’opacità delle autorità fiscali degli Stati nel gestire le procedure amichevoli sono rimaste forti, diffuse e radicate.
Si è dovuta attendere la stagione delle azioni BEPS per assistere ad una svolta effettiva nel rafforzamento delle clausole MAP nei diversi ambiti, delle CDI, della CA e del diritto dell’Unione Europea (TRIVELLIN, Studi sugli strumenti di risoluzione delle controversie fiscali cit.).
L’avvento delle procedure arbitrali, delineate nelle clausole MAP, nella Convenzione multilaterale e nella Direttiva UE 2017/1852 potrebbe comportare una significativa evoluzione del sistema, ma va chiarito se si tratta di vere e proprie procedure arbitrali o piuttosto di una fase ulteriore delle tradizionali MAP, pur sempre relegata nella sfera degli accordi amministrativi fra autorità fiscali.
In questa sede si farà essenzialmente riferimento all’art. 25 del Modello OCSE, che contempla la MAP nelle CDI, ma qualche cenno riguarderà anche alle analoghe procedure contemplate dalla CA.
La disciplina della procedura è nota, ed in questa sede ci si prefigge di individuare le linee evolutive della tutela del contribuente nelle controversie internazionali, attraverso la chiave di lettura del passaggio dal potere amministrativo negli accordi fra autorità fiscali alla decisione secondo diritto degli arbitri; tuttavia è opportuno tratteggiare i profili fondamentali delle MAP, onde evidenziarne le criticità che hanno spinto l’OCSE ad intervenire ripetutamente.
La MAP si configura come rimedio esperibile da parte del contribuente che ritenga di essere o di poter essere leso da un’imposizione fiscale non conforme alla Convenzione.
È altresì possibile che la procedura sia attivata direttamente dalle autorità competenti degli Stati contraenti per risolvere in via di amichevole composizione le difficoltà o i dubbi inerenti all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione.
Le due Amministrazioni possono aprire consultazioni anche allo scopo di eliminare fenomeni di doppia imposizione connessi con casi non previsti dalla Convenzione.
L'accordo raggiunto dalle autorità competenti nell'ambito di una MAP interessa potenzialmente un ampio numero di contribuenti e, pertanto, va assoggettato ad adeguate forme di pubblicità.
Sul versante della tutela del contribuente l’art. 25, par. 1, del Modello OCSE prevede che se una “persona” (un contribuente) reputa che si sia realizzata, o si possa realizzare, nei suoi confronti un’imposizione non conforme alla Convenzione, essa può presentare il caso all’autorità competente del proprio Stato di residenza o, nell’ipotesi di cui all’articolo 24 (Non discriminazione) Modello OCSE, all'autorità competente dello Stato di cui possiede la nazionalità.
Nelle MAP rientrano tutte quelle fattispecie generatrici di doppia imposizione che riguardano tanto le persone fisiche quanto le persone giuridiche e le altre entità cui si applica la Convenzione.
Il profilo dei termini è uno dei più critici.
Il Modello OCSE individua come termine finale per la presentazione dell’istanza il terzo anno dalla prima notifica della misura che comporta un'imposizione non conforme alle disposizioni della Convenzione; tuttavia nella maggior parte delle CDI stipulate dall’Italia individua il più breve termine di due anni.
L’istanza di apertura della MAP deve essere presentata direttamente dal contribuente nel proprio Stato di residenza.
L'istanza deve contenere i seguenti dati e requisiti: - l’identificazione del contribuente (nome, indirizzo e codice fiscale); - l'indicazione del domicilio del contribuente o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell'Amministrazione finanziaria;- l'illustrazione dei fatti e delle circostanze del caso con l’indicazione dei periodi d’imposta nei quali si è verificata o potrebbe verificarsi la doppia imposizione; - la descrizione delle eventuali azioni amministrative e giurisdizionali intraprese; - i rimedi eventualmente azionati nell’altro Stato contraente per eliminare la doppia imposizione; - copia degli atti fiscali che hanno determinato o potrebbero determinare un’imposizione non conforme alle disposizioni della Convenzione; - ogni ulteriore documentazione di supporto atta a favorire l’attività istruttoria delle autorità competenti interessate alla procedura amichevole. L'istanza deve infine contenere l’impegno del contribuente a rispondere in modo esauriente e tempestivo alle richieste pervenute dall’autorità competente nel corso della procedura, nonché a rendere disponibile la documentazione integrativa che possa rendersi necessaria ai fini dell’istruttoria.
L'apertura della MAP può essere richiesta dal contribuente “indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale”.
Ma l’attivazione della procedura amichevole non è alternativa alla procedura contenziosa nazionale che dovrebbe essere comunque instaurata. Ciò al fine di evitare che, in pendenza di procedura amichevole, l’imposta accertata diventi definitiva e quindi non modificabile da parte del successivo accordo raggiunto fra le autorità competenti.
Peraltro, il contemporaneo svolgimento della procedura amichevole e del procedimento contenzioso interno lascia aperta la possibilità di un giudicato confliggente con l’accordo amichevole intervenuto tra le autorità competenti.
In tale ipotesi, l’Amministrazione finanziaria si troverebbe nella condizione di non poter legittimamente adempiere all’obbligazione internazionale assunta con l’accordo amichevole.
Pertanto, qualora le autorità competenti addivengano a un accordo che elimina la doppia imposizione senza che sia ancora intervenuto un giudicato, il presupposto necessario per l'esecuzione dell'accordo amichevole è l'accettazione dei suoi contenuti da parte del contribuente e la contestuale rinuncia al ricorso giurisdizionale.
