Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

30/01/2023 - I requisiti di legittimità dei provvedimenti impositivi emessi successivamente ad un avviso di accertamento "parziale"

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

La Corte di Cassazione ha affrontato un caso in cui l’Amministrazione finanziaria ha emesso, prima, un avviso di accertamento parziale e, poi, un secondo avviso di accertamento. La Suprema Corte ha ritenuto illegittimo quest’ultimo provvedimento, in quanto basato su elementi già noti all’ufficio al momento dell’emissione del primo provvedimento impositivo.

» visualizza: il documento (Corte di Cass., ord. 22 aprile 2022, n. 12854) scarica file

PAROLE CHIAVE: accertamento integrativo - principio di unicità - accertamento - accertamento parziale


di Ernesto-Marco Bagarotto

1. L’ordinanza commentata affronta un caso di reiterazione del potere accertativo.

In particolare, l’Agenzia delle entrate emetteva un primo avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2008, a seguito di una verifica in cui, tra le altre cose, venivano analizzati i rapporti tra la contribuente ed una società consorella, senza tuttavia sollevare specifici rilievi sul punto.

Dopodiché, in esito ad una nuova verifica fiscale, veniva emesso un secondo avviso di accertamento con riferimento alla medesima annualità, che contestava maggiori ricavi derivanti dai rapporti intervenuti tra la contribuente e detta società consorella (in particolare, stando al testo dell’ordinanza commentata, la contribuente avrebbe registrato «operazioni finanziarie sotto la voce “prestiti alla società …” con il fine di non dichiarare i ricavi per lavori eseguiti, così avvalendosi della posizione di impresa agricola di quest’ultima»).

La contribuente impugnava questo secondo avviso di accertamento, contestando altresì l’assenza dei presupposti necessari per integrare il precedente provvedimento.

La C.T.P. adita respingeva il ricorso, mentre la C.T.R. accoglieva l’appello della contribuente ed annullava l’avviso di accertamento, sostenendo che questo avrebbe dovuto fondarsi sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, nel caso di specie ritenuti insussistenti.

L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, contestando che la decisione impugnata avrebbe violato le norme in materia di accertamento. In particolare, da quanto emerge dalla parte motiva dell’ordinanza, l’Agenzia delle entrate ha fatto leva sulla circostanza che il primo avviso sarebbe stato emesso «senza pregiudizio di un’ulteriore azione accertatrice»: si sarebbe trattato, cioè, di un avviso di accertamento parziale ex art. 41-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 (ancorché in un passo dell’ordinanza venga citato l’art. 41).  Secondo l’Agenzia, pertanto, l’emissione del secondo avviso non poteva considerarsi subordinata alla dimostrazione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, richiesta dal successivo art. 43 al fine di emettere un avviso di accertamento “integrativo”, cioè di un avviso successivo ad un avviso di accertamento “ordinario” (non parziale).

2. Ora, il tema della reiterazione del potere accertativo nell’ambito delle imposte sui redditi è disciplinato dal legislatore in modo articolato, ma tutt’altro che organico.

Ed infatti, da un lato, l’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che sia possibile integrare un avviso di accertamento solamente in caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Dall’altro lato, il precedente art. 41-bis disciplina il particolare istituto dell’avviso di accertamento parziale, la cui principale caratteristica è costituita dal fatto di essere emesso «senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice» (su tali istituti, per tutti, vd. BASILAVECCHIA M., L’accertamento parziale. Contributo allo studio della pluralità di atti di accertamento nelle imposte sui redditi, Milano, 1988; DONATELLI S., L’avviso di accertamento tributario integrativo e modificativo, Torino, 2013; e, se consentito, BAGAROTTO E.M., La frammentazione dell’attività accertativa ed i principi di unicità e globalità dell’accertamento, Torino, 2014).

Invero, nella sua prima versione, l’art. 41-bis era rubricato «Accertamento parziale in base agli elementi segnalati dall’anagrafe tributaria» e consentiva agli uffici di limitarsi ad accertare i maggiori redditi derivanti dalle «segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette». Si trattava, dunque, di un istituto che, similmente a quanto accade per i controlli automatizzati, poteva essere utilizzato esclusivamente per contestare maggiori redditi che emergevano da segnalazioni di anomalie riscontrate grazie all’«incrocio» dei vari dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria (sul punto vd. anche PISTOLESI F., Gli accertamenti parziali in materia di imposte dirette: prime considerazioni alla luce delle recenti riforme, in Riv. dir. trib., 1994, I, p. 877).

