Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

21/09/2020 - Il “Superbonus edilizio”: un’opportunita’ per la riconversione energetica del patrimonio immobiliare italiano

argomento: COVID-19 - Legislazione e prassi

L’introduzione del “superbonus edilizio” ad opera dell’art. 119 del d.l. 34/2020 intende da un lato promuovere l’incremento dell’efficienza energetica del patrimonio immobiliare e, dall’altro, favorire la ripresa dell’edilizia, duramente colpita dal lockdown. Si tratta di un’agevolazione, con una percentuale di detraibilità senza precedenti, che va analizzata con attenzione, per coglierne la sinergia con i più recenti orientamenti in materia di economia circolare e per individuare le (non poche) criticità che dovranno essere al più presto rimosse.

PAROLE CHIAVE: agevolazioni tributarie - economia circolare - fiscalità ambientale - superbonus - riconversione energetica


di Nicolò Treglia

  1. Nell’ultimo decennio si è registrata una crescente sensibilità da parte della collettività verso la tutela dell’ambiente e la promozione di politiche di sviluppo sostenibile. E’ ormai innegabile che l’equilibrio del Pianeta sia messo in pericolo da una serie di emergenze ambientali causate soprattutto da attività antropiche che provocano una serie di mutamenti, non sempre reversibili, sull’ambiente. Temi quali inquinamento di terra, acqua, aria, risorse naturali scarse, consumo del suolo, cambiamenti climatici, hanno via via raggiunto posizioni di rilievo nelle politiche degli esecutivi di quasi tutto il mondo che, ormai, non possono più eludere l’introduzione di strumenti economici idonei a prevenire gli effetti dannosi causati da sostanze inquinanti. L’attuale paradigma economico, costruito sullo sfruttamento di risorse naturali scarse e sull’eccessivo inquinamento atmosferico causato dai gas serra, necessita di un’immediata inversione di rotta.

Tra le risorse naturali limitate e, sostanzialmente, non rinnovabili occupa un ruolo primario il suolo il cui utilizzo, in seguito all’occupazione dell’uomo, comporta conseguenze irreversibili in termini di desertificazione, dissesto del territorio e distruzione delle biodiversità. In Italia il consumo di suolo è stato quantificato nel 2018 in circa 23.000 kmq (oltre il 7,5% dell’intero territorio nazionale), con un trend in costante crescita – tra le più elevate in Europa – che rileva un incremento di 14 ettari al giorno. Il fenomeno è ascrivibile, in via principale, al comparto edile in virtù della costruzione di nuovi fabbricati. Sin dagli anni ’60 in Italia si è assistito ad un diffuso abusivismo a seguito della crescita della domanda di abitazioni e al contestuale aumento del potere d’acquisto delle famiglie. Pure negli anni a venire l’assenza di pianificazione, la devastazione di intere aree naturali nonchè le esecrabili politiche in tema di condono hanno aggravato la situazione di per sé già compromessa. E’ soltanto dagli anni ’90 in poi che, grazie alla maggiore attenzione delle istituzioni e alla approvazione di piani regolatori meno obsoleti, il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha ridotto la sua portata. Nasce, così, l’esigenza di una moderna concezione dell’urbanistica per valorizzare e recuperare il patrimonio immobiliare esistente, anche in virtù del calo demografico e della tutela delle zone non ancora edificate; limitando in tal mondo il consumo del suolo in un’ottica di protezione e conservazione dell’ambiente (L. Colombo, Pianificazione urbanistica e valutazione ambientale, Brienza (PZ), 2012).

Di non poco conto, in tale contesto, sono le considerazioni sulla vetustà e lo stato di conservazione del patrimonio immobiliare italiano sia pubblico che privato: si stima, infatti, che oltre l’80% degli edifici abbia una ridotta efficienza energetica essendo stati costruiti prima degli anni ’80. E’ stato calcolato che circa il 40% del fabbisogno energetico nazionale è attribuibile ad usi civili (illuminazione, cucina, climatizzazione, ecc…) e, pertanto, il miglioramento delle prestazioni energetiche del parco immobiliare diviene uno dei principali strumenti, anche a livello europeo, per la transizione verso un’economia a basse produzioni di carbonio.