Viceversa laddove un giudicato intervenga anteriormente all'accordo amichevole, l'autorità competente deve limitarsi a comunicare gli esiti del giudizio all'altra autorità competente. In tal caso, ove il dispositivo della sentenza non produca l'eliminazione della doppia imposizione, quest'ultima permane a meno che l'autorità competente estera non conformi la sua posizione alla decisione espressa dal giudice nazionale.
L’inesistenza di un obbligo di definizione della MAP costituisce il principale punto critico.
Le autorità competenti non hanno un obbligo di risultato tale da assicurare l'eliminazione della denunciata doppia imposizione; hanno semplicemente un obbligo di diligenza che impone alle Amministrazioni finanziarie interessate di "fare del loro meglio" ("shall endeavour") al fine di addivenire a un accordo che elimini l'imposizione non conforme alla Convenzione. A tale proposito, il Commentario OCSE all’articolo 25 (paragrafo 37) espressamente chiarisce che “il paragrafo 2 senza dubbio comporta un dovere di trattare; ma per quanto attiene al raggiungimento del mutuo accordo a mezzo della procedura, le autorità competenti hanno soltanto l’obbligo di fare del loro meglio e non quello di raggiungere un risultato”.
Molto spesso la MAP non giunge ad alcuna conclusione, quantomeno a rilevanza esterna.
Per porre rimedio a tali croniche inefficienze l’OCSE è intervenuto nel 2008, rafforzando la MAP ed introducendo nel testo dell'art. 25 del Modello CDI, una fase arbitrale obbligatoria in caso di mancato accordo, decorsi vanamente due anni. Tuttavia, questa clausola è applicabile a condizione che gli Stati ne negozino l’inserimento nelle CDI. Permane quindi ampia discrezionalità da parte degli Stati, che possono preferire di introdurre una simile clausola nelle Convenzioni stipulate con determinati Stati piuttosto che con altri, sulla base di valutazioni di varia natura (l’Italia ha inserito la clausola arbitrale nella maggior parte delle più recenti Convenzioni: Armenia, Canada, Croazia, Georgia, Ghana, Giordania, Kazakhstan, Libano, Moldova, Slovenia, Stati Uniti, Uganda e Uzbekistan).
È comunque pacifico che l’inserimento della clausola arbitrale rafforzi considerevolmente la procedura MAP, ancorché la casistica applicativa sia risultata sino ad oggi alquanto insignificante.
Anche prima dell’intervento OCSE del 2008 era possibile introdurre clausole arbitrali nelle MAP contenute nelle CDI, ma tali risalenti clausole prevedevano in genere l’attivazione dell’arbitrato solo a seguito del consenso di entrambi gli Stati e del contribuente. Non stabilivano, quindi, un vincolo preventivo (mandatory arbitration) per gli Stati contraenti a intraprendere l’arbitrato in caso di mancata soluzione della controversia per via amichevole.
In alcuni casi l’operatività della clausola era anche sottoposta alla condizione che preventivamente avesse luogo uno scambio di note tra gli Stati.
Lo scambio di note, oltre a manifestare la volontà degli Stati di implementare la clausola arbitrale, serviva a definire i relativi termini operativi in tema di modalità di formazione della commissione consultiva, criteri di selezione dei membri, ripartizione dei costi, scelta della lingua di lavoro etc.
Altro profilo di inadeguatezza delle MAP si rinviene nella mancanza assoluta di meccanismi cautelari: non sono previsti rimedi ad hoc, ferma restando la possibilità riconosciuta al contribuente di beneficiare dei normali strumenti di tutela disciplinati per le controversie di diritto interno.
-2) L’attuazione delle MAP: carenze normative e ritrosie degli Stati.
Le modalità attuative delle MAP ne mostrano i molteplici punti critici, endemici di una procedura meramente amministrativa, del tutto svincolata da qualsiasi sindacato giurisdizionale, e quindi inevitabilmente ancillare alla potestà impositiva.
L’OCSE ha svolto approfondite indagini statistiche, identificando un diffuso malfunzionamento delle clausole MAP, percepite dagli Stati come limitazione della loro sovranità; spesso e volentieri tali procedure non vengono nemmeno attivate, e quando lo sono subiscono rallentamenti, pratiche defatigatorie ecc., risultando opache, officiose ed egoisticamente gestite dagli Stati (OCSE, Mutual Agreement Procedure Statistics for 2018, Parigi, 2019 -sul sito dell’OCSE sono altresì consultabili analoghi report per gli anni precedenti; OCSE, Making Dispute Resolution Mechanisms More Effective - ACTION 14: 2015 Final Report, Parigi 2015; sulle criticità applicative v. VALENTE - ALAGNA - MATTIA, Controversie internazionali. Procedure amichevoli e gestione delle relazioni, Milano, 2013; ASSONIME, Gruppo di lavoro sulla fiscalità transnazionale - Prezzi di trasferimento, in Note e studi, 2014, n. 9; TRIVELLIN, Studi sugli strumenti di risoluzione delle controversie fiscali internazionali cit.).
Le procedure MAP si pongono su un incerto crinale, presentandosi per un verso come proiezione della potestà impositiva e per altro verso come meccanismi fortemente condizionati dalla logica delle relazioni internazionali, a tutto discapito delle regole di diritto e soprattutto della tutela del contribuente.
Invero la MAP è un mezzo di risoluzione delle dispute tra Stati, nell’esercizio della rispettiva potestà impositiva. Interlocutori esclusivi del confronto in sede di procedura sono le autorità competenti dei due Stati, uniche legittimate a sottoscrivere l’accordo bilaterale eventualmente raggiunto.