Ed era proprio la natura sostanzialmente automatizzata della rettifica che consentiva di giustificare la previsione secondo cui l’accertamento parziale non pregiudicava l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice (sul punto vd. anche la sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione Cass., sez. un., 18 gennaio 2007, n. 1064).

Negli anni, tuttavia, l’accertamento parziale è stato snaturato, poiché sono state via via aggiunte ulteriori “fonti di innesco”, fino ad arrivare al testo in vigore, che ne consente l’emissione qualora «dalle attività istruttorie di cui all'articolo 32, primo comma, numeri da 1) a 4), nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un reddito non dichiarato …».

Tant’è che, all’atto pratico, l’estrema ampiezza delle ipotesi contemplate dall’art. 41-bis ha condotto l’Amministrazione finanziaria ad emettere sempre più spesso – si potrebbe dire nella sostanziale totalità dei casi – avvisi di accertamento parziale (tant’è che LA ROSA S., Caratteri e funzioni dell’accertamento tributario, in Dir. prat. trib., 1990, I, p. 799 ha sostenuto la “istituzionale frammentazione dell’azione impositiva”; similmente vd. G. INGRAO, Frammentazione dell’accertamento tributario e violazione del principio di unicità, in Riv. dir. trib., 2005, I, p. 895).

Ciononostante, la struttura della norma è rimasta immutata: in particolare, sebbene le “fonti di innesco” siano estremamente ampie, è ancora previsto che l’emissione di un avviso di accertamento parziale avvenga «senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice», con conseguente rischio che l’attività accertativa possa essere frammentata senza alcun limite.  

3. Ora, nella fattispecie oggetto dell’ordinanza commentata, pare che l’Amministrazione finanziaria avesse emesso, prima, un avviso di accertamento parziale e, poi, un secondo avviso di accertamento che, tuttavia, riguardava degli elementi reddituali che erano già stati oggetto di approfondimento (senza, però, sfociare in alcuna contestazione) nell’ambito della verifica fiscale che aveva condotto ad emettere un precedente provvedimento impositivo relativo al medesimo periodo d’imposta.

4. Ebbene, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della C.T.R., con cui era stata dichiarata la illegittimità del secondo avviso, in quanto non basato sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

Come ci si appresta ad illustrare, tale decisione è condivisibile per quel che riguarda sia la ricostruzione del dato normativo sia – per quanto emerge dalla sintetica parte motiva – la sua applicazione al caso specifico.

5. La Corte prende le mosse dalla considerazione, piuttosto pacifica, secondo cui l’accertamento parziale «non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole» (sul punto vengono richiamate le precedenti pronunce 4/12/2020 n.  27788; 28/10/2015, n.  21984; 7/11/2019, n. 28681; 1/10/2018, n. 23685; 4/4/2018, n. 8406). Ciò che distingue l’avviso di accertamento parziale da quello “ordinario” è la circostanza che esso promana dalla «disponibilità, in capo all’Amministrazione, di elementi (non necessariamente provenienti da segnalazione di soggetti ad essa estranei, ben potendo derivare anche da fonti interne) idonei a dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie, senza richiedere, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di un ufficio valutativo ulteriore rispetto a quello che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione o lo svolgimento di ulteriori attività di approfondimento (appannaggio di accertamenti più complessi), valendosi di una “sorta di automatismo argomentativo” indotto da quelle fonti di conoscenza, per modo che il confezionamento dell’atto risulta possibile sulla base della sola segnalazione senza necessità di ulteriore approfondimento» (sul punto vengono richiamate le precedenti pronunce 4/12/2020 n.  27788; 23/12/2014, n. 27323; 10/2/2016, n. 2633).

6. Dopodiché, la Corte si sofferma sull’aspetto centrale del rapporto tra accertamento parziale ed ulteriore attività accertativa, affermando che quest’ultima potrebbe essere esercitata esclusivamente prendendo le mosse da «fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’Ente impositore, sia sopravvenuta all’accertamento, tali essendo anche quelli noti ad un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’atto al momento dell’adozione dello stesso».

