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G. Giappichelli Editore

17/12/2020 - POST: Rottamazione delle cartelle esattoriali: una causa di non punibilità?

argomento: Sanzioni e contenzioso - Giurisprudenza

 La Corte di Cassazione si pronuncia in merito al sequestro preventivo disposto nei confronti dei beni di un soggetto indagato per il reato di cui all’art. 10-quater, c. 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. In particolare la Suprema Corte ritiene che con la rottamazione delle cartelle esattoriali venga meno il profitto del reato e, quindi, l’oggetto del sequestro preventivo. La giurisprudenza di legittimità sembra dunque orientarsi nel riconoscere alla rottamazione una causa di non punibilità

» visualizza: il documento (Cass. pen. sez. III sentenza n. 35175 del 22 settembre 2020) scarica file

PAROLE CHIAVE: reati tributari - sequestro preventivo - rottamazione - estinzione del reato - causa di non punibilità


di Francesco Martin

  1. Gli artt. 13 e 13-bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 disciplinano le procedure speciali conciliative e di adesione all’accertamento previsto dalle norme tributarie, ed il cui pagamento da parte del contribuente costituisce una causa di non punibilità per i reati di riscossione, mentre integra una circostanza attenuante per i reati previsti dal D.Lgs. 74/00.

In sintesi l’art. 13, c. I, D.Lgs. 74/00, consente la non punibilità dei delitti di omesso pagamento e di indebita compensazione realizzata mediante crediti non spettanti in presenza del pagamento dell’imposta dovuta, unitamente ad interessi e sanzioni, da chiunque compiuto, purché prima dell’apertura del dibattimento.

Il secondo comma del medesimo articolo concerne i delitti di infedele ed omessa dichiarazione, richiedendo per la loro non punibilità che, prima della conoscenza formale dell’inizio di un accertamento tributario o penale, il contribuente o il reo correggessero o presentassero tout court la dichiarazione – nei limiti dell’ultratardività – dei redditi, dell’iva o del sostituto e pagassero gli importi dovuti, comprensivi di interessi e sanzioni (INGRASSIA A., Le criticità della non punibilità tributaria davanti ad un interrogativo cruciale: e se punire meno significasse tutelare meglio?, in Riv. dir. trib., 24.06.20).

L’art. 13 del DLgs. 74/00 ha quindi reso – in determinati casi e per determinate fattispecie – l’estinzione del debito tributario una causa di non punibilità.

Per i reati ricompresi nella disposizione, ovvero laddove non ricorrano i presupposti richiesti dal legislatore, il pagamento potrà valere solo come circostanza attenuante della pena.

Si tratterà di un’attenuante speciale, ai sensi dell’art. 13-bis del DLgs. 74/00, laddove il pagamento avvenga in forma integrale, ivi comprese sanzioni amministrative e gli interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

In particolare poi, come noto, la definizione agevolata prevede la possibilità estinguere i debiti iscritti a ruolo contenuti nelle cartelle di pagamento, versando le somme dovute senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. Sono da aggiungere a quanto dovuto le somme maturate a favore dell’Agente della riscossione a titolo di aggio, di spese per procedure esecutive e di diritti di notifica.

A livello normativo tale operazione trova la propria disciplina in alcune disposizioni speciali quali l’art. 6 D.L. n. 193 del 2016 che ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle).

Successivamente, l’art. 1 D.L. 16 ottobre 2017, n. 148 ha prorogato il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione  per l’anno di imposta 2016 e ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (BELLI CONTARINI E, La rottamazione delle cartelle esattoriali e delle liti tributarie ed eventuali riflessi penali, in Riv. trim. dir. trib., 07.12.17)

Con l'art. 3 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 è stata introdotta la Rottamazione-ter, ossia la terza edizione della sanatoria delle cartelle di pagamento e degli accertamenti esecutivi o avvisi di addebito, che comporta lo stralcio degli interessi di mora e delle sanzioni amministrative prevedendo - a seguito del pagamento dell’importo iscritto a ruolo - l’estinzione del debito fiscale senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. Per usufruire della Rottamazione-ter, l’art. 3 del D. L. n. 119/18 ha previsto la scadenza del 30 aprile 2019 come termine ultimo per presentare la dichiarazione di adesione (CEROLI P., Cartelle esattoriali, in iltributario, 27.12.19).

Successivamente, il D.L. 30 aprile 2019, n. 34 convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019 n. 58, ha riaperto i termini per aderire alla Rottamazione-ter, fissando la nuova scadenza per presentare la domanda di adesione al 31 luglio 2019.

In definitiva la procedura della rottamazione consente al contribuente inadempiente di regolarizzare la sua posizione con l’Erario e, con particolare riferimento alle ricadute sul versante di matrice penale, il pagamento del debito tributario, sia pure in forma parziale, cioè con defalcazione legale delle sanzioni e della mora,  risulta idoneo ad attivare glieffetti premiali previsti dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

In tal senso una parte della dottrina (BELLI CONTARINI E, La rottamazione delle cartelle esattoriali e delle liti tributarie ed eventuali riflessi penali, in Riv. trim. dir. trib., 07.12.17) ritiene che la disciplina della rottamazione dei carichi e delle liti fiscali non contempli una norma specifica sugli effetti premiali penali, come invece è avvenuto per le precedenti disposizioni in tema di condono (L. 27 dicembre 2002, n. 289) e di collaborazione volontaria ex L. 15 dicembre 2014, n. 186.