Ciononostante il contribuente può essere invitato a svolgere un ruolo attivo, soprattutto con riferimento alla necessità di descrivere il caso puntualmente e in modo veritiero, fornendo ogni elemento informativo idoneo ad assicurare una trattazione esaustiva.
Ad ogni modo, il Manual on Effective Mutual Agreement Procedures, elaborato dall’OCSE, riconosce al contribuente il diritto ad essere informato. Il MEMAP (Sezione 3.3.3 e relativa best practice n. 14) raccomanda che il contribuente venga informato dall'autorità competente sullo stato della procedura e possa, altresì, chiedere di essere ascoltato in merito alla controversia. Ove si tratti di procedura amichevole conseguente a una rettifica di transfer pricing, il Commentario all’articolo 25 del Modello OCSE contiene l'ulteriore raccomandazione (§ 40, lett. c) che sia riconosciuta al contribuente - attesa la specificità della materia - ogni ragionevole possibilità di rappresentare all'autorità competente, oralmente o per iscritto, fatti e argomenti relativi al caso.
L'art. 25, § 2, del Modello OCSE, stabilisce che, qualora l’autorità di uno Stato ritenga giustificato il reclamo del proprio contribuente, ma non sia in grado autonomamente di giungere a una soddisfacente soluzione, essa deve adoperarsi per regolare il caso in via di amichevole composizione con l’autorità dell’altro Stato.
In una prima fase, l’autorità che ha ricevuto il reclamo deve pronunciarsi sulla sua ammissibilità. A tal fine, essa deve valutare la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti per l'apertura della MAP e deve accertare, in particolare, se l’istanza del contribuente sia prima facie rilevante, laddove evidenzi che le azioni di uno o di entrambi gli Stati comportano o comporteranno un’imposizione non conforme alla Convenzione.
Ove l’istanza risulti ammissibile e fondata, l’autorità competente deve vagliare la possibilità di rimediare essa sola all’imposizione non conforme alla Convenzione attraverso l’adozione di misure unilaterali. In caso contrario, il reclamo del contribuente viene notificato all’autorità competente dell’altro Stato per un confronto bilaterale.
In questa fase l'autorità competente può richiedere al contribuente le informazioni supplementari e le integrazioni documentali che si rendano necessarie per l'attivazione e lo svolgimento della MAP.
Infine, l’autorità competente informa il soggetto istante in merito alla ricevibilità dell'istanza e alla valida instaurazione della procedura.
In una seconda fase si apre concretamente la procedura. La data di apertura coincide con quella di presentazione dell’istanza, a meno che non si renda necessario acquisire documentazione integrativa, nel qual caso la procedura ha inizio dalla data di presentazione di tale documentazione.
Con riferimento allo svolgimento della procedura amichevole aperta ai sensi di una CDI, diverse autorità competenti di Stati Europei (e di certo l’Amministrazione finanziaria Italiana) si uniformano, per quanto possibile, alle indicazioni temporali e procedurali contenute nel Codice di condotta per l'effettiva attuazione della CA; a livello globale è frequente il riferimento al MEMAP dell’OCSE.
I rapporti tra le autorità competenti finalizzati alla risoluzione del caso di doppia imposizione normalmente si svolgono attraverso lo scambio di note in forma scritta e, ove necessario, mediante la fissazione di incontri negoziali. In genere l'autorità competente che per prima invia il proprio “documento di posizione” è quella dello Stato che ha adottato la misura suscettibile di produrre doppia imposizione.
In caso di accordo tra le autorità competenti, generalmente l’autorità competente che ha ricevuto l’istanza di MAP comunica i contenuti dell'accordo al contribuente, dandovi altresì esecuzione in via amministrativa, e quindi provvedendo a quanto necessario (al rimborso, o allo sgravio, dell’imposta non dovuta, delle relative sanzioni e degli interessi).
Ove si tratti di procedura amichevole conseguente a una rettifica di transfer pricing, l’autorità competente generalmente comunica il contenuto dell’accordo al contribuente residente, anche qualora l’istanza di MAP sia stata presentata all’autorità competente estera dal contribuente non residente.
Qualora l'accordo amichevole sia intervenuto in pendenza di procedimento giurisdizionale, il contribuente può accettare la definizione raggiunta in ambito negoziale oppure rifiutarla, proseguendo il giudizio.
Nell’esclusivo ambito di applicazione delle CDI, previa valutazione da parte delle autorità competenti ed assenso del contribuente, gli effetti dell’accordo raggiunto in sede di procedura amichevole possono essere estesi anche a periodi di imposta immediatamente successivi a quelli oggetto di MAP, in relazione ai quali le fattispecie hanno identica connotazione.
Nella prassi ciò avviene frequentemente in caso di MAP instaurate per dirimere la controversa qualificazione di un reddito in relazione alle tipologie previste dalla Convenzione, al fine di determinare la spettanza della potestà impositiva all’uno o all’altro Stato contraente.
-3) La svolta dell’Azione BEPS OCSE n. 14 “Make Dispute Resolution Mechanism More Effective”.
La sintetica illustrazione della struttura e della funzione delle clausole MAP nelle CDI ha evidenziato molteplici profili di inadeguatezza e criticità, da tempo ben noti.
Risultati vani alcuni interventi minori susseguitisi a più riprese nel corso degli anni, è infine risultata chiara a tutti la necessità di un radicale intervento di rafforzamento delle clausole MAP.