In tale scenario il legislatore tributario può intervenire efficacemente attraverso strumenti di carattere fiscale sia in senso impositivo che agevolativo (A.F. Uricchio, I tributi ambientali e la fiscalità circolare, in Dir. e prat. trib., 5, 2017, p. 1849). E’ possibile, quindi, da un lato inasprire la tassazione di produzioni dannose per l’ambiente col fine di disincentivarle (leva fiscale in senso impositivo) e dall’altro, introducendo agevolazioni fiscali, orientare l’agire dei contribuenti verso comportamenti e acquisti environmentally correct (leva fiscale in senso agevolativo) (F. Fichera, Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992; M. Aulenta, Tax expenditures nelle imposte erariali, in A.F. Uricchio – M. Aulenta – G. Selicato (a cura di), La dimensione promozionale del fisco, Bari, 2015).

Tra le misure agevolative posizione di rilievo è assunta dalle numerose disposizioni legislative che si sono succedute negli anni per incrementare l’efficienza energetica degli edifici, rendendo maggiormente attrattivi per i contribuenti determinati interventi effettuati da imprese del comparto edile. Ci si riferisce, in particolare, alle agevolazioni che consentono ai soggetti che possiedono o detengono un immobile, in base a un titolo idoneo, di detrarre una parte delle spese sostenute sul bene dall’imposta lorda (IRPEF e talvolta IRES), così da sopportare un minor carico tributario (A. Cantalupo – C. Bentivegna, Le nuove detrazioni e agevolazioni sugli immobili, Santarcangelo di Romagna (RN), 2016). Nell’ambito di tali provvedimenti promozionali si inserisce l’art. 119 – rubricato “Incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici” – del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), convertito con modificazioni in legge 17 luglio 2020, n. 77, che ha istituito il c.d. superbonus edilizio, oggetto della trattazione a seguire.

 

 

  1. L’impianto dell’art. 119 prevede ai commi da 1 a 8 la disciplina relativa alla sfera di applicazione dal punto di vista oggettivo. Vengono, infatti, indicate le spese che danno diritto alla detrazione (riqualificazione energetica e adeguamento antisismico) ed altre che, a determinate condizioni, possono comunque beneficiare della maxi agevolazione (110%).

Le spese di riqualificazione energetica, espressamente previste al comma 1 dell’art. 119, sono: a) “interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio o dell’unità immobiliare situata all’interno di edifici plurifamiliari che sia funzionalmente indipendente e disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno” (c.d. cappotto termico), con un tetto massimo di spesa che decresce all’aumentare del numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio; b) “interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria, con un tetto massimo di spesa che, anche in tal caso, diminuisce al crescere delle unità immobiliari; c) “interventi sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria …”, con un limite massimo di spesa non superiore a € 30.000.

Detti interventi si possono considerare ‘trainanti’ dal momento che, a mente del comma 2 dell’art. 119, il ‘superbonus’ è applicabile a tutte le spese “di cui all’articolo 14 del citato decreto-legge n. 63 del 2013, (…) a condizione che queste ultime vengano eseguite “congiuntamente ad almeno uno degli interventi di cui al citato comma 1”. L’effetto trainante di tale provvedimento si riversa, quindi, sulla realizzazione di ulteriori opere, in particolare su quelle ricomprese nel perimetro dell’‘ecobonus’: acquisto e installazione di finestre comprensive di infissi, di pavimenti nonché di pannelli solari termici e di caldaie a condensazione. Condizione essenziale per poter fruire dell’agevolazione è il miglioramento, in seguito ai lavori, di due classi energetiche o il conseguimento della classe più alta, come dovrà certificare la presentazione dell’attestato di prestazione energetica (APE) rilasciato da un professionista asseveratore. Tale circostanza rappresenta un incentivo per la riclassificazione energetica della maggior parte degli edifici italiani che, rientrando nelle classi inferiori (G, F ed E), risulterebbero – a seguito degli interventi – più efficienti sotto il profilo energetico.

