Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

28/06/2018 - Le sezioni unite della cassazione affermano la giurisdizione tributaria in ordine alla prescrizione dei crediti tributari insinuati al passivo fallimentare

argomento: Attuazione del tributo - Giurisprudenza

Le Sezioni Unite della Cassazione affermano la giurisdizione tributaria in ordine alla prescrizione dei crediti tributari insinuati al passivo fallimentare. Invero la giurisdizione del giudice tributarionon può che coincidere con quella definita dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, la quale, come sottolineato dalla Suprema Corte, attrae anche le questioni relative alla prescrizione riferita ai crediti tributari. Difatti la prescrizione, che tende a dare stabilità e quindi certezza ai rapporti tributari, incide sull’an del tributo, poiché assume rilevanza in ordine alla sussistenza del diritto dell’Amministrazione finanziaria di riscuotere i propri crediti.

PAROLE CHIAVE: crediti tributari - prescrizione - fallimento - insinuazione al passivo del fallimento - giurisdizione tributaria


di Michele Mauro

  1. La Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza depositata il 13 giugno 2017, n. 14648, ha affermato – richiamando taluni precedenti (Cass. SS.UU. 19 novembre 2007, n. 23832; Cass. 3 maggio 2016, n. 23832) – che l’attribu­zione alle commissioni tributarie della cognizione di tutte le controversie tributarie, operata dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, si estende ad ogni questione relativa all’aned al quantum del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti dell’esecuzione; pertanto, anche l’eccezione di prescrizione, quale fatto estintivo dell’obbligazione tributaria, rientra nella giurisdizione del giudice che ha cognizione sul merito della predetta obbligazione, ossia del giudice tributario.
  2. Nel caso concreto, trattandosi di eccezione di prescrizione sollevata dal curatore fallimentare con riferimento a crediti per i quali era stata già notificata la cartella di pagamento, il giudice del fallimento (Tribunale di Palermo) aveva ritenuto esaurita la giurisdizione del giudice tributario in conseguenza della (sopravvenuta) incontrovertibilità della pretesa fiscale, provocata dalla notifica della cartella non seguita da impugnazione. Di conseguenza, il Tribunale aveva accolto l’eccezione di prescrizione breve (e non decennale) per le cartelle regolarmente notificate, ritenendo altresì non provata, per alcuni crediti, la notifica delle cartelle ovvero dell’intimazione di pagamento.
  3. A seguito del ricorso per cassazione proposto da Riscossione Sicilia Spa, la Suprema Corte ha fondato la propria decisione sull’esclusività della giurisdizione tributaria in ordine alle controversie riguardanti i tributi di ogni genere e specie (comunque denominati), espressamente sancita, nell’ambito del processo di accertamento dello stato passivo del fallimento, dall’art. 88 del DPR n. 602/1973.

In specie, in base a quest’ultima disposizione, nel caso in cui sorgano contestazioni sulle somme iscritte a ruolo, il credito è ammesso al passivo con riserva(anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva ex art. 101 della legge fallimentare), la quale è successivamente sciolta dal giudice delegato, su istanza del curatore o del concessionario (attualmente Agenzia Entrate riscossione), quando è inutilmente trascorso il termine per la proposizione della controversia davanti al giudice competente ovvero quando il giudizio risulta irrevocabilmente definito o altrimenti estinto(nella liquidazione coatta amministrativa è il commissario liquidatore che provvede, direttamente o su istanza del concessionario, allo scioglimento della riserva).

