Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

27/10/2022 - La Corte costituzionale riaccende il dibattito sul ne bis in idem

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 149/2022, ha per la prima volta dichiarato l’incostituzionalità del cumulo di sanzioni, penali e amministrative, per il medesimo fatto. La sentenza, seppure produca effetti limitatamente al campo delle sanzioni in materia di diritto d’autore, riaccende comunque il dibattito sulla compatibilità del “doppio binario” in materia tributaria con il ne bis in idem europeo, contenendo affermazioni che potenzialmente potrebbero superare la precedente conclusione della Consulta, che invece propendeva per una generalizzata e tendenziale compatibilità del “doppio binario” tributario con il principio del ne bis in idem.

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PAROLE CHIAVE: ne bis in idem - doppio binario - CEDU


di Giulio Chiarizia

  1. Con la sentenza n. 149/2022, la Corte costituzionale ha per la prima volta dichiarato l’incostituzionalità del cumulo di sanzioni, penali e amministrative, per il medesimo fatto, in applicazione del divieto del doppio processo (c.d. ne bis in idem) previsto dall’art. 4 del settimo Protocollo aggiuntivo alla CEDU e dall’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E. (detta anche Carta di Nizza). La sentenza in esame, pertanto, seppure produca effetti limitatamente al campo delle sanzioni in materia di diritto d’autore, riaccende il dibattito - invero mai sopito - sulla compatibilità del “doppio binario” in materia di sanzioni tributarie con il ne bis in idem europeo (poiché il ne bis in idem interno è rigorosamente limitato alla materia penale ex 649 c.p.p.), a cui l’ordinamento interno comunque si conforma, sebbene a condizioni e limiti differenti tra le due fonti europee citate (per una breve indicazione di tali differenze cfr. MELIS, Il ne bis in idem, in AA.VV., I diritti del contribuente a cura di A. Carinci e T. Tassani, Milano, 617; GIULIANI E CHIARIZIA, Diritto tributario, CEDU e diritti fondamentali dell’U.E., Milano, 2017, 259; VIGANÒ, Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione della Carta?, in Dir. Pen. Cont., 2014, 219). Più nello specifico, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità - per contrasto con l’art. 117 Cost. in riferimento all’art. 4 del Protocollo aggiuntivo alla CEDU - dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato per un reato in materia di violazione dei diritti di autore e diritti connessi (art. 171-ter, legge n. 633/1941) che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per un illecito amministrativo avente natura sostanzialmente penale (art. 174-bis, legge n. 633/1941). La pronuncia suscita notevole interesse anche in materia tributaria, in quanto la Consulta aveva, in precedenza, respinto simili censure in tale ambito, giungendo addirittura ad affermare una tendenziale compatibilità del “doppio binario” tributario con il ne bis in idem europeo (Corte Cost. nn. 43/2018, 222/2019 e 114/2020). Ciò ha indotto la Corte di cassazione a rigettare sistematicamente le relative questioni, con motivazioni raramente ragionate e compiute, mostrando insensibilità e disinteresse nei confronti di tale diritto fondamentale (Cass. pen. nn. 6993/2018, 45829/2018; 2021/4439 e Cass. trib. nn. 21694/202; 9076/2021 e 9077/2021). La sentenza si caratterizza altresì per una puntuale analisi delle condizioni delineate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) per accertare la violazione del divieto del doppio processo, giungendo ad affermare principi e chiarimenti di ampia portata, che suscitano un notevole interesse ben oltre alla materia oggetto della pronuncia medesima (i.e., il diritto d’autore), finendo per investire tutte le ipotesi in cui il nostro ordinamento prevede un “doppio binario” tra sanzioni penali e amministrative per il medesimo fatto.