La legge di conversione ha ulteriormente esteso l’ambito applicativo “agli interventi di demolizione e ricostruzione di cui all’art. 3, comma 1, lettera d)” del Testo unico dell’edilizia, sempre con riferimento ai lavori di riqualificazione energetica. Tale possibilità è ancor più appetibile alla luce del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. ‘Decreto Semplificazioni’), in vigore dal 17 luglio 2020, secondo cui è possibile ricostruire l’edificio demolito modificando “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”.

Vi sono, poi, due ulteriori interventi in un’ottica green che, in specifici casi, possono beneficiare della maxi agevolazione. Il primo riguarda l’“installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici” per cui è prevista una detrazione del 110% delle spese sostenute dal 1 luglio 2020 sino al 31 dicembre 2021 se realizzato congiuntamente ad uno di quelli di cui ai commi 1 e 4; il secondo concerne l’“installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici” in relazione al quale l’attuale aliquota di detraibilità del 50% è innalzata al 110%, da ripartire in cinque quote costanti, purchè l’intervento venga effettuato contestualmente ad uno di quelli di cui al comma 1.

La scelta di aumentare la detraibilità con una percentuale senza precedenti nella storia tributaria italiana è in linea con la voluntas legis di porre in essere una reale ‘riconversione verde’ degli immobili. In questa prospettiva è stato previsto il miglioramento di almeno due step nei livelli di prestazione energetica indicati nell’APE. Di grande rilevanza è, anche, l’attrazione nel perimetro del ‘superbonus’ di altre fattispecie (per es. pannelli solari, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici, ecc…), pur se meno impattanti sull’efficienza energetica degli immobili.

 

 

  1. La disciplina dell’ambito soggettivo del ‘superbonus’ è recata dai commi 9 e 10 dell’art. 119. Esso risulta applicabile “agli interventi effettuati: a) dai condomìni; b) dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari…” E’ una disposizione apparentemente lineare ma che, alla luce dei commi precedenti, necessita di qualche chiarimento. Dal suo tenore letterale sembra si possa desumere che il ‘superbonus’ spetti agli interventi effettuati dai condomìni, prescindendo dalla destinazione d’uso delle singole unità (abitazione, negozio, ufficio) e dall’inquadramento giuridico dei titolari delle stesse (professionista, imprenditore…). Tale tesi oltre ad essere sorretta dal dato letterale appare supportata anche da un fondamento logico: sarebbe, infatti, fortemente limitativo circoscrivere la fruizione dell’agevolazione a quei condomìni interamente composti da unità immobiliari ad uso residenziale possedute dal contribuente-persona fisica. Il comma 9 fa un riferimento – che potrebbe apparire improprio – alle singole unita immobiliari; dall’elencazione degli interventi necessari (v. supra §2), infatti, emerge nitidamente come si tratti di opere aventi ad oggetto interi condomìni o al massimo parti significative di essi. Il predetto richiamo non è affatto improprio dal momento che la disposizione prevede la facoltà di effettuare i lavori sulle singole unità immobiliari (ad esempio quelli previsti dall’‘ecobonus’) solo se svolti congiuntamente a quelli c.d. trainanti di cui al comma 1. In altri termini, gli interventi ‘trainanti’ debbono essere effettuati sul condomìnio mentre possono riguardare le singole unità immobiliari quelli ‘trainati’ e solo con riferimento a questi ultimi l’immobile deve essere posseduto dalla persona fisica non esercente attività professionali o imprenditoriali, a mente della lettera b) del comma 9. Il comma 10 ha poi chiarito che si può beneficiare della detrazione in parola per gli interventi realizzati su un massimo di due unità immobiliari; sono, quindi, ricomprese le c.d. seconde case (anche qualora siano costituite da edifici unifamiliari). Senz’ombra di dubbio sono fuori dal campo di applicazione gli immobili strumentali per i quali restano vigenti le altre tax expenditures (‘ecobonus’, ‘sisma bonus’, ecc…); si tratta di una precisa scelta legislativa – dettata prevalentemente da esigenze di gettito – che favorisce la riconversione in chiave ecocompatibile prevalentemente degli immobili ad uso residenziale.