  1. Contro il provvedimento di scioglimento della riserva il concessionario, nel termine di dieci giorni dalla comunicazione, può proporre reclamo al tribunale, che decide in camera di consiglio con decreto motivato, sentite le parti.
  2. Se all’atto delle ripartizioni parziali e finale dell’attivo la riserva non è stata ancora sciolta, è previsto l’accantonamento delle somme relative ai crediti contestati a cura del curatore, come disposto dagli artt. 113, n. 3 e 117, comma 6.
  3. Tale disciplina, dunque, prevede chiaramente l’intangibilità della giurisdizionetributaria, con riferimento alle pretese fiscali, anche nell’ipotesi di fallimento del contribuente, nonostante l’accertamento dello stato passivo sia di competenza del tribunale fallimentare. In specie, diversamente da quanto previsto per i creditori di diritto comune – soggetti esclusivamente alla cognizione del giudice fallimentare con riguardo alla fondatezza dei loro crediti – per i crediti tributari l’assetto normativo delineato è informato ad un vero e proprio riparto di giurisdizione tra giudice tributario e giudice del fallimento.
  4. Allora, di fronte all’eccezione di prescrizione del credito sollevata dal curatore fallimentare, è senz’altro condivisibile chesia devoluta al giudice tributario la questione riguardante la prescrizione. Invero la competenza (intesa come giurisdizione) del giudice tributario, sancita dall’art. 88 del D.P.R. n. 602/1973 con riferimento alle contestazioni sorte sulle somme iscritte a ruolo, non può che coincidere con quella definita dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, la quale, come sottolineato dalla Suprema Corte, attrae anche le questioni relative alla prescrizione riferita ai crediti tributari.

Peraltro, le eventuali questioni riguardanti la prescrizione degli atti esecutivi, gli unici a non rientrare nella giurisdizione tributaria ai sensi dell’art. 2 della legge processuale tributaria, non rilevano in sede fallimentare in quanto, a norma dell’art. 51 L.F, durante la procedura concorsuale sono sospesele azioni esecutive o cautelari individuali.

D’altra parte la prescrizione, che tende – come la decadenza – a dare stabilità e quindi certezza ai rapporti tributari, incide sull’an del tributo, poiché assume rilevanza in ordine alla sussistenza del diritto dell’Amministrazione finanziaria di riscuotere i propri crediti.

Peraltro la Cassazione non ha affrontato, nella pronuncia in argomento, l’ulteriore profilo problematicosussistente nel caso concreto e riguardante l’assenzadi un atto autonomamente impugnabile dinanzi al giudice tributario, indispensabile affinché il curatore possa far valere le proprie censure sulla prescrizione del credito tributario – derivante da una pregressa cartella di pagamento –oggetto della domanda di ammissione al passivo del fallimento.

  1. A tal proposito, non si ritiene di poter valorizzare la sentenza della Cassazione, a Sezioni Unite, n. 19704 del 2 ottobre 2015, che ha ritenuto impugnabile il cd. “estratto di ruolo”, solitamente allegato alla domanda di ammissione al passivo fallimentare, davanti alle Commissioni tributarie. Ciò in quanto, a prescindere da ulteriori considerazioni, quella pronuncia riguardava un caso in cui la cartella non era mai stata (regolarmente) notificata dal­l’Agente della riscossione, mentre nel caso de quo la prescrizione di alcuni crediti tributari era decorsa proprio a partire dalla notifica della cartella di pagamento.
  2. In tali fattispecie, allora, il giudice fallimentare, di fronte all’eccezione di prescrizione sollevatadal curatore, dovrebbe ammettere il credito tributario con riserva, ai sensi del citato art. 88 del DPR n. 602/1973. In questo modo l’Agente della riscossione, interessato allo scioglimento della riserva, provvederebbe certamente a notificare al curatore fallimentare l’intimazione di pagamento, che, in quanto atto autonomamente impugnabile, consentirebbe a quest’ultimo di adire il giudice tributario.
  3. Tale soluzione, che in ogni caso provocherebbe l’incresciosa conseguenza di bloccare ad libitum le relative somme in danno della massa dei creditori (come previsto dagli artt. 113, n. 3 e 117, comma 2, L.F.), sembra l’unica in grado di coniugare le ineludibili esigenze di tutela del fallimento avverso crediti erarialiprescritti con le peculiarità del modello processuale tributario.