Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

19/09/2022 - Approvato il provvedimento per il riversamento dei crediti ricerca e sviluppo: rimangono dubbi ancora aperti

argomento: Attuazione del tributo - Legislazione e prassi

Il presente contributo analizza criticamente le indicazioni operative per aderire alla procedura introdotta dall’art. 5, co. 7-12, del D.L. 146/2021 per il riversamento del credito ricerca e sviluppo (ex art. 3 del D.L. 145/2013 e succ. mod.) indebitamente compensato, previste dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n.188987 del 1.6.2022. Viene esposta un’analisi dei tratti essenziali del Provvedimento, il quale, se pure ha risolto alcuni dubbi che la legge aveva sollevato, contiene profili di incertezza ancora da chiarire. In particolare, viene evidenziato come il Provvedimento pare timidamente confermare la possibilità di revocare la richiesta di sanatoria prima del perfezionamento della procedura, ma manca ancora la disciplina di raccordo quanto agli effetti del riversamento sugli atti impositivi già emessi e sui giudizi già in corso al 22 ottobre 2021. Nel caso di accertamento, successivamente alla presentazione del modello, della mancanza dei requisiti per accedere al riversamento, l’intera procedura non si perfeziona e potrebbe altresì comportare implicazioni penali non trascurabili. Inoltre, non è previsto alcun meccanismo di “remissione” o di “ripristino” della procedura di riversamento se, a seguito del giudizio eventualmente instaurato dal contribuente, la ricostruzione dell’Agenzia non dovesse essere confermata.

PAROLE CHIAVE: riversamento - ricerca e sviluppo - credito d’imposta - buona fede


di Antonio Viotto

  1. Tratti essenziali del riversamento del credito ricerca e sviluppo (DL 146/2021)

Con il Provvedimento n. 188987 del 1.6.2022 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni operative per aderire alla procedura introdotta dall’art. 5, co. 7-12, del D.L. 146/2021 per il riversamento del credito ricerca e sviluppo (ex art. 3 del D.L. 145/2013 e succ. mod.) indebitamente compensato.

Il perimetro della sanatoria è limitato alle spese sostenute ritenute non agevolabili e prevede lo stralcio delle sanzioni amministrative, degli interessi nonché l’esimente da sanzioni penali per il delitto di indebita compensazione. Il provvedimento ha altresì approvato il modello e le istruzioni della domanda da presentare per procedere al riversamento del credito.

La procedura è riservata a coloro che intendono riversare il credito maturato in uno o più periodi d’imposta a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 e utilizzato indebitamente in compensazione alla data del 21 ottobre 2021, data di entrata in vigore del suddetto decreto.

La sanatoria è ammessa per crediti calcolati su attività realmente svolte e con spese realmente sostenute correlate ad “attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili”. Inoltre, la sanatoria è ammessa nei casi di errori commessi:

  • nella “quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità”;
  • nella “determinazione della media storica di riferimento”;
  • nel calcolo logico-matematico che porta alla determinazione del credito.

Per aderire alla procedura è necessario:

  • presentare il modello denominato “Richiesta di accesso alla procedura di riversamento del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo” entro il 30 settembre 2022;
  • eseguire il riversamento del credito indebitamente compensato entro il 16 dicembre 2022 in un’unica soluzione oppure in tre rate annuali di pari importo, da corrispondere rispettivamente entro il 16 dicembre 2022, 16 dicembre 2023 e 16 dicembre 2024. Nel caso di versamento rateale la seconda e la terza rata dovranno essere maggiorate degli interessi al tasso legale calcolato a decorrere dal 17 dicembre 2022.

Il Provvedimento ha risolto – sia pure pervenendo a conclusioni non sempre condivisibili – alcuni dubbi che – come ho avuto modo di evidenziare in un recente scritto in corso di pubblicazione nella Rivista Trimestrale di Diritto Tributario – la legge aveva sollevato; mentre altri profili rimangono ancora da chiarire, come ora vedremo.