In definitiva, l’intera disciplina del ‘superbonus’ appare pensata per promuovere interventi sull’intero edificio (o gran parte di esso) che di conseguenza necessitano – salvi rari casi – dell’approvazione dell’assemblea di condomìnio. Spetterà, quindi, agli amministratori di condomìnio più lungimiranti coordinare le assemblee e raccogliere preventivi tenendo ben presente che l’efficacia del ‘superbonus’ è limitata, salvo eventuali proroghe, al periodo 1 luglio 2020-31 dicembre 2021.

 

 

  1. Il soggetto che esegue gli interventi di isolamento termico (art. 119, comma 1 lett. a), di sostituzione di impianti di climatizzazione invernali (art. 119, comma 1 lett. b e c) e relativi all’adozione di misure antisismiche (art. 119, comma 4) ha diritto ad una detrazione del 110% delle spese sostenute dall’IRPEF lorda, in cinque quote costanti.

In luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, per le spese sostenute nell’intero biennio 2020-2021, vi sono, a scelta del contribuente, due alternative (ex art. 121, comma 1). Si tratta, in primo luogo, del c.d. sconto in fattura mediante il quale il committente riceve un contributo sotto forma di riduzione sino al 100% del corrispettivo dovuto al fornitore; quest’ultimo avrebbe di fronte a sè due possibilità: utilizzare il credito d’imposta ricevuto oppure cederlo ad altri soggetti, inclusi gli intermediari finanziari.

In secondo luogo, il contribuente potrebbe cedere il maturato credito d’imposta ad altri soggetti (anche in tal caso sono inclusi gli intermediari finanziari). La legge di conversione ha eliminato la possibilità di trasformare la detrazione in credito d’imposta; di conseguenza al beneficiario sarà preclusa la compensazione orizzontale mediante modello F24. La previsione normativa resta, comunque, interessante e vantaggiosa; in tal modo, infatti, un soggetto potrebbe eseguire i lavori senza alcun esborso economico e verrebbe risolto il fenomeno dei c.d. incapienti, cioè coloro che non avendo un debito d’imposta, o avendolo inferiore al credito, non potrebbero fruire della detrazione. Con l’utilizzo diretto della detrazione, invece, il committente dovrebbe pagare all’impresa il 100% del corrispettivo con la possibilità di recuperarlo, maggiorato del 10%, soltanto in un secondo momento (in dichiarazione dalla stessa imposta e ripartito nei cinque anni successivi). Ai sensi del comma 3 dell’art. 121, poi, il credito d’imposta sorto a seguito dello ‘sconto’ o della cessione deve essere utilizzato in compensazione orizzontale mediante modello F24, sempre in cinque quote costanti annuali. Si tratta di una previsione inedita e dagli effetti potenzialmente dirompenti anche se, forse, si sarebbe potuto prevedere un arco temporale più breve rispetto ai cinque anni e, soprattutto, la possibilità di usufruire negli anni successivi della quota di credito non utilizzata nell’anno, ad oggi espressamente vietata.

Non vanno, tuttavia, sottaciute le eventuali criticità di una tale impostazione che potrebbero emergere sul piano dell’esperienza concreta. Innanzitutto si rileva che le predette modalità attuative dell’agevolazione presentano il rischio che vengano fatturati lavori in eccesso rispetto a quelli effettivamente svolti. Per evitare una simile deformazione il legislatore ha previsto, al comma 13 dell’articolo 119, che tecnici abilitati debbano asseverare la “congruità delle spese sostenute” facendo riferimento “ai prezzari individuati” dal decreto del MiSE, il quale dovrebbe individuare i massimali di costo per ogni intervento.