  2. Con riguardo ai chiarimenti forniti della Corte costituzionale, merita innanzitutto di essere sottolineata la decisa riaffermazione della natura processuale del ne bis in idem europeo, cioè il divieto di assoggettare la medesima persona a un secondo procedimento o processo di natura sostanzialmente “penale” per il medesimo fatto. Infatti, successivamente alla sentenza “A & B” contro Norvegia della Corte EDU del 2016 (che, come vedremo, ha ammesso in via generalizzata, a talune condizioni, la possibilità di duplicare i procedimenti, penali e amministrativi, per il medesimo fatto), la giurisprudenza nazionale e quella della Corte di Giustizia dell’U.E. hanno sopravvalutato eccessivamente la portata sostanziale del principio in esame, intendendolo essenzialmente quale divieto di irrogare una doppia sanzione, che complessivamente e in concreto appaia sproporzionata rispetto alla gravità del (medesimo) fatto. La Corte costituzionale, con la sentenza in esame, ha invece recuperato la primaria funzione processuale del ne bis in idem europeo, ribadendo che esso mira, «in primo luogo, a tutelare la persona contro le sofferenze e i costi di un nuovo procedimento per i medesimi fatti già oggetto di altro procedimento definitivamente concluso». Infatti, la Corte EDU è ferma nell’affermare che il principio in esame contiene tre distinte garanzie, prevedendo che nessuno sia (i) indagato, (ii) processato o (iii) punito due volte per lo stesso reato (tra le tante cfr. Corte EDU, A & B Norvegia, § 110). Dunque, ha sottolineato la Consulta in modo condivisibile, la mera pendenza di un secondo procedimento per il medesimo fatto «rende operativa la garanzia» in esame, prescindendo dalla fondatezza e dall’esito del secondo procedimento. In secondo luogo, la Consulta ha corretto la relazione esistente tra il divieto del doppio giudizio, quale regola generale (che non ammetterebbe deroghe, stando alla lettera dell’art. 4 del Protocollo 7 alla CEDU), e l’ammissibilità di un doppio procedimento, penale e amministrativo (e quindi di una doppia sanzione per il medesimo fatto), che costituisce invece l’eccezione alla predetta regola generale, come elaborata dalla Corte EDU con la citata sentenza “A & B”. La Corte costituzionale ha, infatti, effettuato un esame puntuale delle sentenze della Corte EDU successive a quella sul caso “A & B”, per verificare l’applicazione in concreto del “criterio A & B” da parte della stessa Corte di Strasburgo, appurando che la mancata realizzazione di anche una delle “condizioni materiali” che costituiscono il “criterio A & B” rende illegittimo il doppio processo. Viceversa, nella applicazione giurisprudenziale del ne bis in idem da parte della Corte di Giustizia, così come dei giudici nazionali, si è assistito a una progressiva “inversione” del rapporto tra regola generale e sua eccezione, per far prevalere sistematicamente quest’ultima, in tal modo elevata impropriamente a regola.
  3. Venendo ai presupposti al ricorrere dei quali trova applicazione il ne bis in idem (che, bene inteso, non impedisce di per sé lo svolgimento di contemporanei procedimenti per il medesimo fatto o l’irrogazione di più sanzioni in relazione a diversi aspetti del medesimo fatto, ove irrogate all’esito di un unico procedimento -sull’argomento, senza pretesa di completezza, ZAGREBELSKY, CHENAL, TOMASI, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, Bologna, 2019, 247; LASAGNI, MIRANDA, The European ne bis in idem at the Crossroads of Administrative and Criminal Law, in Eucrim, 2019, 126; GALLO, Il ne bis in idem in campo tributario: un esempio per riflettere sul “ruolo” delle Alte Corti e sugli effetti delle loro pronunzie, in Rass. Trib., 2017, 915; NASCIMBENE, Ne bis in idem, diritto internazionale e diritto europeo, in Dir. Pen. Cont., 2 maggio 2018; VIGANÒ, Una nuova sentenza di Strasburgo su ne bis in idem e reati tributari, in Dir. Pen. Cont., 22 maggio 2017; GIULIANI, CHIARIZIA, Diritto tributario, CEDU e diritti fondamentali dell’U.E., Milano, 2017, 