  1. Le attività agevolabili e gli aspetti procedurali

Dalla lettura del Provvedimento emergono delle considerazioni critiche di carattere generale che già erano emerse in sede di pubblicazione del D.L. 146/2021. In particolare, l’assenza di un’espressa definizione normativa del perimetro dell’agevolazione correlata alle attività di ricerca e sviluppo, nel contesto del D.L. 145/2013, pone gli imprenditori, che si trovano a dover scegliere se aderire o meno alla procedura, di fronte ad una opzione sostanzialmente “al buio”, senza poter disporre di un parametro normativo per stabilire se la decisione a suo tempo assunta di avvalersi del credito sia corretta o meno ed in particolare senza sapere se, con riferimento al menzionato D.L. 145/2013, rilevino o meno le prescrizioni contenute nel c.d. Manuale di Frascati.

Con riferimento poi ai risvolti procedurali, il D.L. 146/2021 non prevedeva una risposta dell’Agenzia tra il momento della presentazione del modello per il riversamento e quello del pagamento, né disciplinava specificamente un’attività di controllo da parte dell’Agenzia con specifici termini di decadenza per eventuali contestazioni. Il Provvedimento non interviene su questi profili, ma si limita a prevedere che l’avvenuta trasmissione del modello sia attestata dalla ricevuta rilasciata entro i successivi cinque giorni lavorativi rispetto a quello del corretto invio del file. Inoltre, in caso di scarto del modello, il soggetto che ha curato la trasmissione riceve telematicamente una comunicazione e sarà necessario inviare nuovamente il modello entro i cinque giorni successivi. La procedura così delineata è quindi idonea a generare delle criticità tutte le volte in cui lo scarto del modello dovesse pervenire dopo la scadenza del termine del 30 settembre 2022, fissato per la presentazione della domanda, imponendo di fatto ai contribuenti di anticipare il momento dell’invio telematico e determinando, di conseguenza, un surrettizio accorciamento del termine a disposizione.

In aggiunta, non è prevista l’integrazione di una domanda già trasmessa; per correzioni o integrazioni è richiesto l’invio di una nuova domanda nella quale si deve barrare la casella “istanza sostitutiva” presente sul modello, il quale dovrà essere compilato in ogni quadro ed inviato sempre entro il 30 settembre 2022.

Per quanto riguarda la possibilità da parte del contribuente di revocare la richiesta di sanatoria prima del perfezionamento della procedura, ovvero prima del riversamento dell’unica rata o prima del versamento della prima rata al 16 dicembre 2022, il Provvedimento pare timidamente confermarne l’attuabilità. È infatti previsto, al punto 9.3, che, in caso di mancato perfezionamento della procedura, con riferimento a fattispecie diverse da quelle di cui al successivo punto 9.4, come pure in caso di mancanza dei requisiti di accesso (che potrebbero consistere nell’utilizzo della sanatoria con riferimento a crediti maturati prima del 2014 o dopo il 21 dicembre 2019, ovvero in presenza di una delle fattispecie di esclusione di cui al comma 8 dell’art. 5 del D.L. 146/2021), la richiesta non produce i suoi effetti. In questo caso l’ufficio procederà con le ordinarie attività istruttorie per verificare la necessità di operare un recupero del credito tramite le ordinarie procedure di accertamento.

