Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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Illegittimità della procedura di liquidazione automatizzata delle imposte risultanti dall´applicazione della normativa in materia di società di comodo (di Ernesto-Marco Bagarotto, Ricercatore a t.d./B di Diritto tributario, Università di Urbino Carlo Bo)


La Suprema Corte ha ritenuto illegittima l’emissione di una cartella di pagamento, a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, volta a contestare le maggiori imposte determinate in applicazione della normativa sulle cd. società di comodo, nel caso di mancato superamento del test di operatività.

Parole chiave: controllo automatizzato; cartella di pagamento; società di comodo; test di operatività.

Illegality of the use of the “automated procedure” to collect taxes due according to the shell company law

The Supreme Court stated that it is unlawful to issue a tax bill following automated control pursuant to art. 36-bis of the Presidential Decree n. 600 of 1973, aimed at challenging the higher taxes calculated in application of the legislation on the so-called shell company.

Keywords: automated control; tax bill; shell company; shell company test.

1. L’ordinanza, 29 dicembre 2021, n. 41480 affronta un caso in cui l’Am­ministrazione finanziaria ha adottato la procedura disciplinata dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 (c.d. controlli automatizzati) per richiedere maggiori imposte determinate in applicazione della normativa sulle cd. società di comodo (o società non operative), contenuta nell’art. 30 della L. n. 724/1994, ad un contribuente che non aveva superato il cd. test di operatività. Il contribuente impugnava la cartella di pagamento ricevuta, contestando, tra le altre cose, l’illegittimità della procedura seguita dall’Amministrazione finanziaria, ritenendo che questa avrebbe potuto muovere la propria contestazione solamente mediante avviso di accertamento. Nei primi due gradi di giudizio le doglianze del contribuente venivano respinte. Il contribuente, pertanto, proponeva ricorso per cassazione invocando – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973. 2. Come noto, l’art. 30 della L. n. 724/1994 prevede che si considerino non operative le società che – assumendo i dati medi dell’esercizio e del biennio precedente – conseguono componenti positivi di reddito inferiori a quelli risultanti dall’applicazione di indici percentuali, ricompresi tra il 2% ed il 15%, al valore degli asset societari. In caso di mancato superamento di tale “test di operatività”, lo stesso art. 30 introduce la presunzione che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore all’ammontare della somma degli importi derivanti dall’applicazione, ai valori dei citati asset, di ulteriori indici percentuali, ricompresi tra l’1,50% ed il 12%, nonché talune limitazioni in materia di riporto e compensazione delle posizioni di credito IVA. Si tratta di una norma che – nonostante la possibilità di fornire la prova contraria, anche mediante istanza di interpello – è stata fortemente criticata, in particolare alla luce del meccanismo di funzionamento dell’istituto, incentrato sull’applicazione di coefficienti rigidi, del tutto inidonei a stimare il reddito effettivo del contribuente (per tutti, vd. Tosi, Le società di comodo, Padova, 2009, part. p. 10 e Nussi, La disciplina impositiva delle società di comodo tra esigenze di disincentivazione e rimedi incoerenti, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2010, p. 491). 3. Considerata la semplicità del meccanismo regolato dall’art. 30 della L. n. 724 del 1994 (come visto, incentrato sull’applicazione di indici percentuali ai valori di bilancio) in taluni casi, come quello oggetto della pronuncia commentata, l’Amministrazione finanziaria ha richiesto al contribuente le maggiori imposte derivanti dall’applicazione del citato art. 30, non mediante l’or­dinaria [continua..]
Fascicolo 1 - 2022