Tale fase si è collocata nella grande stagione delle azioni BEPS, promosse dall’OCSE a partire dal 2013, nel cui ambito ha preso corpo l’Action BEPS 14 “Make Dispute Resolution Mechanism More Effective”.
Il dossier finale dell’OCSE analizza i limiti che generalmente hanno frustrato l’efficacia della MAP nel corso degli anni, e indica le azioni minime indispensabili (c.d. minimum standard), sintetizzabili in un impegno concreto da parte degli Stati partecipanti ad agevolare l’accesso alle MAP e ad addivenire a una soluzione delle controversie in un tempo ragionevole, identificato in due anni (OCSE, Making Dispute Resolution Mechanisms More Effective - ACTION 14: 2015 Final Report cit.; tra i minimum standard spiccano: la necessità che gli Stati dedichino alle procedure una entità adeguata di risorse, l’attribuzione di adeguati poteri decisionali ai funzionari incaricati e che le relative performance non siano valutate in base al numero di accertamenti ed agli imponibili confermati, bensì in base al numero di MAP concluse, alla relativa tempistica ed alla coerenza nell’interpretazione delle fattispecie).
Tuttavia, il più grande limite dell’Action 14 è quello di non porre quale minimum standard l’obbligo di raggiungere in ogni caso un accordo.
Il documento dà infatti atto che, tanto la comunità economica, quanto un numero significativo di Stati ritengono che tale aspetto sia cruciale per addivenire ad una soluzione efficace del problema ma, allo stesso tempo, precisa che sul punto non vi è un consenso unanime né a livello di G20, né a livello OCSE.
Ciò nonostante, un numero significativo di Stati - tra cui l’Italia - hanno precisato che si sarebbero impegnati a prevedere una clausola arbitrale nelle proprie Convenzioni bilaterali, e che tale sarebbe stata inclusa nelle negoziazioni necessarie per dare vita al progetto previsto dall’Action BEPS 15 - Developing a Multilateral Instrument to Modify Bilateral Tax Treaties, anch’essa approvata nel 2015 e sfociata nel giugno 2017 nella sottoscrizione da parte di 71 Stati della Multilateral Convention to Implement Tax Treaty Related Measures To Prevent Base Erosion And Profit Shifting (Multilateral Instrument).
Tuttavia, ai fini che qui interessano, anche il MLI prevede come minimum standard il solo miglioramento delle MAP mentre lascia come mera opzione l’introduzione di un meccanismo di arbitrato obbligatorio e vincolante, opzione esercitata solamente da 26 Stati, e non da tutti i membri dell’Unione Europea.
-4) Il rafforzamento delle MAP e la promozione dell’arbitrato nell’Azione BEPS OCSE n. 15 “Multilateral Instrument”.
Altro profilo di indubbio rafforzamento delle MAP e soprattutto di promozione dell’arbitrato si rinviene nell’ambito dell’Action BEPS n. 15, che ha dato vita alla convenzione multilaterale, c.d. Multilateral Instrument- MLI (OCSE, Developing a Multilateral Instrument to Modify Bilateral Tax Treaties, Action 15-2015 Final Report, Parigi, 2015; ID., Explanatory Statement to the Multilateral Convention to implement Tax Treaty Related Measures to prevent Base Erosion and Profit Shifting, Parigi, 2017).
Le vicende del MLI sono ben note e non ha senso qui indugiare su temi collaterali (v. per tutti LANG – PISTONE – RUST – SCHUCH - STRINGER (a cura di), The OECD Multilateral Instrument for Tax Treaties. Analysis and Effects, Alphen aan den Rijn, 2018, e, per quanto riguarda la dottrina Italiana: DEL FEDERICO – GIORGI, Il Multilateralismo nelle convenzioni internazionali in materia fiscale" la prospettiva Europea e l’esperienza Italiana, in Dir. Prat. Trib. Intern. 2016, 783, ove si evidenzia la necessità, diffusamente percepita, di un “giudice” della convenzione multilaterale; DORIGO, L’impatto della Convenzione Multilaterale BEPS sul sistema dei trattati contro le doppie imposizioni: verso un diritto tributario internazionale dell’incertezza,?, in Riv. Trim. Dir. Trib., 2018, 559 ss.).
Per quanto rileva in questa sede è sufficiente evidenziare che nella parte VI del MLI (artt. 18 – 26) sono state inserite specifiche disposizioni che hanno lo scopo di rendere più efficaci ed omogenee le MAP.
È inoltre prevista la generalizzata possibilità (salvo riserve) di utilizzare anche la procedura arbitrale, mediante affidamento della controversia ad un collegio arbitrale.
L’art. 19 del MLI prevede che qualora un contribuente abbia sottoposto un caso all'autorità competente e che la conseguenziale MAP non sia in grado di giungere ad un accordo per risolvere il caso entro due anni, le questioni non risolte possono essere sottoposte, se il contribuente ne fa richiesta per iscritto, ad un collegio arbitrale.
Il collegio è composto da tre membri, con particolare qualificazione in materia di fiscalità internazionale. Composizione e funzionamento sono tipici delle normali procedure arbitrali: ciascuna autorità competente designa un membro entro 60 giorni dalla data della richiesta d'arbitrato; i due membri del collegio nominano, entro 60 giorni dall'ultima designazione, un terzo membro che assume le funzioni di Presidente, il quale non deve avere la nazionalità né essere residente in uno dei due Stati contraenti. I componenti del collegio devono essere imparziali e indipendenti rispetto alle autorità competenti, alle amministrazioni fiscali e ai ministeri delle finanze degli Stati contraenti, nonché rispetto a tutte le persone direttamente interessate dal caso, ivi compresi i loro consulenti fiscali o legali; inoltre devono mantenere la totale imparzialità e indipendenza durante tutto il processo ed evitare successivamente, per un periodo di tempo ragionevole, qualsiasi condotta che possa pregiudicare l’imparzialità e l’indipendenza.