195; VIGANÒ, Ne bis in idem e contrasto agli abusi di mercato: una sfida per il legislatore e i giudici italiani, in Dir. Pen. Cont., 2016, 186; GIOVANNINI, Il principio del ne bis in idem sostanziale, in Trattato di diritto sanzionatorio tributario a cura di Giovannini, Di Martino, Marzaduri, Milano, 2016, 1265), questi sono: a) la sussistenza di due procedimenti o processi di carattere “penale”. In proposito, la Corte EDU ha attribuito alla nozione di “pena” - così come a quelle di “reato” e “procedura penale” - un significato “autonomo”, che cioè prescinde dalle corrispondenti nozioni previste dalle legislazioni nazionali dei singoli Stati, dovendo la natura penale della sanzione essere verificata sulla base dei criteri sostanzialistici affermati con il caso Engel (Corte EDU, Engel Olanda, §§ 81 – 82), che possono essere così riassunti: - la qualificazione della sanzione data dal diritto interno (che costituisce il criterio di partenza, decisivo solo nel caso in cui l’ordinamento domestico qualifichi la sanzione quale penale); - la natura dell’illecito (che costituisce il criterio principale, volto ad accertare il carattere prevalentemente punitivo, repressivo e deterrente e, dunque, non risarcitorio della sanzione); - la gravità e la severità della sanzione (assumendo a tal fine rilievo l’ammontare della sanzione pecuniaria astratta - anche se non irrogata - nonché la perdita, sia pure solo temporanea, della onorabilità dell’individuo). Detti “criteri Engel” perseguono l’obiettivo di assicurare l’effettiva tutela dei diritti garantiti dalla CEDU, al di là delle apparenze ovvero delle cc.dd. “frodi delle etichette” (che ricorrono quando uno Stato tenti di sottrarsi alle garanzie convenzionali previste per la materia penale qualificando semplicemente una sanzione come non penale); b) la sussistenza dell’idem factum, che ricorre quando i due procedimenti sanzionatori riguardino i medesimi fatti materiali o fatti sostanzialmente identici, indipendentemente dalla loro eventuale diversa qualificazione giuridica (Corte EDU, Zolotoukhine c. Russia, CG, §§ 79 – 84. Criterio recepito anche dalla Corte di Giustizia con le sentenze 18 luglio 2007, Kraaijennbrink, C-367/05, p. 26; 16 novembre 2010, Mantello, C-261/09, pp. 39 e 40; 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate SA in liquidazione, Stefano Ricucci, Magiste International SA [GS], C-537/16, pp. 38 e 40, ma non invece nel settore della concorrenza, in cui permane il requisito della unità dell’interesse giuridico tutelato). In tale prospettiva, si noti, non assume rilevanza, al fine di escludere l’idem factum, che le due infrazioni si distinguano in considerazione dell’elemento soggettivo (Corte EDU, Ruotsalainen c. Finlandia, § 56). Viceversa, fa venire meno l’idem factum la circostanza che la sanzione amministrativa sostanzialmente penale sia irrogabile in capo all’ente giuridico, mentre la sanzione penale sia applicabile al legale rappresentante di tale ente (Corte EDU, Kiiveri c. Finlandia, § 35; Pirttimäki c. Finlandia, § 51 nonché Corte di Giustizia, C-217/15 e C-350/15, Orsi e Baldetti, p. 17); c) la sussistenza di una previa decisione definitiva, vale a dire non più impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione, concernente la responsabilità “penale” dell’imputato. Ai fini della garanzia del ne bis in idem è irrilevante se la decisione sia di assoluzione o di condanna, né la maggiore o minore gravità della condanna. Ciò che rileva è invece l’esistenza di una decisione definitiva, concernente una sanzione “penale”, sia essa una sentenza passata in giudicato o una sanzione amministrativa divenuta definitiva (CEDU, Mihalache c. Romania, CG, §§ 93 – 95). Prima di tale momento, non è vietata l’instaurazione di plurime e contestuali azioni “penali” per il medesimo fatto. La definitività di una decisione rende, invece, gli eventuali procedimenti paralleli improcedibili. Debbono cioè interrompersi immediatamente, per non infrangere la garanzia processuale del ne bis in idem.
