Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
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La natura dei certificati co2 e l´autonomia della disciplina dell´imposta sul valore aggiunto (di Paolo Barabino, Professore a contratto, Università degli Studi di Sassari)


La Corte di Cassazione ricostruisce la natura dei certificati CO2 e li qualifica ai fini IVA quale prestazione di servizi, escludendo la vocazione accessoria alla produzione di energia. La fattispecie offre l’occasione per evidenziare, da un lato, la tutela ambientale del sistema europeo di scambio delle quote di emissione e, dall’altro, il rapporto tra il regime dell’inversione contabile e la neutralità dell’imposta.

Parole chiave: certificati CO2; tutela ambientale; neutralità.

The nature of co2 certificates and the autonomy of the vat rule

The Court of Cassation reconstructs the nature of the CO2 certificates and qualifies them for VAT purposes as a supply of services, excluding accessory characteristic to the energy production. This case is useful to highlight the environmental protection of the European Emissions Trading Scheme and the relationship between reverse charge regime and tax neutrality.

Keywords: CO2 certificates; environmental protection; neutrality.

1. Le quote di emissione o certificati CO2 si inseriscono in un panorama ove la tutela ambientale viene perseguita attraverso differenti tipologie di “certificati” come quelli “verdi” e “bianchi”: i primi, sono rivolti ai produttori di energia elettrica per adempiere all’obbligo di immettere ogni anno in rete una quota di energia elettrica da fonti rinnovabili (D.Lgs. n. 79/1999, in attuazione alla Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica; i certificati verdi sono stati sostituiti dalle tariffe c.d. “feed-in”, sul punto e per approfondimenti dottrinali cfr. P. Barabino, La “fiscalità” dei certificati verdi tra natura e forme di circolazione, in Riv. trib. dir. trib., n. 4/2013, p. 767 ss.); i secondi, rappresentano titoli di efficienza energetica e attestano il risparmio di gas ed energia elettrica realizzato attraverso sistemi di efficientamento della produzione (dal D.M. 20 luglio 2004, modificato dai DD.MM. 21 dicembre 2007 e 28 dicembre 2012, al Decreto Direttoriale 30 aprile 2019). I certificati CO2, invece, si rivolgono alle attività energetiche, di produzione e trasformazione di metalli ferrosi, all’industria di prodotti minerali nonché ad altre attività (pasta per carta a partire dal legno, carta e cartoni. Così l’allegato I della “Direttiva 2003/87CE del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio” in ragione della attitudine delle attività citate di produrre gas serra rappresentato da biossido di carbonio.) e costituiscono il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato (così l’art. 3 della Direttiva n. 2003/87/CE del 13 ottobre 2003, recepita dall’art. 3, lett. p), D.Lgs. n. 216/2006 e art. 3, lett. pp), D.Lgs. n. 30/2013). Il “Sistema Europeo di Scambio di Quote di Emissione” (EU ETS) è stato istituito a livello europeo attraverso la Direttiva 2003/87/CE, in attuazione del Protocollo di Kyoto, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori: viene fissato un tetto massimo di emissioni al di sotto del quale i partecipanti possono emettere CO2 in ragione delle quote acquistate e vendute sul mercato. Il quantitativo complessivo delle quote, stabilito a livello europeo, è programmato per conseguire una graduale riduzione delle emissioni di gas serra e per incrementare il target climatico 2030 al 55% di riduzione rispetto ai livelli del 1990 (cfr. Rapporto sulle aste di quote europee di emissione, III trimetre 2020, GSE, 28 ottobre 2020). La sentenza in nota ruota attorno alla nozione dei certificati CO2 o meglio al rapporto tra la natura e la fiscalità delle quote di emissione osservato nel momento [continua..]
Fascicolo 2 - 2021