L’accordo raggiunto da parte del collegio arbitrale è vincolante per entrambi gli Stati, ad eccezione delle seguenti ipotesi: se il contribuente direttamente interessato dal caso non accetta l’accordo amichevole che dà attuazione alla decisione arbitrale; se il contribuente direttamente interessato dal caso promuove un contenzioso in merito alle questioni che sono state risolte dall’accordo amichevole che dà attuazione alla decisione arbitrale, in qualsiasi sede giudiziaria o tribunale amministrativo; se una decisione definitiva di un Tribunale di uno degli Stati contraenti dichiara che la decisione arbitrale è invalida.
È chiaro che la procedura arbitrale comporta un salto di qualità, rispetto alle classiche MAP, comportando il passaggio dal potere amministrativo tipico degli accordi fra autorità fiscali alla decisione secondo diritto tipica del giudizio arbitrale (v. in termini generali l’ampia rassegna di M. LANG e J. OWENS (a cura di), International Arbitration in tax matters, Amsterdam, 2016; nella dottrina italiana C. CALIFANO, Profili fiscali dell’arbitrato internazionale in Tratt. dir. arb. diretto da D. Mantucci, XII, 2020).
Tuttavia, l’arbitrato obbligatorio ha ricevuto una fredda accoglienza, con meno della metà degli Stati firmatari della MLI che ha optato per questa disposizione. Tra questi, la maggioranza è rappresentata dagli Stati membri dell’Unione Europea, cui si aggiungono Svizzera, Australia, Canada e Singapore.
Del resto la stessa MLI seppure entrata in vigore il 1 luglio 2018, stenta a decollare, essendo stata sottoscritta da 94 Stati, ma ratificata soltanto da 49 di essi e di certo non ancora ratificata da Italia, Germania, Spagna ed altri importanti Paesi; gli Stati Uniti d’America hanno addirittura rifiutato di sottoscriverla animati dalla marcata ostilità al multilateralismo propugnata dall’Amministrazione Trump, che ha assunto posizioni radicalmente sovraniste.
-5) La Direttiva UE 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione Europea.
Come sta accadendo spesso negli ultimi anni la Commissione Europea si è affiancata alle iniziative dell’OCSE, elaborando la Direttiva UE 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione Europea.
La Direttiva introduce meccanismi per risolvere le controversie tra Stati membri che emergano dall’interpretazione ed applicazione di accordi e Convenzioni che prevedono l’eliminazione della doppia imposizione del reddito e, ove applicabile, del capitale; tali meccanismi si innestano nel tessuto degli accordi vigenti, inserendo specifiche norme per risolvere il caso controverso ed attribuendo al contribuente ampi poteri di impulso in caso di inerzia da parte delle autorità fiscali degli Stati.
Essa trova pertanto applicazione in relazione alle attuali Convenzioni, anche nella loro nuova versione, se e come verranno modificate dal MLI.
La Direttiva, che doveva essere recepita entro il 30 giugno 2019, si applica alle procedure attivate dal I luglio 2019, relative ai periodi d’imposta dal 2018 (incluso) in poi, lasciando tuttavia la possibilità agli Stati membri di concordare una più ampia applicazione retroattiva. Il profilo caratterizzante è la previsione di una procedura celere e di una fase vincolante ed obbligatoria, affidata a Commissioni indipendenti, che sembrerebbero avere connotazione arbitrale: in ambito Unionale qualsiasi controversia regolata dai trattati bilaterali troverà quindi soluzione nel tempo massimo di quattro anni dal primo atto di impulso del contribuente (sul sistema della Direttiva e sulle sue implicazioni nell’ordinamento Italiano, con riguardo alla legge delega v. MATTARELLI, Procedure di risoluzione delle controversie in materia di doppia imposizione. Riflessioni de iure condendo in vista dell’attuazione (già tardiva) della Direttiva 2017/1852, in Rass. Trib., 2019, 752; MERCURI, Meccanismi di risoluzione delle controversie fiscali nell’Unione Europea: un’analisi “proporzionale” del sistema, in Dir. Prat. Trib. Int., 2019, 982; PASSAGNOLI, Direttiva DRM e legge di delegazione europea 2018: in attesa dei decreti attuativi, in Riv. Telematica Dir. Trib., gennaio 2020).
Nel dettaglio, il contribuente ha l’onere di presentare, “entro tre anni dal ricevimento della prima notifica dell’azione che ha comportato o comporterà la questione controversa”, un reclamo ad entrambe le autorità competenti degli Stati interessati, le quali hanno sei mesi di tempo per valutarne la ricevibilità; vale il silenzio assenso ed il rifiuto deve essere reso con atto motivato, impugnabile dinanzi alle autorità giurisdizionali competenti di ciascuno Stato membro (art. 3).
L’istanza del contribuente è irricevibile (rectius: inammissibile) in caso di: -tardività; -irrogazione di “sanzioni nello Stato membro in questione in relazione al reddito o al capitale rettificato per frode fiscale, dolo e grave negligenza”; -assenza di doppia imposizione (art. 16, parr .6 e 7).
Ciascuna autorità competente deve verificare se vi sono i presupposti per una risoluzione unilaterale della controversia, in conformità della consolidata prassi delle MAP.