7. Secondo la Corte, tale conclusione deriverebbe, non dalla normativa in materia di accertamento integrativo (che, a rigore, non dovrebbe essere direttamente applicabile all’integrazione degli accertamenti parziali), bensì dal «principio di tendenziale unicità che connota gli accertamenti» (di cui accertamento parziale ed accertamento integrativo costituiscono deroga) e dalla necessità di tutelare il diritto ad una «difesa unitaria e complessiva».

8. Peraltro, sul punto, la Corte precisa che l’inibizione all’emissione di un secondo provvedimento impositivo riguarderebbe solamente i dati in possesso dello stesso ufficio che ha emesso l’atto, poiché, sebbene sussista un «dovere di reciproca collaborazione tra uffici finanziari e Guardia di finanza», si deve considerare altresì la finalità dell’accertamento parziale, cioè quella di «favorire la sollecita emersione della materia imponibile». Finalità che – seguendo il ragionamento della Corte – sarebbe incompatibile con l’assegnazione, a carico degli uffici finanziari, di un obbligo di “ricognizione” di tutti gli elementi in possesso dei vari Organi che possono essere coinvolti ai fini istruttori.

9. Sotto questo profilo, le condizioni di integrazione dell’avviso di accertamento parziale si distinguono da quelle previste per l’integrazione dell’accertamento “ordinario”, disciplinate dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973. Con riferimento a quest’ultima fattispecie, infatti, parte della dottrina e della giurisprudenza propendono per la tesi secondo cui il secondo provvedimento sarebbe legittimo solamente se fondato su elementi, non solo non conosciuti dallo stesso ufficio accertatore, ma neppure astrattamente conoscibili secondo un criterio di ordinaria diligenza (in dottrina, ex multis, vd. BASILAVECCHIA M., L’accertamento parziale. Contributo allo studio della pluralità di atti di accertamento nelle imposte sui redditi, cit., part. p. 68; MICCINESI M., La “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”, presupposto per gli accertamenti integrativi e modificativi, in Rass. trib., 1985, II, p. 459; MARCHESELLI A., La sopravvenuta conoscenza di «nuovi elementi» dell’accertamento integrativo, in Corr. trib., 2006, p. 1974-1975; in giurisprudenza vd. Cass. 6 gennaio 1981, n. 49; 23 gennaio 1985, n. 282 e 30 marzo 1987, n. 3056; contra 15 gennaio 2016, n. 576; 12 maggio 2006, n. 11057; 9 settembre 2005, n. 18014).

10. Orbene, la conclusione a cui è pervenuta la Suprema Corte è, non solo idonea a meglio garantire la tutela dei diritti difensionali del contribuente, ma anche compatibile con la formulazione letterale dell’art. 41-bis del D.P.R. 600 del 1973. Tale disposizione, infatti, fa salva la «ulteriore azione accertatrice» e consente agli uffici di limitarsi ad accertare «in base agli elementi predetti» il reddito o il maggior reddito imponibili; di qui si può desumere che l’azione accertatrice limitata sia quella «ulteriore», quella diversa da quella idonea a confluire nell’accertamento parziale, cioè diversa da quella scaturente dalla relativa fonte di innesco (sul punto si veda anche la precedente sentenza della Corte di Cassazione 4 agosto 2010, n. 18065, secondo cui l’ulteriore azione accertatrice fatta sala dalla norma dovrebbe ritenersi riferita «a pretese dell’Ufficio che si basano su fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale»).

11. Di qui deriva che l’ufficio finanziario che riceva una fonte d’innesco per un avviso di accertamento parziale debba riversare nel provvedimento impositivo la totalità delle contestazioni desumibili dagli elementi contenuti in detta fonte. Di converso, va escluso che, successivamente all’emissione di un accertamento parziale, l’Amministrazione finanziaria possa – come sarebbe accaduto nel caso affrontato dall’ordinanza commentata, in cui è stato contestato un componente reddituale scaturente da un rapporto societario già verificato in precedenza – valutare nuovamente ed in modo diverso elementi già contenuti nella citata fonte d’innesco (sulla coerenza di tale soluzione rispetto ai principi generali sia consentito rinviare a BAGAROTTO E.M., La frammentazione dell’attività accertativa ed i principi di unicità e globalità dell’accertamento, Torino, 2014, part. p. 263 e ss.).

12. In definitiva, la decisione della Corte può essere salutata con favore, poiché contribuisce a fare ordine in un settore del diritto tributario che ha risentito di una legiferazione stratificata e disorganica e che meriterebbe di essere disciplinato in modo più lineare.