Ulteriori profili problematici riguardano la fattispecie dello ‘sconto in fattura’ nell’ambito del quale il fornitore, nonostante non incassi nulla dal committente, deve comunque sostenere costi ingenti (ad esempio per l’acquisto di materie prime e il pagamento dei dipendenti) nonché versare l’IVA sui suoi acquisti. Potrebbero, quindi, facilmente sorgere in capo all’impresa fornitrice degli squilibri di cassa che minerebbero il suo equilibrio finanziario, soprattutto nell’attuale contesto caratterizzato da carenza di liquidità. In tal senso è stato previsto che il credito possa essere ceduto un numero illimitato di volte, per permettere quindi a chi svolge i lavori di trasferirlo il più velocemente possibile e ad un prezzo sostenibile. Attualmente l’impresa cessionaria può a sua volta cedere l’acquisito credito d’imposta solo dopo che quest’ultimo risulti ‘disponibile’ nel suo cassetto fiscale, cioè non prima del 10 marzo successivo al periodo d’imposta in cui il condomìnio ha sostenuto la spesa. Una soluzione a tale criticità potrebbe essere quella di rendere il trasferimento dei crediti d’imposta immediato, in maniera tale da farli pervenire prontamente all’acquirente di ultima istanza il quale, così facendo, procederà a pagare in breve tempo l’impresa. Fondamentale diventa, dunque, il fattore temporale, in particolare nel caso della cessione del credito agli intermediari finanziari le cui modalità operative si prevedono piuttosto complesse: debbono essere predisposti i modelli contrattuali per la cessione del credito, stipulati accordi con l’Associazione bancaria italiana (ABI) per le anticipazioni, ecc… In tale ottica risulta apprezzabile che la legge di conversione abbia previsto – introducendo all’art. 121 il comma 1-bis – che le opzioni relative allo ‘sconto in fattura’ e alla cessione del credito possano essere esercitate in base allo stato di avanzamento dei lavori. Sarà di conseguenza possibile ‘il trasferimento’ dei crediti in più tranche – massimo tre, due stati di avanzamento lavori e un saldo – a seguito, naturalmente, dell’emissione della fattura da parte dell’impresa e del pagamento da parte del cliente.

Il comma 11 dell’articolo 119, infine, statuisce che il contribuente per poter fruire delle opzioni relative alla cessione o sconto del credito debba chiedere e ottenere l’apposizione del visto di conformità per l’attestazione della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione. Il legislatore ha introdotto tale ulteriore adempimento per evitare che vengano effettuate indebite compensazioni di crediti d’imposta a tutela, quindi, dell’Erario ma anche di terzi (società finanziarie o banche) che potrebbero acquistare e trovarsi in portafoglio crediti rivelatisi poi inesigibili a seguito di disconoscimento dell’amministrazione finanziaria. Inoltre, qualora quest’ultima accerti la non sussistenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione “provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1”; i fornitori e i soggetti cessionari, invece, a mente dell’art. 121 comma 4, “rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito di imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto”. Unica eccezione a tale ‘regola’ è costituita dall’ipotesi in cui vi sia un “concorso nella violazione” tra beneficiario e acquirente del credito: in tal caso, infatti, si configurerà una responsabilità in solido tra i due soggetti. Si tratta di una previsione assolutamente ragionevole in quanto introduce solo nei due specifici citati casi una responsabilità del cessionario, evitando, quindi, che quest’ultimo sia disincentivato all’acquisto del credito per timore di un ‘recupero’ del Fisco a seguito di un comportamento illegittimo del solo beneficiario.

 

 

  1. Le linee di tendenza che caratterizzano l’evoluzione della materia inducono a riflessioni di ampio respiro che rivelano aspetti positivi ma anche criticità immanenti. Dall’analisi delle serie storiche sui lavori edili (fonte CRESME) emerge come nel 2007 il 23,5% degli interventi era sfociato in una richiesta di agevolazione, nel 2018 la percentuale è più che raddoppiata arrivando al 55,8%. Dal 2015 al 2019 si è verificato un costante incremento dei lavori agevolati (da 25,2 mld di € a 28,8 mld di €) ma a fronte di ciò non può tacersi come nel 2019 solo un ottavo degli interventi totali fosse volto alla riqualificazione energetica degli edifici (pari a 3,2 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila domande).

