Tax News - Supplemento online alla Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2612-5196
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Un nuovo 'tassello' nell´interpretazione della regola del 'ne bis in idem' da parte della corte europea dei diritti dell´uomo (di Francesco Pepe, Professore Associato presso l’Università degli studi di Sassari.)


Nota a Corte EDU, 16 aprile 2019, ric. n. 72098/14,
Bjarni Ármannsson v. Iceland

Il contributo analizza i chiarimenti forniti dalla recente sentenza della Corte Europea dei Diritto dell’Uomo in ordine alle condizioni per l’applicazione della regola del “ne bis in idem” prevista dall’art. 4, prot. 7 CEDU nel settore tributario.

A new 'tile' in the interpretation of the 'ne bis in idem' rule by the european court of human rights

The contribution analyzes the clarifications provided by the recent ruling of the European Court of Human Rights concerning the conditions for the application of the “ne bis in idem” rule established by art. 4, prot. 7 ECHR in the tax sector.

Con la sentenza 16 aprile 2019, ric. n. 72098/14, Bjarni Ármannsson v. Iceland (per un primo commento alla quale cfr. A. Galluccio, Non solo proporzione della pena: la Corte EDU torna su ne bis in idem, in penalecontemporaneo.it, 7 maggio 2019), la Corte EDU torna sul tema del divieto di “bis in idem” ex art. 4, prot. 7 CEDU, pronunciandosi su una controversia in materia tributaria. Nel caso di specie, un contribuente islandese è (prima) sottoposto ad accertamento fiscale per plusvalenze su partecipazioni non dichiarate e, successivamente alla definizione dell’accertamento (con irrogazione e pagamento di sanzioni amministrative), è sottoposto per la stessa condotta a processo e condanna penale. Nel ricorrere alla Corte EDU, il contribuente eccepisce – dopo aver ciò tentato infruttuosamente dinanzi al giudice nazionale – la illegittima duplicazione di procedimenti e di condanne, in quanto lesive del principio sancito dall’art. 4, prot. 7 CEDU. In tale occasione, la Corte EDU mostra di allinearsi alla sua più recente giurisprudenza, distaccandosi ancora una volta dalla originaria “lettura” formale e “cronologica” di tale principio (inteso quale divieto di instaurazione o prosecuzione di un secondo procedimento sanzionatorio sull’idem factum: su tutte, in passato, Corte EDU, 4 marzo 2014, ric. n. 18640/10, Grande Stevens c. Italia), sposandone la più recente lettura “sostanzialistica” che, pur non ignota nella sua prassi (Corte EDU, 30 maggio 2000, ric. n. 31982/96, R.T. c. Svizzera; 21 settembre 2000, ric. n. 59892/00, Maszni c. Romania; 13 dicembre 2005, ric. n. 73661/01, Nilsson c. Svezia; 17 febbraio 2015, ric. n. 41604/11, Boman c. Finlandia) è stata elevata “a sistema” dalla pronuncia 15 novembre 2016, ric. nn. 24130/11 e 29758/11, A e B c. Norvegia (qui espressamente richiamata). A partire da essa, la Corte EDU – anche per evitare il rischio di uno “scardinamento” dei sistemi sanzionatori nazionali “a doppio binario” (sul punto, sia consentito il rinvio a F. Pepe, Sistema sanzionatorio tributario e ne bis in idem CEDU: la dimensione antropologica di un (irriducibile?) conflitto, in Riv. dir. trib., 2015, I, spec. p. 514 ss.) – ha ammesso infatti la possibilità che due procedimenti sanzionatori – pur formalmente distinti, entrambi “sostanzialmente penali” (alla stregua dei cd. Engel criteria), relativi ad un idem factum e nei confronti del medesimo soggetto – possano ritenersi non lesivi del ne bis in idem CEDU, purché (§§ 130-134): (i) siano contraddistinti da una “sufficiently close connection in substance and time”, e (ii) siano suscettibili di dar luogo ad un onere sanzionatorio che, pur formalmente duplice, appaia complessivamente “proporzionato” (circostanza assicurata dalla [continua..]