  4. Come sopra accennato, la Corte EDU ha tuttavia elaborato una eccezione al principio generale del ne bis in idem, per legittimare un secondo procedimento e la relativa sanzione, nei casi in cui i due procedimenti sanzionatori, pur svolti dinanzi ad autorità differenti, siano inscindibilmente legati l’uno all’altro, tanto da apparire alla stregua di un unico procedimento complesso e articolato. Tale peculiare eccezione, dapprima affermata con riguardo a talune fattispecie particolari (Corte EDU, dec. Nilsson Svezia; dec. Hangl c. Austria; dec. R.T. c. Svizzera; Escoubet c. Belgio, CG, § 38), è stata perfezionata e generalizzata con il già citato caso “A & B” (sull’argomento MELIS, Il ne bis in idem, in AA.VV., I diritti del contribuente a cura di Carinci e Tassani, Milano, 2022, 617; CALZOLARI, La lunga marcia del riconoscimento del ne bis in idem nell’ordinamento tributario italiano, in Riv. Dir. Trib. on line, 16 settembre 2020; MELIS, GOLISANO, Il livello di implementazione del principio del ne bis in idem nell’ambito del sistema tributario, in Riv. Trim. Dir. Trib., 2020, 579; PERRONE, Il criterio della “sufficiently close connection” ed il suo rapporto con il principio del ne bis in idem sanzionatorio nella giurisprudenza della Corte EDU, in Dir. Prat. Trib., 2018, 1128). In tale occasione, infatti, la Corte EDU ha affermato l’esclusione della violazione del ne bis in idem allorché tra i due procedimenti sanzionatori, aventi natura sostanzialmente penale, vi fosse una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”, così che essi rappresentassero una risposta coerente e unitaria al medesimo illecito. Detta connessione sostanziale tra i due procedimenti deve verificarsi, secondo la Corte di Strasburgo, sulla base delle seguenti “condizioni materiali” che compongono il “criterio A & B” e che devono sussistere congiuntamente: - i diversi procedimenti devono perseguire scopi complementari e, quindi, devono riguardare aspetti diversi del comportamento illecito; - il doppio procedimento in relazione al medesimo fatto deve essere prevedibile, in astratto e in concreto; - i due procedimenti devono essere svolti in modo coordinato, evitando per quanto possibile la duplicazione dell’attività istruttoria di raccolta delle prove e la loro valutazione, di modo che l’accertamento di fatti compiuto in un procedimento sia recepito nell’altro; - soprattutto (above all), i due procedimenti devono prevedere una applicazione coordinata delle sanzioni, di modo che quella successiva tenga conto di quella irrogata per prima, al fine di garantire la proporzionalità complessiva della pena. La connessione temporale deve, invece, verificarsi in base alla sussistenza, in concreto, di una sufficiente connessione cronologica tra i due procedimenti, quale criterio a tutela della persona contro la protrazione ingiustificata della situazione di incertezza circa la propria sorte.
  5. Con riguardo al suddetto “criterio A & B”, come sopra accennato, la sentenza in esame si apprezza innanzitutto in quanto la Corte costituzionale ne ha riaffermato la natura di eccezione al principio generale del ne bis in idem. Infatti, sulla scia della sentenza sul caso “A & B”, la giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. sentenze della Grande Sezione sui casi Menci, C-524/15, Garlsson Real Estate AS e altri, C-536/16, e Di Puma e Zecca, C-596/16 e C-579/16), così come quella nazionale (cfr. Cass. pen. n. 22458/2019; Cass. pen. n. 33050/2019; Cass. pen. n. 45829/2018; Cass. pen. n. 6993/2018. La Cass. pen. n. 52142/2018 ha, invece, applicato correttamente il “criterio A e B” nella sua interezza), ha effettuato una sorta di capovolgimento della regola generale con la sua eccezione, sostanzialmente trasformando il divieto del doppio processo da norma in primo luogo processuale in principio sostanziale di proporzionalità delle sanzioni complessivamente irrogate. A tale risultato si è giunti enfatizzato eccessivamente l’utilizzo da parte della Corte EDU dell’avverbio “above all” relativo al coordinamento tra le sanzioni irrogate, quale necessità della sussistenza di un meccanismo che consenta di evitare che l’interessato sia sottoposto a un trattamento complessivo sproporzionato, finendo tuttavia per snaturare il principio del ne bis in idem e disvelare altresì una ritrosia a riconoscere il divieto del doppio processo, probabilmente a causa dell’ampio utilizzo, in Europa così