Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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Problemi (veri e) presunti della disciplina cfc (appunto a) (di Daniele Canè, Ricercatore di Diritto tributario, Università degli Studi dell’Insubria)


La decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano conferma le difficoltà di applicare gli schemi della fiscalità societaria a redditi prodotti in altri Paesi. Si alimentano così i contrasti fra posizioni pro-contribuente e “fiscaliste”, che distorcono modelli normativi pur teoricamente coerenti e riducono la stessa attuazione della legge d’im­posta a composizione di interessi confliggenti, secondo una visione superata del rapporto d’imposta.

Parole chiave: imposta sui redditi; normativa CFC; utili distribuiti.

(Real and) alleged problems of cfc legislation (notes on)

The decision of the Provincial Tax Court of Milan confirms that difficulties persist in applying corporate taxation schemes to foreign-sourced income. This fuels a conflict between pro and against taxpayer positions, which in turn distorts the application of legal tax patterns per se theoretically coherent.

Keywords: income taxation; CFC legislation; dividends.

1. Questa decisione offre un buon esempio di come regole pur correttamente intese possano trovare cattiva applicazione, se non altrettanto ben inquadrate nel sistema normativo cui appartengono – come succede quando non sono chiari i modelli impositivi di riferimento, soprattutto in settori specialistici come la fiscalità societaria. Ci ricorda, inoltre, come quei modelli vengano deformati nell’applicazione pratica, se ad interpretazioni “fiscaliste”, che tutelano le esigenze finanziarie dello Stato, se ne oppongono di altrettanto sbilanciate a favore del contribuente. Rispetto ai grandi problemi di oggi, si tratta forse di questioni assai tecniche e liminari, che interessano relativamente pochi contribuenti. Conviene tuttavia occuparsene proprio per il contrasto che si è venuto a creare, frutto delle difficoltà dell’interprete rispetto a discipline che, nell’applicazione giurisprudenziale, finiscono spesso per allontanarsi dagli schemi normativi. Ne risulta un ridimensionamento della stessa giustizia tributaria, volta in questo contesto non all’imparziale attuazione della legge d’imposta, ma alla composizione di interessi confliggenti. 2. Il contrasto riguardava la disposizione che considera non imponibili, presso il socio residente, gli utili distribuiti da una controllata non residente fino all’ammontare del reddito già assoggettato a tassazione, sempre presso il socio, in base alla normativa sulle società controllate estere (o CFC; art. 167, comma 7, D.P.R. n. 917/1986). È noto che questa normativa, riscritta tra il 2015 e il 2019 (Corasaniti, L’evoluzione normativa in tema di CFC e di tassazione dei dividendi e delle plusvalenze provenienti da regimi fiscali privilegiati, in Riv. g. fin., 2019, p. 723), prevede l’imputazione al socio del reddito prodotto dalla controllata estera al ricorrere di certe condizioni, che non occorre qui approfondire. È invece bene ricordare che quel reddito – che non sarebbe altrimenti tassabile in Italia fino a che non è distribuito – è imputato pro quota al socio nel periodo di produzione e a prescindere dalla percezione, secondo un meccanismo concepito per i redditi prodotti in forma associata ed esteso per fini antielusivi a talune società estere, cui di regola non si applicherebbe (v. OECD (2015), Designing Effective Controlled Foreign Company Rules, Action 3, Paris, p. 65). Sicché, quando gli utili sono poi distribuiti, bisogna evitarne una seconda imposizione sempre sul socio, per intuibili ragioni di eguaglianza e rispetto della capacità contributiva ben impresse nel sistema (v. art. 163, TUIR, per cui non si può applicare la stessa imposta per lo stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi, e, negli stessi termini, l’art. 67, D.P.R. n. 600/1973). Il comma 7 – oggi 10, dopo la riformulazione del 2019 [continua..]
Fascicolo 2 - 2022