Ora, al punto 9.4, risulta confermato che, in caso di opzione per il versamento rateale, il mancato pagamento di una rata impedisce il perfezionamento della procedura e legittima l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, con applicazione delle sanzioni maggiorate (30% degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dalla data del 17 dicembre 2022). Per dare un senso alla disposizione contenuta nel punto 9.3 (laddove si riferisce al “mancato perfezionamento della procedura, con riferimento a fattispecie diverse da quella di cui al successivi punto 9.4”) mi pare che la disposizione del punto 9.4 debba riferirsi al mancato pagamento delle rate successive alla prima.  A sostegno di tale tesi, peraltro, militano anche il riferimento ai “residui” importi dovuti e la circostanza che in caso di versamento in un’unica soluzione non è prevista l’iscrizione a ruolo, qualora il contribuente non paghi quanto risultante dalla domanda. Pertanto, i casi di mancato perfezionamento della procedura previsti dal punto 9.3 dovrebbero consistere in quelle situazioni nelle quali, dopo aver presentato la domanda, il contribuente decida di non versare l’unica rata o la prima rata entro il 30 settembre 2022, determinando così l’abbandono e la revoca della richiesta formulata. Sicché, dovrebbe essere confermata l’ipotesi (che avevo formulato nel mio precedente intervento) che l’irrevocabilità e il vincolo del pagamento con riferimento all’esercizio dell’opzione dovrebbero scattare solo dopo il versamento della prima rata.

  1. Esclusioni e limitazioni

Il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che la procedura di riversamento è preclusa nel caso in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia già stato oggetto di un atto di recupero crediti o di altri provvedimenti impositivi divenuti definitivi al 22 ottobre 2021, ovvero “non più soggetti a impugnazione o definiti con il pagamento o con altra forma di definizione oppure oggetto di pronunce passate in giudicato”.

È obbligatorio il pagamento in un’unica soluzione qualora si intendano riversare i crediti accertati con un atto di recupero o impositivo non definitivo al 22 ottobre 2021 ovvero a seguito di consegna di un processo verbale di constatazione entro la stessa data. Pertanto, la notifica al 22 ottobre 2021 di atti istruttori diversi dal processo verbale di constatazione non impedisce la facoltà di rateizzare.

Manca ancora la disciplina di raccordo quanto agli effetti del riversamento sugli atti impositivi già emessi e sui giudizi già in corso al 22 ottobre 2021.

Il Provvedimento si preoccupa di stabilire che, nel caso di contribuenti che abbiano già provveduto al versamento in tutto o in parte del credito recuperato, in forza di atti impositivi già notificati, ancorché non definitivi, “dall’importo si scomputano le somme già versate, […] senza tener conto delle sanzioni e degli interessi”. Si tratta di una decisione assai discutibile, assunta dall’Agenzia in assenza di un’indicazione normativa, la quale finisce col rendere, senza motivo, più onerosa la sanatoria, in ragione di eventi precedenti, che non dipendono dalla volontà del contribuente, ma dalle regole che attengono alla riscossione in pendenza di giudizio.

Il che comunque non esclude che, una volta perfezionata la procedura di riversamento, l’Agenzia debba procedere al rimborso di quanto in precedenza percepito a titolo di sanzioni e interessi, in forza di un atto non ancora divenuto definitivo, giacché tali somme sarebbero da qualificare come indebitamente versate, proprio in ragione della sanatoria perfezionata dal contribuente.

Con riferimento poi ad eventuali atti di contestazione o di recupero crediti che dovessero essere notificati dopo il 22 ottobre 2021, dal Provvedimento si evince che gli stessi non assumono rilevanza ai fini della procedura di regolarizzazione, nel senso che il soggetto potrà comunque avvalersi della sanatoria. Ciò in quanto è prevista nel Provvedimento, la possibilità di optare per la rateizzazione anche nel caso in cui il contribuente sia stato interessato da atti di recupero o atti impositivi, notificati successivamente al 22 ottobre 2021, ovvero da constatazione contenuta in un processo verbale di constatazione consegnato successivamente a tale data. Tale previsione conferma, dunque, implicitamente che la notifica dei summenzionati atti in un periodo successivo al 22 ottobre 2021 non costituisce causa ostativa alla richiesta di accesso alla procedura.

Si tratta di un’indicazione condivisibile, che evita tutta una serie di criticità dal punto di vista costituzionale (sulle quali mi sono ampiamente soffermato nel mio precedente scritto), che ammette i contribuenti al riversamento, anche se questo non potrebbe essere considerato propriamente “spontaneo”, mantenendo comunque una sua utilità in chiave deflattiva del contenzioso.

