Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

20/11/2020 - POST: Caso Vikingo: la Corte di Giustizia aggiunge un tassello alla tutela del diritto di detrazione

argomento: IVA - Giurisprudenza

La Corte di Giustizia - ripercorrendo i propri precedenti e il noto orientamento per cui il diritto di detrazione può essere negato allorché l’Amministrazione finanziaria provi che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere che le operazioni si iscrivevano in un’evasione Iva - compie un ulteriore passo verso la difesa del principio di neutralità: nemmeno l’inattendibilità delle fatture di acquisto, a determinati condizioni, può precludere il diritto di detrazione.

» visualizza: il documento (CdG 3 settembre 2020 (Caso C-610/19)) scarica file

PAROLE CHIAVE: detrazione IVA - neutralità - effettività - principio di proporzionalità


di Silvia Giorgi

  1. Con la sentenza 3 settembre 2020 (Caso C-610/19), la Corte di

Giustizia compie un ulteriore balzo in avanti nella salvaguardia del diritto di detrazione (F. Montanari, Le operazioni esenti nel sistema dell’Iva, Torino 2013), collocandolo nel sistema dei principi europei di neutralità, effettività e proporzionalità.

Il caso vede un operatore ungherese, la Vikingo, dedita al commercio all’ingrosso di dolciumi, concludere un contratto per l’acquisto di macchinari dal fornitore Freest, con la previsione, per quest’ultimo di avvalersi di sub-fornitori. I macchinari vengono acquistati da Freest da altra società, la quale, a sua volta, li aveva acquistati da un’altra società. Vikingo esercita, comunque, il diritto di detrazione in relazione alle fatture emesse da Freest; tuttavia, secondo l’Amministrazione finanziaria ungherese, i macchinari sono stati acquistati presso un soggettoonosciuto, cosicché le operazioni non si potevano considerare effettuate né fra le persone identificate nelle fatture, né nel modo indicato nelle medesime.

Oggetto del rinvio pregiudiziale al Giudice europeo è, pertanto, la compatibilità di una prassi nazionali in base alla quale l’amministrazione finanziaria nega ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA pagata per acquisti di beni che gli sono stati ceduti adducendo che le fatture relative a tali acquisti sono inattendibili, poiché, in primo luogo, la fabbricazione di tali beni e la loro cessione, in assenza dei mezzi materiali ed umani necessari, non hanno potuto essere effettuate dall’emittente di tali fatture e detti beni sono stati pertanto acquistati in realtà presso una persona non identificata; in secondo luogo, le norme nazionali in materia di contabilità non sono state rispettate; in terzo luogo, la catena di cessioni sfociata in detti acquisiti non era giustificata sotto il profilo economico e, in quarto luogo, talune irregolarità hanno inficiato determinate operazioni anteriori facenti parte di tale catena di cessioni.

 

  1. La Corte, ripercorrendo i propri precedenti, ribadisce numerosi principi che complicheranno, non poco, l’attività delle Amministrazioni finanziarie degli Stati membri nell’attività di recupero dell’Iva a fronte di frodi (per una ricostruzione sistematica A. Giovanardi, Le frodi Iva. Profili ricostruttivi, Torino, 2013).

In primo luogo, il fatto che i beni interessati non siano stati fabbricati e ceduti dall’emittente delle fatture né dal subfornitore del medesimo (poiché questi ultimi non disporrebbero dei mezzi umani e materiali necessari) non è sufficiente per concludere nel senso dell’inesistenza delle cessioni di beni in questione e per escludere il diritto a detrazione fatto valere dalla Vikingo, poiché tale fatto può conseguire sia ad una dissimulazione fraudolenta dei fornitori sia al semplice ricorso a subfornitori.

In secondo luogo, viene ripreso il noto metro dell’operatore che sapeva o avrebbe dovuto sapere che le operazioni si iscrivevano in un’evasione Iva, ribadendosi che incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di accertare detto elemento soggettivo al fine di disconoscere il diritto di detrazione.

In terzo luogo, non si può gravare  il soggetto passivo di controlli complessi, trasferendo su di esso adempimenti di competenza dell’Amministrazione stessa (verifica che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto abbia la qualità di soggetto passivo, che disponga dei beni di cui trattasi e sia in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, né si può esigere che il soggetto passivo disponga di documenti a tale riguardo).

Da ultimo, la Corte aggiunge alcuni elementi di novità rispetto all’ormai consolidato orientamento sul tema, rispetto al fumus di evasione nel caso di operazioni a catena. Ritiene, in particolare, che l’irrazionalità economica della catena di operazioni o la semplice mancanza di giustificazioni ragionevoli non posso considerarsi sintomatiche di un’evasione; ciò anche qualora uno dei partecipanti a tale catena non abbia adempiuto i propri obblighi fiscali. Il che, sul versante probatorio, induce a concludere che non si può esigere che il soggetto passivo fornisca elementi che comprovino tutte le operazioni realizzate da tutti i partecipanti alla catena, nonché l’attività economica di tali partecipanti, trattandosi di oneri dimostrativi incombenti sull’Amministrazione finanziaria.

In conclusione, il diritto europeo, e, in particolare la Direttiva 2006/112/CE osta alla prassi dell’Amministrazione ungherese di disconoscere il diritto di detrazione a fronte dell’inattendibilità delle fatture di acquisto per le ragioni sopra descritte.

 

  1. La sentenza è di un certo interesse in quanto, pur ribadendo un indirizzo ormai consolidato del medesimo Giudice europeo, rafforza ulteriormente la tutela del soggetto passivo, presidiando il diritto di detrazione anche a fronte di fatture “inattendibili”. Tra le righe, la Corte sembrerebbe spingersi a salvaguardare il diritto di detrazione anche a fronte di fatture soggettivamente inesistenti (posto che, da quanto è dato comprendere dalla descrizione dei fatti di causa, i macchinari ceduti non potevano né essere stati prodotti né ceduti dall’emittente), purché le cessioni siano effettivamente avvenute dal punto di vista oggettivo e i beni siano stati effettivamente utilizzati dal cessionario a valle ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta. Al contempo sono irrilevanti tanto l’eventuale irragionevolezza economica della catena di forniture a monte, quanto eventuali inadempimenti fiscali dei partecipanti, imponendosi elementi ulteriori – il cui onere probatorio grava sull’Amministrazione – ai fini della prova di un fenomeno evasivo.

Peraltro, la sentenza, pur non esprimendosi sul punto, non può che condividersi anche in ragione del fatto che l’Amministrazione potrebbe acquisire gli elementi nella disponibilità di soggetti terzi – partner commerciali del contribuente - attraverso gli strumenti di cooperazione internazionale. Sarebbe, dunque, illegittimo disconoscere il diritto di detrazione per la mancata conoscenza e prova, da parte dell’operatore economico, di circostanze non rientranti nella sua sfera di “disponibilità” e “prossimità” e, all’opposto, più facilmente accessibili da parte dell’Amministrazione finanziaria.  senza gravare il contribuente di un onere probatorio rispetto a fatti