come in Italia, di sistemi sanzionatori basati sull’opposto principio del “doppio binario”. Inoltre, ha precisato lodevolmente la Consulta, in difetto di quella “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta” che legittima la deroga al ne bis in idem, sussiste una violazione del divieto del doppio processo anche in materia estranea al “nocciolo duro” del diritto penale. Ciò in quanto il criterio ermeneutico della estraneità o meno della seconda sanzione dal “nocciolo duro” del diritto penale ha valenza esclusivamente sussidiaria, per l’ipotesi un cui gli indicatori della peculiare connessione sostanziale e temporale del “criterio A & B” non consentano di giungere a una conclusione univoca circa la sussistenza della violazione del ne bis in idem. Tale puntualizzazione ha particolare rilevanza in materia tributaria, le cui sanzioni amministrative sono senz’altro estranee al “nocciolo duro” del diritto penale, poiché ricevono tutela convenzionale in virtù dell’interpretazione estensiva e autonoma del concetto di sanzione penale, affermatasi con il “criterio Engel”. Secondo punto di rilievo della sentenza dalla Consulta è la precisazione che, per ammettersi la deroga al ne bis in idem, debbano necessariamente ricorrere tutte le “condizioni materiali” richieste dal “criterio A & B” (che - aggiungiamo - in quanto eccezione alla regola generale dovrebbero valutarsi in modo rigoroso), come si evince anche della successiva giurisprudenza della Corte EDU, puntualmente esaminata dalla Consulta (Corte EDU, Jóhannesson Islanda - in materia tributaria -; Bjarni Ármannsson c. Islanda - in materia tributaria -; Nodet c. Francia; Velkov c. Bulgheria; Tsonyo Tsonev c. Bulgheria; Milošević c. Croazia - in materia tributaria -, in cui è stata riscontrata una violazione del nel bis in idem. A tali sentenze si deve aggiungere la recentissima sentenza Goulandris and Vardinogianni c. Grecia). Ciò comporta che il livello di protezione del diritto al divieto del doppio procedimento assicurato dalla CEDU e dalla Consulta con la sentenza in esame è più elevato rispetto a quello assicurato dalla Corte di Giustizia, sebbene l’art. 52 della Carta di Nizza richieda che i diritti fondamentali previsti dalla Carta medesima e corrispondenti a quelli tutelati dalla CEDU debbano ricevere un livello di protezione almeno pari ai secondi (sull’argomento si vedano le conclusioni dell’Avvocato Generale Campos Sánchez-Bordona del 12 settembre 2017 sui casi Menci, Di Puma e Zecca, sebbene poi superate dalla Corte di Giustizia, con sentenze del 20 marzo 2018, C-524/15, C-596/16 e C-597/16, rese in Grande Sezione). Infine, la sentenza della Corte costituzionale si apprezza per l’interpretazione della “condizione materiale” della “complementarità” tra i due procedimenti, ai fini della verifica del “criterio A & B”. In proposito, la Corte costituzionale, valorizzando la circostanza che l’elemento psicologico è estraneo all’idem factum (nello stesso senso cfr. Corte EDU, Goulandris and Vardinogianni c. Grecia, § 69), sembra aver escluso che il dolo (di norma previsto dai reati a differenza delle sanzioni amministrative) possa essere considerato quale elemento idoneo a giustificare la natura complementare tra le due sanzioni. Infatti la Consulta, dopo aver rilevato che «rispetto all’area in cui i due illeciti si sovrappongono – rappresentati dall’insieme dei fatti materiali descritti dall’art. 117-ter in concreto commessi con dolo – le due disposizioni fanno sì che il loro autore sia sanzionato più volte per un idem factum», ha affermato, ai fini della verifica della condizione della “complementarità”, che «non può ritenersi che i due procedimenti perseguano scopi complementari o concernano diversi aspetti del comportamento illecito». Dunque, la circostanza che il requisito del dolo sia previsto solo per i reati e non anche per gli illeciti amministrativi non è di per sé significativa per ritenere che i due procedimenti perseguano scopi complementari, vale a dire riguardino aspetti diversi del comportamento illecito. Difatti, la Consulta, per accertare la “complementarità” delle due sanzioni, ha esaminato lo «scopo perseguito dal legislatore mediante la sanzione amministrativa», individuandolo – con riguardo al caso di specie – nella intenzione di potenziare l’efficacia “generalpreventiva” dei divieti previsti dalla legge a tutela dei diritti di autore, analogamente alle sanzioni penali.