Nella fase successiva si svolge la procedura amichevole vera propria, in cui, sempre in conformità della consolidata prassi, gli Stati membri devono risolvere la controversia entro due anni dall’accettazione del reclamo, termine prorogabile di un anno in caso di richiesta motivata per iscritto da parte di una delle stesse. Laddove la procedura sfoci in un accordo, l’autorità competente di ciascuno Stato membro deve darne tempestiva notifica al soggetto interessato.
La decisione è vincolante per le autorità ed è applicabile dal contribuente a condizione che rinunci a coltivare il contenzioso (art. 5).
In caso di esito negativo, le autorità competenti devono informare il soggetto interessato “indicando i motivi generali del mancato raggiungimento dell’accordo” (art. 4).
Il contribuente ha quindi il diritto di: -chiedere che la controversia sia affidata ad una Commissione Consultiva che raggiunga una soluzione vincolante per gli Stati; - in caso di inerzia da parte delle autorità competenti, trascorsi sei mesi dalla domanda, chiederne l’istituzione da parte di un Tribunale nazionale.
Ad eccezione del termine entro il quale la Commissione va istituita (120 giorni dalla richiesta del contribuente), le autorità competenti degli Stati membri hanno una certa flessibilità circa il suo funzionamento, potendo regolare tanto gli aspetti operativi (quali la presentazione di documenti, informazioni e prove), quanto le modalità decisorie.
In particolare, la Direttiva prevede la possibilità di scegliere tra due diversi organi.
Una prima opzione è la Commissione Consultiva, sostanzialmente analoga a quella già prevista dalla CA, composta da un presidente, da uno (o due) rappresentante di ciascuna autorità competente, e di una (o due) “personalità indipendente nominata da ciascuna autorità competente degli Stati membri interessati”, tra i soggetti inseriti in un apposito elenco.
Le autorità competenti possono decidere di affidare il caso anche ad una Commissione per la Risoluzione Alternativa delle controversie (Commissione Alternativa), che può avere composizione, forma e modalità operative più flessibili ed essere costituita sotto forma di comitato permanente.
In proposito, è interessante notare come, ai sensi dell’art. 10 della Direttiva, la Commissione Alternativa possa assumere la propria decisione sia mediante il rilascio di un “parere indipendente”, come previsto per la Commissione Consultiva, sia in base ad altre modalità, ivi inclusa la “procedura arbitrale con ‘offerta finale’“.
L’istituto trae origine dalla prassi arbitrale americana in materia di risoluzione alternativa delle controversie, in cui è definito baseball o final offer e prevede che ogni parte sottoponga all’arbitro la propria proposta e quest’ultimo scelga una delle due, senza possibilità di modifiche; l’istituto incentiva quindi le parti a proporre la soluzione più equa e, allo stesso tempo, semplifica e velocizza l’attività dell’arbitro.
Il meccanismo baseball è peraltro una delle opzioni di arbitrato previste dall’art. 23 della MLI (quella prescelta dall’Italia) da cui si possono trarre i seguenti spunti descrittivi.
Pur prevedendo la facoltà per le autorità competenti di presentare una propria nota esplicativa (position paper) e di replicare a quella della controparte, è prevista un’istruttoria semplificata e limitata “all’indicazione di specifici importi monetari (per esempio, riguardanti redditi o spese) oppure, laddove specificato, all’aliquota massima d’imposta applicata ai sensi dell’accordo fiscale coperto” per ciascuna rettifica o questione similare oggetto del caso e, come anticipato, prevede la possibilità di scegliere una delle proposte, senza obbligo di “includere una motivazione o qualsiasi altra spiegazione della decisione”.
La Direttiva prevede per le autorità competenti l’onere di comunicare al contribuente le norme di funzionamento della Commissione, unitamente alla data entro cui verrà presa la decisione e, in caso di inerzia, riconosce al contribuente il diritto di ricorrere in giudizio per “ottenere l’ingiunzione ad attuare le norme di funzionamento”.
La Commissione deve assumere la propria decisione entro sei mesi dalla sua istituzione, termine prorogabile di 3 mesi.
Analogamente a quanto previsto dalla CA e dal MLI, la decisione della Commissione non è immediatamente vincolante per le autorità competenti, le quali possono addivenire a una diversa soluzione entro il termine di sei mesi, decorso il quale la stessa diviene in ogni caso vincolante, ancorché non costituisca precedente per gli Stati.
Comunque l’efficacia della decisione è subordinata all’accettazione da parte del contribuente e alla rinuncia a qualsiasi mezzo d’impugnazione.
La Direttiva regola anche i rapporti con il contenzioso interno degli Stati membri e riconosce, sia la possibilità di accedere alla procedura anche se la “questione controversa sia diventata definitiva conformemente al diritto nazionale”, sia la legittimità delle normative degli Stati membri che non consentono di derogare alle decisioni dei propri tribunali, limitandosi in tal caso a regolare gli effetti interruttivi della procedura e i relativi oneri di informativa (art. 16).
-6) L’attuazione in Italia con il D. Lgs. 10 giugno 2020, n. 49.
L’Italia ha tardato nel dare attuazione alla Direttiva 2017/1852, assolvendo ai suoi obblighi Unionali soltanto con l’emanazione del D. Lgs. n. 49/2020.
Il Decreto contiene una disciplina molto complessa, ponendo questioni teoriche ed applicative di straordinaria importanza. Pertanto in questa sede non è possibile tentare di descrivere l’articolato quadro normativo, sembrando opportuno soffermarsi su alcune questioni di rilievo centrale, per lo più comuni anche alla Direttiva: - la natura delle regole di composizione della controversia nel passaggio dagli accordi amministrativi alle decisioni secondo diritto; -la natura giuridica dei nuovi organi “arbitrali”, ovvero della “Commissione consultiva” ex art. 10 (ComCo), e della “Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie” ex art 13 (ComRA); - la natura giuridica della decisione finale.
