Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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“Emendatio libelli” nell'appello tributario o mere questioni di “onere della prova”? (nota a) (di Francesco Odoardi, Ricercatore a tempo determinato di Tipo B, Università degli Studi del Salento)


La Suprema Corte di Cassazione con le due pronunce in commento ha ribadito un orientamento secondo cui la puntuale specificazione in grado di appello delle difese proposte dal contribuente in modo più ampio in primo grado, non costituisce una domanda nuova inammissibile, ma una emendatio libelli consentita anche in assenza di una tempestiva contestazione delle avverse difese in primo grado e senza necessità di presentare una memoria ex art. 24 D.Lgs. n. 546/1992. Le due ordinanze in commento, quindi, pur riguardando fattispecie sostanziali del tutto diverse, sono conformi sul piano processuale rappresentando due interessanti precedenti, utili a comprendere la distinzione tra ius variandi e l’onere della prova.

Parole chiave: mutatio libelli; emendatio libelli; non contestazione; domanda nuova; onere della prova.

“Emendatio libelli” in the tax appeal or simple matters of “burden of proof”?

With the two rulings, the Supreme Court affirms an orientation, according to which in the tax appeal the specification of the defenses proposed by the taxpayer in the first instance in a generic way, does not constitute a new inadmissible instance, but an “emendatio libelli” admitted even if the taxpayer does not contest the adverse defenses at the first instance and without the need to submit a statement ex art. 24 D.Lgs. n. 546/1992. The two judgments in question, therefore, while dealing with completely different substantive cases, are compliant according the processual tax law, representing two interesting precedents, useful for understanding the distinction between the “ius variandi” and the burden of proof.

Keywords: mutatio libelli; emendatio libelli non contestation principle; new instance; burden of proof.

1. La prima ordinanza in commento, la n. 29061 pronunciata il 12 maggio e depositata il successivo 20 ottobre 2021, riguardava un originario ricorso avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava un maggior reddito di impresa ed una maggiore IRAP a fronte del disconoscimento della deducibilità di quote di ammortamento per costi pluriennali. Il ricorso della società e così pure l’appello venivano rigettati. Avverso la sentenza di secondo grado il contribuente proponeva un ricorso per revocazione, ma la Commissione Tributaria Regionale, pur ritenendo fondata la revocazione in “fase rescindente”, decidendo nel merito, dichiarava inammissibile l’ori­ginario motivo di appello formulato con riferimento alla “validità della delega di firma conferito al funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo impugnato…in quanto le contestazioni erano state sollevate solo in grado di appello mentre avrebbero dovuto essere proposte in primo grado, a seguito della produzione in quel giudizio del predetto ordine di servizio, con motivi aggiunti D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24”. Contro tale sentenza il contribuente proponeva ricorso in cassazione. 2. L’ordinanza n. 14285, decisa il 10 marzo e depositata il successivo 25 maggio 2021 aveva ad oggetto, invece, una originaria impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo per una lamentata omessa notifica del prodromico avviso di accertamento. Il contribuente, soccombente in primo grado, proponeva appello sostenendo che la documentazione prodotta dalla controparte dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, attestante la consegna dell’avviso di accertamento alla figlia del destinatario, non fosse idonea a dimostrare la regolarità della notificazione dell’atto prodromico, mancando la prova dell’invio della successiva raccomandata informativa, come previsto dall’art. 60, comma 1, lett. b bis), D.P.R. n. 600/1973. In tal caso, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello e l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di seconde cure, lamentando l’inammissibilità dell’eccezione riguardante l’omes­so invio della raccomandata informativa, siccome proposta per la prima volta in appello. 3. I due casi sono, dunque, accumunati da una questione processuale identica: il contribuente aveva proposto un’impugnazione affidata ad un motivo che, pur formulato in modo ampio, era astrattamente idoneo a determinare l’accoglimento del ricorso per una asserita nullità dell’atto impugnato (nel primo caso, l’invalidità della delega di firma, nel secondo, l’omessa notifica dell’atto prodromico). La controparte si costituiva nel giudizio di primo grado, affermando l’infondatezza del motivo e, a sostegno della propria difesa, produceva [continua..]
Fascicolo 2 - 2022