Si evidenzia tuttavia la contraddittorietà insita nel fatto che il perfezionamento di tali definizioni agevolate, dal quale consegue l’estinzione del debito fiscale, non comporti effetti premiali analoghi a quelli concessi in relazione agli altri speciali accordi stipulati con l’Agenzia delle entrate.

Pertanto, nella misura in cui la rottamazione comporta comunque l’estinzione di un debito tributario, il cui inadempimento ha dato luogo all’ipotesi di reato e che successivamente con la rottamazione si estingue a condizione che questo avvenga nel termine prestabilito dal D.Lgs. 74/00 (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado), anche tale definizione agevolata dovrebbe esplicare effetti positivi riflessi sul versante penale.

 

 

  1. Orbene, evidenziata in tal senso la disciplina della rottamazione nonché le conseguenze in ambito penale, è ora opportuno soffermarsi su una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. VI, 10.12.20, n. 35175), la quale si è pronunciata in tema di sequestro finalizzato alla confisca e rottamazione.

La pronuncia origina dal ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese contro l’ordinanza emessa dal Tribunale di Varese, in veste di giudice del riesame, il quale aveva rigettato l’appello del P.M. avverso l’ordinanza - del Giudice per le indagini preliminari - di revoca del sequestro preventivo disposto con decreto sui beni dell’indagato, per il reato di cui all’art. 10-quater, c 2, D.Lgs. 74/00 per l’anno di imposta 2006.     

Con il primo motivo di impugnazione, il Pubblico ministero lamentava il vizio di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione, mentre con un secondo motivo evidenziava il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 12-bis e 13, D.Lgs. 74/2000, nonché il vizio di motivazione sul punto.

La Corte di Cassazione, nella motivazione, detta preliminarmente i requisiti necessari per presentare il ricorso contro le ordinanze emesse in tema di sequestro preventivo o probatorio.

Il Supremo consesso ritiene, richiamando un orientamento consolidato in giurisprudenza (Cass. pen., SS.UU., 29.05.08, 25932), che tale ricorso sia ammesso solo per violazione di legge, dovendosi comprendere in tale nozione sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

Venendo poi al caso de quo i giudici di legittimità ritengono che il provvedimento del Tribunale abbia ben recepito il principio in materia tributaria espresso in diverse pronunce, rilevando come il fumus dei reati in accertamento sia venuto meno in quanto il soggetto ha effettuato la rottamazione delle cartelle di cui al debito fiscale. Difatti, sic et simpliciter, con la rottamazione viene meno il profitto del reato e, quindi, l’oggetto del sequestro preventivo.

Infine, conclude la Suprema Corte dichiarando inammissibile il ricorso, l’avvenuta rottamazione delle cartelle e la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia sono certamente elementi nuovi, che escludono la preclusione cautelare prospettata dal ricorrente P.M., in quanto le precedenti ordinanze non si erano pronunciate sul punto, se non in modo generico, come evidenziato nell’ordinanza impugnata.

 

  1. La sentenza in esame manifesta tutta la sua portata innovativa in quanto afferma che l’estinzione del debito tributario, attraverso la rottamazione, è idonea a determinare la non punibilità per i reati tributari, trattandosi comunque di una speciale procedura. Inoltre, poiché l'amministrazione finanziaria non ha più nulla da pretendere, viene meno il profitto del reato, con la conseguenza che l’eventuale sequestro disposto è illegittimo.

Orbene qualora tale principio dovesse trovare conferma nella giurisprudenza di legittimità sarebbe logico, coerente ed anche doveroso che, vista la ratio sottesa agli istituti, cioè la definizione del contenzioso tributario mediante un accordo tra contribuente e Agenzia delle entrate, tale principio venisse esteso anche ai casi di accordo in adesione e transazione fiscale.

Entrambe le procedure infatti comportano, con le dovute differenze, la possibilità per il contribuente di usufruire di una riduzione delle sanzioni amministrative - nel caso dell’accordo in adesione - ovvero - nel caso della transazione fiscale - di usufruire di una procedura per mezzo della quale è possibile, per contribuente che versi in conclamato stato di crisi, accordarsi con il soggetto riscossore in deroga al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito tributario da parte dell'Amministrazione finanziaria. Tale procedura è assimilabile ad una vera e propria transazione finanziaria mediante la quale il contribuente può ottenere una ristrutturazione del proprio debito fiscale attraverso una rateizzazione a scadenze multiple e prefissate nel tempo (c.d. transazione fiscale dilatoria), oppure mediante la falcidia del debito, ossia la decurtazione di una parte di esso (c.d. transazione fiscale remissoria).

A ben veder quindi, data la sussistenza di effetti premiali, da un lato, e di un accordo tra il contribuente l’Agenzia delle entrate, dall’altro, in tutti e tre gli istituti menzionati (rottamazione, accordo in adesione e transazione fiscale), non parrebbero prime facie sussistere degli elementi ostativi per estendere il principio espresso dalla Corte di Cassazione anche nelle ipotesi di accordi diversi dalla rottamazione.

La Suprema Corte ha delineato il sentiero, ai giuristi il compito di percorrerlo.