  6. La sentenza in esame della Corte costituzionale può, dunque, portare a un ripensamento della discutibile affermazione sulla generale compatibilità tra ne bis in idem e cumulo di procedimenti e sanzioni, penali e amministrative, in materia tributaria, sostenuta dalla precedente sentenza n. 222/2019 della Consulta. Infatti, preliminarmente, è pacifico che il cumulo di sanzioni penali e tributarie ricada nell’alveo di applicazione del ne bis in idem, stante l’acquisita natura sostanzialmente penale delle sanzioni tributarie amministrative in base ai “criteri Engel” (considerata la loro finalità afflittiva, punitiva, dissuasiva e non risarcitoria) nonché la circostanza che il legislatore ha previsto una duplicità di sanzioni, penali e amministrative, in relazione a medesimi fatti (idem factum). Rimane, dunque, da verificare la compatibilità dei due procedimenti sulla base del “criterio A & B”, quale eccezione al divieto del doppio processo. In proposito, è pacifica la prevedibilità della doppia sanzione, in quanto espressamente prevista dal legislatore, nonché la necessità di un esame “caso per caso” del rispetto della connessione temporale, non potendosi ritenere automaticamente esistente quest’ultima solo in ragione della circostanza che di norma il processo penale segue una verifica tributaria. Con riguardo, invece, alle restanti “condizioni materiali”, sembra corretto ritenere che queste non si realizzino nel sistema di “doppio binario” previsto dal legislatore tributario, contrariamente a quanto affermato con la sentenza 222/2019 della Consulta. Infatti, deve negarsi la sussistenza di una finalità complementare tra sanzioni penali e amministrative tributarie per la sola circostanza che esclusivamente le prime presuppongono il dolo, come si desume dalla sentenza in esame. Sembra dunque essere confermata la tesi di autorevole dottrina che nega la complementarità delle due sanzioni in materia tributarie, riscontrandone piuttosto una «sostanziale unità di spirito e di ratio» (MELIS, Il ne bis in idem, cit., 629) in ragione della identità del bene giuridico tutelato, non messa in crisi dalla previsione di una maggiore gravità della sanzione penale in ragione dei due elementi distintivi del dolo e delle soglie di punibilità. Del resto, le “frodi” tributarie sono sanzionate sia penalmente, sia con sanzioni amministrative, per le quali sono ora previste anche apposite aggravanti (cfr. artt. 1, comma 3 e 4, comma 4-bis del d.lgs. n. 471/1997 - tuttavia, nel senso della tendenziale “complementarità” tra sanzioni amministrative e penali cfr. Corte EDU, Goulandris and Vardinogianni Grecia, § 74). Neppure può condividersi l’affermazione secondo cui le sanzioni penal-tributarie avrebbero lo scopo di assicurare l’effettività della riscossione dei tributi, grazie agli strumenti premiali del sistema penale che presuppongono l’estinzione della obbligazione tributaria (interessi e sanzioni amministrative comprese). Tale argomento, infatti, esula dallo scopo proprio delle sanzioni penali, concernendo piuttosto la ratio degli istituti premiali in questione. Invero, gli effetti premiali previsti dal sistema penale in relazione all’estinzione dell’obbligazione tributaria (cfr. art. 13, 13-bis e 14 del d.lgs. n. 74/2000), così come il principio di specialità di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 74/2000, hanno una indubbia rilevanza in ordine alla verifica della “condizione materiale” della applicazione coordinata delle sanzioni, di modo che quella successiva tenga conto di quella irrogata precedentemente, al fine di garantire la proporzionalità complessiva della pena. Tuttavia, i richiamati effetti premiali non sembrano assicurare quel generalizzato coordinamento tra le sanzioni richiesto dal “criterio A & B”. Quest’ultimo, infatti, presuppone che il secondo giudice tenga conto della sanzione “irrogata” dal primo giudice e non solo di quella già “eseguita” o “definita”. Dunque, se sussiste un certo coordinamento in vista della proporzionalità complessiva della sanzione, non sembra che questo si realizzi nella generalità dei casi. Ad ogni modo, particolarmente evidente è la mancanza di “coordinamento” tra i procedimenti penale e tributario. Infatti, seppure sussista una certa circolazione