Appare quindi chiaro che una modesta parte del totale dei lavori fosse finalizzata alla salvaguardia ambientale sotto forma di incremento di efficienza energetica. In tale contesto molteplici sono le potenzialità del neonato ‘superbonus’ che promuove, come ampiamente visto, unicamente quegli interventi – scrupolosamente enunciati nel dettato normativo – realmente impattanti sulla qualificazione energetica degli immobili. Pregevole e di grande impatto è il nesso che il legislatore ha inteso realizzare tra interventi c.d. trainanti (sui condomìni) e interventi ulteriori sulle singole unità immobiliari che, in tal modo, vengono ricondotti nell’ambito della maxi agevolazione al 110%. Alla stessa stregua, significativo risulta l’intento di offrire al contribuente, per (quasi) tutte le agevolazioni in materia, un ampio ventaglio di possibilità in ordine alle modalità di fruizione, inclusa la cessione del credito agli intermediari finanziari.

In definitiva si ritiene che con la novella in commento il legislatore abbia raggiunto il duplice obiettivo di limitare il consumo di suolo e soprattutto quello di promuovere un’effettiva riconversione energetica degli edifici esistenti. Da non sottovalutare sono, poi, gli effetti positivi sull’edilizia e sulle finanze pubbliche. Si auspica, infatti, che il ‘superbonus’ azioni un circolo virtuoso che conduca ad un aumento del PIL e dell’occupazione, dopo il lockdown causato dall’emergenza sanitaria.

Non si può, a questo punto, fare a meno di rilevare i punti critici della normativa. La novella, apprezzabile sotto il profilo del ‘merito’, è discutibile nelle modalità di attuazione poichè si inserisce, senza mettere ordine, in quel contesto particolarmente frastagliato di agevolazioni in ambito edilizio succedutesi nel tempo in virtù di interventi legislativi disomogenei e poco sistematici. Tali sovrapposizioni hanno reso la materia incerta e di difficile applicazione per l’interprete. Per evitare simili storture sarebbe, dunque, necessaria una riforma organica delle tax expenditures in tema di interventi di ristrutturazione edilizia ed efficienza energetica efficace nel metodo, strutturale e costante nel tempo. Ulteriore perplessità è riposta nel differimento per l’applicazione della norma in relazione a due ordini di ragioni di carattere ‘operativo’: i) sono necessari due atti per definire le modalità attuative del ‘superbonus’, entrambi da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 34/2020 (un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per la comunicazione dei dati relativi alle opzioni sulle modalità di fruizione e un decreto del MiSE per le modalità di trasmissione delle asseverazioni dei tecnici e l’individuazione dei prezzari); ii) l’iter burocratico come spazio di confronto tra contribuente, ufficio pubblico e soggetto asseveratore. I soggetti preposti saranno in grado di adottare in tempi ragionevoli i c.d. decreti attuativi ? Nell’intero d.l. 34/2020 se ne contano ben 155, essenziali per l’operatività delle varie disposizioni. La pubblica amministrazione italiana sarà finalmente capace di invertire la tendenza e ottenere risultati con tempestività e semplificazione nelle procedure ?

Pur con tali limiti e perplessità, la scelta virtuosa del legislatore di promuovere la riconversione energetica degli immobili appare quanto mai opportuna poiché l’incremento dell’efficienza energetica è una delle direttrici per la realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile nonché uno degli strumenti per il contrasto ai cambiamenti climatici. Si auspica, dunque, che il ‘superbonus’ non rappresenti un punto di arrivo bensì l’alba di un nuovo percorso che possa, anche attraverso l’utilizzo della leva fiscale, portare alla neutralità climatica. La grave crisi attuale dovrà essere colta come un’opportunità per un rinnovamento delle città e una riqualificazione del patrimonio edilizio anche mediante delle norme – come quella in commento – che orientino gli operatori verso una migliore e più consapevole gestione del territorio e delle risorse naturali.