Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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Ancora intorno alla legittimità costituzionale dell´art. 32, d.p.r. n. 600/1973 (di Federico Rasi, Professore associato di Diritto tributario, Università degli Studi del Molise)


L’ordinanza rimette di nuovo alla Corte costituzionale il problema della legittimità delle presunzioni alla base delle indagini bancarie. La Commissione ravvisa una disparità di trattamento tra imprese e professionisti e lamenta l’effettiva possibilità di giustificare le somme contestate dall’Agenzia delle Entrate.

Parole chiave: indagini finanziarie; imprese; liberi professionisti; costi.

Still on the constitutional legitimacy of art. 32, presidential decree no. 600 of 1973

The Ordinance refers again to the Constitutional Court the problem of the legitimacy of the presumptions underlying bank investigations. The Tax Court identifies a disparity of treatment between companies and professionals and complains about the actual possibility to justify the amounts contested by the Revenue Agency.

Keywords: financial investigations; businesses; freelancers; costs.

1. L’ordinanza in commento riporta all’attenzione della Corte costituzionale la questione della validità delle presunzioni alla base delle indagini finanziarie (sul tema cfr. Viotto, Recenti modifiche normative in tema di accertamenti bancari: tra tutela del diritto alla riservatezza ed interesse generale alla repressione dell’evasione, in Riv. trim. dir. trib., 2017, 3-4, p. 819; Amatucci, Le indagini bancarie nella determinazione del maggior reddito tassabile, in Riv. dir. trib., 2010, 11, p. 1019; Fransoni, “Indagini finanziarie”, diritto alla riservatezza e garanzie “procedimentali”, in Corr. trib., 2009, 44, p. 3587). La questione origina dall’impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, dopo essersi avvalsa dei poteri di cui all’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, rilevava la presenza di versamenti e prelevamenti non giustificati sui conti correnti riconducibili al medesimo contribuente. A tale pretesa, il contribuente opponeva il fatto che non si fosse tenuto conto, se non in parte, delle giustificazioni offerte e, con riferimento ai movimenti rimasti privi di giustificazione, chiedeva al giudice di valutarne il significato in merito ai tempi, all’ammontare e al contesto complessivo, in particolare evidenziando come egli avesse «diritto a vivere e sostenere anche spese personali». 2. Viene ricordato come l’assetto attuale si debba essenzialmente alle sentenze n. 225/2005 e n. 228/2014 della Consulta (Comelli, L’accertamento bancario tra principio di eguaglianza e principio di capacità contributiva, in GT-Riv. giur. trib., 2005, 9, p. 805). Con la prima sentenza, la Corte costituzionale si era espressa sul problema se fosse ragionevole porre a carico della ricostruzione del reddito di un contribuente i prelevamenti al pari dei versamenti, rappresentando i primi un’entrata e i secondi un’uscita. La loro equiparazione poteva comportare l’eguale trattamento di situazioni diseguali, perché in tal modo si sarebbe finito con il sottoporre a tassazione un reddito inesistente (quello corrispondente ai prelevamenti), in contrasto col principio di capacità contributiva. Per la sentenza n. 225/2005 tale questione era infondata, «non essendo manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un imprenditore siano stati destinati all’esercizio del­l’attività d’impresa e siano, quindi, in definitiva, detratti i relativi costi, considerati in termini di reddito imponibile». Con la successiva sentenza n. 228/2014, invece, la Consulta ha ritenuto infondata la già menzionata equiparazione limitatamente ai compensi dei professionisti, ai quali la disciplina era stata estesa in forza della L. n. 311/2004 (art. 1, comma 402, lettera a). Ora [continua..]
Fascicolo 1 - 2022