del materiale probatorio tra i due processi, deve ribadirsi che i due procedimenti, penale e tributario, sono invero del tutto autonomi l’uno dall’altro sotto lo specifico profilo della valutazione delle prove, tanto che è costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità che è del tutto fisiologico che i due processi possano concludersi con esiti contrapposti, in ragione della differente disciplina in tema di prove e relative valutazioni (CHIARIZIA, Ne bis in idem europeo e autonomia del processo tributario: le contraddizioni della Cassazione, in Corr. Trib., 2018, 1098. L’autonomia dei due procedimenti è stata valorizzata ai fini della violazione del ne bis in idem nel caso Goulandris and Vardinogianni c. Grecia, § 76). I due processi, penale e tributario, si caratterizzano dunque per una spiccata autonomia nella valutazione delle prove che impedisce che tra essi si possa configurare, almeno in via di principio, quello stretto “coordinamento” sul piano della valutazione delle prove che sta alla base della stretta “connessione sostanziale” richiesta dal “criterio A & B”. Quanto sottolineato è particolarmente evidente nei casi – tutt’altro che infrequenti - in cui i due processi giungano a conclusioni opposte (assoluzione penale e conferma delle sanzioni amministrative irrogate o viceversa) oppure sostanzialmente difformi. Con la sentenza n. 21694/2020 sul caso Tiziano Ferro, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha cercato di attenuare gli attriti tra il “diritto vivente” e il principio del ne bis in idem, valorizzando l’art. 21 del d.lgs. n. 74/2000 per affermare che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” determina l’ineseguibilità definitiva della sanzione tributaria, ferma la necessità di valutare l’identità del “fatto”. Permane tuttavia la violazione del ne bis in idem sotto il profilo processuale, posto che la Cassazione, con la sentenza citata, ha mantenuto ferma l’esclusione della improcedibilità del procedimento amministrativo sanzionatorio in ragione dell’intervenuta sentenza penale irrevocabile di assoluzione ancorché pronunciata con la formula “perché il fatto non sussiste”. Si aggiunga che i rapporti tra i processi penale e tributario devono tenere in considerazione anche il principio della presunzione di innocenza di cui all’art. 6, par. 2 della CEDU. In tale prospettiva, la Corte di Strasburgo ha affermato che, in caso di assoluzione con “formula piena”, il relativo accertamento dei fatti non può essere rimesso in discussione, neppure ad opera di Autorità diversa da quella penale, quale il giudice tributario (Corte EDU, G.I.E.M. srl e altri c. Italia, CG, §§ 314 e 317; Kapetanios c. Grecia, §85; Melo Tadeu c. Portogallo, §46; Allen c. Regno Unito, §103; Šikić c. Croazia, §47; Vanjak c. Croazia, §41). Pertanto, in tal caso, l’assoluzione penale non può essere rimessa in discussione in sede tributaria, ritenendo dovute quelle maggiori imposte invece implicitamente ma inevitabilmente escluse in sede penale. Dunque, anche in relazione al rapporto tra sanzioni penali e amministrative tributarie, sembra corretto affermare – analogamente a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale in materia di diritto d’autore – che il sistema di “doppio binario” delineato dal legislatore non sia normativamente congegnato in modo da assicurare che i due procedimenti apprestino una risposta coerente e sostanzialmente unitaria agli illeciti tributari, poiché i due procedimenti per la medesima condotta materiale non sono strutturati per rispettare sistematicamente tutte le “condizioni materiali” del “criterio A & B”. Soprattutto, i due procedimenti seguono fisiologicamente percorsi autonomi, che solo occasionalmente si coordinano l’uno con l’altro, con la conseguente violazione del ne bis in idem in un numero indeterminato di casi. Ciò è ulteriormente aggravato dall’inserimento di taluni reati tributari nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato di cui al d.lgs. n. 231/2001, le cui sanzioni amministrative nei confronti degli enti, che hanno indubbia natura sostanzialmente penale in base ai “criteri Engel”, andranno a moltiplicare le fattispecie di cumulo di sanzioni per violazioni tributarie nei confronti del medesimo soggetto.