Il quadro generale delineato dal Decreto conferma che le procedure MAP restano alla base della risoluzione delle controversie fiscali internazionali (artt. 3 - 8), ma in caso di inerzia dell’Agenzia delle Entrate e/o di stallo della MAP il contribuente può richiedere l’istituzione della Commissione consultiva (ComCo), in cui vengono nominate anche personalità indipendenti (art. 9 - 12); risulta chiaramente valorizzato il ruolo del contribuente e la composizione della ComCo con personalità indipendenti, ma le Autorità fiscali degli Stati possono concordare di istituire una Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie (ComRA), in sostituzione della ComCo (art. 13, comma 1), potendo in tal modo attenuare i connotati garantistici della prima; la ComRA può avere norme di composizione e funzionamento in parte diverse dalla ComCo, ma solo ove i due Stati concordino di derogare al sistema di composizione e funzionamento delineato dalla Direttiva e dai decreti attuativi emanati dai singoli Stati (art. 13, commi 2 e 5). Nel suo insieme la disciplina risulta estremamente dettagliata e prolissa, pertanto non sono consentite digressioni in questa sede in questa sede (si rinvia quindi all’interessante relazione CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- UFFICIO DEL MASSIMARIO, Rel. n. 73 Roma, 28 settembre 2020, CONTROVERSIE FISCALI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI DOPPIA IMPOSIZIONE - PROCEDURA AMICHEVOLE (cd. MAP) - PROCEDURA ARBITRALE OBBLIGATORIA - Decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 49 di attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea).
Nel sistema della Direttiva e del Decreto attuativo spicca un passaggio caratterizzante l’intero sistema di risoluzione delle controversie fiscali internazionali.
Alla base delle MAP, sempre che giungano ad una qualche conclusione, vi sono meri accordi amministrativi fra le autorità fiscali degli Stati. Il negoziato compositivo risponde alle logiche peculiari dell’attività amministrativa e delle relazioni internazionali, potendo prescindere del tutto dalle regole di diritto.
Viceversa a base delle “procedure di risoluzione delle controversie con parere indipendente”, siano esse espletate dalla ComCo o dalla ComRA, sono poste inequivocabilmente le fonti giuridiche applicabili alla fattispecie, come è previsto chiaramente:
-dall’art. 14 della Direttiva (“Parere della commissione consultiva o della commissione per la risoluzione alternativa delle Controversie”), secondo cui “……2. La commissione consultiva o la commissione per la risoluzione alternativa delle controversie fonda il proprio parere sulle disposizioni del relativo accordo o convenzione di cui all'articolo 1, nonché sulle eventuali norme nazionali applicabili” (art. 14 § 2, ma v. pure art. 18, § 3);
-dall’art. 2, del D. Lgs. cit., “Definizioni”, laddove è chiarito che per “..…. «procedura di risoluzione delle controversie con parere indipendente», si intende una “procedura che si conclude con un parere adottato dalla Commissione consultiva o dalla Commissione per la risoluzione alternativa delle controversi basato su un’analisi dei fatti e delle fonti giuridiche applicabili alla controversia.” (art. 2, comma 1 lett e).
Quindi può dirsi compiuto il passaggio dagli accordi amministrativi, su cui si fondano le MAP, alle decisioni secondo diritto, che ora caratterizzano le “procedure di risoluzione delle controversie con parere indipendente”.
La natura giuridica della ComCo e della ComRA non è del tutto chiara, in quanto la Direttiva ed il Decreto non usano (quasi) mai i termini arbitrato, arbitrale ecc., a differenza di quanto accade in ambito OCSE e specificamente nella MLI. Ciò è comprensibilmente dovuto agli equilibrismi politici sottostanti l’approvazione della Direttiva, ma non scalfisce la sostanza giuridica della questione. Comunque la stessa Direttiva, nel conclusivo art. 18, § 2, usa infine, con nonchalance il termine arbitrale, ove prevede che “3. Qualora le autorità competenti interessate o il soggetto interessato non diano il consenso alla pubblicazione integrale della decisione finale, le autorità competenti pubblicano una sintesi della decisione finale. Tale sintesi contiene una descrizione del problema e l'oggetto, la data, i periodi d'imposta in questione, la base giuridica, il settore industriale e una breve descrizione del risultato finale. E' inclusa inoltre una descrizione del metodo arbitrale utilizzato”.
In merito è comunque risolutivo il nono “considerando” della Direttiva secondo cui “(9) La … direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Essa è volta in particolare a garantire il pieno rispetto del diritto a un processo equo e la libertà d'impresa”.
Orbene, essendo pacifico che la Direttiva non innova il sistema delle MAP, ma piuttosto lo completa introducendo, in caso di inerzia della procedura amichevole, le nuove “procedure di risoluzione delle controversie con parere indipendente”, è chiaro che fa riferimento ad esse quando pone il pilastro del diritto a un processo equo; del resto, per sua sostanza, tale riferimento è pertinente ratione materiae alle procedure arbitrali, ma non alle MAP.