  1. Mancanza dei requisiti, accertamento e condotte fraudolente

Nel caso di accertamento, successivamente alla presentazione del modello, della mancanza dei requisiti per accedere al riversamento, l’intera procedura non si perfeziona. Tuttavia, non è previsto alcun meccanismo di “remissione” o di “ripristino” della procedura di riversamento se, a seguito del giudizio eventualmente instaurato dal contribuente, la ricostruzione dell’Agenzia non dovesse essere confermata.

La questione è particolarmente delicata nel caso di successivo accertamento di “condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentino operazioni inesistenti e della mancanza di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta”: in tali circostanze la norma stabilisce che la regolarizzazione è preclusa, il che significa che non si producono gli effetti premiali della sanatoria, in termini di stralcio delle sanzioni amministrative e degli interessi, e che “le somme già versate vengono trattenute a titolo di acconto sugli importi dovuti” (secondo il Provvedimento,  peraltro, tale effetto di trattenimento dovrebbe riguardare tutte le fattispecie qui sopra indicate).

Inoltre, il disconoscimento del riversamento, anche laddove non dipenda dalla contestazione di una condotta fraudolenta, potrebbe avere anche implicazioni penali, posto che comporterebbe il mancato riconoscimento della causa di non punibilità del reato di indebita compensazione prevista dalla procedura di regolarizzazione.

Pertanto, è chiaro che, da un lato, la decisione dell'Agenzia di negare l'accesso alla sanatoria deve essere attentamente soppesata per le ripercussioni che può avere sul versante penale, e, dall’altro lato, il giudizio destinato ad instaurarsi avverso l’eventuale atto di diniego di accesso alla sanatoria – atto che sarebbe pacificamente impugnabile, anche laddove notificato separatamente dall’atto di recupero del credito – sarebbe un giudizio particolarmente delicato, il cui esito è destinato ad intrecciarsi – forse in modo più stretto di quanto avvenga normalmente nei casi di contestazioni tributarie aventi risvolti penali - con quello del procedimento penale.

In termini più generali, i rapporti tra la procedura di riversamento e le vicende che attengono al versante penale debbono consigliare una particolare prudenza.

Vero è che la sanatoria produce anche l’effetto della non punibilità del reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000, ma vero è altresì che permane, in capo all’Agenzia, il generale obbligo, di cui all’art. 331 c.p.p., di effettuare la comunicazione della notizia di reato alla Procura della Repubblica, allorquando ravvisi nel comportamento del contribuente gli estremi dell’illecito di rilevanza penale. A questo proposito, va segnalato che il punto 9.2 del Provvedimento impone agli uffici di procedere alla comunicazione all’Autorità Giudiziaria, in tutti i casi in cui “dall’istanza risultino elementi rilevanti relativi alla violazione dell’art. 10-quater”, anche qualora la procedura si sia perfezionata. Sicché pare inevitabile che sulla sussistenza della causa di non punibilità debba essere chiamata a pronunciarsi l’Autorità Giudiziaria, il che determinerà un ulteriore – e, per la maggior parte dei casi, inutile – aggravio di lavoro per le Procure.

Nel caso di specie, peraltro, stando al Provvedimento e al Modello approvato, il contribuente stesso è tenuto a dare indicazione nel dettaglio “dei periodi di imposta di maturazione e di utilizzo del credito, degli importi del credito maturato e da riversare, dei motivi del riversamento […], nonché di tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili, degli estremi di eventuali atti istruttori, atti di recupero o provvedimenti impositivi di cui al comma 12  dell’articolo 5 del decreto”. Ciò significa che l’istanza può trasformarsi in una sorta di autodenuncia del contribuente, foriera di conseguenze sul versante penale, non solo nel caso in cui questi abbia posto in essere comportamenti fraudolenti, ma anche qualora si pongano questioni meno gravi, attinenti ad esempio alla documentabilità del sostenimento delle spese, ovvero qualora il contribuente, per i motivi più disparati, non riesca a far fronte all’obbligo di pagamento delle rate successive alla prima.