Ma vi sono molteplici altri spunti che depongono a favore della connotazione arbitrale di tali procedure:
-le modalità di scelta, di nomina ed il ruolo delle personalità indipendenti (artt. 8, 9 e 10 Direttiva; artt. 10, 11 e 12, Decreto); nel cui ambito spicca nell’art. 11 del Decreto, “Nomina da parte del giudice nazionale” delle personalità indipendenti, la previsione secondo cui “7. Per quanto non previsto dai commi da 1 a 6, si applicano, in quanto compatibili, le norme relative alla procedura di nomina degli arbitri contenute nelle norme di cui al Titolo VIII del Libro IV del codice di procedura civile”;
-la rilevanza dell’istruzione probatoria e delle “udienze” (art. 13 Direttiva; artt. 16, comma 10, Decreto);
-la necessità di porre a base delle decisioni le fonti giuridiche (v. retro);
-il riferimento al “metodo arbitrale utilizzato” (art. 18, § 2, Direttiva; art. 20, comma 2, Decreto).
Su tali basi va quindi riconosciuta natura arbitrale alla ComCo ed alla ComRA, così come alle procedure di risoluzione delle controversie ad esse affidate (conf. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- UFFICIO DEL MASSIMARIO, CONTROVERSIE FISCALI INTERNAZIONALI cit.).
Tanto premesso è conseguenziale riconoscere che le decisioni conclusive di tali procedure hanno natura di lodo, ovvero di decisione arbitrale.
Invero tali decisioni, secondo diritto, sono vincolanti per le Autorità fiscali degli Stati, ammenoché esse non riescano, anche se ex post, a definire accordi amministrativi sostitutivi (art. 13, § 3, Direttiva; art. 18, comma 2, Decreto).
Infine ove le decisioni in questione (ma anche quelle delle MAP) non vengano eseguite dall’Agenzia delle Entrate “il soggetto interessato può presentare ricorso alla commissione tributaria competente, secondo la procedura di cui all’articolo 70 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 per chiedere l’esecuzione di detta decisione” (comma 8 dell’art. 19 “ Esecuzione delle decisioni adottate nell’ambito delle procedure amichevoli o delle procedure di risoluzione delle controversie”). Ed è appena il caso di evidenziare che il giudizio di ottemperanza ex art. 70 cit. di norma postula come proprio oggetto una sentenza passata in giudicato.
Corollario della natura arbitrale della ComCo, della ComRA, e delle procedure di risoluzione delle controversie, è certamente il loro innesto nel sistema giurisdizionale e quindi la facoltà di sottoporre alla Corte Costituzionale questioni di legittimità ed alla Corte di Giustizia rinvii pregiudiziali di interpretazione o di validità (in senso analogo, ma per altre procedure arbitrali, v. Corte Cost. 13 giugno 2018, n. 123, e Corte Giust. UE, sez. VIII, 13 febbraio 2014, causa C-555/13, Merck Canada Inc. c. Accord Healthcare Ltd).
- Conclusioni.
I temi trattati necessitano di attento e laborioso approfondimento, in ragione della loro estrema complessità e del loro notevole impatto sul diritto tributario internazionale. In questa sede ci si è limitati a tratteggiare i profili evolutivi delle MAP, degli accordi fra Stati e dei profili critici della tutela del contribuente. Si è potuta constatare una forte spinta dell’OCSE e dell’Unione Europea a favore del rafforzamento delle MAP e dell’introduzione di vere e proprie procedure arbitrali. È maturata la piena consapevolezza della necessità di superare la cronica ritrosia e la persistente opacità delle autorità fiscali degli Stati nel gestire le procedure amichevoli, sia nella prospettiva del superamento delle forme di doppia imposizione che intralciano il funzionamento del mercato e le politiche economiche e fiscali degli Stati, sia nella prospettiva della tutela del contribuente.
La stagione delle azioni BEPS promosse dall’OCSE ha dato una spinta decisiva al nuovo trend, comportando il rafforzamento delle clausole MAP e dell’arbitrato nelle CDI, nel nuovo sistema del Multilateral Instrument e nel diritto dell’Unione Europea.
Sembra che il rafforzamento delle clausole MAP si basi sia sull’esigenza di bilanciare la maggiore incisività delle nuove forme di contrasto all’evasione ed elusione fiscale internazionale, sia sulla necessità di una maggiore effettività della tutela del contribuente. Tale bivalente giustificazione emerge dai lavori dell’OCSE e delle istituzioni Europee.
Vi è un dato normativo ormai acquisito: il tradizionale favor del bilateralismo per gli accordi fra le autorità fiscali degli Stati contraenti cede il passo all’emergente favor del multilateralismo per le procedure arbitrali, comportando il passaggio dal potere amministrativo negli accordi fra autorità fiscali alla decisione secondo diritto degli arbitri.
È ancora presto per comprendere come, ed in che misura, il passaggio dagli accordi amministrativi all’arbitrato secondo diritto potrà trasformare i tradizionali assetti del diritto tributario internazionale.
A livello globale molto dipenderà dalla posizione degli Stati Uniti, che con l’Amministrazione Trump hanno rinnegato il loro tradizionale ruolo di paladini del multilateralismo, dando la stura a rigurgiti di sovranismo e persistente favor per il sistema delle convenzioni bilaterali, a scapito del nascente Multilateral Instrument promosso dall’OCSE.
Ma a livello Europeo alia iacta est: la Direttiva UE 2017/1852, ormai entrata in vigore, ha innestato un meccanismo virtuoso che a breve, con il supporto della giurisdizione Unionale, inizierà a produrre effetti concreti sulla fiscalità internazionale nell’ambito del mercato Europeo, creando nuovi equilibri nella dialettica tra sovranità degli Stati e tutela dei contribuenti, oltre a rafforzare l’integrazione giuridica.